Mani

di metaldolphin
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Ali.

Sapevano darmi la stessa leggerezza e sensazione di libertà che potevano sentire i gabbiani in volo, le mani di Zoro, quando si accertava che non fossi rimasta ferita nell’ultimo scontro.
Dopo, soddisfatto, passava a carezze sempre più audaci, nella penombra della nostra cabina.



Ballo.

Gli tesi la mano, ponendola davanti al suo viso serio.
La prese: non lo avevo mai visto danzare, ma grazie alle sue doti atletiche, non dubitavo che potesse riuscire.
Il mio tentativo, cullato dalle dolci note di Brook, fallì: non avrei mai pensato che avesse un orecchio totalmente negato per il ritmo.



Carezza.

Ripresi i sensi, quando sentii sfiorarmi il viso da qualcosa di ruvido e caldo.
Non ebbi bisogno di aprire gli occhi per riconoscere le mani di Zoro e sorrisi, grata per quel contatto che riusciva sempre a far sparire il dolore da ogni singola ferita.




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