Ciao
a tutti!
So
cosa state pensando. Probabilmente avete già letto decine di altre
fic con questo titolo o di genere ParentLock.
Ne
ho lette diverse anche io ma mi è sembrato che siano tutte JohnLock.
Questa non lo è.
Questa
fic è il risultato di un filone che ho creato con ben altre
intenzioni, ma alla fine mi ha portato a un Sherlock papà. (Mi
capita spesso in effetti, non voglio immaginare cosa ne direbbe
Freud.)
Questa
fic chiude la serie Sherlock’s Diary quindi per capire eventuali
riferimenti dovreste aver letto le precedenti. Idem per alcuni
dettagli della trama assolutamente AU e OOC. Liberi di scegliere se
farlo o no, ovviamente.
Naturalmente,
nessun personaggio mi appartiene, neanche quello di Hamish che è, in
pratica, un Sherlock in miniatura, o almeno questo era l’intento
nella mia testa.
Mi
è piaciuto molto scrivere di Hamish, anche se è stato davvero
complesso visto che ci ho impiegato mesi, e spero che a voi piaccia
leggere di lui.
Buona
lettura.
Hamish
Le
porte scorrevoli si stavano aprendo e diverse persone ne emergevano.
Non avevo bisogno di leggere le etichette sulle loro valige per
capire che erano australiani. Era il volo giusto. Sarebbe arrivato a
momenti.
Tenevo
le mani in tasca tentando di apparire con aria rilassata, ma in
realtà le stringevo nervosamente, conficcando le unghie nei palmi.
Non sarebbe andata bene. Ho sempre saputo che eravamo diversi e che
non saremo andati d'accordo. O forse, come mi aveva detto più volte
John, il problema era l'esatto opposto.
Siamo
troppo uguali.
Alcune
rumorose famiglie avevano raggiunto l'atrio e, in mezzo a loro, un
ragazzo riccioluto. Più alto della media dei suoi coetanei, con il
viso serio e pallido, il suo vestito scuro spiccava in mezzo alla
sala luminosa e alla folla multicolore che lo circondava. Non lo
vedevo da circa un anno. Era molto cambiato, ma lo avrei riconosciuto
anche fra mille.
Mi
sono avvicinato e mi sono fermato di fronte a lui, aspettando che mi
notasse. Lo ha fatto solo due secondi dopo e quando i suoi occhi si
sono posati su di me la sua espressione denotava una certa
irritazione.
“Potevi
far venire un taxi. Non era necessaria la tua presenza.”
“Ho
preferito assicurarmi personalmente che non fuggissi in Galles come
due anni fa.”
“Era
diverso. Avevo una casa in cui tornare.”
Non
ho replicato al suo commento chiaramente provocatorio e gli ho
portato via la valigia dalle mani.
“Sono
in grado di trasportarla.”
“Lo
so, ma hai fatto un lungo viaggio.”
“E
pensi che duecento metri in più possano cambiare qualcosa? Eppure
credevo fossi un genio. O, almeno, questo è quello che Lei
ha sempre detto, ma non ne sono mai stato molto convinto.”
Avevo
deciso di non replicare. Un tempo avrei demolito quel ragazzo con due
frasi, ma le cose erano cambiate.
Io
sono cambiato.
Ho
imparato a non infierire su chi soffre. E quel ragazzo ne aveva già
passate troppe.
Camminavamo
in silenzio sino all'uscita dall'aeroporto. Ad aspettarci c'era una
berlina nera con i vetri oscurati.
“Purtroppo,
Mycroft ha insistito per accompagnarmi. Ci teneva molto a vederti. Se
fossi in te, però, non gli parlerei più del necessario. Potrebbe
usarlo contro di te in qualsiasi momento.”
“Lo
fai anche tu.” ha commentato con astio.
Senza
aggiungere altro, ho dato la valigia all'autista e siamo saliti in
auto.
“È
bello rivederti, Hamish! Come è andato il viaggio?”
“Non
posso dire lo stesso, zio Myc, e il viaggio è stato pessimo. Ero
circondato da bambini urlanti e vecchi lamentosi, e le hostess
continuavano a chiedermi se avessi bisogno di qualcosa. Senza
dimenticare che due giorni fa ho seppellito mia madre, ma a parte
questo è stato tutto meraviglioso!”
Mycroft
si è irrigidito e mi ha lanciato uno sguardo seccato, come se fosse
colpa mia. In realtà, se fossi stato al posto di Hamish, credo che
avrei detto di peggio.
“Naturalmente
sono desolato per la tua perdita, Hamish. Ma sono contento di
vederti. In tutti questi anni tuo padre ha sempre fatto del suo
meglio per evitare che ci vedessimo con regolarità.”
“Allora
ciò significa che posso essere grato a mio padre per qualcosa.” ha
replicato il ragazzo con il tono più freddo che possedeva.
Mycroft
mi guardava nuovamente con rabbia malcelata. A quanto pare si
aspettava che prendessi le sue difese o che sgridassi Hamish. Non ne
avevo nessuna intenzione, anzi, trovavo tutto ciò molto divertente.
“Naturalmente,
Hamish, spero tu sappia che puoi contare su di me per qualsiasi cosa.
Spesso tuo padre perde di vista alcune priorità legate alla
sicurezza, quindi se dovessi sentirti in pericolo o...”
“Sono
cintura nera da quando avevo otto anni e so maneggiare una pistola e
un pugnale con la precisione di un cecchino. In cosa dovresti essermi
utile, esattamente, zio Myc?”
Finalmente,
Mycroft si è dichiarato sconfitto e si è zittito con la sua
peggiore smorfia di disgusto. Mi guardava con fastidio e riuscivo a
leggergli in viso che aveva sperato che non mi somigliasse così
tanto.
Quando
finalmente siamo arrivati a Baker Street, Hamish è uscito
immediatamente dall'auto senza nemmeno salutare Mycroft, e devo dire
che ero tentato di non commentare, ma poi mi sono ricordato che Molly
tiene molto alla buona educazione.
“Hamish,
dovresti ringraziare. Tuo zio ci ha offerto un passaggio.”
“Grazie,
zio Myc.” ha detto rivolgendogli un sorriso fasullo di mezzo
secondo, prima di andare a prendere la sua valigia.
Decisamente
è mio figlio.
“Spero
farai qualcosa per limare questi lati rudi della sua educazione.”
“Io
li trovo affascinanti.”
“Non
avrai intenzione di permettergli di crescere così arrogante e
spocchioso!”
“Non
voglio rischiare di farlo assomigliare a te.”
“Sherlock,
non...”
“Ciao
Mycroft, salutami il Primo Ministro russo oggi pomeriggio.” l'ho
salutato scendendo dall'auto e raggiungendo Hamish che mi aspettava
con aria impaziente di fronte alla porta del 221b.
“Ho
suonato ma nessuno ha aperto. Che fine ha fatto quella brava
signora?”
“Mrs.
Hudson? Vive in campagna ora. Da più di un anno. Lì il clima è più
adatto a lei.”
“Peccato.
Era l'unica persona con cui si potesse parlare in questa casa.”
“Juliet
e Kenneth sono più grandi ora. Potrai parlare con loro.”
“Sono
solo dei bambini.”
“Hanno
solo un anno e mezzo meno di te.”
“Venti
mesi. Sono quasi due. E alla mia età è come essere di un'altra
generazione.”
Non
gli ho dato corda e ho aperto il portone. La casa era al buio. Hamish
si guardava intorno fingendosi annoiato, ma era evidente che era
curioso.
“La
casa è diversa.”
“Sì,
abbiamo fatto fare dei cambiamenti.”
“Perché?
A me piaceva come era prima.”
“Abbiamo
pensato fosse meglio avere una camera da letto in più per quando
saresti arrivato.”
“Tutto
questo per me? Sono commosso.” ha commentato con sarcasmo. “E
dove sono tutti?”
“Molly
è in obitorio, Juliet e Kenneth sono a scuola. Torneranno tutti tra
un paio d'ore.”
“Spero
non vorrai usare queste ore per socializzare o per farmi parlare
della mia
perdita,
perché non ne ho nessuna intenzione.”
“Non
ne ho mai dubitato, Hamish. Ti mostro la tua stanza.”
Siamo
saliti al piano di sopra e superata la porta, come
ogni volta che lo faccio nell'ultimo anno,
sono rimasto perplesso nel vedere come la ristrutturazione ha
cambiato la fisionomia della casa.
La
sala è stata dimezzata e lo spazio recuperato è diventato una
camera da letto, mentre la cucina è stata trasformata in un secondo
bagno. Sembra passata un'eternità da quando occupavo questo piano
con John e in seguito con Molly.
Ho
scortato Hamish e la sua valigia oltre la porta della nuova camera da
letto. Molly si era occupata di acquistare tutto il necessario per
renderla confortevole per un ragazzo di dodici anni, ma l'espressione
di Hamish era di disgusto.
“Non
mi piace.”
“Non
ci sono altre stanze.”
“Neanche
al piano di sotto?”
“No.”
“E
il seminterrato? Perché è chiuso a chiave? Hai anche tu una stanza
dei giochi come la aveva Lei?”
Ho
trattenuto un commento crudele e ho fatto un profondo respiro prima
di rispondere.
“È
il mio laboratorio. È chiuso a chiave per sicurezza.”
“Hai
un laboratorio in casa? Davvero? Posso vederlo?” ha chiesto con un
tono che non gli avevo mai sentito.
Faticavo
a crederlo, ma sembrava essere entusiasta.
“Non
è un posto per bambini.”
“Io
non sono un bambino!”
“No,
Hamish.”
“D'accordo...”
ha sbuffato lanciando la sua giacca sul letto. “Per un attimo ho
pensato che fossi interessante.”
Avrei
voluto replicare, ma poi ho rinunciato. Non sarebbe stato facile e io
non avevo idea di come comportarmi con una versione adolescente di
me.
Il
suono del campanello mi ha salvato dal dover affrontare la questione
nell'immediato.
Sono
sceso al piano di sotto e ho aperto la porta trovandomi di fronte
John.
“Finalmente.
Ho bisogno d'aiuto.”
“Non
mi dire! Siete già ai ferri corti?”
“Non
riesco... Non so come fare con lui. Kenneth non è così.”
“Certo,
perché quel ragazzo assomiglia a quella santa di tua moglie. Hamish
invece è il tuo ritratto e non solo nell'aspetto.”
“Non
ne hai idea. Avresti dovuto vedere come ha trattato Mycroft, anche se
devo dire che in quel momento sono stato molto orgoglioso di lui.”
ho detto trattenendo a stento una risata.
“Sherlock,
cerca di dargli il buon esempio!” mi ha rimproverato con aria
scioccata.
“L'ho
fatto! Te lo assicuro, ma avresti riso anche tu.”
“Non
ho dubbi. Comunque, ora dov'è?”
“Di
sopra, nella sua camera che non gli piace.”
“Davvero?
Come mai?”
“Non
ne ho idea.”
“Andiamo, siete uguali. A te piacerebbe quella
stanza?”
“No.”
“Perché?”
“Troppo
vicina alle scale, troppo di passaggio, troppa luce. Ed è arredata
in maniera troppo femminile.”
“Ecco,
hai appena risposto a ogni tuo quesito. Forza, accompagnami. Voglio
vederlo, scommetto che è diventato un gigante.”
“Credo
che sia alto quasi quanto te. Non è una grande altezza.”
“Grazie
per avermelo ricordato, Sherlock. Comunque, è tanto per un
dodicenne.”
Ho
alzato le spalle mentre lo guidavo su per le scale. Come me, anche
lui si guarda intorno sorpreso ogni volta che apriamo quella porta.
La camera di Hamish è chiusa, tento di aprirla ma è stata
girata la chiave. Trattengo un moto d'esasperazione e busso.
“Non
disturbare!” replica la voce di mio figlio dall'altra parte.
“Hamish,
John vuole vederti. Potresti uscire a salutare?”
La
porta si è aperta il tanto necessario da far passare la sua testa
riccioluta.
“Ciao,
zio John. Vedo che tua moglie è di nuovo incinta. Cos'è, il
quarto?”
John
ha sussultato, sorpreso, e mi ha guardato in maniera
interrogativa.
“Ciao Hamish. Sì, è il quarto. Sono curioso, da
cosa lo hai capito?”
“Tua
moglie ti ha vomitato sulle scarpe stamattina. Salutami la prole. Io
vado a riposare.” ha concluso richiudendo la porta a chiave in
maniera fulminea.
“Hamish!”
l'ho chiamato pur sapendo che non mi avrebbe mai ascoltato.
“Lascialo
stare, Sherlock. Dagli tempo.” mi ha consigliato John dandomi una
pacca sulla spalla.
Siamo
scesi di sotto e, prima ancora che me ne rendessi conto, lui aveva
preparato il tea e lo stavamo bevendo nelle nostre poltrone.
Sì,
le stesse.
Le avevamo portate nel salotto del piano di sotto quando avevamo
ristrutturato. Non ce la siamo sentita di buttar via quei cimeli.
“Ha
detto niente su sua madre?”
“No.
L'ha nominata un paio di volte ma in maniera molto distaccata. Solo
con Mycroft ha lasciato intendere che ne abbia sofferto, ma sospetto
fosse più che altro per irritarlo.”
“Ha passato l'ultimo anno
a vederla morire. Non deve essere stato facile. Devi essere
comprensivo.”
“Non
è questo. Lui era così anche prima. L'ultima volta che ci siamo
visti, lui ancora non sapeva che Irene aveva il cancro. Ti assicuro
che il suo atteggiamento era identico.”
“Questo
dipende dal fatto che ha ereditato il gene della sociopatia degli
Holmes. Non puoi certo fargliene una colpa.”
“Non
lo faccio. Temo solo che non andremo mai d'accordo.”
“Siete
troppo uguali, in effetti. Ma cerca di vedere le cose da un altro
punto di vista. Il fatto che voi siate così uguali ti può
permettere di capirlo meglio. Devi solo immedesimarti in lui. Sono
certo che potreste sfruttare i punti che avete in comune invece che
farli diventare un ostacolo.”
“Vuole
vedere il mio laboratorio. Credi che dovrei permetterglielo?”
“Oddio,
quello che temevo... Un altro che farà esplodere le cose, vero?”
ha esclamato alzando gli occhi al cielo. “Sì, certo che puoi
permetterglielo, ma solo in tua presenza e solo se prometti di non
fargli fare esperimenti potenzialmente pericolosi.”
“Credi
che lo lascerei rischiare la vita?”
“Credo
solo che tu abbia difficoltà a capire la differenza tra un
esperimento innocuo e uno pericoloso.”
“Grazie,
John, la tua fiducia in me è sempre gratificante.”
“Di
nulla.” ha replicato lui ridendo. “Ora vado. Come tuo figlio ha
brillantemente dedotto, ho una donna incinta che mi aspetta a casa.
Salutami Molly e i ragazzi.”
“Certo.
Anche tu.” ho risposto vago alzandomi in piedi e raggiungendo
l'angolo della sala dove poggia il mio violino.
L'ho
imbracciato e ho iniziato a suonare, immediatamente assorto nei miei
pensieri. Non ho nemmeno sentito chiudere la porta quando John è
andato via.
Quando
ho finito di suonare, mi sono voltato per riporre il violino e Hamish
era lì, che mi osservava.
“Non
ti avevo mai sentito suonare. Ero arrivato a credere che
Lei se
lo fosse inventato.”
“Vuoi
provare?” gli ho proposto notando come stringeva nervosamente le
mani.
“Io
non suono più. Lei
non te lo ha detto?”
“No.
Non mi aveva detto neanche che lo facessi, ma so che ti manca farlo.”
“Ho
giurato che non avrei più suonato e non ho intenzione di rimangiarmi
il giuramento.” ha dichiarato prima di tornare di sopra di corsa.
Ho
sentito sbattere la porta della sua camera proprio un attimo prima
che il portone di ingresso si aprisse e che Molly, Juliet e Kenneth
entrassero in casa.
I
ragazzi mi sono corsi incontro e mi hanno baciato brevemente, prima
di trasportare i sacchetti della spesa in cucina.
“Vedo
che tu ed Hamish andate d'amore e d'accordo come sempre.” ha
commentato mia moglie raggiungendomi e dandomi un bacio sulla
guancia.
“Non
va bene, in effetti.” ho sussurrato rassegnato.
“Jules,
Kenny, andate a salutare Hamish. E siate carini con lui.” ha
ordinato Molly ai nostri figli con un sorriso.
Loro
le hanno obbedito senza neanche battere ciglio. Così arrendevoli,
socievoli, solari, affettuosi. Esattamente come Molly. Così diversi
da me ed Hamish.
“Non
so se posso farcela.”
“Devi
solo avere pazienza. È un adolescente, e se questo non fosse già
fin troppo complicato, ha appena subito un tragico lutto. Senza
contare che è testardo come te... Andrà bene, ma devi dargli
tempo.”
“Anche
tu credi che mi somigli tanto?”
“Certo.
Quando ti ho conosciuto eri esattamente così, solo più alto. Poi,
quando hai incontrato John ti sei ammorbidito. Certo, anche la tua
morte
ha aiutato. E anche il fatto che sia venuta a letto con te. Ma queste
non sono cose che suggerirei per un dodicenne.”
Involontariamente,
sono scoppiato a ridere. Oh,
Molly. Cosa farei senza di te?
L'ho
abbracciata e l'ho baciata sulla fronte. Lei si è stretta a me e mi
ha messo le mani fra i capelli che ormai iniziano a imbiancarsi.
“Hamish
ha solo bisogno di trovare l'affetto e la famiglia che merita. Tu
l'hai trovata da adulto, ma non deve andare per forza così. Facciamo
in modo che lui si senta amato.”
Ho
annuito e l'ho stretta a me, sentendomi immediatamente meglio.
Siamo
rimasti abbracciati per un una decina di minuti e poi nostra figlia
ha deciso di interromperci.
“Mamma,
posso cambiare anche io stanza?”
“Come,
tesoro?”
“Hamish
e Kenny hanno fatto a cambio. Voglio cambiare anche io!”
Io
e Molly ci siamo guardati perplessi per qualche secondo.
“Puoi
controllare tu? Ti raggiungo fra qualche minuto.” mi ha chiesto
Molly con un sorriso comprensivo.
Sinceramente,
avrei preferito andare a cercare uno spillo in una fogna, ma
ho acconsentito.
Sono
salito al piano di sopra e ho aperto la porta della stanza che sino a
poco prima era di Hamish. Al suo interno c'era Kenneth, circondato
dalle sue cose che stava provvedendo a sistemare, sorridente.
“Che
succede?”
“Papà,
questa stanza è molto più bella! Da queste finestre si vedono le
stelle! Perché non me l'avevi detto?”
“Perché
non era necessario. Quelle finestre sono sempre state lì.”
“Non
me n'ero accorto! È stato Hamish a farmelo notare... E allora l'ho
pregato di fare a cambio! E lui ha accettato! Non è fantastico,
papà? È stato così gentile!”
Ho
sospirato. Mio figlio avrà anche i miei colori, ma per il resto,
soprattutto per l'ingenuità, è il ritratto di Molly.
“Certo,
come no. Ma lo avete fatto senza chiedere il permesso. Sei in
punizione.”
“Ma,
papà...”
“E
la tua punizione è leggere Le
avventure di Tom Sawyer
entro domenica. Forse così imparerai qualcosa.” ho concluso
richiudendo la porta.
Mi
vergognavo a pensare che mio figlio fosse cascato in un tranello così
banale. D'altra
parte, era stato l'altro mio figlio a farcelo cascare. Non
sapevo se essere orgoglioso dell'uno o deluso dell'altro.
Ho
raggiunto l'altra stanza, la
mia vecchia stanza,
che a quanto pare era diventata di Hamish.
Ho
bussato, sapendo che sarebbe stata sicuramente chiusa a chiave.
“Non
disturbare!” ha risposto dall'altra parte con tono seccato.
“Hamish,
se mi lasci entrare ti parlerò del mio laboratorio.”
La
porta si è aperta qualche secondo dopo. Mi ha fatto entrare e ha
richiuso la porta alle mie spalle.
Mi
sono guardato attorno. Non era cambiato molto da quando ci dormivo
io. Hamish non aveva tanta roba con sé, ma aveva già provveduto a
sistemarla negli armadi in maniera precisa. Sul comodino aveva posato
una foto di lui e sua madre insieme qualche anno prima. Accanto a
esso troneggiava Le
avventure di Tom Sawyer.
Casomai
avessi avuto qualche dubbio sul responsabile della geniale idea.
“Hai
imbrogliato tuo fratello.”
“Non
l'ho imbrogliato. Gli ho fatto notare che, per le sue esigenze,
quella stanza era più adatta a lui che a me. Gli ho illustrato i
pregi ed è stato proprio lui a proporre lo scambio. Se sono un
imbroglione, allora qualsiasi venditore e pubblicitario di questo
mondo lo è.”
“Questione
di opinioni, Tom
Sawyer.”
ho replicato guardandolo spazientito. “Tuo fratello capirà presto
cosa hai fatto e cercherà di riprendersi la stanza.”
“Non
lo farà. A lui piace davvero lì. Diceva che questa era troppo buia.
A me invece piace.”
“Va
bene.” ho replicato esasperato mentre mi avvicinavo al comodino per
prendere il libro e osservarlo, ma lui mi ha bloccato immediatamente
tagliandomi la strada.
“Non
toccarlo.”
“Non
ho intenzione di portartelo via, volevo solo vederlo.”
“Non
devi toccare le mie cose. Mai.
Soprattutto quel libro.” mi ha intimato con tono glaciale.
Ho
guardato quegli occhi uguali ai miei e ho visto di cosa si trattava.
Sentimenti.
Quel
libro era un ricordo, probabilmente di sua madre. La copertina
usurata e le pagine ingiallite erano la prova che fosse una vecchia
copia, letta tantissime volte.
“D'accordo,
Hamish. Non lo toccherò.”
Lui
si è rilassato, ma è rimasto a fissarmi con aria interrogativa.
“Pensavo
mi avresti parlato del laboratorio.”
“Dopo
cena vado a verificare degli esperimenti, vuoi farmi
compagnia?”
“Certo!” ha risposto subito con aria sorpresa ed
entusiasta.
“Non dovrai toccare nulla senza il mio permesso ed
essere molto attento.”
“Non sono un bambino.”
A
questo non ho risposto. Io lo vedevo uguale alla prima volta che l'ho
tenuto tra le braccia.
“Grazie,
Mr. Holmes.” ha detto quando mi sono voltato per uscire dalla
stanza.
Mi
sono bloccato. Sua madre mi aveva sempre chiamato così. Aveva usato
il mio nome pochissime volte, solo quando eravamo intimi.
“Tuo
fratello e tua sorella mi chiamano Papà.”
ho spiegato girandomi nuovamente verso di lui.
“Io
non sono come loro.”
“Lo
so. Ma non potresti trovare un altro modo con cui chiamarmi?”
“Mia
madre mi ha insegnato a non dare troppa confidenza agli
estranei.”
“Ma io non sono un estraneo.”
“Lo
sei. Anche se abbiamo il patrimonio genetico in comune.”
Risposta
degna di mio figlio.
Avrei
voluto ribattere, ma qualcuno stava bussando alla porta.
Era
Molly che veniva a salutare Hamish.
Prima
che lui riuscisse a dire ciao,
mia moglie lo aveva già stretto in un abbraccio. Il ragazzo era
rimasto impietrito, come se non sapesse come rispondere a un gesto
simile. Alla fine, titubante, le aveva messo una mano sulla schiena.
“Oh,
Hamish, come sei diventato alto! E sei sempre più bello...”
“Non
direi, Molly. Sembro uno strano incrocio tra più specie
animali.”
“Non dire sciocchezze. Sei uno spettacolo.”
Ho
visto mio figlio sorridere impercettibilmente e persino arrossire.
Non lo avrei mai creduto possibile.
“Ho
visto che hai cambiato stanza. Tuo fratello ne è entusiasta, e
tu?”
“Sì, mi piace di più qui.”
“Bene,
allora sarete tutti contenti.” ha concluso lei con un sorriso
affettuoso, fingendo di non sapere che era stata tutta opera del
ragazzo che aveva tra le braccia. “Sto preparando il tea, mi fai
compagnia?”
“Preferirei il caffè.”
“Sei
troppo giovane per quello.”
“Lo bevo già da due anni.”
“Beh,
in questa casa i minorenni non bevono caffè, e anche gli adulti non
devono esagerare...” ha aggiunto guardandomi di sottecchi con aria
di rimprovero. “Però posso farti un tea molto forte, che ne
pensi?”
“Non
so...”
“E ho anche comprato i dolcetti!”
“Dolcetti?
Al cioccolato?” ha chiesto lui improvvisamente interessato.
“Sì,
ne vuoi?”
E
poi, per la prima volta da anni, ho visto Hamish sorridere. Non
ricordavo l'ultima volta che era successo.
“Mi
piacciono i dolci al cioccolato.”
“Bene,
allora andiamo!” ha concluso lei mettendogli un braccio attorno
alle spalle e guidandolo fuori dalla stanza.
Estremamente
colpito dalle capacità di socializzazione di mia moglie, li ho
seguiti soddisfatto.
Molly
aveva ancora la facoltà di sorprendermi, anche dopo tanti anni.
Ma
forse non avrei dovuto. Anni fa è riuscita a entrare nel mio cuore
armata di pazienza e buone intenzioni, e da allora non ne è mai più
uscita.
Se
era vero che io e Hamish eravamo così uguali, solo lei poteva
conquistarlo.
La
cena non fu facile. Hamish sbocconcellava a mala pena, Kenneth invece
non faceva che parlare di quanto gli piacesse la sua nuova stanza,
mentre Juliet teneva il broncio per essere l'unica a non poter
cambiare camera da letto. Molly tentava pazientemente di fare da
paciere e, contemporaneamente, di far mangiare tutti, me compreso.
Io
non avevo molto appetito e osservavo mio figlio maggiore cercando di
dedurre qualcosa di utile a migliorare il nostro rapporto, ma non
riuscivo a notare altro se non quello che già sapevo.
“Sherlock?
Sherlock, sto parlando con te.” mi ha richiamato all'improvviso mia
moglie distraendomi dai miei pensieri.
“Sì,
certo. Dimmi, Molly.”
“Che
ne dici se domani andiamo tutti insieme a fare spese? I ragazzi
meritano un regalo, tutti e tre.”
“Ehm...
shopping? È necessaria la mia presenza?”
Molly
ha inclinato la testa e mi ha guardato con un leggero rimprovero.
Chiaramente, la risposta era sì. A quanto pare è una di quelle cose
che le famiglie fanno e che serve a restare unite. Non sono
d'accordo, ma se è Molly a chiedermelo non posso rifiutare.
“Certo,
naturalmente sì. Puoi contare su di me.” ho acconsentito infine
alzandomi da tavola.
Ho
lanciato un sorriso alla mia famiglia e mi sono diretto al mio
laboratorio. Stavo finendo di aprire il lucchetto quando mi sono
accorto di avere Hamish accanto.
“Avevi
detto che potevo venire con te.” si è giustificato.
“Accomodati
pure.” ho detto lasciandolo entrare per primo.
Quando
ho acceso le luci, i suoi occhi azzurri hanno iniziato a girare per
la stanza. Ha osservato il tavolo con i vari strumenti, le mensole
cariche di libri, le vetrine con i campioni di flora e fauna e ha
aperto il frigorifero per poi richiuderlo un secondo dopo con aria
disgustata.
“E'
un piede umano?”
“Non
fare domande sciocche, Hamish. Certo che è un piede umano.”
Lui
ha riaperto lentamente la porta del frigorifero e lo ha osservato
nuovamente. È rimasto impassibile per un minuto e poi,
incredibilmente, ha iniziato a ridere.
“Molly
ti procura queste cose dall'obitorio?”
“Pensi
forse che vada in giro la notte a tagliare i piedi alla gente?”
“No,
pensavo li rubassi dalle tombe come il Doctor Frankenstein.”
“Nelle
tombe sarebbero già deteriorati. A me servono freschi. Quello è il
piede di un uomo morto ieri.”
“Cosa
ci farai?”
“Lo
sezionerò e poi procederò a vari esperimenti sull'epidermide e
sulle ossa.”
“Lo
farai stasera?”
“Se
intendi dire se puoi assistere, la risposta è no. Mi distrarresti.”
“Starò
in silenzio.”
“Non
posso esserne certo, quindi per ora, se vuoi, puoi assistermi
nell'analisi di questo polline.”
“Polline?
Noioso!”
Mi
sono voltato a guardarlo. Incredibile come riuscisse a essere così
simile a me avendomi visto appena una decina di volte in tutta la sua
vita.
“Non
è noioso. Il polline può dire molte più cose di quelle che credi.
In svariati casi, del banale polline mi ha portato a scoprire un
terribile assassino.”
“Sì,
lo so. Ho letto il blog dello zio John.” ha risposto lui con tono
annoiato mentre osservava l'interno delle vetrine. “Quelle sono
api?”
“Sì.”
“E
quelli? Sembrano libellule.”
“Infatti
lo sono.”
“Scarafaggi?”
“Sì.”
“E
coleotteri. Sei proprio ossessionato dagli insetti.”
Ho
sospirato e ho ricordato a me stesso che si trattava di mio figlio e
che non era il caso di insultarlo.
“Hamish,
se vuoi puoi usare il microscopio. Posso darti dei campioni da
analizzare.”
“Non
voglio campioni già pronti, voglio qualcosa di nuovo! Qualcosa che
nemmeno tu sai cos'è.”
“Per
stasera dovrai accontentarti.”
Lui
ha sbuffato e si è seduto di fronte al microscopio più lontano dal
mio. Gli ho passato una scatola piena di vetrini pronti da
analizzare.
“E'
sangue?”
“Sì.”
Ha
alzato le spalle e ha iniziato a osservare i campioni regolando la
lente.
Ho
goduto del perfetto silenzio per circa dieci minuti, prima che
qualcuno bussasse alla porta.
“Sherlock,
hai visite.” ha annunciato Molly sparendo un secondo dopo.
Senza
neanche voltarmi sapevo esattamente di chi si trattava. Non molti mi
avrebbero cercato a quell'ora della sera e ancora meno avrebbero
portato quel profumo.
“Buonasera,
Ispettore.”
“Ciao,
Freak.”
ha esordito come sempre Sally Donovan mentre entrava nel laboratorio.
Nonostante
quello che è successo anni fa, non nutro risentimento nei confronti
di Sally e l'ho aiutata in moltissimi casi, permettendole anche di
arrivare alla sua tanto agognata promozione. Lei, d'altra parte,
continua a chiamarmi in quel modo per tentare di irritarmi e io
continuo a insultarla, ma ormai è solo uno scherzo tra noi.
“Ti
ricordi di mio figlio Hamish?” le ho domandato facendo un cenno con
la mano.
“Ma
certo. Lui è quello che vive in Australia.”
“Ehm...
vivevo. Salve, Ispettore Donovan.” l'ha salutata mio figlio con
tono incredibilmente gentile.
“Chiamami
Sally.” ha replicato lei con un sorriso.
“Donovan,
non che la tua insulsa presenza non mi faccia piacere... Beh, in
realtà non mi fa piacere. Comunque, in cosa posso aiutarti?”
“Avrei
bisogno di una mano. Un rapimento.”
“Mmm...
Noioso.”
“Si
tratta di un personaggio molto in vista... Ho davvero bisogno del tuo
aiuto.”
“Non
mi importa il CHI. Parlami del COME.”
“La
vittima è un giornalista di cronaca nera, Jeffrey Fisherman.
Stamattina si è recato nel suo ufficio al ventesimo piano di un
palazzo e si è chiuso a chiave, con le finestre che davano verso il
resto del piano oscurate. Non ne è uscito per tutto il giorno. Oggi
pomeriggio alle sei, nessuno lo aveva ancora visto. La sua segretaria
ha bussato ma non rispondeva. Preoccupata, ha usato le chiavi di
scorta, e ha trovato l'ufficio deserto. Sul computer c'era un post-it
che diceva solo Un
milione di sterline per rivederlo. Sono
stati fatti i controlli di routine. Non c'erano vie d'uscita da
quell'ufficio oltre alla porta, e le uniche impronte trovate sono
della vittima. Ti prego, vorresti dare un'occhiata?”
Mi
sono fermato a pensare. Non sarebbe stata la prima volta che indagavo
su sparizioni o omicidi avvenuti in luoghi chiusi o inaccessibili. Da
un certo punto di vista era un caso banale.
“Ti
prego, andiamo a vedere?” mi ha chiesto Hamish risvegliandomi dalle
mie riflessioni.
“Tu
non verresti in ogni caso.” ho replicato immediatamente e ho visto
il sorriso sul suo volto spegnersi.
“Perché?
Voglio solo dare un'occhiata!”
“Non
è un luogo per un adolescente.”
“Ma...”
“No,
Hamish. L'Ispettore Donovan non permette visite di minorenni sulle
scene del crimine.”
“In
realtà, per me non è un problema.” mi ha contraddetto un secondo
dopo Sally.
Quando
mi sono voltato a guardarla mi ha riservato il suo migliore sorriso
fedifrago.
“La
scientifica ha già finito, quindi non c'è rischio di inquinare la
scena. E poi sarebbe sotto la tua responsabilità.”
Le
ho lanciato uno sguardo irritato e lei ha riso. Si è sempre
divertita a mettermi in difficoltà.
“Hamish
non può venire in ogni caso. Deve riposare, ha fatto un lungo
viaggio.”
“Ho
dormito in aereo e mi bastano appena tre o quattro ore a notte.” ha
protestato ancora.
“No,
Hamish. Non intendo parlarne ancora.”
L'ho
visto irrigidirsi e stringere i pugni prima di uscire in tutta fretta
dal laboratorio. Poco dopo ho sentito i rumori dei suoi passi per le
scale e infine una porta che sbatteva.
“Complimenti.
Sei sempre così severo o solo con quel ragazzo?” ha domandato
Donovan con una strana smorfia.
“Cerco
di proteggerlo.”
“E'
davvero una scena innocua, per questo ti ho detto che potevi
portarlo.”
“Nessuna
scena del crimine è innocua. E ho promesso a sua madre che lo avrei
tenuto al sicuro.”
“Come
vuoi. Allora, verrai?”
“Mandami
l'indirizzo come messaggio. Ti raggiungo entro un'ora.”
Lei
ha annuito e se n'è andata con un rapido cenno di saluto con la
mano.
Ho
guardato l'ora. Era troppo tardi per chiamare John, ma potevo
provare. Era troppo tempo che non lo coinvolgevo in qualche indagine
ed ero sicuro che sarebbe stato felice di interrompere la sua noiosa
routine.
Mi
stavo infilando il cappotto e la sciarpa e mi sono recato in cucina a
salutare Molly. Era impegnata a lavare i piatti e nessuno dei ragazzi
era in vista. Lei era sovrappensiero e canticchiava. Ho sorriso
mentre pensavo a quanto dovevo a quella donna minuta che aveva
rivoluzionato la mia vita.
L’ho
raggiunta in silenzio e le ho circondato la vita con le braccia
affondando il viso nel suo collo e baciandole la pelle.
“Sherlock…”
ha sussurrato lei ridendo mentre voltava il viso all’indietro per
incontrare il mio. “Stai andando su una scena del crimine
vero?”
“Sì. Mi spiace, non so a che ora rientrerò.”
“Non
importa. Come è andata con Hamish? Il laboratorio gli piace?”
Ho
sospirato e ho abbassato lo sguardo.
“Sì,
credo. Voleva venire con me ma gli ho detto che non può. Non l’ha
presa bene.”
“Capisco.”
Ha annuito lei asciugandosi le mani e voltandosi verso di me. “Sei
sicuro che non possa?”
“Non
posso metterlo in pericolo.”
“Lo
so, ed è giusto che tu tenti di proteggerlo, ma stiamo parlando di
tuo figlio. Lo stesso ragazzo che due anni fa è scappato in Galles.
Ha il tuo stesso spirito ribelle e la tua testardaggine. Se non lo
porti tu in una scena del crimine, potrebbe cercare di andarci da
solo, ci hai mai pensato?”
“Tu
credi che dovrei accontentarlo?”
“Dove
ti è possibile, sì. D’altra parte lo porteresti in un posto pieno
di poliziotti.” Ha aggiunto alzando le spalle.
Ho
annuito e poi l’ho baciata sulle labbra.
“Grazie,
Molly Holmes.”
Lei
ha sorriso e poi mi ha dato una pacca sul fondo schiena come
incoraggiamento, come sua abitudine.
“Forza,
vai a chiamare Hamish.”
Sono
salito al primo piano e mi sono diretto verso la sua camera. Quando
ho bussato non ho avuto risposta.
“Hamish?
Senti, se vuoi puoi venire con me.” Ancora nessuna risposta.
“Hamish?”
Ho
aperto la porta e la stanza era vuota. Dalla finestra di quella
camera è impossibile scappare, ma ci sono altre finestre in casa. Ho
iniziato a controllarle tutte e alla fine l’ho trovato al piano di
sopra nella stanza di Juliet. Almeno non era fuggito e sembrava
stesse cercando di socializzare. Sua sorella gli stava mostrando il
suo computer. Lui si stava comportando bene ma la osservava con aria
annoiata e triste. Non era felice, non si sentiva a casa e
sicuramente gli mancava sua madre. Ho potuto leggere nei suoi occhi
così simili ai miei una profonda solitudine e per un attimo ho
ricordato cosa significa essere così giovane e non avere nessuno con
cui parlare.
“Hamish,
se sei ancora interessato, puoi venire con me.”
Alle
mie parole si è immediatamente raddrizzato e i suoi occhi si sono
spalancati.
“Davvero?”
“Sì,
ma dovrai fare esattamente quello che ti dico, nessuna iniziativa.
Sono stato chiaro?”
“Sì,
va bene!”
“Posso
venire anche io, papà?” ha implorato la mia piccola Juliet.
“Non
stasera, tesoro. Un’altra volta.” Le ho detto avvicinandomi a lei
e baciandole la fronte in segno di saluto.
Dopodiché,
io e Hamish siamo andati a recuperare la sua giacca e poi siamo
usciti di casa alla ricerca di un taxi.
Mentre
attendevamo, mi sono voltato a guardarlo. Aveva il viso colorito e
gli occhi luminosi. Forse per la prima volta, era felice in mia
compagnia.
“Dove
si trova la scena del crimine?”
“Nella
City. Prima però, dobbiamo passare a prendere John.”
“Non
potevi farti portare dalla macchina della polizia?”
“No. Io
non viaggio in quelle auto. Non sono uno di loro. Io arrivo e me ne
vado a mio piacimento.”
“Capisco.
Hai paura di essere scambiato per uno stupido Bobby.”
Ho
sorriso e, miracolosamente, lui ha ricambiato. Quando è arrivato il
taxi l’atmosfera era già più rilassata.
“Ogni
quanto ti capita? Di essere richiesto dalla polizia, intendo.”
“Un
paio di volte a settimana. E ricevo anche clienti privatamente.”
“Immagino
che ti frutti parecchio se hai potuto restaurare la casa…”
“Io
e Molly avevamo dei risparmi. E tuo zio Mycroft ha agevolato il tutto
facendo da tramite con l’impresa edile.”
“Sai,
Lei
mi ha nominato suo erede. A diciotto anni sarò ricco e me ne andrò.
Non manca molto.”
“Lo
so. Mi ha scritto una lettera qualche mese fa. Non è necessario che
tu te ne vada. Insomma, se non vuoi. Io e Molly siamo felici di
averti con noi. Fai parte della famiglia. Spero che tu lo sappia.”
Lui
ha alzato le spalle e ha guardato fuori dal finestrino.
Quando
siamo arrivati di fronte a casa di John, lui era già lì ad
aspettarci.
“Grazie
per avermi chiamato, stasera mio figlio ha deciso di provare la forza
delle sue corde vocali e non ha smesso nelle ultime tre ore.”
“Probabilmente
perché anche lui vorrebbe fuggire da casa tua.” ha commentato
Hamish con un sorriso sarcastico.
John
lo ha guardato stupito e poi è scoppiato a ridere. Ha incrociato il
mio sguardo come a voler dire “è proprio identico a te”.
“Comunque,
dove andiamo?”
“Nella
City, rapimento.” ho detto ragguagliandolo sui dettagli nel più
breve tempo possibile.
“Uomo
scomparso da una stanza vuota, eh? Mi pare una cosa familiare.”
“Lo
so. Probabilmente sarà banale, ma Donovan mi ha
implorato.”
“Immagino. Ti ha detto qualcosa di Greg? Dovevamo
vederci l'altra sera ma ha detto che non stava bene.”
“Non
gliel'ho chiesto.”
“Sherlock,
sarebbe carino ogni tanto se dimostrassi un minimo di interesse
almeno per i tuoi amici.”
Ho
alzato le spalle indifferente.
“Chi
è Greg?” ha domandato Hamish incuriosito.
“Greg
Lestrade. Lo hai conosciuto anni fa. É il marito di Sally Donovan.”
“Marito?
L'ispettore Donovan è sposata? Non porta la fede.”
Mi
sono voltato a guardare mio figlio, sembrava contrariato.
“No,
non la porta sul lavoro. Non vuole che la considerino “la moglie
del commissario capo”. Non vedo però perché questo dovrebbe
disturbarti tanto.”
Hamish
è arrossito all'improvviso e poi si è voltato verso il finestrino.
Confuso, ho incrociato lo sguardo con John che sorrideva
maliziosamente.
Oh,
certo. Cotta adolescenziale. Ma, per l'amor del cielo, perché
proprio Sally Donovan?
Ho
scosso la testa con un moto di rassegnazione ma finalmente eravamo
arrivati sulla scena del crimine.
Senza
dire una parola siamo saliti al ventesimo piano del palazzo e abbiamo
trovato dei poliziotti in divisa di guardia.
“L'Ispettore
Donovan mi attende.”
“Certo,
Mr. Holmes.” ha detto il giovane poliziotto con un mezzo inchino ma
si è bloccato quando ha visto mio figlio. “Non so se il ragazzo
possa...”
“Falli
passare, Stuart.” ha ordinato Sally da dentro l'ufficio.
L'agente
Stuart ci ha fatto passare con aria imbarazzata.
Siamo
entrati nell'ufficio di Fisherman e mi sono guardato attorno. La
scrivania era coperta di fogli. Ne ho preso qualcuno e li ho
studiati. Erano solo fotocopie delle trascrizioni del processo a un
pluriomicida, un certo Michael Barry. Ricordavo il caso ma non me ne
sono mai realmente interessato. Era fin troppo banale.
Ero
impegnato a leggere i documenti e a controllare eventuali tracce
sulla scrivania quando mi sono sentito strattonare.
“Sono
occupato.”
“Ehm,
forse dovresti dare un'occhiata lassù.” mi ha suggerito Hamish.
Mi
volto verso di lui e seguo il suo sguardo. Uno dei pannelli del
soffitto era leggermente aperto. Mi sono guardato intorno e ho
controllato la sedia. Impronte di scarpe. L'ho usata per arrampicarmi
e ho aperto il pannello scoprendo un condotto d'areazione abbastanza
grande da far passare un uomo adulto.
Sono
ridisceso dalla sedia soddisfatto e ho lanciato un sorriso a mio
figlio.
“Ottima
osservazione, Hamish. Ora scopriamo dove è andato a nascondersi.”
“Chi?”
ha domandato John confuso.
“Non
è ovvio?”
“Sherlock,
ti prego, sai che odio quando fai così. Di cosa parli?”
“Del
fatto che questo Fisherman ha inscenato il proprio rapimento.” ha
risposto Hamish al posto mio.
“Esatto.
Nessun impronta a parte le proprie e l'unico punto da cui poteva
uscire è il condotto d'areazione. Difficilmente dei rapitori
agirebbero così. È più logico pensare che lui abbia inscenato il
tutto. Il motivo probabilmente ha a che fare con una qualche frode.
Deve essere al verde. Rimane da capire dove si trova.” ho spiegato
a beneficio dei presenti mentre mi guardavo intorno alla ricerca di
un indizio.
Mi
sono inchinato e ho frugato nel cestino sino a trovare qualcosa. Un
appunto relativo a un indirizzo con data e orario, risalente solo al
giorno prima, e la calligrafia era molto simile a quella ridicola
richiesta di riscatto. Inoltre, c'erano degli scontrini di alcuni
negozi presenti nella stessa strada. Sembrava essersi temporaneamente
stabilito in un'altra zona della città. Infine, ho trovato il
biglietto da visita di un Bed&Breakfast nello stesso quartiere.
“Donovan!
Prova a cercare Fisherman in questo posto. Probabilmente sarà lì
sotto falso nome.” ho detto consegnandole il biglietto da visita.
“Sei
sicuro? Insomma, non puoi dare per scontato che...”
“Quante
volte mi sono sbagliato negli ultimi dieci anni?”
Lei
non ha replicato ma ha annuito ed è andata a fare una telefonata.
“Bene.
Qui abbiamo concluso. Che ne dite di andare a mangiare qualcosa?”
ho proposto di ottimo umore.
“Veramente,
se qui è tutto, dovrei rientrare a casa. Mary potrebbe avere bisogno
di me.”
“Oh,
John, sei stato fuori meno di un'ora. Puoi trattenerti ancora un po’!
Parlerò io con Mary.”
Lui
ha sbuffato e poi alla fine ha sorriso e annuito.
“D'accordo,
ma solo mezz'ora.”
“Bene.
Hamish! Andiamo.” l'ho chiamato ma solo a quel punto mi sono reso
conto che non era accanto a me. “Hamish?” ho riprovato ma non ho
avuto risposta. “Donovan! Dov'è mio figlio?” l'ho fermata mentre
stava per andare via.
“Era
lì con voi... Te
lo sei perso?”
ha esclamato stupita.
Ho
girato per l'ufficio deserto continuando a chiamarlo ma non ho avuto
risposta.
“Ehm,
Mr. Holmes?” mi ha chiamato l'agente Stuart. “Il ragazzo è
andato via.”
“Via?”
“E'
passato di qua ed ha preso l'ascensore. Non pensavo di doverlo
fermare...”
“Tu
hai visto un dodicenne andare in giro da solo in una scena del
crimine e non te ne sei preoccupato?” ha domandato infuriato John
prima di iniziare a insultare il giovane poliziotto e tutta Scotland
Yard.
Io
li ho ignorati e sono corso giù per le scale. Erano venti piani e ho
corso così tanto veloce che mi girava la testa. Quando sono arrivato
al piano terra avevo il fiatone, non sono più così giovane, e mi
sono guardato intorno sino a che non l'ho visto fuori per strada.
Sono uscito giusto in tempo per vederlo salire su un taxi e partire.
Mi sono messo a correre ma prima di riuscire a raggiungerlo aveva già
svoltato l'angolo e l'avevo perso in mezzo a degli autobus.
John
mi ha raggiunto con il fiatone e guardandosi intorno con aria
smarrita.
“Quel
ragazzo ci farà morire. Dove è andato?”
“Credo
di saperlo.” ho replicato fermando un taxi e salendo a bordo.
“Eaton Square, 44. Il più velocemente possibile.” ho ordinato
all'autista.
Quando
l'auto si è fermata, mi è sembrato di tornare indietro nel tempo.
La strada non era cambiata molto, nonostante fossero passati quindici
anni. Riuscivo a leggere sul viso di John la stessa perplessità.
Siamo arrivati al portone e lo abbiamo trovato aperto. La casa era
buia e i mobili erano coperti da pesanti drappeggi.
“Hamish?
So che sei qui.” ho chiamato non ricevendo nessuna risposta.
Siamo
saliti al primo piano e alla fine lo abbiamo trovato in quella che
era stata la camera da letto di Irene.
Lui
era seduto sul vecchio letto e teneva fra le mani un mazzo di chiavi
e una foto, sul suo viso stava scendendo una lacrima.
Io
e John ci siamo fermati sulla porta, entrambi confusi, poi il mio
amico mi ha spinto in avanti e mi ha fatto un cenno con il capo verso
mio figlio.
“Cosa
dovrei fare?” ho sussurrato per non farmi sentire.
“Parlagli!”
mi ha intimato il mio amico altrettanto silenziosamente.
Ho
fatto qualche passo per la stanza e poi mi sono seduto accanto a lui.
“Questa
casa è mia. Posso stare qui quanto voglio, non devo chiedere il tuo
permesso.”
“Non
me lo aspetto, infatti. Solo, dovresti chiudere la porta, potrebbe
entrare chiunque.”
“Sapevo
mi avresti raggiunto.”
Ovviamente.
Mi sono voltato a guardare John e lui ha fatto un altro cenno con la
mano per invitarmi a continuare a parlare.
“Immagino
tu senta molto la sua mancanza.”
“Non
farlo. Non parlare di Lei.”
“Va
bene. Forse però dovresti parlarne tu.”
“Era
mia madre. L'unica persona al mondo che mi abbia mai amato ed ora è
sotto due metri di terra. Non penso di dover condividere altro con
te. Tu non l'hai mai amata o apprezzata. L'hai abbandonata. Sei
rimasto in contatto con lei solo a causa mia, perché ti sentivi in
dovere di farlo, ma non hai mai amato neanche me.”
Sono
rimasto in silenzio per un attimo, riflettendo sulle sue parole e su
come si fosse fatto un'idea simile, poi mi sono reso conto che era
del tutto naturale. Questo era quello che sembrava, in effetti.
“Ho
amato tua madre, ma poi è finita. Quando è successo non sapevo che
aspettasse te. E non mi sono tenuto in contatto per dovere,
ma perché dal primo momento che ti ho visto ho sentito un forte
legame fra noi, e ti ho amato dal primo istante. Puoi anche non
credermi, ma è così. So di non essere stato molto presente nella
tua vita, ma non ho mai voluto abbandonarti, spero che tu lo
comprenda. Ho pensato a te in ogni momento di ogni giorno negli
ultimi dodici anni. E, il fatto che abbia avuto una famiglia con
Molly, non ha attutito minimamente il dolore che provavo ogni
giorno.”
“Dolore?”
ha esclamato lui con rabbia alzandosi in piedi. “Cosa ne sai tu del
dolore? Io ho visto mia madre spegnersi un giorno dopo l'altro,
mentre sorrideva fingendo che andasse tutto bene per non
preoccuparmi. Sapeva di non ingannarmi ma non ha mai smesso. E quando
ha esalato l'ultimo respiro io ero lì a tenerle la mano! Se non hai
passato tutto questo non hai idea di cosa sia il dolore!” mi ha
urlato contro mentre le lacrime continuavano a sgorgare dai suoi
occhi e la voce si spezzava a ogni parola.
“Mi
dispiace.” ho detto sentendomi terribilmente in colpa. “So che
avrei dovuto esserti accanto. E so che hai sofferto più di quanto un
ragazzo della tua età dovrebbe. Se potessi fare qualcosa per
riportare in vita tua madre, lo farei.”
Lui
si è accasciato nuovamente nel letto e ha affondato il viso fra le
mani, sussultando per i singhiozzi.
“Dovresti
essere morto tu al suo posto.” ha balbettato tra le lacrime.
Mi
sono voltato a guardare John sulla porta e l'ho visto tirare su con
il naso, anche lui era commosso. Pensando a cosa avrebbe fatto Molly
al mio posto, con cautela ho messo un braccio attorno alle spalle di
mio figlio e lui non mi ha scacciato. Lentamente l'ho attirato a me e
l'ho abbracciato. Non si è ribellato e ha continuato a piangere
sulla mia spalla.
Il
viaggio di ritorno in taxi è stato molto silenzioso. Dopo aver
lasciato John a casa sua, Hamish si è chiuso nel suo mutismo
continuando ostinatamente a guardare fuori dal finestrino. Aveva
smesso di piangere da molto tempo, ma sembrava ancora più arrabbiato
di prima. Forse perché non desiderava mostrarmi le sue emozioni ed
era infuriato per aver ceduto di fronte a me.
Quando
siamo arrivati a Baker Street, prima di scendere dall'auto, mi ha
messo una mano sul braccio per fermarmi.
“Potresti
non raccontare a nessuno di quello che è successo? Per favore.” mi
ha chiesto evitando di incrociare i miei occhi.
“Non
ho intenzione di umiliarti. È una cosa che resta fra noi. E John non
ne parlerà a nessuno.”
Lui
ha annuito e ha sussurrato un Grazie
quasi impercettibile.
Quando
siamo entrati in casa ha iniziato a fare le scale senza una parola.
Sentivo di dover dire qualcosa, ma non ero certo di cosa esattamente.
Una sensazione davvero fastidiosa.
“Hamish?”
l'ho chiamato bloccandolo a metà della rampa di scale. “Se, ecco,
sentissi il bisogno di sfogarti, parlare o insultarmi, sappi che io
sono a tua disposizione.” ho detto infine, immaginando cosa avrei
voluto sentirmi dire al suo posto.
“Lo
terrò presente, Sherlock.” ha replicato chiamandomi per nome per
la prima volta.
Non
era ancora un Papà,
ma era meglio di un informale Mr.
Holmes.
Sbuffando,
mi sono tolto il cappotto e poi sono andato a sedermi sulla mia
poltrona. Morivo dalla voglia di suonare il violino, ma avrei
svegliato tutti. L'ho tenuto in grembo per un po' prima di metterlo
via e infine andare nella mia camera da letto.
Era
completamente al buio e l'unico suono presente, oltre al ticchettio
di una sveglia, era il regolare respiro di Molly. Mi sono spogliato e
mi sono infilato a letto, abbracciandola. Lei si è stretta a me
istintivamente e io ho affondato il viso fra i suoi capelli. Il suo
profumo mi ha sempre fatto stare meglio, soprattutto quando sono
irrequieto. Ha mugugnato il mio nome nel sonno e ho sorriso,
baciandole la fronte. Poi mi sono concentrato sul ritmico battito del
suo cuore e mi sono addormentato.
CONTINUA
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