Soldati in trincea

di percabeth2000
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Caro Santo, scrivo a te perché sei l’unica persona che davvero può comprendermi.
Quando qualche mese fa arrivavano a casa le tue lettere mi chiedevo spesso perché scrivessi così di fretta e perché non fossi così triste nell’uso delle parole, ora capisco: l’orrore è troppo per farlo vedere anche alle persone che si amano.
E’ così. Mi hanno mandato anche a me nelle trincee a combattere per la patria, a difenderla.
Penso spesso a come il paesaggio qui si trasformi, a come i fiori che la nonna a casa coltivava con grande cura qui vengano calpestati e bagnati del sangue dei caduti.
I colori sono gli stessi colori che ho a casa, sono gli stessi colori con cui da piccolo mi divertivo a colorare, ma qui sono smorti e trasmettono tristezza quando non si combatte perché quando si combatte i colori diventano accesi e accecanti come se volessero impedirci la giusta visuale, come se volessero farci uccidere.
Avevo trovato degli amici, avevo iniziato a conoscere un po’ di ragazzi della mia stessa età ma tutti sono stati trasferiti o sono caduti.
Ricordo ancora quando, appena arrivato, mi hanno consegnato l’equipaggiamento e mi hanno messo a tirare con il fucile, andavo a caccia con lo zio e ho una buona mira, ricordo quando appena sporta la testa oltre la linea del terreno abbia visto il più totale caos.
Un uomo più avanti, forse sulla quarantina, è stato trivellato dai colpi della mitragliatrice e mentre la giacca gli si ricopriva di rosso scuro lo vedevo accasciarsi a terra. Non ha fiatato. Nessun urlo, nessun grido di dolore o rabbia, si è semplicemente lasciato andare.
C’è da diventare pazzi qui, dopo neanche un mese ci si chiede se sopravvivere sia davvero la scelta giusta da fare, si inizia a dubitare del significato della vita: è giusto combattere nella paura? E’ questa la vita?
Mi manca la cucina casalinga, qui se ci va bene si mangia il pane raffermo sopravvissuto agli attacchi se no zuppa, ma questo già lo sai infondo l’hai passato anche tu.
Viviamo nello schifo con il naso otturato a causa degli odori e della polvere da sparo. Vivere? No. Sopravviviamo. Per quanto ancora non so.
Non ho aria, non ho ossigeno qui, le trincee sono talmente strette da  farmi credere di soffocare e se voglio sporgere il capo … Una volta un ragazzo claustrofobico l’ha fatto, abbiamo provato a fermarlo ma era troppo tardi, un buco in testa.
I capelli biondi sono diventati rossi e la trincea si è riempita dell’odore acre e salato del sangue, per tre giorni siamo passati di lì schiacciando i piedi nella terra da esso bagnata, per tre giorni ho avuto gli incubi.
Mi tengono in vita la speranza e l’amore che ho per la famiglia, spero che se anche il mio contributo possa essere limitato faccia comunque una differenza, per quanto flebile sia
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