Mmh... In realtà non so perchè ho messo questa storia sotto la categoria "favola". Forse perchè dopo averla riletta lo stile mi è sembrato simile a quello di una favola... Però, non c'è la morale. Per lo meno, non è scritta direttamente. D'altronde, nessuno segue mai le morali. Questa cosa è un pò triste da dire, ma è la verità. Quindi, se qualcuno magari crede di aver trovato un pezzo di insegnamento in questa storiella banale, ne sono felice. Ma non mi ero prefissa nessuno scopo particolare mentre la scrivevo, perciò già è tanto se la leggete, insomma XD
Buona lettura!
La
bambina e il Giullare
Il
Giullare era un barbone
che abitava nel quartiere più squallido della
città. Lo chiamavano così perché
in testa portava sempre un cappello buffo e colorato, con tanti
campanellini appesi
alle punte.
Non aveva neanche un soldo, e doveva sempre chiederli alle altre
persone. Però alle persone, si sa, non piace tanto pensare
agli altri. Prima si
curano di sé stessi, poi, magari, se hanno tempo e un
po’ di buon cuore,
aiutano il prossimo. Per questo il Giullare faticava sempre a trovare
qualche
spicciolo.
Il suo stomaco brontolava ogni giorno, e lui per consolarsi andava a
cercare un po’ di cibo avanzato nei cassonetti
dell’immondizia. C’erano dei
giorni fortunati, in cui trovava un pezzo di pane secco e qualche
pomodoro
andato a male. Altri giorni, invece, la sua pancia rimaneva
completamente a
digiuno.
Perciò il Giullare aveva cominciato a mangiare i topolini,
quelli che
vivono nella sporcizia. Beh, anche il Giullare viveva nella sporcizia,
però lui
non era un topolino. Era anzi un omone grosso e barbuto, che faceva un
po’
paura, ma con gli occhi buoni e stanchi. Stanchi, perché la
notte non riusciva
mai a chiudere occhio per il freddo e per la scomodità delle
scatole di cartone
in cui dormiva. O forse perché quella vita l’aveva
reso tanto debole, chissà.
Fatto sta che erano stanchi.
Un
giorno il Giullare
incontrò una bambina. All’apparenza sembrava come
tante altre bambine, ma non
era così. I suoi occhi erano buoni, anche se più
vivaci di quelli del Giullare.
La bambina stava andando al parco giochi, il Giullare stava costruendo
una
cuccia per il suo gatto randagio. Bastò solo un secondo, in
cui i loro occhi si
conobbero, e la bambina si avvicinò al Giullare.
«Ciao. Cosa fai?»
chiese la bambina.
«Aiuto il mio gatto»
rispose il Giullare.
«Che bello» disse la
bambina «E a te non ti aiuta nessuno?»
domandò poi.
«No» disse il Giullare.
«Allora lo farò io»
La piccola mano della
bambina prese quella grossa e sporca del Giullare, e insieme iniziarono
a
camminare. Il Giullare era tanto sorpreso, e non sapeva se essere
felice o spaventato.
Nessuno aveva mai fatto ciò che stava facendo la bambina in
quel momento.
Arrivarono davanti a un
bar. La bambina si diresse al bancone, ma il Giullare
aspettò fuori. Era
sporco, non poteva entrare.
Quando uscì, aveva in
mano un tramezzino.
«Tieni» gli disse «E’
buono»
Il Giullare lo mangiò
in un sol boccone, tanta era la sua fame.
La bambina sorrise,
tirò fuori un fazzoletto dalla tasca, e pulì la
bocca del Giullare.
«Adesso devo andare al
parco, le mie amiche mi stanno aspettando. Tornerò presto,
se ti fa piacere»
Il Giullare la guardò
senza dire parola.
Era felice.
Dopo tanti anni,
ricordò la sensazione della felicità.
Con un ultimo sorriso,
la bambina se ne andò saltellando.
E non tornò più.
Passarono
tanti anni.
Il Giullare era sempre
più vecchio e stanco. Anche il suo corpo era diventato
debole.
Ormai non aveva neanche
la forza di alzarsi dal suo letto di cartone, e la gente preferiva non
prestargli attenzione.
Faceva freddo, e i
topolini scarseggiavano.
Il Giullare dormiva
spesso, perché sentiva male al cuore.
Quando dormiva, però,
faceva sempre sogni strani.
Sognava tanto buio che
lo avvolgeva, un buio spaventoso.
Il buio della vita che
lo aveva accompagnato per tutti quegli anni.
Però, alla fine del
sogno, prima che si svegliasse, intravedeva sempre una piccola luce
bianca che
emanava calore.
E quella luce bastava a
trasformare l’incubo in uno splendido sogno.
Un
giorno, quando il
Giullare si svegliò, accadde un piccolo miracolo.
Nel momento in cui alzò
le palpebre, vide una persona davanti a lui.
La bambina era
diventata una donna, e lo guardava con occhi buoni e gentili.
Il Giullare aveva
aspettato tanto quel momento, ed ora era di nuovo felice.
Felice di averla
rivista. Felice, perché i suoi occhi non erano cambiati.
Felice, perché fu l’ultima
persona che vide prima di morire.
La luce gli aveva fatto
visita anche nella realtà.
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