Heart burnst into fire_Episode 2
Titolo: Tutta colpa
di Bradley
Autore: My
Pride
Fandom: FullMetal
Alchemist
Tipologia: Flash
Fiction
[ 659 parole ]
Personaggi: Roy
Mustang, Edward Elric, King Bradley
Genere: Slice
of life, Sentimentale, Commedia
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen
ai, What if?
FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All
Rights Reserved.
EPISODIO
2: TUTTA COLPA DI BRADLEY
Tanto
per
cambiare, come ogni anno, a casa del Comandante Supremo si sarebbe
tenuto uno
stupido ballo in maschera a tema, giacché al vecchio Bradley
era
sempre piaciuta l'idea di pensare ad espedienti sempre nuovi per
intrattenere i propri ospiti. Io pensavo solo si divertisse a mettere
in ridicolo tutti noi, ma quello era un parere che, per il momento,
preferivo tenere per me senza parlarne a terzi.
Buttai le pratiche appena firmate nel
contenitore, sbadigliando
annoiato. Fosse stato
per me non ci sarei mai andato, ma era utile per avvicinarsi pian
piano, un gradino
alla volta, ad una possibile promozione che mi avrebbe ulteriormente
avvicinato alla carica di Comandante, ed era solo per quel motivo se mi
trovavo immischiato in quella
storia. L'ultima volta mi era toccato indossare una normalissima
maschera nera con un piumino sull'occhio, quindi che cosa mai sarebbe
potuto andare storto, a parte la noia?
Fu un lieve picchiettare alla porta a
distrarmi dai miei pensieri, ma, quando alzai lo
sguardo, restai sorpreso nel vedere la figura di Edward: indossava una
camicia bianca e una gonna a pieghe in tessuto di
tartan, e sulla spalla, assicurato
da una spilla d'argento, portava
uno scialle della medesima trama; ricadeva in un aggraziato
drappeggio interrotto da una cintura borchiata, ma continuava in
uno strascico oltre i polpacci fasciati da calze di lana fino agli
stivali di pelle. Sul davanti della gonna, inoltre, portava una specie
di borsetta di
cuoio in pelo, e i capelli li aveva rigorosamente castigati in un'alta
coda.
Sbattei le palpebre, divertito e
scioccato al contempo dalla scena che
mi si parava davanti.
«E
tu vorresti venire conciato così, alla festa?»
chiesi,
indicandolo.
Lui mi guardò con cipiglio
corrucciato,
poggiandosi le mani sui fianchi. «Cos'ho
di strano?»
«Una
gonna, ad esempio?» replicai accigliato.
«Non
è una gonna», borbottò.
Lo
squadrai, inarcando un sopracciglio. «È una
gonna», insistetti, divertito dalla sua
espressione stizzita.
«E
tu sei un idiota, Colonnello dei miei stivali»,
sbottò. «Ma
ti pare che mi mettevo una gonna?»
«Beh,
è quello che indossi, no?»
«Questa
gonna, come
la chiami tu, è un kilt», mi informò,
incrociando le braccia al petto. «È
un indumento maschile».
«La
indossano i travestiti, allora», buttai lì
sarcastico,
osservandomi distratto una mano.
Edward si portò una mano alla
fronte, esasperato. «Non
si può ragionare con te».
«Se
ti presenti con una gonna...»
«È
un kilt!»
ripeté nervoso. «Ed
è il tema di stasera».
Sbarrai gli occhi e rischiai
di cadere dalla sedia per lo stupore, mantenendomi
al bordo della scrivania e scuotendo con impeto la testa, sconvolto. «Io
quel kilt o come si chiama non me lo metto nemmeno se mi
uccidi!»
esclamai, sconcertato anche solo all'idea di immaginarmelo addosso. Io,
l'uomo più sexy d'Amestris... con una gonna?!
Tanto valeva
dichiarare anche che ero omosessuale, a quel punto! Che diavolo di
idee malsane venivano in mente, al Comandante Supremo? Senza badare
alle mie proteste, Edward mi si avvicinò e mi
afferrò per un braccio, trascinandomi tutto divertito fino
agli
spogliatoi dove aveva già riposto il mio abito da cerimonia.
Lo osservai inorridito.
«Non
me lo metto», mi impuntai, deciso.
«Oh, aye»,
ghignò, cominciando lui stesso a togliermi la divisa e a
sistemarmi il suo stesso vestiario addosso, ignorando deliberatamente i
miei sbuffi, le proteste e le lamentele che mi lasciavo sfuggire mentre
tentavo di scappare dalla sua morsa - letteralmente - d'acciaio. Mi
porse per ultima quella borsetta di pelo che avevo scoperto
chiamarsi sporran,
e mi sistemò lo scialle sulla spalla. A lavoro ultimato, mi
osservò compiaciuto, ravvivandomi i
capelli all'indietro.
«Sei
perfetto! Ma
manca un'ultima cosa», si grattò una guancia,
divertito. «Levati
le mutande».
Corrugai le sopracciglia e incrociai le
braccia al petto. «Eh
no, caro mio», sbottai, indignato. «Mi
hai conciato così e non ti meriti un assaggio del piccolo Roy».
«Non
farti illusioni», mi rispose a tono, ridendo e poggiandomi le
mani sulle spalle. Quando le sue
labbra si avvicinarono al mio orecchio e mi sussurrarono
quelle parole, rimasi avvilito, scioccato e imbarazzato allo
stesso
tempo.
«Non
si portano le mutande sotto il kilt, Roy».
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