Ghost in the mirror

di FrancyBorsari99
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Credo che in tutta la città una ragazza bella come me non sia mai esistita.

Sono quel genere di figura che i cavalieri sognano la notte al fronte, quel tipo di fiore che il più abile dei giardinieri non si azzarda a toccare per paura di rovinarne i petali, quel genere di modella che il migliore dei pittori o lo scultore più preciso non sarebbe capace di immortalare nemmeno lontanamente con un minimo di fedeltà.

Il colore dei miei occhi non si avvicina alla bellezza dell'azzurro delicato di un cielo di primavera, i miei capelli alla luce del sole paiono fatti di fragile filigrana dorata, il mio viso è di un ovale perfetto, la mia pelle morbida come una pesca. Persino la figlia del Presidente è invidiosa di tanta beltà, che si dice essere graziata da Dio.

C'è solo un problema.

Mia sorella gemella Mariette.

Sono fermamente convinta che vada tolta di mezzo al più presto.

 

La prima pagina di quel diario rilegato era solcata da un inchiostro nero che si snodava sulla carta in volute eleganti, una calligrafia talmente minuta e svolazzante che sembrava rispecchiare in pieno il tipo di persona che l'aveva impressa sulla carta ingiallita.

Era l'unica cosa che Sharon invidiava alla proprietaria del libricino, dal momento che non proprio tutti si ritrovavano una scrittura facilmente confondibile con la traccia lasciata da uno scarafaggio.

Ignorò quella punta di invidia che le faceva desiderare un tale ordine sui quaderni di scuola e passò a una delle lettere sigillate con la ceralacca rossa.

 

Non credo che tanta vanità giovi alla vostra bellezza interiore.

Che voi affermiate il contrario o meno, non è affare che mi riguarda, questa lettera voleva solo servire da consiglio.

L'altro motivo che mi ha spinto a scrivervi è che sarebbe mia intenzione invitare voi e la vostra incantevole sorella

 

E un violento scatto di rabbia aveva strappato a metà la carta.

A quel punto Sharon poté costruire un identikit più preciso del destinatario di quella lettera.

Una ragazza magnifica e vanitosa ma invidiosa della sorella gemella? Poteva starci.

Altra lettera:

 

Credo che voi, Miss Jeadine, vi ricordiate del sottoscritto come il consorte di vostra sorella, Mrs Mariette. Ebbene, volevo farvi sapere che ai miei occhi siete una donna di singolare bellezza e leggiadria, e ho ovvi motivi che mi portano a credere che il nostro sia stato un incontro di altrettanta singolare fortuna.

Se vi dicessi che mi sto innamorando di voi, cosa mi rispondereste?

Mr. Henry Wilkinson

 

Uhu, le cose si fanno interessanti...

Se nel ventunesimo secolo una dichiarazione fosse stata di simile facilità, Sharon non se se sarebbe stata certo con le mani in mano, e a diciotto anni avrebbe avuto il ragazzo, cosa che effettivamente non aveva e che le compagne continuavano a rammentarle.

Da quel punto in poi qualcuno doveva aver già ficcanasato prima di lei, perché impiegò parecchio tempo per riordinare le varie carte e lettere.

Ricostruì una storia intrecciata ed intrigante, sembrava di assistere a una puntata speciale di Beautiful stile diciannovesimo secolo, con tanto di tradimenti, passioni, e via dicendo.

Decisamente una soap opera fuori dagli schemi, a tratti abbastanza noiosa, a tratti coinvolgente, mentre in alcuni punti prendeva una piega abbastanza cruenta e crudele. Sembrava un miscuglio tra una storia d'amore, una del terrore e un poliziesco.

In parole povere, se non ci fosse stato l'omicidio, Sharon avrebbe abbandonato quel passatempo già da un pezzo, e cominciato a predisporre il necessario per una fuga da quell'orrendo appartamento Newyorchese che odiava dall'istante stesso in cui ci aveva messo dentro piede.

Jeadine uccise la sorella, ma per una qualche ragione inscenò la sua morte e continuò la storia sotto le mentite spoglie di Mariette. Che motivo aveva di complicare ulteriormente le cose? Perché la defunta era stata vista più bella di lei, forse?

Okay, va bene essere vanitosi e invidiosi della bellezza altrui, ma da qui a far fuori la sorella e prendere il suo posto ce ne vuole.

In breve il risultato fu, secondo la polizia dell'epoca, che Jeadine era morta, il corpo finito chissà dove, e Mariette era sì, ancora sposata con Henry, ma anche in lutto costante.

Dopo un po' Sharon cominciò a prenderci gusto, non era esattamente il suo ideale di divertimento ma tutt'ora che aveva iniziato voleva sapere assolutamente come andava a finire.

Il guaio arrivò quando non ci fu più nulla da leggere.

Semplicemente, la storia cessò con un altro attacco di vanità di Jeadine-Mariette.

Niente più lettere fra i due amanti, niente più convocazioni, niente più pianificazioni o sentimenti impressi sulla carta.

Sharon era abbastanza delusa, era un peccato che tutto finisse così, ma si auto-convinse che per forza da qualche parte doveva esserci qualcos'altro.

Il tempo non le mancava, poteva starsene in soffitta per ore con la semplice scusa che voleva riordinarla.

Sulle prime la montagna di scatoloni la lasciò abbastanza scoraggiata, ma rimboccatasi le maniche cominciò a vuotarli uno per uno, estraendone gli oggetti più impensabili, da pile di vecchissime copie del Times a ingranaggi per orologi, a vestiti vecchi ed antiquati. Le faceva un effetto strano trovare tutta quella roba vecchia e polverosa nella soffitta di una palazzina costruita così recentemente.

In ogni caso, niente che potesse interessarle.

Una volta che ebbe vuotato ogni cartone senza trovarvi niente, si sedette in un angolo a riposare, mentre fuori dalla finestra il tempo si faceva uggioso e le nuvole si addensavano minacciose e cariche di pioggia.

Un lampo bianco squarciò il cielo divenuto grigio e buio un tuono rimbombò facendo tremare i vetri, dando il via a un vero e proprio temporale di grandine. I chicchi cadevano pesantemente al suolo, facendo risuonare uno scrosciare assordante sull'asfalto.

A quanto pareva non era l'unica ad essere di cattivo umore. Quell'ammasso di pesanti nubi nere la rispecchiava perfettamente.

Non passò molto tempo, che dalla finestra il rombo della grandine si trasformò in un ruggito furioso,

sferzate di vento percuotevano le persiane scrostate e la finestrella si spalancò di botto, lasciando che i chicchi acuminati di grandine invadessero la stanza e si conficcassero sul ripiano di legno.

La ragazza scattò in piedi e bloccò l'anta, lottando contro il temporale che spingeva da fuori .

Dopo qualche minuto di braccio di ferro, questi si spense improvvisamente, e Sharon riuscì a chiudere il vetro, tirando un sospiro di sollievo.

Grandine a forma di puntina da disegno, questa poi!

Non fece in tempo ad interrogarsi sulle stranezze del tempo meteorologico, che la temperatura nella stanza si abbassò, il gelo le penetrò nelle ossa facendola rabbrividire, mentre le imposte riprendevano a sbattere violentemente l'una contro l'altra percosse dal vento.

Sharon avvertì una strana sensazione, come se la pelle d'oca non si propagasse solo sulle braccia, ma su ogni centimetro di pelle, mentre un'inquietudine strisciante le risaliva lungo la colonna vertebrale.

Rabbrividì, tentando di scacciare quella morsa di paura e constatando che c'era qualcosa di sinistro in quell'atmosfera. Qualcosa che non prometteva nulla di buono.

Si allontanò incerta dalla finestra e indietreggiò fino alla parte più bassa del tetto spiovente, quando il suo piede andò a sbattere contro qualcosa di duro che vacillò pericolosamente in avanti.

Fece in tempo ad afferrarlo prima che si ribaltasse sul pavimento. Sembrava un grosso pannello di settante centimetri per lato spesso un paio di dita e avvolto in un telo ingrigito dalla polvere, nascosto nel punto più buio della soffitta, l'unica parte in cui non aveva ancora messo le mani.

Ebbe l'impulso quasi irrefrenabile di andarsene, sigillare la porta e buttare via la chiave, ma un moto di curiosità vinse la paura e, con un brusco strattone, tirò via il telo.

Una densa nuvola di polvere si sollevò mascherando ciò che c'era sotto, ma la ragazza la scacciò con un gesto della mano, e capì di essersi sbagliata: non era un pannello, bensì uno specchio.

Non sembrava nulla di particolare. Non aveva cornice e la fattura del vetro era abbastanza antica, solcata da sottili venature nere e con gli angoli scheggiati. Uno strato di polvere si era infilato tra le maglie spesse del telo e si era depositato sulla superficie.

Nonostante ciò, aveva un fascino magnetico.

Sharon allungò la mano e ne tolse una parte. In quel momento erano riflesse solo le sue gambe, dal ginocchio in giù, quindi si accovacciò e, con un fazzoletto che aveva in tasca tolse tutto lo sporco.

Già a metà dell'opera capì che qualcosa non andava: aveva tolto la polvere solo nella parte inferiore, ma lì il suo riflesso non sembrava appartenerle. Era grigio e opalescente, quasi semitrasparente.

La paura le montò nel petto e il respiro morì in gola, mentre un tremito convulso le attraversava le braccia e le mani. Continuò a cancellare la polvere mentre ogni cellula nel suo corpo le diceva di non farlo e che non avrebbe dovuto essere lì, i muscoli testardamente tesi e irrigiditi dall'angoscia come se anche loro stessero facendo resistenza con disapprovazione.

Cancellò l'ultima striscia e sentì il mondo crollarle addosso, la paura la impossessava in un'unica ondata, mentre la sua bocca si apriva senza riuscire ad emettere nessun suono.

I battiti del cuore accelerarono vertiginosamente, li sentiva pulsare nelle dita. Voleva scappare, urlare, non tornare mai più in quella città, ma la sua volontà fisica era pari a quella di un blocco di cemento, e il panico che ogni secondo le montava dentro le dava la sensazione di essere troppo pesante per riuscire a muoversi. Era una cosa spaventosa, raccapricciante, il suo stomaco e i suoi occhi protestarono indignati.

Perché sulla lastra di vetro non c'era il suo riflesso, bensì quello di un'altra persona, dalla pelle pallida ed emaciata, i capelli lunghi e lisci che fluttuavano attorno al capo come immersi in acqua, gli occhi sbiaditi un tempo più azzurri del cielo la fissavano colmi di un'ira folle, mentre l'aura nebulosa intorno alla figura si inspessiva e vorticava secondo una qualche corrente inesistente.

Sharon trattenne il respiro. Sì, insomma, non era certo come se l'era immaginata, ma quello spettro aveva tutta l'aria di essere... preferì non terminare il pensiero, benchè fosse l'unico di senso compiuto che le stesse venendo in mente e, recuperati un minimo di riflessi, arretrò malferma sulle gambe fino alla finestra, ancora vittima delle frustate ululanti del vento temporalesco.

Il fantasma (o quello che era) ringhiò di rabbia, graffiando con le unghie e artigliando i bordi dello specchio, issandosi su di essi. Con sommo orrore della ragazza appoggiò una mano al pavimento e la nebbia che lo circondava si tuffò fuori, espandendosi e crescendo, arrampicandosi sulle pareti e insinuandosi in ogni sottile spiraglio che incontrava. I suoi capelli turbinarono come in balia di un mulinello invisibile.

L'apparizione emise un verso gutturale dalla bocca. Si mise in piedi sovrastandola completamente, con le vesti coperte di ragnatele che strisciavano al suo seguito mentre camminava in avanti e la nebbia che si addensava sibilando ai suoi piedi.

Il corpo di Sharon reagì nuovamente alla paura, balzò in piedi e senza pensarci due volte si lanciò in avanti verso la porta, mentre la parte più lucida di lei si aspettava di finire contro quella creatura.

Invece no: la attraversò completamente, un gelo spossante le esplodeva in ogni osso intorpidendole i muscoli. Solo la scarica di adrenalina che le pulsava nelle vene non le impediva di bloccarsi sul posto trasformata in un ghiacciolo.

Il fantasma attese che lo scalpiccio e le urla disperate lungo la scala si spegnessero completamente, poi tornò a testa china nella sua prigione, tirandosi dietro il telo impolverato.

Da due secoli era costretta a vivere segregata in quello specchio e ogni volta che un povero sventurato si lasciava vincere dalla curiosità e sbirciava sotto la coperta non poteva fare altro che spaventarlo con la maschera di rabbia che le si era impressa sul viso nel momento della sua morte.

Se l'avesse saputo prima quale orribile punizione l'aspettava per l'assassinio della sorella, Jeadine si sarebbe risparmiata volentieri un simile e infame destino.

 





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