Un’Altra
Faccia Dell’Amore
Per
una strana ragione da adesso
ci ritrovavamo, insieme, allo stesso incrocio, trascinate dal vento
dell’alchimia che, inspiegabilmente, ci legava. Intrappolate
nella fitta
ragnatela che teneva incollati i nostri cuori, senza trovare mai via di
fuga o
senza volerla trovare mai davvero. Mi strinse la mano e disse:
<< Piacere,
Alessandra! >> presentandosi,
ed io feci lo
stesso: <<
Piacere, Mati! >>
-tenne stretta ancora per un po’
la mia mano, alzò il sopracciglio destro e disse:
<< Mati? Che
nome particolare, mi piace! >> -
continuai
incoraggiata dall’apprezzamento ma con la paura di incartarmi
e incepparmi con
le mie stesse parole:
<< Si,
“Mati“ sta per “Matilde” ma io
preferisco ”Mati”>>
Agitai
su e giù quella stretta di
mano, strinsi gli occhi e riuscì ad abbozzare solo un lieve
sorriso, ma ahimè
anche in malo modo. Il mio sguardo senza nessuna apparente ragione, si
trovò
con le spalle contro al muro, disarmato. Di quel flash di pochi secondi, fu costante in me un solo
ricordo visivo.. il
pavimento della scuola successivo alla stretta di mano. Non sapevo cosa
mi
stesse succedendo e probabilmente, presa dal seguire i passi che
dettava il mio
cuore, non ne sentii mai neppure l’esigenza di chiedermi se
tutto fosse
giusto..normale. Mi sentivo una stupida, sapevo di esserlo. Di Lei, in
quel
momento, sapevo solo il suo nome, che al mio orecchio diveniva
magnifico, i
suoi lineamenti, la sua voce e i suoi occhi divenivano i soli
protagonisti,
ricorrenti, delle mie notti e il suo profumo, oramai, era un elemento
distintivo che mi faceva sempre più render conto che nessuno
l’avrebbe
eguagliata in nulla. Era diventata la mia ossessione, la mia stupenda,
magnifica ossessione. Andavo in bagno e speravo di incontrarla
lì, seduta, in
quel gelido davanzale in marmo e che poi mi invitasse a sedermici su e speravo tanto si
avvicinasse a me, che
mi sorridesse, che mi scostasse, con leggiadra, i capelli e che mi
baciasse,
che mi baciasse davvero,non solo con le labbra ma col cuore.
Sentivo sulle mie la
morbidezza delle sue
labbra, carne e carne, si fondevano, facevano l’amore. Quei
baci che sapevano
di zucchero, quei baci dolci ma forti, quei baci di cui non vedevo mai
la fine
e che essi stessi non vedevano, nel segreto, la nostra fine. Mi
immergevo in
quell’unico profumo che portava in me solo la dannazione
dell’anima ma
rinunciare era impossibile. Solo io e Lei, nessun altro. Non
c’era difetto, non
le trovavo difetto. Le carezzavo i capelli, ci giocavo con le dita e la
stringevo a me il più tempo possibile quasi per fondermi
alla sua carne, ai
suoi odori, alla sua splendida anima dagli occhi azzurri. Avrei potuto
chissà
ancora per quanto tempo fantasticare ma anche in quella giornata la
campanella
dell’ultima ora suonava e faceva da capolinea ai miei
molteplici sogni.
Erano
mesi, ormai, che ci
vedevamo di nascosto. Nessuna delle
due
aveva mai avuto il coraggio di dire all’altra cosa fosse quel
rapporto, e chi lo
voleva sapere?! Bastava
che mi guardasse
un solo istante ed io mi sentivo a casa, mi sentivo amata, mi sentivo
protetta,
felice e soprattutto mi sentivo dalla parte del giusto
perchè la passione ha
sempre la meglio sulla ragione. Anche se credo che ogni dubbio si
chiarì quando,
il giorno del mio diciottesimo compleanno, ubriaca fradicia, le chiesi
di
venire al bagno con me. Entrammo barcollando per quella porta di legno
fradicia, che aveva vissuto chissà quante storie su di se,
che restava in piedi
per un soffio. Ridevo di continuo senza una vera ragione, sbandai e
quasi le gambe
mi cedettero su quei vertiginosi tacchi, sbilanciandomi su di lei. A
pochi
centimetri dal suo viso, quasi prendendo coscienza smisi di ridere, la
guardai
fissa negli occhi e presa dalla sicurezza che l’alcool
inspiegabilmente mi
conferiva iniziai a baciarla mettendo in ogni singolo movimento tutto
l’amore
che provavo per lei, sicura di me, sicura di Noi. La guardai nuovamente
fissa
negli occhi e le dissi:
<< Ale,
ti amo da morire e starei qui a baciarti per ore ma…
>>
Non
fece in tempo a spostarsi che
iniziai a vomitare di brutto.
In certe situazioni mi venne
pure fin troppo
facile cullarmi nelle più abbozzabili scuse e credere che il
nostro rapporto
aveva innumerevoli vantaggi come: mantenere la costante adrenalina, il
nascondersi da tutti quelli che ci credevano semplici amiche, stare
chiuse in
camera senza che i genitori dubitassero o pensassero male, oppure fare
l’amore
diverse volte e senza nessun tipo di anticoncezionale. Anche se a dire
il vero
io e lei non avevamo fatto mai ancora l’amore,
l’amore fisico, quello che ti fa
ansimare, gioire, gemere, quello che ti fa sudare ma non ti stanca mai,
quell’amore
fatto di baci, di brividi lungo l’addome e di vesti
rigorosamente sul
pavimento.
Non
passavamo mai la ricreazione
insieme e forse questo era una dei vantaggi che amavo del nostro
rapporto perché
mi permetteva di ritrovarmi sempre con l’eccitazione allo
stomaco e lo sguardo
attento nello scrutare la gente che passava, sperando che
d’improvviso lei
guizzasse da qualche angolo remoto, solo e soltanto per me e quel
giorno fu
realmente così. Iniziavano le prime giornate di sole,
così, vista la nostalgia,
decisi di scendere in cortile con le mie compagne. Stavamo in gruppo e
parlavamo di quanto brutto fosse il nostro nuovo professore di
matematica, così
iniziai a ridere a crepapelle fin quando il mio occhio non
catturò un’immagine
di gran lunga migliore: i suoi capelli neri volavano trascinati dalle
folate
leggere e rade di vento ed il sole ne risaltava la magnifica
lucentezza,
sorrideva e veniva verso di me. Scioccai e restai di sasso senza
neanche
rendermene conto, mi zittii con una sola occhiata:
<<
Ciao, Mati! Allora oggi alle 16:00 sei da me?!>>
Amavo
questa ragazza e l’amavo
ancora di più quando, pur sentendosi impacciata, in
imbarazzo ed innamorata come
me, riusciva a sorprendermi reprimendo certe sensazioni con
disinvoltura e
sicurezza, con la migliore delle frasi che sembrava tanto un invito ad
un
secondo fine.
<<
Certo, Ale.. alle 16:00 sarò da te!>>
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