Sorriso sepolto

di holls
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Prigione di spine


Che la televisione sia spazzatura non è un mistero, ma tu, da quel piccolo schermo, rimani sempre affascinato. Segui con un mezzo sorriso le parole del presentatore, mentre le mie braccia cingono il tuo petto, e mi domando cosa ci troverai mai di tanto divertente in quelle battute senza capo né coda.
Ma non è forse questo che amo di te?
Quella parte un po’ sciocca e un po’ allegra, che ha salvato me, nei tempi che furono, dal baratro in cui stavo precipitando. E che sta salvando anche te, forse, dalla disperazione più nera.
Una disperazione dalla quale voglio liberarti, ma con la quale tu ti sei rassegnato a convivere. E così stai imparando ad allontanarmi da te ogni giorno, a sopprimere ogni emozione che possa darmi sospetto, a lottare contro il dolore senza nessuno al tuo fianco.
Ma ti strazierà, Nathan. Puoi solo uscirne sconfitto, perché quel dolore si ciberà di te, ti annienterà, fino a lasciarti a pezzi.
Ecco perché avvicino le mie labbra al tuo collo, spargendo una scia di baci, aspettando una reazione che non tarda ad arrivare.
« Dai, Alan. » e ti scosti con uno scatto, mentre il tuo viso si incupisce.
Ma io, stavolta, non ho intenzione di assecondarti.
« Non posso più baciarti il collo? »
Tu sbuffi, continui a guardare la tv, ma non fa più ridere.
« Lo sai. » mi dici, e già lo sento che sei sul chi vive, che temi una discussione, che stai già cercando un modo per rifugiarti nella tua prigione di spine.
Hai paura, Nathan.
Ma io no.
« So solo che prima o poi dobbiamo parlarne. »
Ti liberi dalla mia stretta, ti infili le ciabatte e ti alzi dal letto.
« Sono stanco. » mi rispondi, ma ancora non mi guardi, come ogni volta che cadiamo in questo argomento, perché forse hai paura che riesca a leggerti dentro, che riesca a vedere ciò che provi.
« Sarai sempre stanco, per parlarne. » ribatto, cercando di smuovere qualcosa dentro di te, ma quel muro che hai eretto tra te e il mondo riesco a malapena a graffiarlo.
Un altro sbuffo e tu ti chiudi in bagno, come da copione, mentre lasci che la tua sofferenza squarci ancora una volta quella ferita troppo profonda.
Ma tu non devi permetterglielo, Nathan.
Perché lo so che hai anche smesso di piangere, come se il dolore fosse diventata la tua quotidianità, e l’orrore solo una banalità di cui ormai sei schiavo.
Ma non è questa la vita, Nathan.
E non è questo l’amore.
 
 





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