Un senso. Invero. Per finta

di LadySpleen
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Un senso, invero. Per finta.

Tutto comincia da un punto sulla parete nella sala d’attesa.

.

Un punto nero.
Lo guardo, lo osservo, lo fisso.
Lo sguardo si ferma, si fissa, s’incolla.
E il punto cambia.
S’allunga. Una linea, si forma.



Che forma hanno i miei pensieri?
E la domanda è un punto.
Interrogativo, però.
Ma.
Se.
Forse.
Perenne incertezza.
Insensata, invero.
Per finta.
Nel senso che senso non c’è.

Il punto mi guarda, mi osserva, mi fissa.
Nera pupilla in un’iride infinita, come il mare.
Come il muro.
Assonanza.
La parola come mero diletto personale.
Ops, l’ho fatto di nuovo.
Per il vecchio rinnovato che più vecchio non è.
Per il nuovo invecchiato che vecchio ritorna.
Di nuovo e ancora.
Per sempre.
Perpetuo ripetersi in eterna spirale.
Si stringe, si arrotola, si avvolge.
Su sé stessa si ferma: un punto raggrinzito sul muro.

Ma –ehi!– il punto si è mosso.
Cammina, si stacca, volando, dal muro.
Una mosca che ronza scomposta.
Come i pensieri scomposti che volano ronzando.
Rimbalzano di parete in parete.
Contro quel muro che fu occhio, che portò neo e ora bianco accecante mi abbaglia.
Sbatto le palpebre, scompare la mosca, scompare il muro, scompare la stanza.
S’apre una porta, compare un uomo.
Il camice bianco, gli occhiali sul naso. Dottore.
“Desidera?”
“Un senso, invero.”
Per finta.
Nel senso che senso non c’è.






Dopo tanto, torno su EFP e posto un primo, abbozzato, tentativo di non-sense.
Il vecchio account (Spleen) non esiste più, potrebbe essere che riposterò alcune vecchie storie... per ora mi godo le vacanze!
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che leggeranno e ancor più chi commenterà.
Grazie a tutti,
LadySpleen.




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