They
grew up together
Pioveva ormai da giorni e la morsa del freddo si faceva
sentire. Le finestre illuminate dalla luce delle candele indicavano
che gli abitanti del Distretto 12 trascorrevano il tempo in casa, al
riparo dalla furia del cielo. I negozi erano tutti chiusi, i
commercianti non si aspettavano certo di poter vendere qualcosa,
visto che in giro non c'era anima viva.
Katniss sorseggiava il suo tè alla menta seduta
sulla poltrona, fissando con sguardo assente il fuoco appena acceso.
Non amava la pioggia: le impediva di uscire per andare a caccia, di
trascorrere il tempo nei boschi, dove si sentiva più viva. Non
essendo più considerata un'attività illegale, la
giovane trascorreva giornate intere a uccidere selvaggina e a volte
riusciva ad accumularne così tanta da dover fare più di
un viaggio per portarla a casa.
I quei momenti riusciva a non pensare al peso che si
portava sulle spalle, a ciò che tutti immediatamente pensavano
quando la vedevano: Katniss Everdeen, la ghiandaia imitatrice, la
ragazza ribellatasi alla tirannia di Capitol City. Sapeva che la
gente la considerava un'eroina, e questo non lo sopportava. Come se
non bastasse, non tenere la mente occupata rendeva tristemente facile
pensare alla morte di sua sorella Prim.
Due leggeri colpi alla porta la svegliarono da quella
sorta di torpore in cui era scivolata, riportandola nel presente.
Appena vide chi era venuto a farle visita, subito sentì una
sensazione di calore nel petto.
Peeta Mellark era sulla soglia, i capelli biondi resi
più scuri dalla pioggia e il solito sorriso dolce e timido
sulle labbra. Lo invitò a entrare e gli tolse la giacca
fradicia. Peeta si voltò verso di lei, porgendole una sacca.
Tieni, ne ho impastato un po' questa mattina e ho
pensato che potesse servirti. - disse il ragazzo, camminando verso
il camino per asciugarsi i vestiti.
Il solito vizio di darmi da mangiare, vero? - rispose
Katniss con un mezzo sorriso, aprendo la sacca e assaporando il
profumo del pane.
Cosa posso farci se mi preoccupo per te?- ribatté
il giovane con tono divertito.
Grazie Peeta. - disse lei a bassa voce, quasi per
timore di essere sentita.
Il ragazzo riuscì a udire quel sussurro ma
improvvisamente sentì le sue mani tremare e la fronte
imperlarsi di sudore. Strinse gli occhi, abituato ormai a quelle
crisi che lo coglievano di punto in bianco quasi tutti i giorni. Si
costrinse a fare dei respiri profondi e a cercare di rimanere lucido
ma, come sempre, gli riusciva incredibilmente difficile. Mentre
lottava contro quell'orribile e familiare sensazione, sentì le
mani fredde di Katniss sul viso e quando aprì gli occhi, vide
la ragazza davanti a lui, il volto preoccupato e per nulla
spaventato.
Per l'amor del cielo Katniss, allontanati! - disse
voltandosi, sentendo la preoccupazione che lo divorava.
No, guardami negli occhi. Maledizione Peeta, guardami!
- gli urlò di rimando la ragazza, strattonandolo per la
manica.
Peeta si girò lentamente, continuando a tremare e
la guardò: i suoi occhi grigi erano dello stesso colore del
piombo in quelle giornate di pioggia, e vi poteva leggere
determinazione, preoccupazione, rabbia, ma di certo non vi era
traccia di paura.
Fa' respiri profondi, tu non mi farai del male. -
E come fai a dirlo? Chi ti dice che non proverò
a strangolarti come quella volta nel 13?!- disse con un filo di
voce.
Nessuno Peeta. Ma io lo so e non ti lascerò solo
un'altra volta. - gli rispose Katniss, che per dimostrargli di non
aver timore di lui, lo abbracciò poggiando la testa contro il
suo petto.
Peeta si irrigidì subito a quel contatto
improvviso e inaspettato, ma riuscì a respirare come gli aveva
detto di fare la ragazza e, lentamente, il tremolio nelle mani
scomparve e il cuore smise di battere all'impazzata. Le sue braccia,
che fino a quel momento erano rimaste lungo i fianchi, ora cingevano
Katniss, ed entrambi rimasero così per qualche minuto.
Il resto della giornata passò senza altre crisi e
quando giunse l'ora di andare a letto, Katniss chiese al ragazzo di
rimanere con lei, per aiutarla ad affrontare gli incubi che sapeva
sarebbero arrivati.
Trascorsero tre settimane e la primavera era alle porte.
La pioggia aveva lasciato il posto a delle bellissime giornate
soleggiate, l'ideale per passare il tempo all'aria aperta.
Katniss camminava lungo la strada che portava al
quartiere dei commercianti. Aveva intenzione di chiedere a Peeta di
accompagnarla nel bosco, sentiva di voler condividere con lui quella
parte del suo essere.
Il ragazzo del pane stava stava sistemando dei sacchi di
farina quando vide la ragazza che amava ai piedi degli scalini del
negozio. Aveva un sorriso che le illuminava il volto altrimenti
sempre imbronciato, ma che lui trovava adorabile.
Ciao Katniss- la salutò allora Peeta.
Ciao. Mi chiedevo se ti andava di accompagnarmi nel
bosco oggi. Vorrei farti vedere una cosa. Però se hai da fare
non ti preoccupare, possiamo fare un'altra volta. - disse lei
guardandosi la punta delle scarpe per non fargli vedere il suo volto
sicuramente arrossito.
Peeta sorrise, si avvicinò e alzandole il volto,
la osservò per qualche secondo.
I ragazzi si inoltrarono nel bosco, mangiando qualche
bacca che raccoglievano dai cespugli e parlando del più e del
meno.
Giunsero a un piccolo lago, circondato da un prato pieno
di fiori dai colori vivaci e Peeta rimase affascinato da quell'angolo
di paradiso di cui non conosceva l'esistenza, pur trovandosi vicino a
casa sua.
Si avvicinò all'acqua e cominciò a
lanciarvi dei sassi, cercando di farli rimbalzare sulla superficie
cristallina.
Katniss si era seduta poco distante, sul prato e
guardandosi intorno, notò di essere circondata da bellissimi
fiori gialli, i denti di leone.
Ne raccolse uno e l'osservò per qualche istante
prima di alzare lo sguardo verso Peeta. Cominciò a pensare a
tutto quello che avevano passato insieme, le mietiture, i primi
giochi, l'edizione della memoria, la guerra, la perdita delle persone
che amavano, e capì che Peeta la conosceva come nessun altro
era mai stato capace di fare, l'aveva amata praticamente per tutta la
vita. Eppure non le faceva pressione, non toccava mai l'argomento.
No. Gli bastava semplicemente starle accanto. Katniss sapeva che
ormai il ragazzo del pane era entrato nella sua vita e nel suo cuore
e che mai ne sarebbe uscito. Per questo l'aveva portato al lago, un
luogo che era da sempre appartenuto solo a lei e suo padre. Perché
nonostante il dolore, la sofferenza e le difficoltà, lui era
riuscito a farla tornare alla vita, a farle desiderare di amare ed
essere amata.
A cosa devo quel sorriso?- chiese Peeta, sdraiandosi
accanto a lei.
Niente, pensavo. - rispose Katniss, i cui occhi
brillavano, e non per il sole.
Posso sapere a cosa? - disse ridendo il ragazzo.
A questo. - mormorò lei, abbassandosi verso di
lui e baciandolo dolcemente sulle labbra. Peeta all'inizio rimase
sorpreso dal gesto di Katniss, che raramente prendeva questo tipo di
iniziative, ma subito ricambiò il bacio, passandole un
braccio intorno al corpo per avvicinarla ancora di più a sé.
Quando si separarono, l'azzurro e il grigio dei loro
occhi si incontrarono, non riuscendo a separarsi.
Katniss, ricordi quel metodo che tu e gli altri usavate
per aiutarmi a capire cosa fosse reale o meno?- chiese Peeta.
Lo ricordo. - gli rispose lei, sfiorando la punta naso
del ragazzo con la propria.
Ne ho bisogno. - disse Peeta, accarezzando la guancia
della ragazza che amava.
Dimmi.- lo incoraggiò lei.
Peeta la osservò ancora per qualche istante, le
baciò delicatamente le labbra e tornò a guardarla negli
occhi.
Udendo quelle parole, Katniss sorrise e con il cuore
pieno di gioia, gli rispose nel modo più semplice che
esistesse.
- Vero.
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