...e vissero tutti felici e contenti...
“e vissero tutti felici e contenti… per sempre”.
Che crudeltà. Esistono forse menzogne più grandi di questa?
E pensare che è il lieto fine di tutte le storie che si leggono ai bambini…
finiscono tutte così. Eppure penso che anche quei bambini che ascoltano la
mamma con i loro occhioni spalancati capiscano che si tratta di un
“contentino”, un modo per troncare una storia senza aggiungervi la reale
amarezza che distingue quelle vere, di storie.
Eppure, “per sempre” non esiste, perché di eterno a questo
mondo non c’è nulla, né il corpo, né i sentimenti, né le emozioni che
caratterizzano il genere umano sono eterne. Non è il mondo, non è la speranza,
nulla è eterno, nulla dura per sempre. E allora cosa? Cosa induce quelle madri
ad ingannare i loro figli così crudelmente? E “tutti felici” è impossibile,
perché la gioia di uno comporta sempre il dolore di un altro.
Da piccolo piaceva anche a me ascoltare le fiabe che le
madri di altri bambini raccontavano ai loro figli. Le ascoltavo quasi sempre di
nascosto, accucciato dietro un angolo o dietro una siepe, per non farmi vedere.
Ascoltavo quei racconti, narrati con la voce soave di donne adulte, interrotte
di tanto in tanto da quelle infantili dei figli che facevano domande, e quasi
mi sembrava di poter vedere i sorrisi che affioravano sui volti delle signore
mentre rispondevano di continuare ad ascoltare.
Chiudendo gli occhi li potevo quasi vedere quegli eroi senza
macchia, potevo immaginarmeli mentre combattevano mostri o attraversavano le
fiamme per raggiungere la loro amata, rapita dal solito essere crudele. In ogni
battaglia, in ogni combattimento, quegli eroi non provavano mai paura, su di
loro non scendeva mai l’ombra del dubbio, mai un solo tentennamento li
costringeva a fermarsi per riflettere.
Però, che bella
utopia.
Come sarebbe bello se fosse sempre così, se veramente si
potesse seguire una strada senza indugi, senza mai voltarsi indietro, se il
cuore fosse così forte da sopportare i dolori più tremendi senza mai chiedersi
se, in fin dei conti, ne valga la pena.
Adesso conosco una guerra molto simile a quelle descritte in
quei racconti, e adesso che la combatto sono forse simile a quegli eroi? Anche
a me è stato ordinato di attraversare il fuoco e il ghiaccio, anche io sto
affrontando nemici spaventosi dai poteri terribili, vorrei proteggere i miei
compagni, i membri di quella che è diventata la mia famiglia, eppure li vedo cadere,
uno dopo l’altro, e non sono capace di intervenire.
Vedo il dolore attanagliare i loro cuori, i loro corpi,
sento la mia pelle ricoprirsi di ferite, vedo il sangue disperdersi. Che
ironia, anche se agiamo proprio come gli eroi più coraggiosi, portando avanti
una guerra spaventosa, anche se combattiamo con tutte le nostre forze, anche se
mettiamo in gioco la nostra vita, la nostra felicità per il “bene” , per noi
non c’è possibilità di quel lieto fine che meriteremmo. Nessuno saprà mai della
nostra esistenza, nessuno ricorderà i nomi di noi martiri, caduti per cercare
di salvare quel poco a cui ci è stato permesso di attaccarci: saremo solo altri
corpi, altre immagini di un mondo in decadenza che si aggrappa alla speranza di
eterna felicità raccontata nelle fiabe.
Forse non sarò degno del mio compito, forse non sarò in
grado di salvare la donna che amo, anzi, forse moriremo prima che avrò il
coraggio di dirle ciò che provo, ma in realtà non mi importa. “Bookman non deve
amare” mi è stato detto.
Dicono che per me l’amore non sarebbe che un ostacolo,
l’ennesimo falla in quella che sarebbe dovuta essere un’armatura impenetrabile.
Freddo, distaccato,lontano da tutto, dovrei vivere come un perenne spettatore
della storia senza avere mai una parte in essa, neppure in quella di una
singola persona. Con questo pensiero affiora sempre un sorriso sulle mie
labbra, un sorriso di amara consapevolezza, dovuto alla certezza che per me l’
“e vissero per sempre felici e contenti” non potrà mai esistere, io non ho diritto
ad un lieto fine, neppure se fossi vissuto in un mondo di pace e prosperità
lontano dal dolore e dalla morte. Ma l’ho sempre saputo, in fondo; questo è il
mio destino. La mia storia non è mai stata colma di speranza, non ho mai ceduto
a quella crudele illusione, eppure nel vedere i capelli lucenti di lei, o il
suo sorriso luminoso, o le sue mani che distrattamente hanno sfiorato le mie
con tocco innocente, quella vana speranza di gioia si è fatta strada nel mio
cuore. Non per me, sarebbe stato troppo, ma almeno per lei, almeno per lei avrei tanto desiderato vederlo, un bel
finale, proprio come quello delle storie infantili. Non sono come Allen, lui sì
che è un vero eroe, lui sì che combatte solo perché è giusto… forse mi
piacerebbe assomigliargli, essere così determinato solo per la missinone.
Perché ora sento tutta questa stupida ed inutile
amarezza?non ho forse saputo da sempre che la vita è così ingiusta? Non ho
forse sempre saputo che tutto ciò che la natura mi avrebbe donato me lo avrebbe
strappato con forza brutale? Gli amici, la casa, l’amore… non avrei dovuto
provare nulla, avrei dovuto seguire gli insegnamenti del mio maestro, avrei
dovuto… quegli occhi scuri, quel sorriso gentile, quelle mani sottili, quel
leggero rossore sulle gote, quei lunghi capelli di seta… anche se la perderò,
aver vissuto anche solo per conoscerla mi è stato sufficiente.
Alla fine di questa, di favola, o forse, di leggenda, non ci
sarà più nessuno, non un eroe, non un sogno, solo morte. Non ci sarà gioia, non
ci sarà felicità, solo il silenzio dell’oblio. Forse sarà questo il lieto fine
degli eroi dell’Ordine Oscuro?
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