Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Stan
Lee, Chris Claremont, Jack Kirby, John Byrne, Dick Ayers e tutti gli
altri autori Marvel, della Marvel stessa, dei Marvel studio, Walt
Disney Pictures e chialtri mi fossi dimenticata per strada; questa
storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Terza
e Ultima
parte della saga L'ira
degli eroi.
1. Una luce nel
buio.
La
città sotterranea dei Morlock, al di là della
paventata somiglianza con fantomatiche basi aliene ipertecnologiche,
non era altro che un intricato dedalo puzzolente di canali fognari che
strisciavano nelle fondamenta di tutta la grande conurbazione che aveva
come fuochi le città di Los Angeles e San Francisco. Il
gruppo misto composto da Vendicatori, X-Men e Fantastici Quattro era
perplesso e affascinato. In men che non si dica avevano attraversato
mezzo pianeta e si erano affacciati alla mattina di una radiosa
giornata. Peccato che fossero ancora tutti troppo lontani da casa per
cantare vittoria.
“La
megalopoli pensata da Philip K. Dick per Blade Runner, abortita da
Ridley Scott e che è parsa credibile solo per quella
puttanata di Double
Dragon1, esisteva davvero... sotto
le due città ma ci aveva preso...”
borbottò Henry Pym a metà del viaggio
“Risparmiaci
le tue perle di cultura pop, Henry!” lo redarguì
Tony Stark, malmostoso per dover fruire di quegli accessi tutt'altro
che di livello luxury.
“Da che
pulpito la predica... Tu che lo hai come mito: uno che creò
un androide a sua immagine e somiglianza e poi fece lo scherzone al
mondo scientifico morendo prematuramente...2”
lo rimproverò lo scienziato di rimando.
Il portale aperto
dagli Agenti dell'Atlas ad Angkor Wat sfociava direttamente sotto il
Golden Gate di San Francisco. L'imbocco ai tunnel era camuffato da una
grata, la cui rimozione era autorizzata solo agli addetti comunali. La
scimmia Ken aveva spiegato che il cartello all'esterno era puramente
decorativo. In comune, infatti, nessuno ne sapeva nulla, in
realtà.
“E ora?
Qual è il piano?” aveva domandato Susan
affascinata dalla vista del fiume che scorreva placido sotto di loro.
“Ci
penso io!” aveva risposto entusiasta Janet facendosi
comparire tra le mani il proprio telefono cellulare con apertura a
libretto. Aveva avviato la chiamata a uno dei primi numeri in rubrica e
dopo pochi secondi di attesa era scoppiata in saluti gioviali e
calorosi. “Allora ti aspettiamo là... grazie! Ti
devo un favore! Ci vediamo dopo!!”
“Beh?”
aveva domandato Tony, per nulla convinto.
“Prego,
signori, da questa parte...” aveva esordito la donna
mettendosi a capo del gruppo neanche fosse stata una guida turistica
“Alla vostra destra potete ammirare...”
“Jan!”
sbottò anche Pym “Vuoi dirci che
succede?”
“Surprise!”
aveva ridacchiato lei, continuando a decantare le bellezze della
città, in cui erano sbucati come dal nulla, visibili da quel
punto.
Attraversarono
tutto il Golden Gate a piedi, sperando che nessuno prestasse loro
troppa attenzione. Insomma... erano le otto del mattino -li aveva
tranquillizzati Pepper che ben conosceva il traffico di San Francisco a
quelle ore, lei che per lavoro ci passava spesso (in macchina e non in
armatura volante!)- e la gente era assonnata e preoccupata
dall'arrivare in ritardo al lavoro.
Meta finale di
Janet Van Dyne in Pym era stata l'orrenda e gigantesca scultura in
acciaio dorato collocata accanto al Golden Gate. Secondo le intenzioni
dell'anonimo artista, che si era rifatto all'arte preistorica, la
scultura avrebbe dovuto rappresentare una qualche divinità
solare. Statua che era stata collocata giusto sopra uno dei principali
accessi ai tunnel dei Morlock al di là del fiume. I mutanti
facenti parte del gruppo avevano ben pensato di girare la cosa a loro
favore: vista la moltitudine di freak che andavano in visita al dio
solare, avevano deciso che la loro stranezza sarebbe stata un'ottima
copertura per avvicinarsi alla porta d'accesso principale indisturbati
poiché avrebbero potuto muoversi liberamente, mescolandosi a
quella folla di svitati.
Qualcuno,
probabilmente qualche vandalo o i Morlock stessi, aveva deturpato
l'obbrobrio artistico ricavando un passaggio sulla parete che dava
verso il bosco. Passaggio che, una volta richiuso, risultava
praticamente invisibile a chi non l'avesse cercato espressamente.
Da lì
era entrato anche il variegato gruppo di superumani.
Namor li aveva
salutati sulla soglia: avrebbe fatto ritorno a NeoAtlantide seguendo il
fiume. Li aveva salutati lasciando intendere che, in caso di
necessità, potevano contare anche sul suo aiuto.
Il resto del
gruppo si era quindi infilato discretamente all'interno, complice il
fatto che il parco, a quell'ora, fosse ancora deserto.
Si erano messi,
quindi, a cercare il modo per raggiungere Los Angeles e, ora,
sfrecciavano per quelle gallerie come un gruppo di bambini in gita,
divertendosi e esultando per ogni novità, con il gruppo del
Baxter Buiding in testa: il genio di Reed Richards sembrava essere
l'unico in grado di interpretare una semplice mappa, Johnny Storm era
tutto gasato dal fatto che il resto del gruppo sembrasse dipendere da
lui, per una volta, in quell'oscurità impenetrabile, mentre
Susan e Ben li affiancavano per sicurezza, una sondando i dintorni, in
cerca di potenziali minacce, l'altro pronto ad attaccare qualunque cosa
fosse guizzata nel suo campo visivo. Ma quelle gallerie sembravano
davvero vuote e abbandonate da diverso tempo.
“Non
capisco...” aveva borbottato Ororo Monroe a un certo punto,
mentre ancora cercavano un mezzo di locomozione per coprire i diversi
chilometri che li separavano dalla loro meta “Dove possono
essere spariti tutti quanti?”
“Rogue...?”
l'aveva interpellata Nightcrawler, sommessamente, avendo notato la
tensione della sorella. Quella aveva cercato di svicolare al suo
sguardo indagatore ma quando anche la principessa africana si era
avvicinata, richiamata dal teleporta, non aveva potuto far altro che
sbuffare e vuotare il sacco.
“Parte
dei Morlock è stata sterminata. Alcuni si sono salvati ma
sono stati catturati...”
“Come
lo sai?” aveva domandato Natasha raggiungendola. Il gruppo
aveva momentaneamente sospeso la ricercare e anche Jhonny Storm era
calato dal soffitto per ascoltare.
Rogue aveva
esitato un attimo. Lei sapeva qual era la verità. Ma poteva
dirla agli altri? Era già abbastanza atroce senza che tutte
le persone attorno a sé la compatissero... Avrebbe mantenuto
il segreto. Non per lui, ma per proteggersi da attenzioni insistenti e
non richieste. Aveva alzato lo sguardo sulla parete e individuato la
soluzione. Quindi aveva alzato un braccio e aveva indicato i vari
graffiti che, qua e là, facevano capolino sulle pareti
tondeggianti di cemento armato. Aveva poi spostato l'attenzione ad
alcune zone della struttura più scure che, dopo
l'applicazione di una maschera protettiva, sembravano esser state
soffiate con della fuliggine. Nessuno capiva a cosa potesse riferirsi
finché Tony non girò tutt'attorno al gruppo e
alzò la mano a livello, mimando il gesto di scaricare uno
dei suoi raggi palmari.
“Ha
ragione...” aveva detto dopo aver ripetuto la cosa un paio di
volte “Ma la sorgente dev'essere molto più grande
e potente di un normale lanciafiamme...”
“Un
atomizzatore...” Aveva azzardato anche Pym, inclinando la
testa nel tentativo di riuscire a vedere le cose da un altro punto di
vista. “Di circa trenta centimetri di diametro...”
“Se
installato su una mano...le proporzioni porterebbero a qualcosa alto
cinque metri... non potrebbe mai passare di qua! Non
agilmente...” aveva replicato Reed soppesando le variabili
“Se
avesse forma umanoide. Ma se fosse installato su una struttura
insettoide?” aveva ribattuto T'Challa, unendosi al dibattito
degli altri per la prima volta.
“Per
entrare qua dentro, solo qualcosa che richiami i rettili potrebbe
muoversi abbastanza agevolmente... in particolare, le serpi d'acqua.
Potrebbero essere risalite facilmente tramite questi
condotti!” aveva replicato Pym che non voleva essere secondo
a nessuno, neanche quando si parlava di cooperare.
“Chi
dice che abbiano scelto una sola forma di robot da mandarci
contro?” Rogue era sbottata tra l'incredulità
generale.
“Questo
non cambia la mia domanda. Tu come lo sai?” aveva insistito
Natasha
Rogue, a quel
punto, aveva sostenuto lo sguardo della rossa “Gambit era
nato ladro...” aveva appena cominciato che Kurt si era
illuminato di improvvisa comprensione “Maccerto! Conosce a
mena dito il linguaggio dei graffiti. Non ci vuole certo Chyper per
arrivarci...”
“E come
sai dei robot? Che non hanno una sola forma?” aveva rincarato
la dose la spia, pronta a uno dei suoi interrogatori da manuale.
“Perché...”
aveva cominciato la mutante che subito si era bloccata. Aveva tratto un
paio di profondi respiri, quindi aveva ripreso “Li ho visti,
nella sua memoria. Ho visto i disegni dei prototipi...”
“E lui
cosa ne sapeva?” aveva domandato Ororo il cui sguardo si era
fatto duro e tagliente come quello della spia.
“Remy
è... era...” aveva alitato sconvolta “Il
figlio di Nathaniel Essex. E' stato da lui di recente e quando... prima
che lui... che noi... che io perdessi il controllo...” quasi
aveva sputato quelle parole pur di trarsi d'impaccio
“Ok, a
noi non frega molto né di Beautifull né di
Dallas...” aveva tagliato corto Pym beccandosi l'ennesima
occhiata risentita dalla moglie. A quel punto si era voltato verso
Tony, chiedendo mutamente spiegazioni su cosa avesse detto di
sbagliato, e quello aveva levato gli occhi al cielo per tanta
dabbenaggine.
“Essex...”
aveva detto Ororo con una sicurezza e una freddezza invidiabile, tipica
di chi è abituato a comandare o a ridurre ai minimi fattori
cose molto complicate “E' il genetista che collabora coi
politici che hanno detto di voi...” aveva spiegato indicando
Tony “..che siete pericolosi, con il signor Norman Osborne,
che ha riorganizzato lo S.H.I.E.L.D., e con tutta quella gente
responsabile di progetti come Arma Plus. E' colui nelle cui mani sono
finiti i vostri brillanti progetti ed è sempre lui che
collabora con coloro che vogliono detronizzarvi...” aveva
aggiunto fissando i due sovrani.
“Ok.
Chiaro, limpido, cristallino... Siamo nella merda!” Tony era
sbottato “E allora?”
“E
allora...” Janet aveva risposto indispettita puntandogli un
dito al petto “Questa povera gente, già sfortunata
di suo, è stata usata come bersagli di tiro al piattello per
le esercitazioni!”
“Esercitazioni
per cosa?” aveva domandato Ben Grimm mostrando tutta la sua
perplessità
“Per
attaccare tutti i superumani!” aveva risposto Pepper
più intuitiva di altri supercervelloni nella sua
semplicità.
“Ma la
notizia è solo della settimana scorsa!” aveva
replicato ancora Tony
“Ancora
non lo capite? Quello è un pretesto! Chissà da
quanto tempo non aspettavano altro che poter dare quel tipo di
annuncio!” aveva sentenziato Janet
“Da
quanto non senti Callisto?” aveva domandato Kurt alla mutante
che era stata rappresentante dei Morlock
“Qualche
mese... Forse anche un anno...” aveva risposto la principessa
africana, sentendosi responsabile di quanto avvenuto.
Quelle tracce
erano fresche ma i Morlock non erano nuovi ad attacchi di quel tipo e
se anche Callisto era caduta, aveva pensato Rogue, la cosa che dava
loro la caccia doveva essere spietata. Si era data della stupida per
l'ennesima volta. Tante parole dolci, tante moine... tutto per
ingannarla bene... l'aveva distratta,
come diceva lui, alla perfezione. “Ci stanno braccando come souris!”
aveva sibilò frustrata. “Topi!” aveva
aggiunto, rendendosi conto di aver parlato con termini francesi
assorbiti dal Cajun.
“Eliminare
le difese della Terra, eliminando noi...” aveva ragionato
Rogers a voce alta “Dev'essere tutto vero: Loki deve aver
elaborato un piano con i potenti della Terra per poter tornare senza
trovare alcun ostacolo...”
“Continuo
a non essere convinto delle sue intenzioni... per quanto, devo
ammetterlo, il cervo malefico abbia giocato bene la sua
parte...” aveva replicato Tony
“Quale
parte del ti defenestro
per farti vedere che hai torto marcio non ti è
chiara?” lo aveva canzonato Pepper. Per tutta risposta lui si
era imbronciato.
A salvare la
situazione abbastanza tesa, era intervenuto Kurt che aveva individuato
una galleria secondaria dotata di un rudimentale binario sulle cui
rotaie viaggiavano surrogati anteguerra di vagoni riadattati a carrozze
passeggeri. Distratti da quel ritrovamento, l'argomento era caduto in
silenzio.
Nemmeno si fosse
trattato di un gruppo omogeneo di ragazzini in gita al parco
divertimenti, i convogli erano stati ripartiti istintivamente e senza
attriti: dopo i Fantastici Quattro, schierati in modalità
d'assalto, si erano schierati i più giovani, più
o meno avvezzi e, ciononostante, galvanizzati dall'avventura
elettrizzante (i fratelli mutanti e Janet Van Dyne); dietro di loro
venivano quelli indifferenti ma curiosi dell'esperienza che stavano
vivendo (Pepper, Natasha, Steve ed Henry Pym); seguivano, svogliati e
annoiati, quelli abituati alla velocità e dall'ego
così smisurato da non poter permettere la presenza di altri
individui in uno spazio così stretto (Warren e Tony). In
ultimo, separati dal resto del convoglio da un carrello che conteneva
le armature di Stark, viaggiavano i due africani. Più
precisamente, Ororo cercava di tenersi più impegnata di
quanto fosse necessario: dovendo sospingere tutta la carovana, grazie
al proprio controllo delle forze elementali, Ororo cercava di ignorare
il proprio compagno di viaggio e i discorsi lasciati in sospeso in
precedenza. Ma T'Challa non sembrava altrettanto intenzionato a lasciar
correre. Così, quando fu certo che lei stesse agitando
l'aria solo per mantenere l'aura della divinità impegnata,
aveva ridacchiato della messa in scena, aspettandosi la sua successiva
reazione.
“E'
tutta discesa, ora... puoi riposare un po'...” disse
tirandola a sé. “Come ti senti? E' stretto,
qui...” Domandò, alludendo alla claustrofobia di
lei ma giocando sul fatto che fossero in qualche modo costretti a un
contatto ravvicinato.
Ororo
incespicò sui propri piedi, ancora calzati dei tacchi
vertiginosi della sera prima, e, sbilanciata da quel mezzo non
propriamente stabile, gli rovinò addosso. Proprio come lui
aveva voluto. Il suo abbraccio era caldo e accogliente: quasi
dimenticava di trovarsi sottoterra, in cunicoli che, di quando in
quando, intersecavano canali fognari. Ma non era così
angusto da scatenarle il panico: avevano una libertà di una
mezza dozzina di metri per lato e non era più difficile che
restare chiusa in una stanza qualunque. Doveva solo cercare di evitare
di pensare al fatto che stessero avanzando in gallerie scavate decine
di metri sotto terra.
“Allora?
Che ne pensi?” domandò cercando di mantenere la
sua voce il più neutra possibile.
“Che
è una brutta situazione...” rispose lei,
imbarazzata
“Parlavo
di noi due...” replicò il re alludendo al bacio
che si erano scambiati prima che la sala da ballo si trasformasse in un
campo di battaglia.
“Non mi
pare il momento...” sibilò di rimando la mutante
“Ah
no?” lo sguardo scettico e divertito del re l'aveva rimessa
al suo posto “Io penso di sì. Abbiamo un paio
d'ore a disposizione. Dopo di che è probabile che ci
troveremo a viaggiare su una limousine... tanto per non dare
nell'occhio... tutti stretti gli uni agli altri, senza un minimo di
privacy”
“Ma
Callisto... i Morlock...” protestò ancora la donna
“Lo so,
hai ragione: è una brutta situazione. Ma ora non puoi farci
nulla...” disse aiutandola a sedersi accanto a lui su quella
specie di zattera.
“Tu
volevi friggere Warren!” protestò, quasi che,
tornando ad aggredirlo i suoi propositi potessero cambiare.
Lui scosse la
testa, deluso “Xavier non ti ha informato? Ha detto che
l'unico metodo per fermare Angelo, in caso di corto circuito,
è folgorarlo...”
“Te lo
stai inventando al momento!” protestò lei
“L'ha
detto il dottor McCoy. Ma mentre aspettiamo di risolvere la questione,
possiamo ritornare a noi? A dove ci eravamo interrotti?”
“Non
pensare di incantarmi con due moine!” replicò
Ororo volutamente tagliente. La sera prima gli aveva quasi perdonato
ogni cosa, sotto l'effetto degli ormoni che le impedivano di ragionare.
Ma ora era diverso. Fece appello a tutto il suo sangue freddo,
cercò di focalizzarsi sulla propria natura mutante in modo
da sentirsi orgogliosamente superiore e non cedere alle sue parole.
Ma lui, come
sempre, la spiazzò, forse leggendole l'anima. “Non
mi permetterei mai. Sei pur sempre una dea e considero già
un onore il fatto che tu mi rivolga ancora la parola. Capisco che tu
sia arrabbiata con me. Ne hai tutti i motivi. Ma vorrei che valutassi
le mie parole...” disse con la tranquillità che
contraddistingueva un sovrano abituato a gestire beghe di ogni levatura
e che non si lasciava facilmente impressionare. Neanche da una
divinità “...Darci una possibilità...
Non ti sto mica chiedendo di sposarmi seduta stante!”
sbottò a sottolineare l'innocenza dei suoi intenti
“O meglio. Te lo chiederei anche ma so che ti scalderesti
subito...” si corresse. Per tutto il tempo non aveva fatto
altro che guardare dritto davanti a sé, fiero e orgoglioso.
Non temeva la sua reazione, né cercava di compiacerla. Le
aveva esposto le sue intenzioni con lucida rassegnazione.
“Cos'è
che faresti tu?” replicò lei con un tono di voce
che, per la sorpresa, le sfuggì involontariamente inviperito.
T'Challa si volse
a fronteggiarla. La scrutò come se fosse la prima volta che
la vedeva davvero “Ti sposerei qui e ora, su questo malandato
vagone di fortuna. Ora posso. Sono re. Il consigliere reale
può solo sottoporre alla mia attenzione le candidate, ma la
scelta spetta a me. Certo, per ufficializzare la cosa dovrei rientrare
in Wakanda e seguire i protocolli, allestire una festa sontuosa che non
si prepara da sola e non dal giorno alla notte... Ma a parte questi
dettagli...”
“Chiamali
dettagli...” ironizzò lei
“...
Non vedo cos'altro dovrei aspettare. Quindici anni sono un tempo
abbastanza ragionevole, credo, per sbollire la carica ormonale,
riuscire a ragionare lucidamente sul partner e capire se la donna che
vuoi sia o meno adatta al ruolo che intendi proporle...”
“Quindici
anni sono proprio un'inezia...” sbuffò la mutante,
divertita
“E
dunque, mia unica dea, posso chiedertelo? O intendi folgorarmi per
averlo solo pensato?”
“Ti sei
comportato male...” recriminò lei, distogliendo lo
sguardo “Ma in quanto divinità, sono magnanima e,
soprattutto, sono superiore a certe paranoie tutte umane.”
disse facendo scendere la sua concessione dall'alto: che si sentisse un
pochino in colpa! Nonostante il giorno prima l'avesse quasi assolto da
ogni responsabilità per un comportamento tanto meschino, con
il nuovo giorno era rinsavita e tornata sulla propria posizione:
avrebbe potuto lottare un po' di più per lei, se davvero ci
avesse tenuto tanto.
Ma era inutile
prendersi in giro: non aveva smesso di pensare a lui per un istante in
tutti quegli anni, la ferita le bruciava ancora come appena inferta.
Quando Forge, poi, si era fatto avanti il mondo le era crollato sulle
spalle e si era voltata dall'altra parte: un altro si stava facendo
avanti, chiedendole di accompagnarlo per la vita, un altro uomo che non
era quello che aveva sempre amato e mai dimenticato. Quella
dichiarazione l'aveva precipitata nella realtà e nella
disperazione: era stata una stronza a frequentare Forge mentre il suo
cuore e la sua mente erano occupate da T'Challa ed era stata una
stronza anche se non aveva mai voluto ferire realmente l'altro mutante
con cui si sentiva così in armonia. Soprattutto, si era
svegliata bruscamente, rendendosi conto della situazione in cui si
trovava: come capita nei sogni, in cui un bisogno viene soddisfatto
anche per interposta persona, lei aveva curato il suo animo ferito
tramite il pacifico sciamano delle pianure per rendersi conto solo
all'ultimo che sovrapponeva a lui l'immagine del principe wakandiano,
illudendosi che fosse questi a darle tutto ciò che, in
realtà, le donava l'altro.
Ora, il suo cuore
non ce la faceva più a trattenersi dall'irrorare sangue in
ogni capillare, dandole un pericoloso senso di vertigine. Nonostante il
tempo trascorso, lui la desiderava ancora.
Poteva concedersi
a T'Challa? Certo che poteva, per la Dea! Era quello che voleva di
più al mondo, che aveva anelato con ogni fibra del suo
essere per anni. Aveva scoperto che non c'era malafede nelle sue azioni
ma solo un egual desiderio. Finalmente otteneva quanto desiderava. Ma
questa conquista non la stava ripagando con un senso di
tranquillità. Al contrario, si sentiva agitata e nervosa: lo
stava tenendo troppo sulla corda? Anno più anno meno, ormai,
cosa importava? Oppure era stata troppo precipitosa, ponendosi in
posizione di svantaggio rispetto a lui, dimostrandogli tutta la sua
debolezza?
Se non fosse
stata più che certa del tipo di persona che era il re dello
stato africano confinante con la sua terra natia sarebbe stata vittima
certa del panico. Non si stava illudendo: T'Challa era davvero buono e
non avrebbe mai infierito così meschinamente sulle debolezze
di chicchessia.
“Certo
non è il luogo e il momento in cui mi sono sempre immaginato
questa scena però... Ororo...” disse con tono
solenne, portandosi la mano di lei, stretta tra le sue, al cuore
“...vuoi sposarmi e condividere con me il peso della
corona?”
Lo sferragliare
assordante delle carrozze che imboccavano l'ennesima galleria coprirono
la risposta ma il re parve ugualmente soddisfatto: si tirò
addosso la donna e la baciò appassionatamente.
1
Double
Dragon e la conurbazione S.F.-L.A.
2
Philip
K. Dick è uno dei più grandi autori di
fantascienza mai esistiti. Pazzo
e visionario, nel 2005 fu creata una testa robotica -che
andò persa,
casualmente- e pochi anni dopo ne venne preparata una seconda versione
più avanzata che, addirittura, indossa gli abiti dell'autore
morto
ormai 30 anni fa.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ben ritrovati a
tutti.
Rieccomi qui,
come promesso, dopo la mia trasferta Irlandese.
Peccato solo
essere tornata e aver trovato un gran casino a casa e non avere,
quindi, tempo per postare come previsto... d'ora in poi
vedrò di organizzarmi meglio ma per un mesetto non
garantisco la consueta puntualità. Mi scuso profondamente
per questo!
Bene...
ricominciamo da dove avevamo lasciato: il viaggio verso casa ha inizio!
Non durerà molto, credetemi.
Per quel che
riguarda il titolo, se siete esperti della materia, troverete
interessante l'assonanza con la N-zone (in inglese si pronuncia EN... molto
simile a End). Altrimenti non perdeteci troppo la testa: capirete
strada facendo.
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