Ritrovato
Perché
capita a tutti di sbagliare e la battaglia più grande
è il perdono, ma a volte è impossibile ottenerlo.
Allora
è meglio mettere fine all'esistenza e...
...iniziarne un'altra.
"Ciao" sorrise
"..." non
riuscì a esprimere nessuna parola. I suoi occhi erano
sbarrati ed era impallidita talmente da sembrare da sembrare di cera.
Barcollò appoggiandosi a peso morto contro la sedia
nell'angolo.
"Ehi, stai bene?"
chiese lui avvicinandosi preoccupato. Era un bel ragazzo capelli corti
castani leggermente più lunghi sulla fronte, occhi di un
colore scuro, doveva avere circa ventun'anni.
"Stai lontano!"
urlò improvvisamente la giovane, mentre le lacrime
iniziavano a sgorgarle lente lungo le guance rovinando la sua figura,
già abbastanza, delicata. Era snella e alta. Sembrava
fragile come il vetro, che, se qualcuno le avesse dato un colpetto, si
sarebbe potuta rompere.
Il suo sorriso,
però, quando lo mostrava, esprimeva
tutt'altro. Quando le sue labbra erano
piegate all'insù, allora,
l'intero viso risplendeva di luce nuova, viva e forte.
"Tu sei...tu eri
morto!" esclamò puntandogli un dito al petto.
Adesso, non era più spaventata. Non aveva mai creduto ai
fantasmi e non avrebbe iniziato in quel momento. Ora, era furiosa.
Le narici si allargarono e lo sguardo si assottigliò, mentre
le guance s'imporporavano d'ira. Ecco, un'altra parte del suo carattere
sconosciuta a molti, ma non per chi la conosceva bene. Quando
s'infuriava era una furia, ma in quel caso era legittimo.
"Io...scusa, ma avevo
bisogno di lasciarmi tutto alle spalle" spiegò il ragazzo
abbandonandosi alla sua rabbia senza opporre resistenza, d'altronde se
lo meritava.
Erano passati tre anni
da quando aveva fatto credere a tutti che era morto in un incidente
aereo.
In realtà,
aveva perso il volo a causa del traffico, quando aveva scoperto la
tragedia, aveva deciso che quella era la sua grande occasione. Doveva
coglierla.
Aveva solo
diciott'anni, troppa poca esperienza per capire quello che stava
realmente compiendo, aveva preso i pochi oggetti cari ed era partito.
Non sapeva ancora perché aveva agito così, ma
continuò a trascorrere il tempo, senza che lui se ne
rendesse conto.
Aveva una nuova
identità, nuovi amici e fidanzata. Era un altro, insomma.
Aveva concluso la
specializzazione, ora poteva lavorare. La scuola era terminata, ma in
quel momento si rese conto di ciò che aveva fatto.
Era troppo tardi. Aveva abbandonato la sua patria, famiglia, tutto.
Lo scandalizzava pensare che non gli dispiaceva, si sentiva un mostro,
ma era la verità.
Erano già arrivate delle ottime proposte di
lavoroce si rese finalmente conto che erano trascorsi tre anni. Aveva
temporeggiato, improvvisamente colto da quelli che sembravano sensi di
colpa a scoppio ritardato o, forse, solo nostalgia di casa.
Si era ricordato della
sorellina, che avrebbe compiuto diciott'anni quell'anno.
Così di nuovo agì d'impulso e tornò.
Eccolo lì, a far prendere un infarto a Lucia con la sua
entrata in scena, che sembrava uscita da film strappa lacrime. In
quelli per lo meno si piangeva, invece Lucia lo stava massacrando.
"Sei uno schifoso
verme, che significa -avevo bisogno di lasciarmi tutto alle spalla-?
Siamo, anzi, eravamo la tua famiglia!" urlò la minore
colpendolo con la borsa che aveva riafferrato con l'intenzione di
andarsene.
Erano a scuola, infatti, in una classe vuota. Era quella di Lucia, si
era informato. Quel giorno finalmente aveva trovato il
coraggio d'ncontrarla, dicendosi più volte che era una
pazzia e quando l'aveva vista infilarsi in quell'aula, l'aveva seguita.
La
campanella era suonata da un pezzo, ma Lucia aveva
dimenticato un libro e non poteva permettersi di perderlo. Era
diventata estremamente attenta a ciò che gli stava caro dal
giorno, in cui credeva di aver perso il fratello. Solo per
ritrovarselo davanti non appena aveva tentato di uscire dalla classe.
Piangeva di rabbia, si
sentiva tradita. Non sembrava una sorella che aveva appena scoperto che
un parente era vivo, dopo averlo considerato deceduto. Era una sorella
che aveva appena scoperto che il fratello l'aveva tradita e
abbandonata, fregandosene della sua famiglia e dei suoi amici.
Aveva anche una
fidanzata all'epoca dell'evento, le aveva spezzato il cuore apprendere
dell'incidente. Sapeva che aveva pianto per giorni, ecco, in quel
momento si sentiva furiosa anche per lei.
"Aspetta!" la
pregò Alessandro rincorrendola e afferrandole un braccio
"Vattene io non ti
conosco!" ribatté lei urlando e tirandogli una sberla in
faccia. Il rumore fu assordante o almeno per lei.
Il ragazzo rimase
immobile, scioccato dal gesto della sorella, non se lo sarebbe
aspettato.
"Hai idea di quanto
abbia pianto? Ho visto la mamma che si strappava i capelli dal dolore,
il papà andare in depressione, i nostri parenti disperarsi e
la nonna morire di crepacuore. Questo per colpa tua! Non ti conosco, tu
non sei mio fratello, vattene!" gridò ancora Lucia con le
lacrime agli occhi per la rabbia. Tremava, il suo rancore superava i
limiti che poteva sopportare.
"Avevi dimenticato
questo" sussurrò Alessandro porgendogli il libro "Buon
compleanno" soffiò infine girandosi e andandosene, con un
passo tranquillo. La sua voce non aveva tradito alcuna emozione,
sembrava quasi essersi liberato di un grosso peso ricevendo quello
schiaffo.
Finalmente aveva
pagato per ciò che aveva fatto, si sentiva in pace in quel
momento, adesso che aveva sentito tutto il rancore che la sorella
provava per lui.
Lucia rimase a
singhiozzare con il libro in mano in ginocchio, finché
sentì dei passi di corsa dirigersi nella sua direzione.
"Oh, mio Dio, Tassi si
sente male?" chiese la professoressa aiutandola ad alzarsi, ma la
ragazza non rispose e continuò a piangere disperata.
"L'hanno picchiata?
Chi è stato?" chiese la donna tentando di capire
ciò che disperava l'alunna
"Ale...Alessandro"
singhiozzò Lucia nascondendo il volto fra le mani.
L'insegnante Asiaghi a
sentire quel nome rabbrividì, non si era dimenticata le
macabre cause che avevano portato al decesso del fratello maggiore
della studente. Magari compiere diciott'anni aveva riaperto una vecchia
ferita.
"Signorina non
c'è nulla di cui aver paura, suo fratello è
morto" la consolò la donna stringendola in un goffo
abbraccio tentando di tranquillizzarla
"No! Non è
morto! Era qui, l'ho visto!" gridò lei staccandosi
immediatamente
Povera ragazza sta
delirando, pensò la professoressa
"Tassi è
evidente che le hanno fatto uno scherzo di pessimo gusto, la prego suo
fratello è morto da tre anni" spiegò riprendendo
il suo solito cipiglio severo l'insegnante.
Asiaghi era una donna
di mezza età e di quelle situazioni ne aveva già
vissute parecchie, molti dei suoi capelli bianchi in mezzo a quelli
neri scuri erano dovuti a studenti del genere. Chi i genitori, chi i
parenti, chi i fratelli o le sorelle, tutti perdevano qualcuno almeno
una volta nella vita.
Lucia si
fermò, che si fosse immaginata tutto davvero?
Era lì, lo
aveva colpito. Guardò la sua mano sinistra e la vide rossa,
come se avesse dato uno schiaffo a qualcosa di duro, come una guancia.
Quell'essere che era comparso davanti a lei non era suo fratello, era
un mostro
"Andiamo, Tassi, le
offro una camomilla, l'aiuterà a calmarsi" propose la
professoressa indicando il bar dell'istituto. La ragazza
annuì, poco convinta. Si tentò di asciugare le
lacrime che ancora le rendevano lucide le guance e seguì
l'insegnante.
"Signorina, vorrei che
domani lei stesse a casa e si riposasse. Lo stress non le ha giovato
nell'ultimo periodo, penserò io a mettere tutto in regola"
dichiarò una volta seduta sulla sedia alta e scomoda del
tavolino.
Non era legale
commettere un'azione del genere, ma per un alunna modello come Tassi
avrebbe compiuto un'eccezione, dopotutto lei aveva gli esami quell'anno
e non sarebbe stato proprio il caso che subisse un crollo psicologico
alla fine. Meglio prevenire che curare.
La ragazza
annuì, ormai non connetteva più. Le parole che
quella donna le stava dicendo erano come aria per lei. Stava ripensando
all'odio che aveva provato nel rivedere il fratello vivo, dopo che lei
per tre anni aveva pianto la sua morte, dopo che aveva subito un trauma
talmente forte da costringere i suoi a portarla da uno psicologo per un
anno intero. Si era sentita chiamare pazza. Si ricordava ancora quando
si svegliava nel cuore della notte e chiamava disperata il fratello
convinta che prima o poi sarebbe arrivato. Quel meraviglioso sogno si
era avverato trasformandosi in un incubo.
"Vuole che le chiami
qualcuno?" chiese gentilmente la professoressa appoggiandogli una mano
sulla spalla per confortarla
Lucia scosse la testa.
La sentiva leggera, ma allo stesso tempo come se le avessero pompato
dentro troppa aria e stesse per scoppiare.
Il telefono
squillò. Il suono della tromba risuonò per tre
volte, prima che si decidesse ad afferrarlo e a leggere chi fosse.
-Anna-
Anna?
Perché quella scritta le ricordava qualcosa?
"Pronto" rispose
portando l'apparecchio all'orecchio
"Lucia,
dove-diavolo-sei?!" urlò la sua migliore amica nel timpano
che le mando numerose scariche di dolore che la costrinsero a spostare
il telefono a qualche centimetro
Si era appena scordata
di andare a prendere la sua migliore amica. Lei la stava aspettando
davanti alla sua scuola ed era in ritardo di un'ora e mezza. Sapeva
quanto Anna odiasse i ritardi.
"S-scusa, arrivo"
balbettò spalancando gli occhi, mentre il suo cervello
ritornava a trasmettere il segnale come un computer appena riavviato.
"Lucia, stai bene?"
chiese immediatamente l'amica con tono di voce più calmo e
decisamente preoccupato
"S...sì,
cioè..." non riuscì a terminare la frase
perché se ripensava a quanto era accaduto dirlo al telefono
non le sembrava il caso. Avrebbe dovuto spiegare ad Anna che quel
brutto porco di suo fratello era vivo e li aveva presi tutti per il
culo, sparendo e scappando.
"Lucia,
cos'è successo?" l'incalzò apprensiva l'amica
"Te lo spiego
più tardi" tagliò corto la ragazza chiudendo la
chiamata e mettendosi il cellulare in tasca. Si alzò di
scatto dimenticandosi completamente della professoressa che la guardava
con il suo solito cipiglio severo.
Appena si
ricordò della sua presenza, imbarazzata ringraziò
chinando leggermente il capo.
"Vada Tassi e si
ricordi di riguardarsi, per domani non ci sono problemi" rispose la
donna tornando a sorseggiare il suo caffè, che stranamente
dava un intenso aroma di grappa, ma non era segreto per nessuno che la
professoressa correggesse altro, oltre ai compiti.
***
Anna
aspettava spazientita che Lucia si degnasse di arrivare. I suoi capelli
erano arruffati, aveva cercato invano di fermarmeli con una coda, ma
con scarsi risultati. Aveva lunghi capelli ricci castani, li detestava.
Alla fine era scesa a patti fra la voglia di tagliarli tutti, dal primo
all'ultimo, e quella di lasciarli così com'erano,
convincendosi che esprimevano il suo carattere. Odiava i capelli ricci.
Vide saettare per la
strada il motorino nero dell'amica e sventolò una mano in
aria per indicare dov'era.
Lucia
arrivò di corsa togliendosi il casco rosa. Anna
appena lo vide storse il naso, detestava quel colore, ma la sua
migliore amica lo adorava.
"Ciao"
salutò lei mostrando un sorriso tirato. Nonostante avesse
smesso da molto di piangere gli occhi erano arrossati, per quanto
l'amica cercasse di nasconderlo era ancora sconvolta.
"Lucia, che cosa
è successo?" domandò immediatamente Anna
avvicinandosi e notando la stanchezza nel suo sguardo.
"Devo dirti una cosa"
iniziò lei trattenendosi dall'iniziare a lacrimare ancora
"A-Alessandro è vivo" ammise infine tutto d'un fiato
crollando su una panchina vicino e nascondendosi il volto fra le mani
Anna
spalancò gli occhi e rimase per qualche secondo immobile,
credeva che Lucia avesse finalmente accettato quel fatto. Avevano
entrambe quindici anni, quando era accaduto. Era stato uno shock anche
per lei.
"Lucia..."
tentò di calmarla Anna sedendosi accanto a lei "Lui
è morto, non può essere vivo. Ricordi quello che
ti ha detto la dottoressa? Non può tornare. Ci siamo
promesse di andare avanti davanti alla sua tomba"
"No,no! Non hai
capito! Era in classe, mi ha detto che aveva bisogno di cambiar aria
per questo è fuggito! Mi ha ridato il quaderno, mi ha
augurato buon compleanno, gli...gli ho tirato anche uno schiaffo!"
urlò Lucia alzandosi di scatto sotto lo sguardo incredulo
dell'amica che iniziava seriamente a credere che fosse impazzita.
"Ma..."
azzardò Anna
"No! Era vivo guarda!"
esclamò mostrandole la mano arrossata "Quel porco
è vivo!" concluse alla fine rabbiosa
"Ok, stop! Raccontami
cos'è successo con calma" la fermò prima che
potesse continuare, imitando il simbolo della "T" con le mani. Aveva
bisogno di comprendere quello che era accaduto prima di poter dare un
giudizio
Lucia parve
tranquillizzarsi e fece un profondo respiro.
"Allora..."
iniziò riportando la mente a poche ore prima
"Aspetta, che ne dici
da andare al Maggy prima?" chiese improvvisamente Anna avvertendo un
brontolio del suo stomaco che protestava per la mancanza di cibo.
Lucia rimase
interdetta per qualche secondo poi rise ritrovando un po' della sua
vitalità. Il motto di Anna era che non si poteva ragionare a
stomaco vuoto. Annuì e si diressero verso il Maggy.
Esso era un bar
piccolo, ma estremamente accogliente. Tutti i buoni intenditori della
città lo conoscevano e le due ragazze non erano da meno.
Aveva degli ottimi panini, gustose pizze, focacce, bibite e tutto
quello che si poteva desiderare.
La proprietaria si
chiamava Margherita, da qui il nome del locale, una simpatica signora
sulla trentina a cui piaceva cucinare e cantare, era sempre allegra.
Il Bar comparve dietro
l'angolo come al solito i tavoli sotto il lungo gazebo rosso erano
quasi tutti occupati a parte un tavolo in fondo nell'angolino
più buio e appartato.
"Lì,
potremo parlare in pace" propose Anna indicandolo "Vai ad ordinare, per
me il solito, io prendo i posti"
Lucia annuì
e andò verso l'interno del locale tappezzato di un delicato
rosa salmone. Adorava quel posto, l'aria odorava di cibo e fiori
(un'altra delle passioni della proprietaria).
Margherita come al
solito si trovava seduta dietro al banco a prendere le ordinazioni non
appena la vide la salutò allegra "Ciao, Lulu- quello era un
soprannome che usava solo lei- Come va? Ti senti bene? Guarda che non
hai una bella cera" concluse osservandola meglio. Doveva avere una
faccia davvero terribile se anche lei se ne era accorta.
"No, sto bene" la
rassicurò infine sorridendo forzatamente
Iniziò ad
ordinare con maggior naturalezza possibile.
***
Anna
intanto stava avanzando diretta nel loro solito angolino, ma con sua
grande sorpresa nascosto nella penombra vide che c'era un ragazzo sulla
ventina intento a guardare la strada. Non si accorse di lei era girato
di spalle, ma notò che c'erano due sedie libere, magari non
gli sarebbe dispiaciuto se avessero preso metà del tavolo.
Imbarazzata
domandò con un filo di voce "Vi diamo fastidio se io e una
mia amica ci sediamo qui?"
"Fate pure" rispose
con voce incolore perso in chissà quali pensieri
Si sedette il
più lontano possibile dall'individuo e aspettò
che arrivasse Lucia
Lo sconosciuto
indossava dei jeans scuri con una giacca lunga sbottonata, sotto si
notava un maglione rosso cupo. Doveva essere uno di quei lavoratori che
passavano in città per qualche giorno e poi ripartivano. Il
Maggy con i suoi prezzi bassissimi era una della mete favorite.
Margherita era solita vantarsi che aveva sempre rivisto una seconda
volta tutti i clienti che erano passati nel suo bar. Sorrise, quel
tizio non sarebbe stato da meno.
"Eccomi, scusami il
ritardo, ma non voleva più lasciarmi andare"
arrivò Lucia portando un enorme vassoio con su due panini e
delle bibite.
Lo sconosciuto si
voltò di scatto non appena sentì la sua voce e
spalancò la bocca senza tuttavia emettere alcun suono.
Anna
afferrò in tempo il vassoio prima che finisse a terra, ma
non appena sollevò lo sguardo per chiedere spiegazioni
lanciò un urletto di sorpresa.
Quella faccia non
poteva dimenticarla, quegli occhi e il colore dei capelli era tutto
identico, quello era Alessandro
"L-Lucia"
sussurrò il fratello stupito
"Oh, cazzo" interruppe
Anna sbalordita. Appoggiato il vassoio sul tavolo e lo
afferrò. No, decisamente era vero. Il ragazzo non si mosse
guardando prima lei, poi la sorella.
Anna finalmente si
decise che quella non era un'allucinazione, a meno che no fosse
collettiva e materiale, ma dubitava seriamente che potesse esserlo. Lo
lasciò e continuò a guardarlo, come si osservano
i fantasmi bianchi con le catene, con gli occhi sbarrati.
"Che cazzo ci fai qui,
bastardo? Mi sembrava di averti detto, che non ti volevo più
vedere!" sbraitò furiosa Lucia attirando l'attenzione di
tutti i clienti del locale.
"Ma..."
tentò di protestare Alessandro alzando le mani in segno di
difesa
"Ma un cazzo, vattene,
non voglio più vederti, brutto stronzo!" continuò
Lucia puntandogli il dito contro. Le sue guance era diventate rosse e
sembrava stesse per esplodere.
"Ascoltami bene"
iniziò lui prendendole il braccio serio "Non volevo
incontrarti, sei stata chiarissima. Stavo solo pranzando, prima di
andare in Aeroporto e tornarmene a casa" spiegò alzando
leggermente la voce.
Anna rimaneva
lì, imponente di fronte alla conversazione fra i due
fratelli. Allora Lucia non era impazzita, aveva davvero detto la
verità. Aveva avuto ragione a chiamarlo porco, li aveva
davvero abbandonati fregandosene.
"E allora vattene,
cazzo, mi stai rovinando solo la vita!" sbraitò la ragazza
furiosa liberandosi con uno scatto il polso e mettendosi a correre
nella direzione opposta.
Non voleva
più saperne di lui, né del suo tradimento. Per
lei esisteva solo la verità che l'aveva abbandonata, poco
importava se era era fuggito o morto. Lucia correva senza fermarsi un
secondo, voleva solo raggiungere il suo motorino e andarsene da
lì. Attraversò sulle strisce pedonali,
sentì indistintamente uno stridio di freni e qualcuno
l'afferrò giusto in tempo per impedirle di finire contro il
parabrezza di un auto. Rimbalzò sul vetro e poi sull'asfalto
avvolta fra le braccia di qualcuno.
Il guidatore aveva
urlato "Oh, mio Dio! Siete impazziti?"
"Lucia, stai bene?"
domandò Anna correndo dall'amica e aiutandola a rialzarsi
"Io...credo di
sì" rispose dopo essere riuscita a rimettersi seduta e
controllato di non aver nessun osso rotto. Guardò a fianco a
sé e vide Alessandro che si allontanava zoppicando
leggermente, doveva essere stato lui a salvarle la vita.
"State tutti bene? Oh,
mio Dio che paura, nulla di rotto? Chiamo un'ambulanza?" li
tempestò la donna che stava al guidante dell'utilitaria
"No, signora. La prego
controlli la sua auto, non vorrei che le avessimo ammaccato il cofano,
io e la mie amiche stiamo bene, stia tranquilla" rispose per loro il
ragazzo avvicinandosi e sfoderando il suo migliore sorriso, nonostante
fosse sbiancato paurosamente. A Lucia non era sfuggito che le aveva
chiamate amiche, non aveva accennato al fatto che era sua sorella.
"Solo un graffio, non
si nota neanche, ma vi prego lasciate che chiami almeno l'ambulanza,
non vorrei che..." Alessandro non la lasciò continuare "Non
si preoccupi, adesso le riporto a casa e mettiamo solo un po' di
ghiaccio, non è successo nulla"
Non aveva proprio
voglia di ritrovarsi in uno scandalo. La vittima di un incidente aereo
torna misteriosamente in vita, già s'immaginava i titoli dei
giornali. Niente ospedale, altrimenti sarebbe stato costretto a dare i
suoi dati e se i genitori di Lucia, che poi erano anche i suoi, fossero
venuti a recuperarla non ci avrebbero messo molto a riconoscerlo.
La sorella si era
rimessa in piedi constatando che, a parte qualche piccolo dolore alla
schiena, dove sarebbe uscito un bel livido, non si era fatta molto
male.
L'automobilista
continuò per un altro minuto, poi finalmente Alessandro
riuscì a convincerla ad andarsene. I curiosi si erano
già dispersi da un pezzo, avevano notato che non c'era
sangue e, quindi, avevano reputato la faccenda non interessante.
I tre si allontanarono
in silenzio carico di tensione. Fu Anna a romperlo con un innocente "E
adesso?"
"Io me ne vado"
borbottò Alessandro "Quanto a te, mi sta bene che da oggi in
poi non siamo più fratello e sorella, ma fai attenzione
quando attraversi la strada e gradirei che non dicessi ai tuoi genitori
che sono vivo" sottolineò quel "tuoi" per ribadire il
concetto
"Ah, certo"
esclamò amara Lucia fulminandolo con lo sguardo "Per te
è semplice parlare, tu non andrai come ogni anno al tuo
anniversario di morte, tu non li vedrai trattenere le
lacrime, solo per dimostrarsi forti davanti all'ultima figlia che
è rimasta loro, non li vedrai chiedersi dove hanno sbagliato
e guardarmi quasi con pietà perché io sono
l'unica ormai"
La tristezza era
venuta fuori in quel torrente di parole e lo aveva riversato in faccia
al fratello; era come se fossero un rigurgito acido di un boccone mai
digerito del tutto.
Alessandro rimase
impassibile e rispose "Mi rassicuri con il tuo odio, perché
finalmente mi sto sentendo in pace con me stesso. Inventati quello che
vuoi con loro, anche che hai avuto una apparizione paranormale del mio
spettro, io non sono più Alessandro, ormai quel tizio
è morto di lui rimangono i dati scritti sulla lapide, so di
aver fatto un errore e non ti chiedo di perdonarmi, rimaniamo solo
amici" si raddrizzò un po' e guardò davanti a
sé sorridendo leggermente "Lucia, sono venuto qui anche per
un altro motivo... io fra un anno mi sposo" annunciò
facendosi improvvisamente raggiante. Doveva aver trovato la ragazza
giustaa, quella che si definiva l'anima gemella. Riprese lentamente
scurendosi un po'.
"Volevo riparare gli errori che ho fatto in passato, ma ho capito che
è impossibile colmare la mie colpe, allora ti chiedo di
aiutarmi a farmi perdonare ricominciando una vita migliore, ero tornato
per chiudere quella precedente che avevo lasciato in sospeso,
spezzarla, reciderla"
Anna non
riuscì a trattenere una lacrima, era tutto così
dannatamente triste. Lucia era rimasta ad ascoltarlo ed aveva annuito
quasi impercettibilmente. Finalmente suo fratello era morto del tutto,
adesso anche lei poteva ricominciare. Era duro da ammettere,
ma ora era finalmente morto.
"Ciao Lucia, auguri
ancora per il tuo compleanno" sorrise il ragazzo salutandola con la
mano e incamminandosi verso la direzione del parcheggio, dove
probabilmente c'era la sua auto.
Anna e Lucia non si
mossero. Ormai potevano dire di non conoscersi più. Addio
Alessandro.
Il ragazzo
non si girò mai, finché non entrò nel
sotterraneo, dove c'erano i posti per le automobili, solo allora si
concesse di lasciarsi sfuggire un leggera lacrima, che
scivolò rapida lungo la guancia e cadde a terra senza
rumore.
Prese la macchina che
aveva noleggiato, era di un blu cupo, l'esatto scenario dei suoi
pensieri in quel momento. Prese le chiavi e mise in moto.
Il rombo riuscì a distrarlo un po' e si concentrò
sulla guida.
Era appena uscito dal
parcheggio, pagato il biglietto, e stava tranquillamente andando verso
la stanza d'albergo che aveva noleggiato a recuperare il suo piccolo
bagaglio e finalmente dopo sarebbe potuto tornare a casa dalla sua
fidanzata. Jane,gli mancava, ma mai quanto Lucia negli ultimi tre anni.
Improvvisamente
un'incosciente si lanciò in mezzo alla strada costringendolo
ad inchiodare sbarrando gli occhi, non era possibile due volte in una
giornata!
"God" si
lasciò sfuggire "Are yuo idiot?" gridò
dimenticandosi la sua lingua natia e uscendo dal veicolo irritato.
Spalancò
ancora di più gli occhi, quando si ritrovò
davanti Lucia che ansimava piegata in due, aveva corso per raggiungerlo
e farlo fermare.
"Ma allora
è un vizio, quello rischiare di farti investire?" chiese
sarcastico alzando le braccia al cielo e domandando silenziosamente
perché Dio gli aveva dato una punizione così
grande per il suo peccato.
"Lucia ma sei scema?!"
sopraggiunse Anna anche lei ansante per la corsa fatta per raggiungere
l'amica.
"Sì, adesso
zitti e ascoltatemi!" esclamò recuperando la sua solita
grinta "Tu! Non ti ho perdonato per quello che hai fatto, ma hai detto
che Alessandro è morto e tu sei quello nuovo, vero?"
domandò in cerca di conferma
"Sì, ma..."
"Zitto e non
interrompermi! Allora, se tu sei il nuovo Alessandro...sei il mio nuovo
fratello e spero che ti comporterai meglio di quello vecchio, ci
vorranno almeno vent'anni perché possa perdonarti, ma
possiamo iniziare così" disse correndogli incontro e
abbracciandolo sotto il suo sguardo incredulo.
Anche Anna la guardava come se fosse una folle, poi, però,
capì che infondo era quello che l'amica aveva sempre voluto
dall'inizio di quella storia, voleva riabbracciare suo fratello.
Lucia
scoppiò a piangere disperata stringendolo sempre
più forte, quasi temesse che scomparisse ancora. Alessandro
dal canto suo non si staccava, continuava a coccolarla e ricambiare
l'abbraccio tentando di calmarla. Quando fu più tranquilla
sorrise bisbigliò "Grazie"
"In cambio mi devi
invitare al matrimonio" ribatté la ragazza ritrovando un po'
del suo carattere.
"Ok, ti prometto che
riceverai mie notizie" le assicurò lui rimettendogli una
ciocca di capelli dietro l'orecchio
"Anna, vieni
accompagniamolo all'aeroporto" disse Lucia trascinando l'amica con
sé sul motorino ridendo felice "Per controllare che lo
prenda questa volta" aggiunse guardandolo sottecchi.
Per A. e L.
Grazie
__________
Piccolo angolo dell'autrice:
Sono un po' dubbiosa sulla scrittura, secondo voi era buona?
Comunque, spero vi sia piaciuto.
Se volete lasciate un commento, tanto per sapere se ho sbagliato
qualcosa. Ve ne sarei eternamente grata =)
Altrimenti grazie della visita.
Grazie mille!
Alla prossima
Tilia=|=
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