Mi avevano
detto che l'amore è come una gomitata sulle gengive.
Un soufflè
smontato. Un rotolo di carta igienica finito quando sei ospite in una
casa dove non sai dove cercarne altra. Un telefilm sospeso alla
penultima stagione. Un libro di Fabio Volo.
E invece,
no.
Perchè ho
scoperto che, difatti, è PEGGIO.
LOVE
LOVE BATTLE!
(L'amore
è una guerra)
Capitolo
primo: la desolazione di una fanciulla e dei suoi sogni infranti
E' il primo giorno di scuola.
E' il primo giorno di scuola e non ho nulla da mettermi.
E' il primo giorno di scuola, non ho nulla da mettermi e
sono già in ritardo per il pullman.
E' il primo giorno di scuola, non ho nulla da mettermi,
sono già in ritardo per il pullman e sto per rivedere il ragazzo che
mi ha spezzato il cuore.
Il quale, per grazia divina, è stato felicemente
assegnato ad un'altra sezione, ma certo se calcoliamo tutto il resto
servirebbe ben altro per farmi stare col morale più alto delle suole
delle mie ciabatte di Pluto.
"Emma, hai finito di guardarti allo specchio come
se fossi sotto psicofarmaci?"
Quella che mi ha appena gentilmente dato il suo
personale buongiorno è Valeria, mia amica e compagna di stanza dal
primo anno.
E diciamo che di prima mattina non è il massimo della
gentilezza- ma in fondo, io non lo sono mai, quindi non posso
permettermi di farle la predica.
Al momento è tutta presa dal riempire la sua nuova
borsa firmata con degli inutili quaderni vuoti, come se avesse
davvero intenzione di sforzarsi a prendere appunti il primo giorno di
scuola.
Quanta meravigliosa ingenuità.
Lancio un'ultima occhiata allo specchio (devo dire che
quell'enorme brufolo comparso magicamente tra le sopracciglia mi dà
quel giusto input di autostima di cui necessitavo. Sì, il mio
sarcasmo è affilato ma di facile comprensione, se mi si impara a
conoscere) e, ravvivandomi i capelli, esco dal bagno lasciandolo a
Vale per concentrarmi sul mio armadio.
Dopo aver cercato per quaranta minuti di uscire dal
mucchio mostruoso di abiti in cui mi ero tuffata (o meglio, dopo
essere stata risucchiata
da essi, roba che Dotrothy e le sue scarpette del cazzo possono
baciarmi le chiappe) riemergo vincitrice e con il bottino in mano: un
rarissimo paio di jeans sfilacciati sul ginocchio (e non perchè
sono caduta come un'idiota sulle scale, eh... no no, perchè vanno di
moda...), una fantastica canottiera azzurra e una camicia a quadri
abbinata, roba che manco le nerd dei film americani avrebbero il
coraggio di mettersi certe cose,
ma io sì e ho anche la faccia tosta di spacciarlo per un look stile
college.
Mi vesto in fretta, mentre Valeria borbotta qualcosa dal
bagno a proposito delle sue tette e di quanto siano cresciute durante
l'estate, poi mi infilo gli stivali e apro il beauty, nella vana
impresa di dare un senso alla mia faccia post risveglio.
Dopo qualche minuto sono pronta, lasciando i capelli
così come sono, che tanto pettinarli è perfettamente inutile perchè
tra dieci minuti saranno già schifosamente spettinati.
Afferro uno dei miei quarantadue cappelli e dico a
Valeria che sono pronta, poi scendo in sala mensa per la colazione.
Al contrario di quanto avessi pensato, sono una delle
prime. Fantastico.
Mi guardo attorno e mentre Sonia La Cuoca mi offre un
pacchetto di fette biscottate e la mia confezione monoporzione di
Nutella (primo raggio di luce di questa altresì buia mattinata) mi
affretto a raggiungere il tavolo dove di solito io e le altre ragazze
ci sistemiamo.
Attorno a me, solo ragazzine del primo anno eccitate per
il loro ingresso al liceo e Manuel, un ragazzo del mio stesso anno
che mi si avvicina e, sbattendo lo zaino a terra, si stravacca sulla
sedia di fronte alla mia sospirando.
"Manuel, possibile che tu riesca ad essere
scoglionato sin dalle sette e trenta del mattino?"
"Emma ti prego, evita."
Mi tappo la bocca e, lasciando a sè stesse le fette
biscottate, tendo un agguato all Nutella.
Ora, credo sia il caso di spiegare la
situazione.
La sottoscritta Emma Parisi (tipa ordinaria: capelli
biodni mediamente lunghi, occhi din un indefinito incrocio tra
l'azzurro e il grigio, bassa statura, fisico a clessidra) studia in
una scuola con dormitori annessi per diventare chef.
La nostra scuola si trova a dieci minuti di pullman dal
mio dormitorio, che è misto ed ospita sia ragazzi che ragazze. I
ragazzi sono all'incirca una quarantina,
tutti appartenenti alle prime tre sezioni del terzo e del quarto
anno.
Gli altri maschietti abitano nel dormitorio nella parte
opposta del paese (siamo in un paesino di montagna, dove fa un freddo
antartico in media dieci mesi su dodici, una roba da pazzi) e quindi,
oltre alla scuola e alle eventuali uscite pomeridiane, non abbiamo
occasione di beccarli.
Ogni fine settimana il dormitorio chiude e siamo
costretti a rincasare.
Io abito a Roma, in periferia, in una casa abbastanza
grande da ospitare gli altri tre membri della famiglia (padre, madre
e sorella maggiore rompicoglioni) e il mio cane, un carlino di tre
anni di nome Frank.
Siamo al primo giorno di scuola, siamo arrivati al
dormitorio ieri sera e questo nuovo anno scolastico mi ha rotto le
palle ancor prima di iniziare.
Dove eravamo rimasti?
Ah, sì, la mia colazione consumata con tutta l'eleganza
di cui sono capace.
Mentre mi imbratto di Nutella ogni centimetro del viso e
chiacchiero animatamente con Manuel del nostro comune malessere da
Primo Giorno la mensa inizia a riempirsi, con flotte di studentesse
dei vari anni che chiacchierano animatamente, tirate a lucido come le
bambine il giorno della prima comunione.
Il che mi lascia perlpessa, forse perchè non mi tirerei
a lucido neanche se dovessi incontrare Johnny Depp, ma sorvoliamo.
Sento qualcuno abbracciarmi da dietro e mi sbucano
davanti Mia e Nadia, mie compagne di classi e migliori amiche,
residenti nella stanza di fianco la mia.
"Buongiornooooooo!"
Oggi Mia è in uno dei suoi giorni di iperattività, e
scuote il caschetto castano di qua e di là, sbattendo gli occhioni
verdi che manco Bambi.
Io sbuffo mentre Nadia, piccola e svelta, si sbriga ad
arraffare la poca Nutella rimasta in mio possesso per mandarla giù
come fosse una bottiglia di whisky.
"Ehy, Ottava Nana, porta rispetto a chi si è
alzato prima per avere la sua razione di Nutella!"
"Non rompere i coglioni" dice quieta,
sorridendo e baciandomi la guancia.
Io sorrido mentre Manuel inizia un monologo su quanto
speri di non avere la Ubaldi come prof di scienze alimentari, poi uno
degli istitutori ci chiama e ci invita a salire sul pullman.
Ma, essendo i turni per andare a scuola doppi, decido di
fare del sano nonnismo inespresso lanciando alle primine occhiate
eloquenti.
Queste interrompono i loro discorsi su Justin Bieber per
alzarsi, un pò in imbarazzo, e riempire il pullman con le ragazze
del terzo e del secondo anno.
Io rimango bellamente seduta mentre la mensa si svuota
nuovamente, mentre dalle finestre vedo il pullman in cortile avviarsi
lungo il tragitto.
Dopo una decina di minuti noi ragazze del quarto anno e
le studentesse del quinto siamo tutte in sala, mentre alcune di noi
si avviano verso il cortile già con la sigaretta tra le dita.
Una volta sotto al porticato, prendo posto su una delle
eleganti sedie di plastica del dormitorio e mi ci fiondo con pacata
calma.
"Emma, sembri uno scaricatore di merluzzi."
Guardo Fabio, un amico della terza sezione che mi
accende la sigaretta e gli sorrido: "Ho già zero voglia di
andare a scuola, ti prego di non mettertici anche tu."
"Dico solo che dovresti essere un pò più
femminile, e che cazzo."
"Uao, che gentleman."
Nadia sospira: "Emma, Fabio ha ragione! Cioè,
capisco che tu sia nervosa all'idea di..."
Minuto di silenzio, io la guardo in cagnesco e lei
abbassa lo sguardo leggermente in difficoltà.
Fortuna che Mia ha un ottimo tempismo, e posso sempre
contar su di lei per sentirmi dire ciò di cui
in quello speficifico momento proprio non ho bisogno.
Sorrise e saltella su sè stessa, entusiasta: "Eddài
Emma, prima o poi dovrai affrontare Davide! Guardati, sei fantastica
stamattina."
"Sì, come un furetto messo sotto da un camion."
rispondo flemmatica, dando mostra di tutta la mia autostima.
Valeria, spuntata come un fungo dal portone, mi guarda e
alza gli occhi al cielo: "Tanto non hai via di scampo. E poi
devi smetterla di evitare l'argomento... in fondo vi siete solo
lasciati, e che sarà mai?"
"Ah, non chiederlo a me. Quando gli ho proposto di
non rovinare il rapporto con cose tipo 'togliamoci il saluto' mi ha
praticamente uggiolato in faccia e poi se n'è andato. Tra l'altro,
"e buttO la sigaretta a
terra, contrariata "non sono neanche stata io, a lasciare lui.
Che atteggiamento idiota."
"Non puoi non ammettere che sarebbe imbarazzante."
"Cosa, Nad? Salutarlo dando
esempio di tutta la mia educazione nonostante mi abbia accannato per
potersi gettare sulle primine come un lupo famelico digiuno da sei
mesi?"
Mia mi dà un'irritante pacca sulla spalla: "Tesoro,
magari lui non è ancora pronto per una ragazza come te... voglio
dire, sei così intelligente, seria..."
Sta per uscirmi una rispostaccia, ma capisco che il suo
tentativo di tirarmi su il morale è sincero e le rispondo con un
sorriso.
Poi arriva il pullman e mi ritrovo catapultata nella
realtà.
Il tragitto dormitorio-scuola dimostra essere più
complicato del previsto: con le cuffie alle orecchie cerco di
concentrarmi su 'Here comes the sun', ma neanche i magici FabFour
riescono a farmi ignorare il cuore che mi batte all'impazzata, e qui
credo di dover illustrare lil mio background romantico.
Davide Trentin frequenta il dormitorio maschile ed è
dal primo anno il migliore amico di un mio compagno di classe, tale
Alessandro Guerra (che la guerra ce l'ha dentro la testa perchè è
un misto tra un genio e un idiota). Nonostante lo conoscessi di vista
non avevo mai avuto occasione di parlargli, se non durante
un'avvincente partita a biliardino vinta da me e Valeria, durante la
quale ci eravamo dolcemente scambiati epiteti poco gradevoli.
Mediamente alto, capelli neri e folti spettinati ad
arte, pelle scura (sua madre è straniera) e occhi a mandorla
profondi e di un castano intenso.
Apparentemente non avevamo nulla in comune, se non la
fissazione per i cappelli e l'amore disincantato per tutto ciò che
avesse un minimo accenno nerd.
Ci salutavamo per i corridoi, ma spesso ci ignoravamo e
basta, semplicemente perchè non avevamo interesse a conoscerci, o
almeno credo.
Poi, il dramma.
La nostra scuola organizza per gli studenti del terzo e
del quarto anno due stage estivi; il primo di tre
settimane, il secondo di due mesi, in strutture alberghiere
(solitamente villggi turistici in cerca di stagisti da sfruttare con
uno stipendio ridicolo, perchè fa
esperienza.)
I gruppi di ragazzi e ragazze sono di una decina di
persone per ogni destinazione, e datesi i numerosi amici in comune mi
sono ritrovata nello stesso gruppo di Davide e Mia (lui e Alessandro
sono i suoi migliori amici sin dai tempi delle medie, formando una
specie di magico trio che manco Harry Potter con Ron ed Hermione).
Sul pullman che ci avrebbe portato a destinazione ci
siamo rivolti la parola per un timido 'ciao', per poi iniziare a
parlare ininterrottamente durante tutto il tragitto- il che
spiegherebbe perchè a metà strada ci eravamo praticamente già
raccontati metà della nostra esistenza, datesi che il villaggio
turistico che ci avrebbe ospitati per lo stage lavorativo si trovava
parecchio a sud, sul mare.
Una volta giunti, le nostre stanze erano accanto e siamo
diventati un gruppo molto affiatato.
Non conoscevo molta gente, diciamo che mi ero ritrovata
lì per caso perchè Mia mi aveva costretto a partire con lei e Nadia
e Valeria mi aveva abbandonato per andare a Londra da una sua lontana
parente (lo stage non era obbligatorio, ma all'epoca credevo che
fosse importante fare un'esperienza in una vera cucina per la mia
futura carriera).
Dopo una settimana, nessuno poteva negare che tra me e
Davide si era creata una strana sintonia, poi culminata in un
romantico bacio sulla riva del mare.
Era la prima volta che mi piaceva davvero un ragazzo, e
Davide mi aveva inaspettatamente folgorata, perchè era proprio il
tipo che piaceva a me: faceva battute idiote, ci gettavamo a vicenda
in piscina e una volta mi aveva invitato a guardare le stelle su una
coperta in mezzo al prato davanti le nostre stanze, per poi passare
tutta la sera a cercare di raccogliere sufficiente coraggio a
prendermi la mano e baciarmi.
Ovviamente io non avevo capito le sue intenzioni (sono
parecchio lenta riguardo i sentimenti), e finchè non mi ha
effettivamente baciato non ero riuscita a capire che lui provasse
effettivamente interesse per me, la qual cosa era ai miei occhi
incomprensibile.
Ok, ok, penso sia abbastanza chiaro che la mia autostima
è praticamente inesistente, ma andiamo avanti.
Una volta terminate le settimane di stage siamo tornati
a Roma meravigliosamente accoppiati, con tanto di uscite lungo le vie
del centro e tenere coccole sotto il Colosseo.
Io, neanche a dirlo, nonostante la mia indole apatica
ero cotta come un galletto allo spiedo in rosticceria.
Eravamo andati avanti così tutta l'estate, progettando
la nostra complicità anche tra i banchi di scuola una volta giunti a
settembre, ma due settimane fa mi è arrivata la batosta.
"Mi dispiace, Em... ho capito di non provare più
quello che provavo all'inizio."
E certo, difatti siamo stati insieme così tanto tempo
che immagino tu fossi follemente innamorato, vero?!
Ora, tra i corridoi polverosi e i saluti degli amici
ritrovati, cerco la mia nuova aula con Nadia e Mia e mi guardo
attorno isterica.
E lo vedo.
Avete presente nei film, quando il ragazzo che piace
alla tipa protagonista cammina tra gli armadietti e la folla di
studenti lo fa passare in mezzo, tipo diva del cinema la notte degli
oscar con tanto di musichetta pop in sottofondo e vento che gli
scompiglia ad arte i capelli?
Ecco, dimenticatelo, perchè lui è stato appena buttato
addosso al muro da un gruppetto del primo anno in preda crisi
ormonale.
Le manda a fanculo, poi guarda i loro aitanti culetti da
quattordicenni e sembra perdonarle.
Una di loro si volta e gli sorride, ricambiata;
poi torna dalle sue amiche e lui si raddrizza.
Alessandro, accanto a lui, vede Mia e ci corre incontro;
lui mi guarda, i nostri occhi si incontrano, le campane suonano e il
mio cuore si spezza rovisonamente in altre dodici parti... poi se ne
frega e si gira dall'altra parte, con lo sguardo al pavimento,
girando l'angolo.
Resto a guardarlo andare via, senza capire il motivo di
tanto astio, ma Alessandro mi dà una gomitata sul naso riportandomi
alla realtà.
"Grazie Ale, era proprio quello che mi ci voleva
per iniziare l'anno."
Lui mi guarda e mi sorride.
"Buongiorno anche a te, Em. Ti trovo più acida del
solito, quindi deduco che tu sia contenta di essere rientrata a
scuola."
"Come il primo giorno di mestruo" gli
rispondo, per poi entrare nella nostra nuova classe a passo di marcia
e fiondarmi nel solito banco.
Dico 'solito' perchè sin dal primo anno mi siedo al
terzo banco della fila centrale, lato sinistro, accanto a Valeria.
Il resto della classe entra lentamente, tutti
visibilmente su di giri; tra i tanti ci sono Orfeo, magrolino e
perfettamente vestito da capo a piedi come sempre, Tommaso e Capretta
(il pagliaccio della classe, 'Capretta' è il suo cognome e nessuno
lo chiama diversamente tipo dalla terza elementare) che mi corrono
incontro abbracciandomi.
"Prevedo un anno di lacrime! Come va la nostra
principessa dal cuore spezzato?" mi domanda Tommaso, sfilandomi
il cappello e indossandolo.
Metto il broncio e gli mollo uno dei miei famosi
'ceffoni amichevoli' sulla guancia paffuta, poi lo guardo incantata.
"Tommy, ma... ma sei diventato un figo! Cioè,
quanto ti sei alzato?!"
Tommaso sorride trionfante: "Tsk, ti sei innamorata
di me?"
Gli giro intorno interessata e sorrido maliziosa:
"Peeeerò, hai messo un culetto niente male! Da dove è
sbucato?!"
"Mangio tanti spinaci!" e mi abbraccia
baciandomi una guancia.
Tommaso è, assieme a Orfeo, uno dei miei migliori
amici, anche se il mio supermigliroeamicoperlavitanonostanteidifetti
è Federico, migliore amico di Tommy e residente in'unaltra classe.
Alessandro getta lo zaino nel banco accanto a mio, alla
mia sinistra, e mi sorride.
"Ehilà, Parisi! Questa botta siamo semi compagni
di banco!"
"Che culo." dico, apatica, poi riprendo posto
e lui si avvicina all'improvviso, pericolosamente.
Mi ritrovo con i suoi occhioni spalancati dalle ciglia
lunghe praticamente a distanza zero e sussurra piano: "...ce
l'hai anche con me?"
Il suo tono di voce è dispiaciuto e lo guardo, poi
sorrido sincera.
"Oh Ale, certo che no. Tu non... non c'entri nulla.
Scusami, sono solo nervosa."
Sembra sollevato e mi fa l'occhiolino: "... se hai
bisogno di qualcosa io sono qui."
Poi si alza e mi sorride vago: "So che non ci siamo
cagati molto fino allo scorso anno, ma quest'anno cerchiamo di essere
amici!"
Lo dice con tale entusiasmo che non posso fare a meno di
ridere, e gli stringo la mano con fare complice.
"...ci sto, Guerra."
Giornata TRAUMATICA.
Sono nel cortile del dormitorio, sdraiata sul muretto,
sotto il sole settembrino caldo al punto giusto.
Ho abbandonato Valeria in camera da sola che tenta di
montare la tendina della doccia per rilassarmi con le cuffie alle
orecchie, in attesa che arrivino le diciassette e, quindi, le due ore
di studio obbligatorie.
La scuola è cominciata da due settimane e oggi abbiamo
avuto il primo test di inglese (materia in cui per fortuna non ho la
minima difficoltà), per poi passare a due ore di matematica che mi
hanno fatto ben sperare di non venire a meno alla mia tradizione di
un bel quattro stamapto sul pagellino anche quest'anno.
Grandioso.
Il dormitorio è deserto perchè quasi tutte le ragazze
sono uscite per andare nella piazza del paese, luogo di incontro con
i ragazzi del dormitorio maschile, quindi posso crogiolarmi al sole
in pace per quanto mi pa...
"Cucù!"
A momenti soffoco quando Federico mi si siede sulla
pancia, approfittando dei miei occhi chiusi.
Lo supplico di spostarsi e mi abbraccia, nel pieno di un
attacco di coccolosità acuta.
"Fede, cosa ci fai qui?! Non mi avevi detto che
saresti venuto."
"SORPRESA!"
...minuto di silenzio, alzo gli occhi al cielo.
"Uaooo, ora sì che la mia giornata ha un senso!"
poi gli bacio la guanci e gli faccio posto al mio fianco, contenta.
"Sono felice di vederti, ma purtroppo il mio radar
degli scoop è pari a zero in questo momento."
Federico guarda l'orizzonte come le tipe degli harmony e
sorride al niente, con fare profondo: "Oh, ma cherie, ma io non
ero in cerca di scoop... è che mi mancavi!!" conclude,
teatrale, gettandomisi addosso per poi rinsavire.
"Ehy, e quelle tette?!"
"Sono gonfie per il ciclo."
"Ah, allora non è vero che sei incinta."
"No tesoro, anche se ammetto che le notti passate
con lo Spirito Santo sono state intense."
Una ragazza del primo anno ci passa accanto e sentendo
il discorso lancia verso di noi uno sguardo perlpesso, Federico le
dice "Honey, so di essere bellissimo, ma così mi imbarazzi."
Lei scappa via arrossendo e io gli dò una gomitata:
"Fede, quanto sei stronzo!"
"Amore, io non sono stronzo, au
contraire. Mi addolora spezzare tutti questi
cuori, credimi, non ci dormo la notte. Capisco che è difficile non
guardare il mio splendido volto."
"...ssssssì, ok. Andiamo al bar, ho bisogno di un
caffè."
Ci incamminiamo verso il bar accanto il dormitorio e mi
guarda ammiccante mentre zucchero il mio caffè.
"Come va la
tua storia d'amore?"
"Non sapevo di averne, al momento..."
"EMMA, sii seria..." piccola pausa, sgguardo
interessato al culo del barista biondo "Alessandro mi stava
dicendo giusto ieri sera che sei e pezzi."
"Io... io non sono a pezzi! E' che mi fa star male
il fatto che Davide mi abbia perfino tolto il saluto... dico io, che
cosa gli avrò mai fatto di male?"
"Tesoro, gli uomini sono dei pezzi di merda. Prima
ti lasciano facendo gli splendidi con frasi come 'ti amo troppo', poi
appena ti rifai una vita rispuntano fuori con un messaggio dicendo
che non vogliono tornare assieme, ma ti pensano ancora e..."
"Fede, questo è successo a te, non a me."
Mi guarda e poi sorride.
"Oh beh, non cambia poi molto la sostanza della
cosa."
Sospiro e bevo il mio caffè, sperando che
gli alieni prima o poi mi trovino e mi portino via.
Nell'angolino
dell'autrice.
Ciao
a tutti, sono MagikaMemy e benvenuti nel 'fantatsico' mondo di Emma!
...OK,
STO SCHERZANDO.
Questa
long è basata sulla mia esperienza al liceo, una storia che mi ha
profondamente cambiata e che mi sono ormai lasciata alle spalle, ma
mi è rimasta nel cuore.
Ho
sempre pensato di aver vissuto delle esperienze degne di un telefilm,
e questo è il risultato: finalmente ho trovato il coraggio di
attingere a piene mani nel mio passato e scrivere tutta la faccenda.
Inizio
col dire che i personaggi e i fatti narrati sono ispirati alla realtà
della mia vita scolastica, di conseguenza spero che vi divertiate
come mi sono divertita io all'epoca (ormai sono passati due anni).
Cercherò
di essere il più fedele possibile alla realtà, ma molte cose che
descriverò probablmente vi sembreranno assurde... beh, è tutto
vero! Ahahah.
So
che gettarmi nel campo delle 'originali' comporta spesso una
delusione datesi che le recensioni sono sempre molto scarse, quindi
mi farebbe piacere ricevere i vostri commenti o le eventuali
critiche. Mi raccomando, vi aspetto, anche solo per conoscervi!
Grazie
per aver letto, un abbraccio, Memy.
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