And someday, you will ache like I ache

di Drown
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And someday, you will ache like I ache


“And all this world is burning up
It's time that you retire
Get ready for your last close up
And all of you are fired, hey!”
 
Michelle camminava sotto la pioggia, dimentica delle gocce che le si impigliavano tra i disordinati capelli rossi, del vestito bagnato e del trucco che si era già probabilmente sciolto e aveva preso a colarle dagli occhi verdi, incorniciati dal nero di un una matita, truccati pesantemente, come d’altronde erano anche le labbra rosso fuoco. A Michelle non importava del brutto tempo, degli sguardi delle persone che le camminavano intorno, arrivando così vicine a sfiorarle l’anima, senza mai toccarla veramente. Non le importava delle calze rotte, del freddo e, alla fine, di tutto ciò che la circondava.
Era uno di quei momenti. I momenti in cui Michelle non capiva bene se c’era o non c’era, e si sentiva come drogata. Non c’era nulla a tenerla ancorata a terra, e sapeva di stando allontanarsi sempre di più da sé.
L’unico modo per evitare di allontanarsi troppo dal suolo e di rischiare poi di cadere più violentemente era ascoltare, o anche solo sentire, la musica. Alta, troppo. Un’ancora per bilanciare ciò che sentiva, o meglio, che non riusciva a sentire.
E camminare a vuoto, girare senza meta, aspettando che qualcosa intervenisse e bloccasse la sua salita.
D’altronde non è che potesse far molto altro.
Michelle alzò la testa e guardò le nuvole sopra di sé. Amava quel cielo plumbeo e pesante, pesante come dentro lei sentiva di essere. Era lo specchio perfetto per uno dei suoi frammenti d’animo, una delle sue mille sfaccettature.
E intanto la musica proseguiva, la faceva andare avanti, sia che si voglia intendere camminare o vivere, tanto in quel momento non c’era poi così tanta differenza.
Urla che diventavano l’espressone perfetta per ciò che lei stessa temeva d’affrontare.
Melodie che di melodico avevano ben poco. Alti e bassi, ritornelli urlati e vomitati fuori e strofe mormorate, sedate. Esaltazione e rabbia e depressione, vuoto. Nel loro alternarsi Michelle trovava scaglie di ciò che avrebbe potuto essere.
Michelle era sola, camminava sotto la pioggia, e quelle gocce erano pezzi di lei, frantumi che si sfracellavano a terra, si distruggevano, la distruggevano. Michelle era vuota, divenuta semplice contenitore di note musicali, che la colpivano e facevano sì che, almeno per quell’attimo, non scomparisse definitivamente. Il momento dopo chissà.
Michelle aveva 16 anni da neanche un mese, eppure dentro non aveva età.
Michelle stava morendo, ed ogni istante che passava era una goccia di veleno pronta a stroncarle il respiro.
Ma che altro poteva fare? Come se volesse morire, o addirittura vivere! Come se potesse anche solo capire, discernere, cosa voleva da ciò che invece rifiutava. Michelle non era una sola cosa, una sola persona, non aveva una sola idea. Michelle era tutto, ed essendo tutto era niente. 



Spazio Autrice
Questa breve one-shot nasce ispirata da "You Know My Name" di Courtney Love, canzone che consiglio vivamente di ascoltare durante la lettura del brano (https://www.youtube.com/watch?v=Rg_ECFpSceA). Potrebbe avere un seguito, ma deciderà tutto l'ispirazione, quindi chissà.
Spero vi sia piaciuta.


_Drown_




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