t
~Dedicata
a Bambolina Blackmetal 94
Peach
sollevò la testa e batté le palpebre osservando quella buffa
creatura al centro della stanza che doveva essersi introdotta dalla
finestra della sua cameretta mentre lei stava dormendo. Lo strano
essere bitorzoluto gracchiò una seconda volta mostrando gli
sporadici dentini affilati.
«
Mi hai sentito, Principessa? Sono Bowser il Terribile e sono qui per
rapirti! » ribadì il
concetto rialzando i braccini e flettendo gli artiglietti senza
ottenere per la seconda volta la reazione sperata. E ci si era anche
allenato per tutto il tragitto per azzeccare il tono di voce
perfetto, invece
quella poppante stava lì stesa sul suo lettino limitandosi
ostinatamente a fissarlo; né un gridolino né un qualunque segno di
paura o spavento a ricompensarlo per la sua entrata in scena
impeccabilmente malvagia. Il dramma dell'attore incompreso.
Poi
l'intuizione lo folgorò: quella marmocchia non aveva alcun timore di
lui. O era incredibilmente coraggiosa oppure era incredibilmente
stupida.
La
bimba si stropicciò gli occhi ancora confusa per essere stata
ridestata così bruscamente dal suo sonnellino pomeridiano e si rizzò
a sedere sul pannolino per risistemarsi la sua coroncina sopra i
boccoli morbidi.
«
Hai fegato per non tremare di terrore di fronte al signore supremo
dei malfattori, te lo concedo. »
Un ego già così grande in un corpo così piccolo insomma.
Peach
emise un pigolio disinteressato nella sua totale inconsapevolezza di
lattante spalancando la bocca in uno sbadiglio liberatorio, poi
cominciò a setacciare con le manine dietro il cuscino e tra le
copertine con nuvolette e sfavillotti colorati. Dov'era finito il
suo ciuccio?
«
Adesso però tu devi venire via con me. Sei mia prigioniera! »
Ah,
eccolo qui.
Il
giovane koopa si arrampicò lesto sulle sbarre del lettino dando
prova di un'agilità insospettabile sotto quell'aspetto goffo col
carapace puntuto e rimase appollaiato sulla sponda, l'originaria
spavalderia trattenuta da un filo di incertezza, prendendosi qualche
secondo per ragionare su come cacciarla fuori di lì. Solo quando la
vide meglio da vicino realizzò quanto sembrasse fragile con addosso
solo un vestitino di tessuto sottile e pizzi inutili che non
l'avrebbe protetta nemmeno dalle zanzare o dal vento: una scoperta
quasi sconvolgente per lui che Madre Natura aveva già provveduto a
rifornire di tutte le armi naturali necessarie appena uscito
dall'uovo. Ignorava a quale specie appartenesse perché aveva visto
che i toad avevano il cappello di un fungo in testa e questa qui, a
dispetto delle sue previsioni, non era affatto una principessa-fungo
ma restava comunque patetica e debole. D'altro canto era la prima che
aveva incontrato in vita sua, ma se erano tutte così allora non
c'era da sorprendersi che nelle storie che gli leggeva Kamek fosse
così semplice rapirle.
Il
lettino tremò bruscamente e Peach si girò curiosa trovandosi a
pochi centimetri dal muso dello strano essere intento a studiarla
circospetto con le folte sopracciglia che quasi nascondevano gli
occhietti neri sotto un piglio indagatore. Benché quel buffo
ciuffetto rosso sul capo non c'entrasse nulla, le squame, il guscio
ed il nasone le ricordavano vagamente uno yoshi perché non sapeva
proprio a quale altra creatura paragonarlo, ma ne aveva visti
parecchi di quei dinosauretti simpatici e quest'altro non aveva la
più pallida idea di cosa fosse. Se era anche lui uno yoshi, era
certamente il più brutto che le si fosse mai presentato davanti.
Entrambi
si scrutarono per un lungo momento con pari perplessità.
Una
domestica del castello infilò la testa bulbosa oltre l'uscio per una
controllatina di routine localizzando all'istante l'intruso in bilico
sul bordo della culla, gli artigli del mostriciattolo così
orrendamente vicini alla pelle delicata della piccina. La porta di
spalancò con un grido d'allarme e la toad fece per entrare
mitragliandolo di domande: Chi era? Che voleva? Come era entrato?
Cosa credeva di fare? Perché dava tutte queste confidenze alla loro
Principessa? Non era mica un delinquente?
Bowser
le sputò una pallottola incendiaria sulla cuffietta della divisa e
quella fuggì via urlando e lasciandosi alle spalle un serpentone di
fumo per il corridoio.
Il
koopa emise una risatina intrisa di perfidia e decise di darsi una
mossa con questo sequestro considerato che aveva ormai perso
l'effetto sorpresa a restarsene lì imbambolato. Prese l'orlo della
copertina colorata, la gettò addosso alla bimba per afferrarla senza
che le unghie facessero danni e saltellò compiaciuto sulla sua mini
Clown Car fuori dalla finestra col bottino tra le zampe. Quando il
clamore si sparse per le stanze della reggia reale loro due erano già
lontani, sorvolando le lande erbose tra le nuvole più basse.
«
Bwahahahah! Mi riescono bene i rapimenti » si autoglorificò il
principino con un sorrisone da tagliargli il musetto a metà.
La
bambina si mosse ancora nella sua presa e spinse il viso fuori dal
bozzolo di stoffa guardandosi intorno. A dispetto della situazione
Peach, troppo piccola per comprendere effettivamente cosa stava
accadendo, era rimasta piuttosto tranquilla e reagiva per empatia
alla presenza più vicina al momento: se lui era calmo allora nemmeno
lei aveva motivo di agitarsi.
Bowser
avvertì la testolina della principessa premere sotto il mento e
sciolse quell'abbraccio non inteso come tale, permettendole di
muovere qualche passo incerto poggiando le mani sulle pareti del
velivolo. In confronto al giovane drago lo svantaggio fisico era
evidentissimo. Il principino era più grande non solo per età
(sebbene con un leggero scarto), ma era anche molto più
intraprendente rispetto ad un cucciolo umano che avrebbe avuto i suoi
stessi anni poiché i koopa per ovvie questioni di specie erano assai
più precoci nel loro percorso di crescita psicofisica.
Intraprendente non era sinonimo di riflessivo infatti e Bowser si
ritrovò a chiedersi cosa farsene ora della sua preda, dato che si
era dimenticato di considerare precedentemente questa seconda parte
del piano.
Il
rapimento era stato portato a termine con successo e poteva reputarsi
alla stregua dei malvagi nelle fiabe malvagie con un malvagio lieto
fine che amava ascoltare prima di fare sogni malvagi e dopo essersi
abbuffato di biscotti e latte di mucca malvagia. Solo che adesso lo
aveva fatto per davvero e c'era per davvero una principessa da
sbarbarsi.
Osservò
il valido esemplare di sangue reale in questione sporgersi
precariamente oltre il bordo della mini Clown Car con metà del corpo
già penzolante nel vuoto ed il posteriore per aria... Anche quella
poteva essere una soluzione.
Bowser
la riagguantò per una caviglia prima che la potenziale suicida
precipitasse beatamente di sotto. Alla fine restava sempre il suo
trofeo di caccia.
«
Ti sfarfalla il cervello? Guarda che non rimbalzi se vai giù. »
La
pargola alzò il viso e non fece altro che fissarlo dietro il suo
silenzio lasciandolo nel dubbio se avesse recepito o meno il
messaggio.
Bowser
non ricordava di aver mai visto degli occhi tanto... grandi. E la
cosa che gli creava ancora un segreto disagio era come colei che era
la sua prigioniera continuasse a non mostrare il ben che minimo
accenno di paura per lui, nemmeno un pochino.
Fece
rotta verso casa senza perderla di vista onde evitare un
alleggerimento imprevisto della zavorra. Al suo rientro Kamek gli
corse incontro anelante e con gli occhiali di sghimbescio sul becco.
«
Principe Bowser! Vi abbiamo cercato in lungo e in largo fino ad ora.
Perché non avete lasciato detto dove vi eravate cacciato?! »
lo rimproverò lo stregone e suo tutore con le mani sulle ginocchia a
riprendere fiato.
«
Perché io sono il Principe e posso fare quel che voglio! »
sbottò il koopa con una strafottenza da ceffoni che nessuno avrebbe
mai osato elargirgli. Un errore che tutti, Kamek al primo posto,
scontavano ogni giorno.
«
Questo non vi esime dall'andarvene per i fatti vostri senza
avvertire. Non potete sparire così quando vi pare. »
Un occasionale barlume di fermezza dava al magikoopa la forza di
volontà per non farsi bisfrattare come d'abitudine dopo aver perso
la pazienza per l'ennesima delle sue bravate.
Tuttavia
Bowser aveva già finito di concedergli la cortesia di ascoltarlo,
si chinò dietro il bordo della sua vettura e balzò fuori stringendo
tra le zampe il risultato della più recente.
Kamek
trasalì nel vedersi un secondo paio di pupille puntato addosso. «
Dove l'avete raccattata? »
«
L'ho rapita » rispose con
una nota di orgoglio mettendo giù la sua preda per farne mostra di
fronte ai suoi sottoposti.
Peach
sgusciò fuori dalla copertina e si guardò intorno per le mura
pietrose e tetre del castello, respirando quel sottile odore di zolfo
e ricambiando le occhiate sbigottite dei soldati.
Nonostante
le apparenze iniziali che potevano ingannare, lo stregone era il
secondo al comando in quanto mentore del futuro re e dotato di una
mente astuta che lo distanziava di gran lunga dai suoi colleghi a
corte. Diverse delle sue fonti d'informazione personali erano
installate in segreto nei reami circostanti affinché persino i
piccoli sviluppi che potevano essere trascurati all'occhio
onnisciente della sua sfera non restassero nell'ombra. Con l'unico
che toccava i confini della Terra Oscura invece non vi era sorta la
necessità perché la notizia di una nuova erede al trono ancora
riecheggiava da un estremo all'altro delle terre conosciute.
«
Avete rapito la Principessa Peach del Regno dei Funghi. »
Ogni dettaglio del suo aspetto corrispondeva alla descrizione e, se
vi fossero stati ancora dubbi, il diadema sui boccoli biondi ne era
la prova inconfutabile.
«
Ah, allora è così che ti chiami. »
Il koopa abbassò il muso sull'infante che si ritrasse intimidita dal
volto occhialuto di Kamek e gli si premette contro per essere
rassicurata. Si trattenne a stento dal mostrare la sua sorpresa
quando sentì le piccole dita calde chiudersi intorno alle sue. Del
resto lui era l'unico con cui aveva passato più tempo in
quell'ambiente tutto nuovo in mezzo a quelle facce tutte nuove.
«
Ora che l'avete portata nella vostra dimora, cosa volete dettare
nella richiesta di riscatto da inviare a Fungopoli? »
Che il suo padroncino avesse cominciato a salire i suoi primi gradini
nel glorioso percorso del Male era una buona notizia, ma attualmente
sorgeva un notevole inconveniente: il frutto del sequestro era solo
una lattante, non una principessa già cresciuta e fisicamente
autonoma. Ergo più problemi a cui loro non potevano far fronte, né
tantomeno vi era la voglia, essendo già impegnati con un terremoto
di koopa. Meglio levarsela di torno il prima possibile.
«
Riscatto? Cioè gliela restituiamo in cambio di qualcos'altro? »
«
Vil denaro, preziosi, dolciumi... Tutto quello che stuzzica la vostra
avidità. Di norma dopo un rapimento si pretende un riscatto »
Kamek si sentì in dovere di precisare.
«
Sono andato lì apposta per prenderla. Perché dovrei riportargliela
indietro? » Una logica che
evidentemente Bowser non condivideva.
«
Ma... cosa vorreste farne dunque? Non possiamo certo tenercela. »
«
E perché no? L'ho rapita io. Adesso è mia. »
Il senso di possesso del principino prepotente e viziato aveva già
affondato le grinfie sul bottino della sua ultima bricconata ed era
ben deciso a non mollarlo, specialmente se questi percepiva
l'intenzione altrui di sottrarglielo.
«
Altezza, i cuccioli umani, o bambini se preferite, sono estremamente
delicati. La Principessa necessita di cure a cui noi non siamo in
grado di provvedere. Temo che non ci siano alternative migliori
questa volta. » Kamek non si
stupì affatto del baluardo di monumentale cocciutaggine che gli era
appena stato eretto davanti ed il suo tono si era già colorito di
una nota di rassegnazione. A parole non c'era verso di far ragionare
il sovrano in erba e come al solito sarebbe servita l'esperienza per
consentire ad una stilla di buonsenso di entrare in quella testa
dura.
«
Be', io sono il Principe e decido io se e quando sarà
il momento di ridargliela. E non è ora! »
Bowser era irremovibile. Il fatto che la piccina gli avesse tenuto
stretta la mano per tutto il tempo aveva in qualche modo fomentato
subconsciamente la sua contrarietà alla riconsegna. «
Voglio andare a giocare! »
decretò autoritario marciando dritto verso i suoi alloggi e
costringendo il magikoopa a scansarsi.
Peach
si lasciò condurre obbediente procedendo incerta sulle scarpine rosa
poiché le sue competenze deambulatorie erano ancora alquanto scarse,
ma la presa che l'aiutava a reggersi in piedi era salda e riusciva a
star dietro allo yoshi bruttino con un po' di impegno. Tuttavia i
primi sentori di disagio avevano già iniziato a rosicchiare i
confini della sua coscienza ed il repentino distacco dal contesto
familiare stava per essere pian piano accusato. Anche se il contatto
col principino le trasmetteva una sorta di conforto essendo l'unico
appiglio emotivo che aveva al momento e per istinto vi si affidava
ciecamente, molto presto la bimba avrebbe reclamato il bisogno di
avere il calore di casa sua intorno a lei e, in completa sincerità,
aveva pure iniziato ad avvertire un buco nello stomaco dopo essere
stata svegliata ed inconsapevolmente sballottata da un regno
all'altro.
Tutto
ciò Kamek se lo immaginava nitidamente e non aspettava altro che la
sua reazione naturale a dissuadere il giovane monarca dal proprio
capriccio. Ovviamente li avrebbe tenuti d'occhio per assicurarsi che
non sarebbero incorsi in incidenti spiacevoli, perché solo un
lunatico avrebbe potuto affidare una bambina così piccola ad un
tipino del tatto di un panzer come il suo padroncino senza almeno
sorvegliarlo. Anche se ora sembrava così inspiegabilmente mansueto
rispetto al suo solito.
Il
mago e le reclute presenti osservarono muti il Principe congedarsi
assieme alla nuova ospite per mano.
«
Okay, non avete più scuse per poltrire. Filate alle vostre
postazioni! » scattò prima di affrettarsi all'inseguimento del
dinamico duo. Certamente questo incontro avrebbe comportato un
interessante diversivo dal solito trantran al castello.
Delle
possibili ripercussioni da parte del Regno dei Funghi, una volta che
avessero intuito chi vi era dietro il sequestro, nemmeno un'anima lì
vedeva la ragione di preoccuparsene: i toad erano un popolo che aveva
profonde radici nell'ottusità di un'esistenza pacifica, tanto che le
forze belliche di cui disponevano sembravano una barzelletta in
confronto alle risorse della Terra Oscura che non erano nemmeno a
metà strada dal finire di perfezionarsi. Piuttosto avrebbero pagato
qualsiasi riscatto loro imposto se avessero fiutato il rischio di
sacrificare una sola vita nel riprendersi la Principessa Peach.
Gli
occhioni limpidi si spalancarono al loro massimo dalla meraviglia
ritrovandosi in una stanza assortita di così tanti balocchi che era
impossibile contarli. La tappezzeria allegra delle pareti era
abbondantemente decorata da centinaia di scarabocchi fatti con
pastelli a cera che continuavano il loro intricato percorso fin sopra
l'arredamento come se tutto fosse stato un gigantesco quadro da
colorare. I giocattoli erano disseminati ovunque; quelli che non
erano sparsi sul pavimento spuntavano da sotto i mobili, da cassetti
e bauli. Moltissimi formavano dei cumuli disordinati agli angoli
della camera e parecchi erano rotti mentre altri dall'aspetto
praticamente nuovo, dando l'impressione che non fossero mai stati
toccati. Eppure là in mezzo a quella baraonda la sensazione di vuoto
non poteva essere più acuta: tante cose e tanto spazio per un
bambino soltanto?
«
Allora, a cosa mi va di giocare? »
Bowser la lasciò andare e scostò qualche gingillo sulla strada con
una pedata guardandosi intorno per trovare ispirazione.
Era
la prima volta che aveva un vero compagno di svago e non qualcuno
costretto da Kamek per fargli sfogare la sua carica distruttiva,
nessuno dei quali poi aveva più avuto il coraggio di ripetere
l'esperienza e lui si ritrovava di nuovo a giocare per conto suo...
Si
voltò verso la sua principessa, cioè Peach, per pianificare meglio
qualcosa anche alla sua portata ma realizzò con una certa delusione
che la bambina poteva prestarsi a ben poco. Oltre a convertire
ossigeno in anidride carbonica e reggersi a malapena in piedi non
sembrava neanche lontanamente capace di fingersi un avversario
accettabile per le sue simulazioni di battaglia. L'unica
principessa da rapire praticamente inutile nel raggio di miglia e
miglia se l'era presa lui.
Peach
si chinò rischiando di sbattere la fronte per terra col suo
equilibrio barcollante e raccolse il pupazzetto di un calamako con
grandi pupille tonde e tentacoli ciondolanti. Lo studiò per un
secondo intrigata dall'aspetto di quell'animaletto singolare e gli
angoli delle labbra si mostrarono in un sorriso di simpatia dietro il
ciuccio.
Bowser
avrà dedicato a quel peluche non più di tre secondi della sua
attenzione prima di dimenticarselo completamente nel suo deposito di
cianfrusaglie, e non era neanche lontanamente tra i più belli che
aveva. Eppure osservando come Peach sembrava goderselo, stringendolo
forte tra le braccia come se fosse stata la cosa più preziosa al
mondo, tutti gli altri giochi avevano inspiegabilmente perso
qualsiasi importanza agli occhi del principe mentre un impeto di
velenosa invidia lo assaliva.
«
Ehi, questo è mio! »
esclamò strappandoglielo dalle mani.
Innescò
un meccanismo di difesa che mai avrebbe potuto prevedere.
Dopo
un attimo di attonita sorpresa per quel gesto violento, Peach alzò
lo sguardo sul suo muso con un'espressione profondamente tradita per
la sua cattiveria. A quella vista il koopa avvertì lo stomaco
accartocciarsi e per la prima volta in vita sua provò un disagio che
non seppe descrivere. Poi la bimba esternò a pieni polmoni il
proprio dispiacere costringendolo ad arretrare spaventato dal volume
del suo lamento e schermandosi col pupazzetto.
«
Smettila! » fu la reazione
più spontanea e più sbagliata cercando di sovrastare le urla che
avrebbero suscitato l'ammirazione di un mega boo.
La
principessina pianse più forte mentre altre lacrime rigavano le
guance arrossate e lasciavano il loro segno sul colletto del
vestitino.
Bowser
messo alle strette provò a restituirle l'oggetto ma fu inutile.
Peach non volle saperne ormai e pareva che nulla l'avrebbe calmata a
quel punto. Il koopa constatò amareggiato che esisteva
effettivamente un essere vivente che non sottostava al suo volere e
andò nel panico.
«
Agh! Fatela stare zitta, non la sopporto più! »
si spazientì coprendosi le orecchie e digrignando i denti sotto i
lineamenti corrucciati per l'esasperazione. Individuò sopra uno dei
giochini disseminati sul pavimento quella specie di tappo col manico
che sino ad allora aveva egregiamente ottemperato al suo compito e,
in un ultimo tentativo disperato, lo rimise al suo posto in bocca
alla bambina.
I
vagiti si attenuarono in singhiozzanti sussulti e poco a poco anche
gli occhi smisero di gocciolare. Peach si strofinò le gote accaldate
e appiccicose a causa delle lacrime salate e se ne rimase lì a
riprendere fiato, provata dallo sfogo, tenendo il capo chino come se
la coroncina fosse diventata pesante tutto d'un tratto e tirando su
col naso.
Bowser
la fissò ancora incredulo di un contraccolpo così potente, ma non
era stato solo quello ad avergli portato via la parola. Nessuno si
era mai preso la briga di avergli insegnato l'obbligo morale di porre
rimedio ad un torto verso il prossimo in quanto, come futuro
dominatore incontrastato delle tenebre, tali inezie sentimentali non
erano comprese nella sua formazione personale; né lui da parte sua
era mai giunto ad avvertirne la necessità quando malefatte e
dispetti erano la sua forma di intrattenimento preferita. Questa
volta però il principino stava sperimentando lo sconcerto
dell'insoddisfazione derivata da una sua villania tra le più
elementari e per la quale si era invece ritrovato all'improvviso a
dubitare delle sue giuste e malvagie ragioni.
Se
a Bowser fosse stato perlomeno spiegato il concetto del pentimento,
avrebbe saputo dare un nome a quella sensazione sgradevole che gli
premeva sul torace e che non sapeva placare. Era come se un po' della
tristezza di Peach gli fosse rimbalzata addosso e gli fosse rimasta
appiccicata. E non se ne voleva andare.
La
bambina alzò gli occhi umidi su di lui, forse in attesa della sua
prossima mossa.
Pensandoci
meglio, la questione del pupazzo sembrava così sciocca adesso.
Prendendosi
qualche secondo per sincerarsi che nessun'altra entità senziente
avrebbe assistito a quell'aberrante manifestazione di generosità che
mai prima di allora le pareti del castello avevano testimoniato, le
porse il calamako girando il muso di lato con fare vago.
«
To', tanto ne ho di meglio. »
Dopo
qualche attimo di incertezza le manine di Peach accettarono
timidamente il regalo. Quando gli scivolò via dalle grinfie senza
opporre resistenza, Bowser si sentì inspiegabilmente più leggero
mentre buona parte di quel senso di oppressione se ne era andata
insieme al peso irrilevante del peluche.
La
principessina guardò il piccolo dono e poi lui. Pace era fatta, ma
non era certa di poter ricominciare a fidarsi. Per di più il
dispendio di energie a causa del pianto aveva contribuito ad acuire
il languore in fondo allo stomaco che, data la sua giovanissima età,
non era propensa a tollerare tanto a lungo e adesso le scorte della
sua sopportazione erano prossime dall'estinguersi.
Bowser,
dopo un tale gesto di magnanimità, si era aspettato come minimo che
ogni cosa sarebbe tornata allo stato precedente, tutti felici e
contenti a decidere quale gioco fare, invece Peach non sembrava così
risollevata quanto lui aveva sperato. Anzi, aveva l'aria di una che a
breve avrebbe ricominciato a frignare.
Il
principino fece la cosa più logica: «
Kamek! ».
Il
desiderato magikoopa saltò fuori da dietro lo stipite della porta
dove li aveva tenuti d'occhio per tutto il tempo. «
Sì, Altezza? » Il suo
stupore per il gesto a cui aveva appena assistito lo aveva distratto
dal realizzare che l'insolità rapidità con cui aveva risposto al
richiamo avrebbe potuto insospettire Bowser.
Fortunatamente
questi parve non farci caso, più interessato ad altro al momento. «
Ha qualcosa che non va. Aggiustala »
gli disse indicandola con un artiglietto.
A
Kamek non servivano capacità di legilimanzia per capire quale fosse
il problema. Anche il suo padroncino quando era più piccolo ed aveva
orari biologici rigidissimi per allora doveva già aver consumato il
suo spuntino, o i vetri del castello si sarebbero crepati sotto la
pressione dei suoi strilli. Diede istruzioni alla prima recluta a
tiro sull'indispensabile da portargli quanto prima ed il paragoomba
restò a fissarlo ammutolito per un paio di secondi processando il
messaggio.
«
E dove lo rimedio un biberon qui intorno? »
domandò corrugando le spesse sopracciglia con un'espressione
vagamente basita.
Mai
prima di quell'occasione tale oggetto era stato nominato, figurarsi
visto al castello della Terra Oscura. Bowser era in grado di sbranare
una bistecca già dal suo primo giorno dopo la schiusa ed il latte
era uno sfizio che si concedeva di tanto in tanto, solo dopo essere
stato assicurato che la mucca da cui era stato munto era feroce. Non
un alimento estraneo dunque, ma di cose simili giammai se ne era
parlato.
«
Fatti venire in fretta un'idea »
lo congedò lo stregone con indifferenza. «
Ma tu prova a tornare senza... »
Non
dovette attendere molto per fortuna grazie ai consigli di qualche
anonimo tra le fila dei tipi timidi che avevano saputo indirizzare il
soldatino ignaro.
Quando
Kamek afferrò il contenitore cilindrico sbuffò imbronciato. Ti
pareva se non gli veniva pensato da solo di scaldarlo... Mormorò
qualche parola poco lusinghiera mischiata ad un leggero incantesimo
per portare il latte ad una temperatura accettabile per la bimba che
aveva localizzato il biberon e lo puntava fisso ai suoi piedi.
Una
volta pronto lo consegnò a Peach che si servì da sola, lasciandosi
cadere sul posteriore col pupazzetto in grembo.
Bowser
la osservava scettico. « Non
mangiano altro le principesse? »
«
Non finché sono in così tenera età. »
Poi gli avrebbe anche spiegato che le principesse non
costituivano una specie a sé stante. Almeno non in pratica.
«
E quando gli spuntano le zanne? »
Aveva appurato che Peach possedeva dei dentini a malapena visibili
che non avrebbero impressionato una mosca.
«
Gli essere umani non posseggono zanne, Sire. E nemmeno gli artigli, o
gli aculei. »
Il
giovane sovrano divenne curioso. «
Sono tutti così deboli? »
«
Gli umani crescono molto più lentamente rispetto ad un koopa,
Altezza, ma anche da adulti non saranno mai lontanamente degni di
confrontarsi con voi. »
Bowser
annuì dondolandosi sui piedi compiaciuto a quella rivelazione. Nulla
di cui meravigliarsi quindi se i toad, gli individui più smidollati
e pusillanimi tra i regni vicini, avevano scelto proprio un umano per
guidarli. Vi era però qualcosa in Peach che continuava ad attirare
il suo interesse nonostante la sua patetica condizione, una sorta di
sottile simpatia difficile da spiegare sotto quell'altezzoso
disprezzo per la sua fragilità.
La
principessina si staccò dal biberon ormai vuoto con un 'pop', lo
lasciò a terra e si rimise a posto il ciuccio, palesemente più
vivace e allegra rispetto a qualche minuto fa strizzando il buffo
calamaretto tra le braccia.
«
Perché si tiene quel tappo in bocca per tutto il tempo? »
chiese ancora Bowser che non coglieva il senso di tale bislacca
abitudine. Per un momento il cervello gli proiettò l'immagine di un
centro abitato dove tutti gli umani giravano alla luce del sole con
quell'aggeggio in faccia.
«
Aiuta i bambini a restare tranquilli, Vostra Tempestosità. Un po'
come voi coi lecca-lecca, per quel poco che durano. »
Il
magikoopa pronunciò le ultime parole con una nota di rammarico che
al giovane monarca non sfuggì. Storse il naso e poi gli fece un
versaccio molto simile alla smorfia di un boo mentre l'altro era
uscito un attimo per appioppare il biberon vuoto a qualcuno.
Peach
lo vide e ridacchiò.
Bowser
lo rifece.
Peach
rise più forte.
Si
installò un'immediata complicità e lo scherzo divenne rapidamente
un gioco. Il principino era bravissimo a fare le smorfie, già gli
venivano naturali e in più ci si era allenato parecchio per deridere
le vittime dei suoi misfatti e sembrava che la bambina ne trovasse
una più spassosa dell'altra. Si stupì di
quanto poteva essere effettivamente divertente far ridere qualcuno.
Vi era un che di appagante in quel suono che contagiava anche lui
facendolo sentire apprezzato mentre il vuoto della stanza si riempiva
dell'ilarità della principessina. Quando finì di esibire tutto il
suo repertorio massaggiandosi le guance intorpidite a furia di
tirarle, Peach batté le manine entusiasta come se avesse assistito
ad uno spettacolo di cabaret.
Curiosamente
tutto divenne più facile da lì in poi. Lui aveva un'idea, Peach lo
seguiva imitandolo, dal rotolarsi dalle cataste di giocattoli al
demolire costruzioni intere di mattoncini che riergevano
istantaneamente con l'ausilio della magia. Se il marasma era già
stata in partenza la condizione assoluta di quella stanza, i due
compagni di svago avevano saputo addirittura fare di meglio. In
realtà era Bowser a fare gran parte del lavoro, ma era
particolarmente motivato dalla collaborazione della bambina le cui
risa ritempravano la sua smania devastatrice e lo caricavano di una
gagliardia tutta nuova.
Lo
stregone si mantenne discreto in disparte, osservando interessato
come la principessina si fosse incredibilmente adattata al nuovo
ambiente e quella sorta di alchimia che si era creata tra lei ed il
padroncino. In genere era abituato a udire soltanto le risate di
quest'ultimo durante le attività ricreative, in forte contrasto con
le grida di terrore dei soldati sorteggiati per trastullarlo finché
riuscivano a resistere. Si domandò se i toad si fossero
effettivamente accorti della grinta che quella piccoletta conciata
come una bambolina da esposizione aveva tenuto nascosta in sé per
tutto il tempo sotto il loro stesso naso. Si trattava per caso di un
inganno ben studiato oppure erano così svampiti, come lui era
convinto, da non aver mai neanche vagamente ventilato il sospetto che
la mocciosa avesse molta più sostanza di quanto mostrava a prima
vista dietro orpelli e pizzetti?
Quando
Bowser ebbe l'alzata d'ingegno di andarsene a scorrazzare per il
castello a bordo del suo slittino che aveva efficacemente agganciato
alla coda anellata di uno dei categnacci da guardia, Kamek finì col
perdere di vista entrambi. Ma a giudicare dal volume delle loro risa
e gli strilli dei passanti che si diffondevano sfrecciando per i
corridoi, non avevano smesso di spassarsela neanche per un secondo.
Li
ritrovò più tardi, seguendo le indicazioni dei testimoni che
avevano rischiato per un pelo di venire travolti, ad oziare nelle
stanze private del sovrano dopo aver speso gran parte delle energie a
seminare il panico per la fortezza reale.
Kamek
si fermò sulla soglia alzando appena il mento con sorpresa. I due
principini sedevano sul divano a guardare uno dei cartoni preferiti
del koopa, la piccolina accomodata con la schiena contro il pancino
liscio e la testa sotto il musetto, mentre questi puntava un artiglio
su un punto preciso dello schermo spiegandole con tono da intenditore
qualche passaggio della storia che doveva essere essenziale o perché
quel personaggio era più interessante degli altri, oltre al fatto
che fosse Il Malvagio. Peach doveva essersi appisolata già da
un po' abbracciando il calamako ora suo, ma il koopa parve non avervi
fatto caso.
Bowser
si accorse di avere compagnia ed interruppe il suo monologo. « Che
c'è? » domandò inaridendosi all'istante del suo buon umore per
quell'indesiderata intromissione.
«
È ora di prendere accordi col Regno dei Funghi, Vostra Malevolenza.
Non possiamo procrastinare oltre. » Fuori il sole aveva quasi
terminato di ritirarsi lentamente nel suo crepuscolo. « Qual è il
vostro prezzo per la Principessa Peach? »
L'espressione
del koopa si indurì e proferì una cifra che ottenne in risposta il
ticchettio degli occhiali del suo tutore finiti per terra.
Nessun
reame avrebbe mai potuto permettersi di sborsare tanto.
«
Siate ragionevole » insistette risistemandoseli sul becco. Sapeva
che lo stava facendo apposta.
Bowser
tornò a fissare lo schermo coi lineamenti contratti in un broncio
testardo. Non gliela avrebbe ridata in alcun caso.
«
Altezza, i bambini piccoli come la Principessa non possono restare
troppo tempo separati dal loro nucleo d'origine da cui dipendono
completamente e nessuno qui può sostituire chi se ne è preso cura
fino ad oggi. Più a lungo si protrarrà l'allontanamento più
soffrirà e sarà lei infine ad implorarvi di farla tornare a casa
sua. Non potete impedire che accada, è fondamentale che
comprendiate. La cosa più saggia adesso è stabilire contatti col
castello di Fungopoli e dettare le vostre condizioni che i toad
accetteranno senza un secondo pensiero. Condizioni esaudibili, Sire »
ribadì il magikoopa con una punta di benevola severità. Kamek non
agiva solo su fredda logica, ma considerava con grande riguardo i
sentimenti del suo padroncino e protetto che era intenzionato a
tutelare da un'amara delusione.
Contro
ogni iniziale previsione era nato un legame tra l'inesperto sovrano e
quella marmocchia, purtroppo non destinato a durare ed era meglio
evitare che Bowser le si affezionasse troppo. D'altronde avrebbe
finito per dimenticarsela nel giro di qualche dì, quando avrebbe
trovato un altro passatempo per colmare i suoi momenti di noia. Peach
invece era troppo giovane per poter preservare i ricordi di quella
giornata impressi nella memoria e si sarebbe lasciata tutto addietro
nell'attimo in cui l'avrebbero restituita alla sua famiglia. Che
avessero potuto continuare a vedersi liberamente era impossibile, di
certo non dopo questo esordio coi vicini e neanche in un contesto più
roseo la distanza tra loro si sarebbe ridotta.
Il
Principe sarebbe diventato ogni giorno più forte, più temerario,
inarrestabile al comando delle truppe che avrebbe radunato e
addestrato per espandere il suo dominio fin dove posava lo sguardo,
mentre lei sarebbe stata preparata a dovere per fiorire nella
creatura graziosa che prometteva
e per regnare su un popolo di pacifisti senza spina dorsale che non
sapevano nemmeno come si imbracciava una picca. I punti che li
accomunavano si potevano elencare su di un pugno chiuso. Erano
l'incarnazione di due ideologie che non potevano coesistere se non
nel caso in cui una sarebbe inevitabilmente caduta sotto il peso
dell'altra.
Bowser
teneva le labbra serrate insistendo imperterrito col suo sciopero del
silenzio e Kamek comprensivo gli concesse del tempo per riflettere e
passare gli ultimi momenti con lei. Frattanto sarebbe andato a
stendere la bozza della richiesta di riscatto.
Le
immagini continuavano a scorrere sullo schermo, ma la mente del koopa
era altrove. Era stata la giornata più divertente della sua vita ed
era passata così in fretta che già bramava quella ventura per
ricominciare. Se Peach non gli fosse praticamente crollata dal sonno
tra le braccia, avrebbe continuato volentieri anche tutta la notte.
Per quale ragione avrebbe dovuto rendergliela? Non avevano nulla che
lui già non possedeva e se non erano stati capaci di tenersela
stretta allora non la meritavano. Di sicuro nascondevano una
principessa di scorta da qualche parte, visto come era stato
oscenamente facile soffiargliela. E se poi, una volta restituita,
gliela avesse rubata qualcun altro? Nemmeno a parlarne. Per quanto lo
riguardava, potevano pure stare freschi che l'avrebbero rivista.
Però...
Le
parole di Kamek tornarono a galla. Naturalmente il mago non rivestiva
alcuna autorità agli occhi di Bowser, ma almeno ogni tanto questi si
degnava di ascoltare ciò che aveva da dirgli e dovette arrendersi
all'evidenza che esse sottolineavano: Peach era troppo piccola.
Sapeva a malapena rimanere in piedi da sola, figurarsi badare a se
stessa. Se trattenerla lontano dai suoi insostituibili toad le
avesse fatto davvero male, tutte le belle prospettive dei giorni a
seguire che avrebbero trascorso insieme si annullavano lasciando il
posto a quell'odiosa sensazione al torace che si rifaceva viva una
seconda volta a tormentarlo. E l'idea di trovarsi nuovamente i
timpani massacrati dalla veemenza del suo pianto non lo allettava
affatto.
Ma
perché doveva essere così complicato? Lui non aveva mai avuto mica
tutti questi problemi, nemmeno quando era appena uscito dall'uovo.
Abbassò gli occhi sulla forma della principessina accoccolata contro
il suo ventre col calamako perennemente stretto tra le braccia e si
sentì come quando anche l'ultimo soldato si rifiutava di giocare
ancora con lui. Comparò una manina della bimba con la propria,
studiandone le evidenti differenze mentre le due parti in cui la sua
volontà si era divisa consumavano un aspro conflitto alienandolo dal
chiasso del televisore.
Alla
fine maturò la sua decisone.
Non
avvertì nessuno come di suo solito. Le sentinelle disposte per i
corridoi e lungo le merlature lo osservarono mute e impettite
camminargli di fronte con la prigioniera in braccio, scambiandosi
qualche occhiata incerta dopo averlo visto sparire nel buio della
notte verso la linea scura dell'orizzonte.
Lui
l'aveva presa e solo lui l'avrebbe rimessa a posto. Non lo avrebbe
permesso a nessun altro.
La
luna era già alta quando aveva oltrepassato i confini della Terra
Oscura e la temperatura era lievemente scesa. Peach d'istinto gli si
strinse addosso in cerca di calore corrucciando il nasino e
facendogli involontariamente dono di un abbraccio. Bowser ricordava a
malapena l'ultima volta che ne aveva ricevuto uno, prima che suo
padre sparisse dalla sua vita.
Sporse
il musetto paffuto oltre il bordo ed osservò sprezzante plotoni di
toad armati di stupidità e torce affannarsi a perlustrare ogni
pertugio, ogni nascondiglio, ogni anfratto nel territorio alla
disperata ricerca della loro amata bambina, troppo stolti per
immaginare che il responsabile era venuto dall'alto e allo stesso
modo stava facendo ritorno sulla scena del crimine. A nemmeno uno
passò di mente di alzare per un secondo lo sguardo ed il koopa
raggiunse imperturbato la finestra della cameretta rosa con la stessa
spudorata facilità della prima volta. La peculiare abilità dei toad
del non apprendere dai propri errori era sbalorditiva.
Peach
si movicchiò leggermente quando il suo portatore atterrò sul
pavimento della stanza con un salto, strofinando il viso sulle squame
tiepide, ma dopo un pomeriggio di intensa attività il suo sonno era
così profondo che non si ridestò.
La
calò piano nella sua culla, inconsciamente rimandando finché gli
era possibile il momento della separazione. Lo colse il desiderio
improvviso di portarsi via qualcosa in ricordo di quella giornata,
una sorta di scambio equivalente per il peluche che le aveva
lasciato, ma in quella cameretta arredata con stomachevole
sdolcinatezza non vi era nulla che trovasse per lo meno accettabile
ai suoi gusti. Il suo sguardo cadde infine sul lenzuolino bianco in
fondo al lettino. Ne strappò un lembo e se lo legò al collo a mo'
di fazzolettone suggellando una promessa silente prima di
sgattaiolare via ed impostare la rotta di casa.
Quello
che aveva fatto ai toad non era un favore; aveva magnanimamente
concesso loro soltanto di tenergliela un altro po', finché non fosse
diventata più grande e più forte (si fa per dire, in quanto umana)
in modo da poter tornare una volta per tutte al suo castello. Allora
sarebbe venuto a rivendicarla.
Anzi,
si sarebbe preso anche il suo regno, già che c'era, pensò
convinto con un ghigno che prometteva una montagna di guai. Perché
no? E il prossimo rapimento sarebbe stato spettacolare e in grande
stile, così chiunque sulla faccia del Regno dei Funghi avrebbe
saputo chi era Bowser, il Principe Koopa e prossimo Signore
indiscusso e incontrastato delle Tenebre Eterne. E magari dopo lui e
Peach avrebbero giocato a battaglia navale con vascelli veri
devastando le aiuole dei giardini reali mentre banchettavano del
gelato che avevano sgraffignato agli altri bambini e canzonavano
tutti quelli che fuggivano terrorizzati dinnanzi a loro... Nel
frattempo avrebbe ingannato l'attesa affinando la sua cattiveria ed
avrebbe elaborato in segreto una lista intera di svaghi malvagi da
attuare insieme, quando lei fosse stata finalmente pronta per
raggiungerlo e riprendere a giocare da dove avevano interrotto.
Nota
d'autrice:
Ne
“Yoshi's Island DS”, che personalmente adoro con Baby Bowser
bisbetico e linguacciuto come al solito, la storia del loro primo
incontro è molto diversa sebbene a loro due non venga dedicata
alcuna attenzione in particolare e questa si può considerare solo
come una versione dei fatti puramente fan-made.
Ho
voluto inserirvi un piccolo omaggio a “Mario & Luigi: Fratelli
nel Tempo”, in cui Kamek convince Bowser a bere il suo bicchiere di
latte dicendogli è latte di mucca feroce.
Più ci penso e più mi viene da ridere. Lui sì che sa sempre come
prenderlo per il verso giusto :]
Questa è stata
senza dubbio la one shot più lunga della raccolta finora, per cui un
grazie speciale a chiunque abbia avuto l'ardire e la pazienza
di leggerla tutta.
Koopafreak
|