Questa storia ha partecipato al contest "La Caduta dell'Inverno Boreale e altre storie - Viaggio nel Fantasy medievale" indetto da Deidaradanna93 http://freeforumzone.leonardo.it/d/10987225/La-Caduta-dell-Inverno-Boreale-ed-altre-storie-Viaggio-nel-Fantasy-medievale/discussione.aspx
Il sole si stava ritirando all’orizzonte. Tingeva campi e
colline di un rosso malinconico.
Da
due giorni un gruppo di elfi cavalcava sul dorso dei loro daini senza
quasi mai fare soste. Dopotutto, era ciò a cui i Ricognitori
erano stati addestrati.
Il
caposquadra in testa al gruppo fece miracolosamente segno di
rallentare, e si voltò verso di loro.
«E’ questa, la nostra meta» disse,
puntando il dito all’orizzonte. «Il villaggio di
Dofus».
I
giovani elfi si sporsero per vederlo bene. A parecchie miglia di
distanza, adagiato su un colle, distinguevano un piccolo villaggio,
dietro al quale s’intravedeva la macchia scura di
un’enorme foresta.
«Ci
fermeremo in una locanda, facendoci dare qualche informazione dagli
abitanti. Infine, stanotte, ci riuniremo in consiglio per decidere il
da farsi» decretò l’elfo, riprendendo a
cavalcare.
Il
caposquadra, Yaku, era un elfo della ragguardevole altezza di un metro
e venti circa, ma non aveva bisogno della mole per farsi ascoltare.
Bastava il tono di voce, assolutamente calmo, ma in qualche modo
terrorizzante, unito a uno sguardo che, anche senza scomodare la magia,
riusciva a immobilizzare chi osava fissarlo.
Gli
apprendisti avrebbero però voluto avere ulteriori
informazioni sulla loro missione. Dopotutto, gli era solo stato detto
che gli abitanti del villaggio erano terrorizzati da una creatura
indefinita che infestava la foresta.
Gli
elfi aggiunsero la locanda e lasciarono allo stalliere le loro
cavalcature. La popolazione fatata del villaggio era per lo
più mista, composta da fate, gnomi e qualche folletto.
Sia
le reclute, che i tre apprendisti erano interessati a scoprire di
più sulla cosiddetta creatura, così chiesero
informazioni agli abitanti, ma non ne ricavarono molto. Ognuno dava
loro un parere diverso. C’era chi diceva si trattasse di una
grossa belva, chi giurava fosse invece una creatura piccola e molto
veloce, chi diceva di aver visto invece una creatura fatata, ma tutti
loro concordarono nel dire che chi s’inoltrava nel bosco non
faceva più ritorno vivo. Avevano trovato dei resti, fatati e
animali, in condizioni orribili, con ferite molto profonde.
Il
gruppo di elfi tornò scosso alla locanda. Per lo meno il
gestore li aveva sistemati nelle stanze migliori. Dopotutto, i
Ricognitori ristabilivano l’ordine nel regno ed erano famosi
e apprezzati dal popolo, nonché sotto le direttive del Re, e
meritavano il meglio.
Fecero
un rapporto confuso a Yaku, non sapendo bene come definire le loro
scoperte. Lui prese parola solo alla fine dei loro discorsi. Secondo
lui, si trattava di una sola creatura, in grado di cambiare forma,
forse. «Ma date le opinioni contrastanti potrebbe trattarsi
di qualsiasi cosa, anche di un essere umano, dato che hanno riferito di
aver visto una figura dalle forme antropomorfe».
Un
umano? I giovani elfi si scambiarono occhiate eccitate, la faccenda
diveniva molto interessante. Nessuno di loro ne aveva visto uno, dato
che, dopo la Guerra delle venti stagioni, avvenuta circa tre
secoli prima, i pochi rimasti erano stati confinati nelle
riserve, da cui non uscivano mai. Quel poco che sapevano, ricavato
dalle descrizioni degli Anziani, era che il loro aspetto somigliava a
quello degli elfi, ma erano giganteschi, e poco o nulla capaci nelle
arti magiche.
In
molti erano in disaccordo con le speculazioni del caposquadra, ma
costui sedò ogni contestazione con una semplice occhiata.
«Le mie, sono solo supposizioni, potrei anche sbagliarmi. In
ogni caso, domani prepareremo le armi, ed durante quella notte
effettueremo una ricognizione, senza inoltrarci troppo».
Gli
elfi non erano soddisfatti.
«Come,
non ci addentriamo?» disse Sion, uno degli apprendisti,
agitando contrariato i folti capelli rossi. «Siamo in tanti,
potremo affrontare i pericoli senza problemi»
affermò.
Yaku
si limitò a fissarlo, dritto negli occhi. Le sue pupille
parvero ingrandirsi. Sion s’irrigidì completamente
per diversi secondi, rimanendo in una posizione innaturale.
Dopo
qualche istante, il caposquadra smise di guardarlo. Il giovane elfo
respirò affannosamente, e abbassò le orecchie,
imbarazzato. «Mi perdoni...» mormorò
guardando il terreno.
Yaku
sembrava essersi dimenticato di lui. «Tutti voi, andate a
riposarvi, ora. Domattina prepareremo il necessario per la
ricognizione. E’ tutto» mormorò, facendo
congedare i giovani elfi.
I
tre apprendisti erano stati collocati nella stessa stanza. Nei letti si
erano sistemati Sion, il contestatore; Koi, silenzioso ma che tutti
notavano perché era completamente calvo, e un giovane elfo
proveniente, a differenza degli altri, da un regno di confine; il suo
nome era Yuhr.
Quest’ultimo,
nonostante la stanchezza, non riusciva a dormire. La missione del
giorno seguente sarebbe stata decisiva nel valutare se fossero idonei o
no nell’unirsi nella Legione dei Ricognitori, e lui temeva di
fallire. Dal respiro nervoso dei compagni capiva che anche loro
provavano lo stesso timore.
«Io,
vorrei andare a vedere» protestò improvvisamente
Sion, giocherellando impaziente col suo arco.
«Non
importa cosa dica il Maestro. Non credo che una ricognizione
così superficiale possa farci scoprire di che mostro si
tratti».
Koi
si limitò ad annuire.
Yuhr
non seppe se dire la sua o meno. Aveva l’impressione di non
essere ben accetto tra gli apprendisti, e soprattutto da Sion. Non
faceva altro che dargli del rammollito, senza alcun motivo apparente.
«Allora,
cosa ne pensi, Yuretto?» chiese quest’ultimo,
voltandosi appena a guardarlo.
Yuhr
decise di dire la verità. «Penso che dovremmo
seguire le decisioni del caposquadra. Dopotutto, non sappiamo bene cosa
ci aspetti, nella foresta».
L’elfo
sospirò, giocando con una ciocca di capelli rossi.
«Oh, sei un allievo modello, tu. Sempre a seguire il
caposquadra come un cagnolino. Farai strada sicuramente».
Koi
ridacchiò, divertito, ma Yuhr decise di non dare loro corda,
e voltò il fianco.
«Cos’è,
non dici nulla?» proseguì il rosso, indispettito.
«Ti ho fatto un complimento, sai, mammoletta!».
«Come
vuoi. Ma sono comunque del parere che è meglio lasciare le
decisioni a chi ha maggiore esperienza. In questo modo, non potremo
fallire».
«Oh,
questo è certo…» affermò
l’elfo calvo, ghignando.
«Già,
mica siamo tutti come te, in certe cose non falliamo...»
sussurrò Sion.
Yuhr
non li vide parlare, ma avvertì un tono compiaciuto che non
gradì.
Il
giovane elfo si sollevò dal letto e guardò il
rosso dritto negli occhi. Volle sapere subito a cosa si stessero
riferendo, e perché continuavano a dargli del vigliacco.
Per
nulla intimorito Sion gli sorrise. «Sai, non ci aspettiamo
molto vigore da uno che non è in grado di dominare nemmeno
le femmine».
Koi
rise. Il colorito di Yuhr si accese, e abbassò
istintivamente le orecchie per l’imbarazzo. Loro sapevano.
Sapevano la sua storia. E dire che aveva percorso centinaia di miglia
per allontanarsi dal suo villaggio e unirsi ai Ricognitori, credendo
che le voci non fossero corse tanto lontane, e invece…
«C-cosa
vorreste insinuare? » biascicò il giovane,
sconvolto.
«La
tua è una storia piuttosto nota, non te la
prendere» mormorò Koi grattandosi il cranio
pelato. «Dopotutto, quando lasci insoddisfatte gran
parte delle elfe del tuo stesso villaggio, i pettegolezzi sanno correre
veloci».
Umiliato,
Yuhr abbassò la testa. «Le mie... questioni
personali non hanno nulla a che fare con la missione, adesso».
«Io
credo invece che un tipo come te, non abbia abbastanza spina dorsale da
entrare in quel ‘luogo maledetto’ ».
affermò Sion, indicando la finestra. Da lì si
poteva scorgere in lontananza la foresta.
«Riuscirei
ad inoltrarmi lì dentro anche da solo, invece!»
esclamò l’elfo, indignato.
«Secondo
me, non ci rimarresti che per pochi minuti, e poi torneresti
piagnucolando qui!»
Yuhr
dette un pugno al materasso. «Mi mettete alla prova? E va
bene, partirò adesso! M’inoltrerò nel
bosco, e rimarrò fino all’alba!»
esclamò fuori di sé.
Il
rosso lo guardò, divertito. La questione si faceva
interessante. «D’accordo, hai dato la tua parola,
allora... Guarda che da qui, ti vedremo benissimo. Se cercherai di
sgarrare in qualche modo, riferiremo al comandante della tua uscita, va
bene?»
L’elfo
annuì, deciso. Non parlò mentre raccolse il
mantello e le sue cose. Imboccò la porta con passo veloce.
«Ah,
erano davvero voci che correvano, ma non pensavo me le avrebbe
confermate lui stesso!» rise Sion soddisfatto.
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