“Il tempo passa. Anche quando sembra
impossibile. Anche quando il rintocco di ogni secondo fa male come il
sangue che pulsa nelle ferite."
Si muove tutto in fretta. Mi sembra di
sentire il cuore battere come un tamburo.
Tump. Tump. Tump. Tump. Tump.
Sembra tutto troppo opprimente in questo
momento. Le mie labbra secche e la gola che brucia non sono niente in
confronto al pulsare martellante sul mio petto. La gente mi lancia
sguardi preoccupati senza che io ne capisca il motivo. E' tutto così
confuso. Sembrano delle piccole macchie sfuocate che parlano e si
muovono troppo velocemente. Non credo di essere in paradiso, anche se
le luci al neon poste sopra di me sono talmente accecanti che potrei
pensare il contrario. Mi sento, invece, come se fossi dentro una grande
bolla soffocante, una di quelle che i bambini usano per rotolarsi
nell'acqua. Le ho provate anche io da piccola, solo che non riesco a
ricordare in questo momento. La mia mente riesce a proiettare solo
l'immagine di due grandi fari gialli che si fanno sempre più grossi,
venendomi addosso, il rumore di lamiera strappata e vetri infranti.
Cerco di portarmi una mano al petto per cercare di calmare i battiti.
Le fitte di dolore si sentono anche solo provando a spostando un dito,
stranamente coperto di sangue. Mi sto agitando: non riesco a prendere
aria sufficente per respirare neanche con la mascherina ad aiutarmi.
Tump. Tump. Tump. Tump.
Sembra un orologio.
Tic. Tac. Tic. Tac.
Tump. Tump. Tump.
Credo che prima mi abbiano somministrato
qualcosa per attenuare il dolore, perchè fino adesso non sentivo la
testa pulsarmi insistentemente, muscoli e ossa gemere, mentre il
carrellino su cui mi stanno trasportando sobbalza alle imperfezioni del
pavimento.
Tump. Tump.
I miei occhi incomiciano a vedere tutto
più nitido, per un istante.
Mia sorella mi stringe la mano, mentre
mi dice che andra tutto bene. Povera sorellina, l'ho fatta piangere. E
lei non ha mai pianto per me. Neanche quando la mamma la sgridava per
avermi fatto male. Da piccole ci odiavamo.
"... Passa in maniera disuguale, tra
strani scarti e bonacce prolungate..."
Mi sento un mostro ora.
-Andrà tutto bene...- cerco di dirle, ma
la mia voce è poco più di un sussurro.
Ho la gola secca. Ho bisogno di acqua.
La testa mi martella. Ci siamo fermati, qui la luce è meno forte.
Tump.
Tic. Tac.
Una volta ho letto una poesia anonima:
una poesia sul tempo. C'era una frase che, per mia sfortuna, riesco a
comprendere a pieno solo ora. Diceva: "Per scoprire il valore di un
secondo, chiedi a qualcuno che è sopravvissuto a un incidente."
Io non credo che sentirò mai qualcuno chiedermi di spiegargli cos'è un
secondo, a questo punto.
Forse riuscirò a vedere ancora una volta
quel ragazzo carino a scuola.
Quello che si siede sempre davanti a me.
O forse no.
Mia sorella sta ancora piangendo. Vorrei
dirle di smetterla, perchè io non sento niente, mi sembra addirittura
di star galleggiando sull'acqua; mi sento leggera.
-Jane. Non addormentarti... per
favore...- piange. Ormai riesco a capirlo solo sentendo l'umidità della
mano che sto stringendo. Si sarà asciugata le guance tante volte in
troppo poco tempo. Cerco di stringergliela forte, per farle capire che
va tutto bene. I dottori in mascherina bianca sono sempre meno
rumorosi. E io sempre meno cosciente. Tutto si fa sfuocato. L'ultima
cosa che sento, prima del buio totale, è il bip prolungato
della macchinetta affianco a me.
"...ma passa. Persino per me."
Tic. Tac. |