yours 3
Grazie per le bellissime recensioni, come promesso ho qui l'ultimo
capitolo di questa three-shot. Anche stavolta i riferimenti ai capitoli
precedenti sono numerosi, quindi se avete qualche dubbio consiglio di
andarli a rileggere. Molto angst, come al solito e forse persino
più del solito, chiedo scusa per lo Yugi's pov, so
perfettamente che lui non c'entra nulla con l'antico Egitto e io mi ero
pure lamentata perchè volevo essere fedele storicamente ecc.
cosa posso dire a mia discolpa? The otp is to blame! Ma mi sono
comunque impegnata per renderlo verosimile, spero apprezzerete.
Buona lettura!
o-X-o
Non
dovrei essere qui.
Con
le mani accostate a questo
imponente pilastro di fredda roccia, fredda come è il mio
cuore in questo
momento.
Mi
hai detto spesso di non venire
qui, mi hai detto che mi farebbe solo male e che tu non ne hai bisogno,
né di
lei né della mia presenza qui. Eppure eccomi, anche oggi. E
anche oggi avevi
ragione. Fa male.
Fa
male vederti andare via,
vedere i tuoi passi fieri che ho sempre guardato con ammirazione
dirigersi
verso quella porta, e fa male vederti varcarla e non vederti uscire per
ore. A
volte mi chiedo perché mi faccio questo.
Ti
ricordi quando eravamo
bambini? Era tutto più facile, allora non c’era la
difficoltà della scelta o
l’ambiguità della posizione da prendere. Tutto era
bianco o nero, notte o
giorno, sì o no. E il fatto che io ti volevo bene era
sicuramente un sì. Non
saprei dirti se già ti amavo. A quella domanda ho saputo
dare una risposta solo
dopo essere tornato, anni dopo, quando ho visto la tua figura in mezzo
alle
palme nell’atrio del palazzo, e quando ho visto i tuoi occhi
scintillare di
gioia gridando il mio nome.
Dici
sempre che anche i miei di
occhi scintillano, mi domando se siano belli come i tuoi, e da una
parte spero
di sì perché questo ti renderebbe felice e io
farei di tutto per vederti
felice.
Ecco
perché fa tanto male.
Perché
se tu fossi felice ogni
volta che varchi quella soglia, questo mi basterebbe. Attenderei con
pazienza
tutte le ore necessarie, non mi avventurerei per i corridoi e per le
stanze
della tua reggia per trovare una colonna sufficientemente al buio per
nascondermici dietro e aspettare interminabili momenti mentre la mia
testa vaga
altrove e cerca di superare quelle mura che mi dividono da te e allo
stesso
tempo non lo vorrebbe perché non sopporterebbe di vedere
cosa si nasconde
dietro di esse e ancora lo vorrebbe perché starebbe con te e
ti starebbe vicino.
Se
tu fossi felice lo sarei anche
io.
Non
proverei gelosia, non
proverei sensi di colpa, non proverei dolore perché ne
varrebbe la pena.
Dimmi,
o mio re, ne vale davvero la pena? Ti sto facendo del male, ti sto
distruggendo
pezzo a pezzo, brandello dopo brandello sto facendo a pezzi il tuo
cuore,
allontanandoti da ciò che devi essere e che puoi,
probabilmente vuoi, essere. E
da lei. Lei che non merita tutto questo.
Il
fruscio dell’erba verde come
le piene del Nilo mi distrae dalla confusione dei miei pensieri.
È bello il suo
giardino, tira sempre un vento piacevole, c’è
pace, nonostante la guerra che
travaglia gli animi di tutti e tre.
A
volte mi chiedo perché faccio
questo.
Un
rumore, flebile come di una
piuma che cade ma che cattura il mio orecchio. Mi volto di scatto. Mi
illumino.
Ecco
perché faccio questo. Per la
sciocca ed egoistica speranza di vederti tornare da me ogni volta.
Sei
appena uscito da quella
stanza, ti vedo, appoggiato al parapetto rossiccio come terra, lo
sguardo perso
nel vuoto. A cosa pensi, o farone? A me? Dimmi che pensi a me, ti
prego. Ho
bisogno di sapere che non potresti mai dimenticarmi, che hai bisogno di
me. E con
questi pensieri mi faccio ancora più male.
Non
resisto più, ti faccio un
cenno. Sorridi, sei sorpreso, un po’ arrabbiato
perché ti ho disobbedito ancora
una volta, ma mi rispondi subito e cominciamo a parlare. La lingua
delle labbra
ci aiuta, ormai ne siamo esperti, anche se credo che ciò non
abbia impedito a
lei di sapere di noi. Ma ora non importa.
Mi
dispiace, quello che sto per
chiederti farà male anche a te, forse persino di
più, ed è sciocco da domandare
perché so già la risposta: è una finta
speranza la mia, ma devo sapere, avere
la certezza.
Annuisci,
i tuoi occhi sono diventati meno brillanti.
Lo
sapevo, perché saresti venuto
da lei se non per quello? Eppure dovevo chiedere lo stesso. Scusami per
averti
fatto ancora del male. Devo rimediare, non posso vederti
così, ti amo in fondo:
la tua gioia è la mia gioia e il tuo dolore il mio dolore.
Ecco,
proprio questo: ti dico che
ti amo. E quanto mi riempi il cuore di gioia ogni volta che mi
rispondi, che mi
sorridi così.
Sì,
ora me ne vado, ti
aspetterò al nostro posto, so
che non tarderai. Lascia che anche stasera mia dia a te, lascia che i
nostri
cuori si avvicinino ancora un po’, così
potrò
scavare meglio, ancora un poco, nella voragine di dolore che ho
lasciato si formasse nel tuo.
Prometto che dopo tutto
questo angst tornerò al comico (perchè ovviamente
io non ho mezze misure), il tempo di portare a termine Capelli
di Luna ;)
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