ambivalenze21
Giovedì quattordici
Giugno,
Due e-mail di racconti; una conversazione ironica nella caffetteria;
alcuni progetti per il futuro decisamente a lungo termine; una canzone e il rumore degli Anni Sprecati infranti
I.
A: ottavia.---@---.it
Cc:
Oggetto: Piccolo week-end prima degli esami
Allega: Foto 01;
Foto 03; Foto 04; Foto 10
Ciao Otta!
Mi sto divertendo da morire qui, anche se tuo fratello non sembra
essere dello stesso parere. Il sole splende, il cielo è azzurro, ci sono io, non so cosa trovi ancora da
lamentarsi. Questo ragazzo è un concentrato di negatività oscura e sensazionale
che presto o tardi finirà per incrinare l’armonia perfetta del mio Equilibrio
Cosmico. Un po’ c’è già riuscito. Capisco che sia agitato per gli esami, ma
continua, continua a ripetermi che non avremmo dovuto prendere nemmeno un
giorno di vacanza. È il quattordici Giugno, tra un mese è festa nazionale in
Francia, io sono contento, e il mondo è fantastico, almeno così cerco di
mettermi in testa. Cioè, non è che sia proprio convinto. Diciamo che il mio
microcosmo è fantastico.
Adesso Lelio dorme, per fortuna. È uno sfigato, si addormenta sempre
di pomeriggio e la notte si lamenta che non riesce a chiudere occhio. Ha i
ritmi un po’ sfalsati, sai… è anche colpa mia.
Salutami Nikita che sarà sicuramente con te, e magari Die e quel
gran gnocco del suo nuovo ragazzo. No, aspetta, io amo solo Lelio e troverò
attraente solo Lelio. Lo giuro. Ieri sera si è ubriacato un po’ e ha
improvvisato uno spogliarello cantando quella canzone stupida che fa I don’t feel like dancing – si chiama
così?... Gli faccio sempre alzare un po’ il gomito perché diventa di buonumore,
e io sono felice, e siamo felici insieme, e fine della storia.
Se fossi il re del mondo, saprei come sconfiggere il Male. L’acqua
fa male, il vino fa cantare. Fais ce que
tu voudras. Viva la Dive Bouteille. Sarei saggio e magnanimo come
Pantagruel, solo, decisamente più affascinante.
Baci ^_^
Cea (e, spiritualmente, anche Lelio)
II.
A: ottavia.---@---.it
Cc:
Oggetto: Otta, lo so che sei
invidiosa…
Otta, lo so che sei invidiosa, a- del mio
magnifico ragazzo; b- del mio magnifico bilocale al mare con vista su scogliera
e golfo. Ti inviterei qui, ma sai, volevo stare un po’ da solo, veramente da
solo, con Hansi, che ultimamente sta perdendo la sua vena schizofrenica e si
sta trasformando in un bravo ragazzo, in un lavoratore diligente, in un moroso
perfetto, il che mi incoraggia. Ero un po’ demoralizzato prima di partire. E’
tanto che non suono. Giuro che appena torno a casa mi impegno a provare e a
provare per ore tutto quello che mi viene in mente, dai Rush ai Tool. Prometto.
Per il momento voglio godere le meritate vacanze
che seguono il casino degli ultimi mesi della mia vita, eccetera eccetera eccetera. Ti racconterò quando torno, se torno, un
dì, della bellezza delicata e tutta profusa di luce, odori, suoni e sensazioni
di questo piccolo paradiso terrestre. Io e Hansi eravamo venuti una volta in
inverno, ma non rendeva in questo modo. Ricordo che c’erano un sacco di stelle,
e che non volevo tornare nella frenesia della realtà, perché era tutto
straordinariamente rallentato, come messo a giacere in una bolla di
cristallo isolata dal resto del mondo. Ora è un po’ più caotico, ma ugualmente
pittoresco e magico. I giardini sono meravigliosi. Devi venire, ti
innamoreresti di questo posticino arroccato, lo so.
Per il resto salutami quel disgraziato del mio
fratellastro, il suo santo ragazzo, e il mio dolce Nikita,
See you,
Die (Hansi è in giro, ma anche lui saluta, è___é)
III.
Nikita sorrise alzando gli occhi
dai fogli che sua sorella gli aveva portato, mentre lei beveva il suo caffè
abituale delle nove del mattino. Era una bella giornata di sole estivo, già
molto afosa. Presto sarebbe partita per Londra, e Nikita sarebbe scappato dalla
calura che cominciava ad addensarsi nei recessi della Città con instancabile precisione
annuale. Avrebbe viaggiato verso mille metropoli di mille colorati paesi
stranieri, posando per le più importanti macchine fotografiche, trovandosi ogni
volta una fidanzata diversa.
Ottavia sospirò, appoggiando la
tazzina sul piatto di ceramica. “E tu quando ti
trovi seriamente una ragazza?”
“Quando tu ti sposi Jonathan
Rhys-Meyers.” Rispose Nicola aprendo il giornale.
Ottavia sorrise con la sua
imperturbabile malizia.
IV.
Carry me to the
shoreline
Bury me in the sand
Walk me across the
water
And maybe you’ll understand –
Verso il tramonto Die si portò
alla terrazza sospesa su di un mare irreale di meraviglia. Gli scogli si
ergevano davanti alla sua vista bagnati dalla schiuma delle onde cristalline
sciabordanti e appena a pochi metri da essi si apriva il loro piccolo, curato
giardino fiorito di ogni genere di fiori e piante mediterranee. L’estate aveva
steso un velo profumato, sottile e frizzante su ogni cosa, cancellando la
precarietà e quel senso di perdita protrattosi per tutto il lungo inverno. Il
sole spandeva ancora il suo chiarore fulgido sulle macchie rosse, viola, blu,
rosa, iridate delle dolci corolle, e sul verde brillante delle foglie e
dell’edera arrampicata sopra ogni superficie. Gli pareva di godersi ogni
singolo istante di luce di quella fantasmagorica ascesa. L’indomani se ne
sarebbe tornato nel caos della Città ed avrebbe definitivamente cominciato un
nuovo capitolo della sua esistenza con Hansi e, soprattutto, con la sua
chitarra, dimenticandosi del fresco venticello che soffiava sul limitare della
spiaggia. Si era sentito seppellire a poco a poco e ora si ridestava.
Rimase incantato in quello stato
di contemplazione senza nemmeno accorgersi dell’arrivo di Hansi, seduto sui
gradini marmorei del piccolo spiazzo deserto e silenzioso.
“Ehi,” Lo richiamò dal suo assopimento.
“Che c’è?”
“Niente,” Si riscosse Die.
“L’estate fa miracoli. Ho sentito il rumore come di uno schianto.”
“E cos’era?”
Die alzò le spalle. Era il suono
dei suoi Anni Sprecati che precipitavano in mare.
“Posso prendere i bicchieri o hai
ancora sete?”
“No, fa pure.”
Hansi prese il vassoio dei
bicchieri vuoti e rientrò nell’appartamento, lasciando nuovamente Die immerso
nei suoi pensieri rivolti verso l’orizzonte sempre più rosso,
sempre più infuocato, sempre più carico di colori sanguinolenti, deflagranti,
potentissimi allo sguardo un po’ assente, un po’ malinconico, un po’ pervaso di
segreta dolcezza di colui che, un giorno qualsiasi di una stagione qualsiasi,
si ferma a scrutare tra le sue pieghe un qualche vago presagio per il proprio
futuro.
C’era un momento che Die amava
particolarmente del crepuscolo, ed era l’ultimo, il più dilatato, il più
invisibile, il più elettrico, e, di conseguenza, il più imperscrutabile – era
l’attimo in cui il sole spariva definitivamente sotto la linea del mondo,
trascinandosi dietro i barlumi iridescenti e le esplosioni cromatiche dei suoi
ultimi minuti. Allora scomparivano il rosa, il cremisi, il viola, lo zaffiro,
il magenta, l’ocra, l’arancio, il giallo, e rimaneva soltanto il buio appeso in
cielo, ancora privo di stelle e di profondità, sul cui tessuto baluginante già
si dipingeva la luna e contemporaneamente permanevano tracce del chiarore
diurno. Era proprio l’istante brevissimo in cui la notte conviveva col giorno e
l’oscurità si sposava con la luce, mescolandosi fino a dare vita ad un mistico
abbaglio, ad un tono screziato più denso verso l’oriente, più evanescente e
limpido verso Ovest, ancora trafitto da irrequiete scintille di sole ed
illuminato dalla stella vespertina. “Quella è la nostra stella!” Esclamò. “La
stella della Rosa e del Piccolo Principe.”
Rimase incantato alla balaustra
finché non vide il sole affogare nella placida distesa del Mediterraneo caldo.
Non aveva vere idee nella testa. Pensava più che altro al tramonto e al giorno
dopo, e si ripeteva due versi antichi e quella canzone meravigliosa con
particolare insistenza.
Taglia una corta speranza,
poiché la vita è breve
Non voleva tagliare una corta
speranza. In effetti sarebbe stato meglio così, ma gli dispiaceva. Voleva
tornare a sognare con la passionalità infantile di Hansi e pensare di poter
conquistare il mondo assieme a lui. Tutto attorno alla sua rivoluzione, molte
persone stavano cambiando, molte cose rimanevano statiche nella stessa
incoerente contraddizione. Nikita partiva per l’ennesima volta, Ottavia si
trasferiva per i canonici tre mesi in Inghilterra, ma, soprattutto, Lelio
cominciava la sua nuova vita all’Accademia di Belle Arti.
Cosa gli restava ora? Una corta speranza? - La corta speranza è
molto ragionevole, - Si disse. – Ma Hansi è un idealista.-
Erano molto, molto diversi. In un
certo senso ambivalenti.
In questo modo chiudeva il suo
cerchio. L’equilibrio è compenetrazione perfetta, sintesi degli opposti,
finalmente l’aveva capito. Era quella sorta di rigenerazione spontanea che galvanizzava
ogni istante il rapporto indissolubile tra Lelio e Mircea, quel vincolo che
aveva sempre cercato di comprendere e che suo fratello gli aveva esemplificato
nella lezione dell’Arte.
Era giunto il Vespro, col suo
buio e la sua luce, insieme. Il blu fosforescente ed il nero.
- E’ strano, - Pensò. – Come
tutto, anche in Natura, si fondi sulla legge delle proporzioni auree, e che
queste non siano altro che matematica universale, e che la matematica
universale sia il solo vero equilibrio sospendente ogni ambivalenza. -
Die lasciò il terrazzo, e,
voltandosi verso casa, gettò in mare tutte le corte speranze, la paura dei
contrasti, ogni traccia rimasta degli ultimi Anni Sprecati.
Once the stone
You’re crawling under
Is lifted off your
shoulders
Once the cloud that’s
raining
Over your head
Disappears
The noise that you
hear,
Is the crashing down
of Hollow Years
___
Portami sulla battigia
Seppelliscimi nella sabbia
Calpestami sul ciglio dell’acqua
E forse capirai –
Una volta che la pietra
Sotto la quale strisci
Sia scivolata via dalle tue
spalle,
Una volta che la nuvola da cui
piove
Sulla tua testa
Sparisca,
Il rumore che sentirai
Sarà lo schianto a terra degli
Anni Sprecati
(Dream Theater, Hollow Years)
***
Buongiorno miei dolci lettori! Non so chi di voi sia rimasto
sintonizzato, by the way eccovi il penultimo capitolo. L'ultmo a
dire il vero, perché il prossimo è l'epilogo, una
chiosa, anche se tecnicamente è stato il motivo per cui ne ho
scritti altri venti. Ebbene sì, sono partita dalla fine...
Sapete, sono al mare - esattamente dove starebbe Die -, quindi non ho
internet, devo ricorrere all'internet point e il tempo è
quel che è. Non riesco ovviamente a leggere le fic che stavo
seguendo, a commentare eccetera. Sono in astinenza da fic! Scusatemi.
Chissà se Susy ha aggiornato. Se Dicembre - boh, mi sento fuori
dal mondo.
Sto scrivendo una nuova long fic, per la cronaca. Lo dico
perché siamo agli sgoccioli e perché sono
già stati buttati giù venti capitoli, ma sui miei
quaderni e fogli volanti,chissà quando la batterò al
piccy.
Per il resto, buone vacanze a tutti, cercherò di aggiornare presto con la conclusione [anche se un po' mi dispiace].
SPECIAL THANKS TO:
Manny-chan: Che meraviglia, sei
tornata... sono contentissima! E hai ragione, ho un po' ignorato
Narciso e Boccadoro, ma volutamente... Intanto, sono sistemati
felicemente per il resto della loro esistenza in salute e malattia in
ricchezza e povertà e bla bla bla, e poi perché la
storia è costruita da due blocchi e la seConda parte
riguardava il blocco Die-Hansi, che come vedi s'è sbloccato (non
è un gioco di parole, giuro, ma rende l'idea u___u). Se ti
fa piacere la conclusione è tutta di Lelio.... Ti ringazio
infinitamente e ti auguro buone vacanze.
Baci a tutti i lettori!
Martina
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