COCCOLE,CAMOMILLA
E MANDARINI
Entrò in cucina, emettendo un ringhio
sommesso, facendo scuotere la cassa toracica. Prese un paio di respiri
profondi
cercando di calmarsi, con scarso successo. Aveva la fronte imperlata di
sudore
e le mani gli tremavano vistosamente.
Tutta colpa di quel maledetto incubo che
lo perseguitava da giorni. Non sapeva cosa lo urtasse di più
tra la mancanza di
sonno e la mancanza di autocontrollo che lo coglieva ogni volta che
quell’immagine si formava nella sua mente, facendogli
rivivere quel momento
ogni notte.
Soffiò dal naso, arrabbiato con
se stesso, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa che lo aiutasse
a
placare quell’agitazione così innaturale per lui.
Forse un paio di bottiglie di
rhum…
Ma per quanto l’idea fosse
allettante sapeva che il sonno post-sbronza era tante cose ma di certo
non
riposante.
E lui aveva un dannato bisogno di
riposare.
Si passò la mano sul viso in un
gesto rassegnato, vergognandosi fino alla punta dei capelli per
ciò che si
accingeva a fare.
Recuperò il bollitore e lo mise
sul fuoco, una volta acceso il fornello dopo svariati tentativi
accompagnati da
innumerevoli imprecazioni. Mentre aspettava che l’acqua si
scaldasse si mise a
rovistare tra i barattoli ordinatamente riposti nella dispensa,
incasinandoli
senza preoccuparsi dell’attacco isterico che il cuocastro
avrebbe avuto
l’indomani trovando tutto scombinato.
Eseguiva meccanicamente le cinque
operazioni con estrema rapidità. Afferrava il barattolo,
toglieva il coperchio,
annusava, chiudeva il coperchio, posava il barattolo. Gran parte di
quella
robaccia aveva un profumo decisamente forte e penetrante.
Quante diamine di spezie e erbe
diverse esistevano?!?
Cominciava a spazientirsi e già
pensava di avere avuto una pessima idea, dato che le fasi preparatorie
di ciò
che avrebbe dovuto aiutarlo a rilassarsi lo stavano innervosendo ancora
di più,
quando, finalmente, un profumo noto e distinguibile in
quell’accozzaglia di
aromi con cui si era riempito i polmoni fino a poco prima lo fece
bloccare alla
terza operazione. Era uno dei pochi profumi che riusciva a distinguere
e a cui
era capace di dare un nome, perché faceva parte della sua
infanzia. Appoggiò il
barattolo sul tavolo senza richiuderlo proprio nel momento in cui il
bollitore
iniziava a fischiare.
Tenendolo malamente con la
pattina, chiedendosi da solo come faceva a maneggiare tre spade e ad
essere poi
così imbranato con una teiera, riuscì a riempirsi
una tazza fino all’orlo,
miracolosamente senza scottarsi. Prelevò una generosa
quantità di foglie dal
barattolo e le mise in infusione, sedendosi poi al tavolo con la tazza
davanti
a sé.
Passato qualche minuto cominciò a
sorseggiare il liquido ambrato. Era da anni che non ne beveva, quasi
non
ricordava che sapore avesse e doveva ammettere che non era poi
così male. Se
solo il fatto di bere quella roba non gli avesse dato un’aria
così da
rammollito se la sarebbe anche gustata volentieri.
Era talmente assorto nei suoi
pensieri che non si accorse dei passi in avvicinamento
finché una sagoma snella
non fece la sua apparizione sulla porta della cucina, soffermandosi a
guardarlo
con due enormi occhi nocciola assonnati, incorniciati da uno sbarazzino
caschetto rosso.
-Buzzurro!-
-Mocciosa…- ringhiò in risposta,
infastidito all’idea che lei potesse beccarlo mentre beveva
quell’intruglio -…che
fai?-
-Avevo sete...- rispose
semplicemente stringendosi nelle spalle e avanzando nella stanza per
prendersi
un bicchiere d’acqua.
La sua attenzione fu
catturata dall’oggetto
che il samurai teneva tra le sue grandi mani
-Non è un po’ tardi per il the?-
chiese divertita, indicando la tazza con l’indice.
-Non è the…- rispose mugugnando
-…è rhum ma erano finiti i bicchieri…-
Si maledisse subito, imprecando
tra sé e sé, per quella bugia così
idiota.
Punto primo, non era bravo a
mentire.
Punto secondo, Nami aveva appena
aperto lo scolapiatti proprio per prendere un bicchiere e aveva visto
che ce
n’erano
parecchi,
puliti e pronti all’uso.
La cartografa, infatti, sollevò
un sopracciglio ma non disse nulla. Sapeva che se voleva scoprire cosa
stesse
bevendo il buzzurro – e non era di certo rhum
perché, se anche davvero non ci
fossero stati bicchieri puliti, quando mai lui si sarebbe fatto
problemi ad
attaccarsi direttamente al collo della bottiglia?! – avrebbe
dovuto giocare
d’astuzia perché lui non glielo avrebbe detto. E
proprio il fatto che glielo
volesse tenere nascosto la faceva morire di curiosità.
Doveva essere qualcosa
di imbarazzante e l’idea di poterlo prendere un po’
in giro aumentò la sua
determinazione. Ogni scusa per punzecchiarsi era buona.
Sorseggiando la sua acqua fece il
giro del tavolo e si sedette di fronte a lui, posando il bicchiere da
un lato e
le mani intrecciate tra loro, coi palmi verso il basso, davanti a
sé sulla
superficie di legno. Gli serviva solo che lui abbassasse le difese
qualche
secondo e il gioco sarebbe stato fatto.
-Sai, buzzurro…- cominciò dopo un
attimo di riflessione -… stavo pensando di annullare
parzialmente il tuo
debito!- disse sorridendo furba.
Zoro, che aveva portato
nuovamente la tazza alle labbra, s’affogò nella
sua bevanda cominciando a
tossicchiare e sputacchiare. Posò la tazza sul tavolo
tenendola con una mano
sola mentre con l’altra si ripuliva la bocca. Stava per
domandare “Cosa?!?!?”
per invitare la cartografa a ripetere ciò che aveva appena
detto, sicuro di
avere capito male, quando la vide allungarsi sul tavolo e afferrare
saldamente
il recipiente di ceramica con un mano per poi sottrarglielo svelta.
-Mocciosa non t’azzar…-
Era già pronto a buttarsi a sua
volta sul tavolo per recuperare il maltolto ma Nami, anziché
perdere tempo a
tornare a sedersi, si portò rapida la tazza alle labbra e,
ancora parzialmente
sdraiata sul tavolo, buttò giù un sorsetto di
infuso. Se lo fece girare in
bocca un attimo per essere sicura di identificarlo e alzò lo
sguardo sul
Nakama, fissandolo incredula e ad occhi sgranati. Zoro rimase
interdetto.
Posò di nuovo la tazza davanti
allo spadaccino e si riappoggiò allo schienale della sua
sedia, deglutendo.
-Camomilla?!?- non riuscì a
trattenere una risata -il grande Roronoa Zoro, il sanguinario ex
cacciatore di
pirati beve camomilla?!?-
Zoro cominciò a ringhiare
incarognito, incrociando le braccia al petto e guardandola truce.
-Fatti gli affari tuoi!- le disse
secco.
Nami lo fissò assottigliando lo
sguardo. Non aveva l’aria di stare benissimo il ragazzo, ora
che ci faceva
caso.
-Che succede buzzurro?!-
-Ho detto, fatto gli affari tuoi!
Cos’è, adesso oltre che mocciosa sei diventata
pure sorda?!-
Per tutta risposta Nami sollevò
un braccio lasciando il gomito sul tavolo e usò il palmo
della mano come
sostegno del capo, posandovi delicatamente il mento. Lo
fissò con
un’espressione che conosceva fin troppo bene.
-E’ tutto inutile! Puoi anche
minacciarmi di aumentare il mio debito all’infinito ma io non
ho nessuna
intenzione di giocare all’angolo delle confidenze, chiaro?!-
grugnì mentre una
vena prendeva a pulsargli sulla fronte.
Nami sospirò.
-D’accordo…- disse alzandosi dal
tavolo e avviandosi verso la porta -…buonanotte
allora… e non preoccuparti, ci
penso io a chiedere a Sanji di prepararti la camomilla prima di andare
a nanna
da domani… so che per te potrebbe essere
imbarazzante…-
Per la seconda volta Zoro quasi
si strozzò con il liquido caldo all’udire quella
per niente velata minaccia,
pronunciata così dolcemente, per di più.
-Non oserai!- disse alzandosi in
piedi coi palmi appoggiati al tavolo. Se c’era qualcuno a cui
non voleva far
sapere quel suo imbarazzante segreto quello era proprio il dannato
sopracciglio
a ricciolo.
Per tutta risposta la navigatrice
si voltò a guardarlo con un sorrisetto furbo e le braccia
incrociate sotto al
seno.
-Mocciosa!- ringhiò il samurai in
un vano tentativo di apparire minaccioso.
-Tu dimmi che succede e io non
dico niente a nessuno!- affermò convinta.
Non era più semplice curiosità la
sua.
Aveva notato il viso tirato di
Zoro e, anche se forse non lo avrebbe mai ammesso nemmeno con se
stessa, adesso
era preoccupata. Voleva solo sapere cosa lo turbasse oppure, lo sapeva,
quella
notte l’avrebbe passata insonne anche lei.
Lo spadaccino soffiò dal naso,
infastidito ai massimi livelli per quella situazione che si era venuta
a
creare. Odiava ritrovarsi con le spalle al muro. Studiò per
qualche secondo la
compagna.
Era poi così una pessima idea
parlarne un po’ con Nami? Se doveva essere sincero, no, non
lo era.
Da sempre aveva la capacità di
tranquillizzarlo, anche se lui lo negava a se stesso e si guardava bene
dall’interrogarsi da cosa dipendesse quello strano potere che
la cartografa
esercitava su di lui e sui suoi nervi tesi.
Scrollando le spalle e mugugnando,
tornò a sedersi e fece un cenno con il capo verso la sedia
di fronte alla sua,
invitando la compagna a raggiungerlo. Fissò per qualche
attimo la tazza che
stringeva ancora tra le mani prima di decidersi a parlare.
-E’ per Chopper…-
-Chopper?!- ripeté sorpresa la
rossa, senza capire.
Lo spadaccino annuì, continuando
a tenere lo sguardo basso.
-Da quando abbiamo lasciato
quella dannata isola nel cielo, continuo a sognare il momento in cui
l’ho
trovato massacrato dalla prova di quel bastardo di un
sacerdote…- ammise,
borbottando la sua confessione.
Finalmente si decise a sollevare
lo sguardo sul viso della navigatrice e la trovò a fissarlo,
incredula e,
soprattutto, intenerita.
-Non guardarmi così!!!- sbottò imbarazzato,
agitandosi sulla sedia.
Nami cercò di tornare impassibile
ma la confessione dello spadaccino l’aveva colpita davvero.
Sapeva che teneva a Chopper, non
era una novità. Ma immaginare lui, grande e imponente
com’era, preda degli
incubi e così spaventato per il loro piccolo Nakama
l’aveva praticamente fatta
sciogliere.
-Grande e grosso come sei, te ne
serve una caraffa per calmarti non una tazza…- disse,
cercando di ignorare
l’improvviso impulso di abbracciarlo e stringerlo forte che
si era impadronito
di lei.
-Una tazza e punto! E’ già
abbastanza imbarazzante così, non ci penso nemmeno a berne
ancora!- rispose,
cocciuto e ostinato facendola sospirare e mandare gli occhi al cielo.
Ma che ominide rincretinito era?!
Ma davvero si faceva tutti quei problemi per un po’ di
camomilla?!?
Però, anche se era vero che una
tazza non sarebbe servita a niente,
si
ritrovò a considerare che, probabilmente, nemmeno con una
caraffa intera
avrebbe ottenuto lo stesso risultato. La camomilla calmava i nervi ma
ciò di
cui lui ora aveva bisogno era, una volta tanto, di essere rassicurato.
Un’idea,
un ricordo della sua infanzia, quando era ancora una bambina
spensierata e
felice, la colpì.
-Sai, io ho un metodo per
riuscire a dormire anche quando si è agitati e coi nervi a
fior di pelle…-
In realtà si trattava di un
rimedio contro gli incubi ma sapeva che Zoro era troppo orgoglioso per
accettare quelle parole, così ci girò intorno.
Lo spadaccino la guardò,
interrogativo, corrugando la fronte, in attesa di spiegazioni. La
cartografa
però, anziché rispondere, si alzò in
piedi avviandosi verso l’uscita. Una volta
sulla porta si girò a guardarlo e gli fece un cenno con la
testa, invitandolo a
seguirla.
Stanco com’era, il samurai non
aveva voglia di discutere così decise di assecondare la
Nakama, seguendola
prima sul ponte e poi nel suo agrumeto. Non appena il profumo di
mandarino
raggiunse le sue narici, sentì subito parte della tensione
scivolare via.
-E ora?!- chiese alzando un
sopracciglio.
-Siediti!- ordinò la rossa
indicando un punto imprecisato del manto erboso che ricopriva il legno
della
nave.
Zoro si accomodò a gambe
incrociate, sempre più scettico. Sentì Nami
spostarsi dietro di lui e sedersi
alle sue spalle. Fece per girarsi ma lei lo fermò.
-Resta così!-
Improvvisamente qualcosa lo
trascinò all’indietro. Strabuzzò gli
occhi e preso alla sprovvista, perse
l’equilibrio, non riuscendo a restare seduto. Un attimo dopo,
con suo immenso
stupore e parecchio imbarazzo, si ritrovò con il viso sullo
stomaco della
cartografa, che era semisdraiata con la schiena appoggiata a un albero,
e le
mani di lei che gli accarezzavano la schiena e i capelli.
-Mocciosa!!!- si agitò,
diventando paonazzo -Ma che fai?!?-
-Quando non riuscivo a dormire
Bellemere diceva sempre che ci volevano tre cose per ritrovare la
serenità…- spiegò senza smettere di
accarezzarlo, facendolo rilassare nonostante la sua
riluttanza.
Aveva un tocco così delicato, irresistibile, non sarebbe
stato in
grado di restare teso sotto quelle carezze nemmeno se lo avesse voluto.
-…
coccole, camomilla e mandarini…-
Zoro rimase interdetto qualche
secondo.
Poi, vedendo che la ramata non
aveva nessuna intenzione di mollare la presa, la abbracciò
per la vita
sistemando meglio la testa sul ventre di lei, a pochi millimetri dal
suo
burroso seno, lasciandosi coccolare e rassicurare dalle sue mani
fresche e
delicate.
Era dannatamente morbida e
profumata, Nami, e a Zoro parve di essere stato catapultato in paradiso
direttamente dall’inferno del suo incubo. Sentì la
tensione che lo lasciava
finalmente andare e i muscoli che si rilassavano come non facevano da
giorni.
Capì che quella notte avrebbe dormito finalmente sonni
tranquilli e quella
consapevolezza lo convinse ad abbandonarsi completamente, mentre lei
gli posava
un bacio tra i capelli verdi.
Mentre già le palpebre gli si
chiudevano, rispondendo all’urgente bisogno di riposo che il
suo corpo
richiedeva, non riuscì a trattenere un ghigno al pensiero
della faccia che
avrebbe fatto il cuoco, trovandoli abbracciati così il
mattino dopo.