La storia è ambientata nel 1990/1993.
Kim Jonghyun, è un ragazzo di ventiquattro anni, all'apparenza normale, con un cattivo rapporto con i genitori, pieno di insicurezze e debolezze, che a volte si rifugia in un mondo mentale personale.
Una sera, dopo aver preso varie pastiglie per il mal di testa, viene convinto da suo padre a partecipare ad una festa che si svolge in casa, e qui abusa di vodka, sentendosi male successivamente.
I genitori così decidono di portarlo da un amico psichiatra.
Egli, aveva una vita monotona, e sperava ogni giorno, che qualcuno l' aiutasse a cambiare.
Quel giorno tanto aspettato arrivò, ma forse non era il modo migliore per cominciare una nuova vita.
ϟ Ore ; 9:10 AM.
Mi svegliai di soprassalto, e pensai che quella poteva essere la volta buona che scaraventavo la sveglia per terra, ma non lo feci.
Mi rigirai nel letto più di quattro volte, e dopo capii che quella mattina non riuscivo proprio ad alzarmi.
A causa del frastuono che proveniva dalla cucina, dovetti spostare quella coperta che mi copriva il corpo, e scendere giù dal letto.
Una volta sceso, trovai mia mamma e mio padre seduti sul divano a guardarmi con sguardo perplesso e forse anche preoccupato, ma non mi soffermai su questo, bensì, corsi a prendere in braccio la mia cagnolina, Roo ; ci giocai per un pò, ma quando provai a risalire le scale, mia mamma mi chiamò, mi girai, e loro continuavano a guardarmi.
Okay, o avevano fatto abuso di droghe, o non so.
Mi avvicinai a entrambi, e mi avvisarono che dovevo uscire con loro in tarda mattinata, non ci pensai due volte e annuii scocciato.
ϟ Ore ; 11:20 AM.
Mi ritrovai in macchina, con i miei genitori, ed ovviamente la mia cagnolina, l'unica creatura che riesce a rendermi felice.
Ci stavamo dirigendo da un medico, mi avevano detto che era il caso che io parlassi con qualcuno, perché per loro ero :
-Asociale.
-Suicida.
-Psicopatico.
-Apatico.
Insomma, bel modo di classificare i figli.
Arrivammo nel posto destinato, e dopo una lunga attesa, entrai.
ϟ Ore ; 13:10 AM
Mi fecero entrare in una stanza, e ad aspettarmi c'era il medico, un uomo tanto magro, con i baffi bianchi e sui sessantanni.
Una delle tante domande che mi fece fu:
-Ce l'hai la ragazza?
Feci un cenno di assenso.
-Hai problemi con la ragazza?
Non risposi.
A dire il vero, quella non era una vera e propria domanda, perché rispose lui per me.
-Sei stressato, e hai bisogno di riposo.
Oh si, ne avevo eccome.
-Non credi?
Era ancora una volta in piedi davanti a me.
-Non credi di aver bisogno di riposo?
-Si, si.
Dissi io.
Si allontanò a passo lento, verso la stanza accanto, dove lo sentii parlare al telefono.
Ripensai a lungo quei cinque minuti che seguirono : i miei ultimi cinque minuti.
Per un istante, mi venne l'impulso di alzarmi e uscire da dove ero entrato, attraversare a piedi gli isolati e tornare a casa, ma ero troppo stanco.
Rientrò nella stanza soddisfatto.
-Ti ho trovato un letto, così ti riposi per qualche settimana, va bene?
Mi rassicurò.
-No, ci vado mercoledì.
-No, tu ci vai adesso.
Detto ciò, mi prese per il braccio, stringendolo cn le mani e mi pilotò fuori.
Aprì la portiera posteriore del taxi che a quanto pare aveva chiamato e mi spinse dentro senza lasciarmi il gomito.
Per un momento, mi trovai il suo testone lì dietro, accanto a me.
Sbuffai.
Poi sbattè lo spertello e l'autista abbassò il finestrino.
-Dove vado?
-Lo porti al Mcness Hospital.
Lasciai cadere la testa all'indietro contro il sedile e chiusi gli occhi.
Ero contento di andare in taxi anzichè aspettare il treno.
⊱ ANGOLO LETTRICI/LETTORI.
Per chi abbia letto il libro, o visto il film, il nome dell'ospedale non è uguale, quindi non pensate che io abbia sbagliato, ho solo voluto dare un altro nome.
Detto questo, come avete ben capito nella storia si parla in prima persona, infatti a parlare è quel furbetto di Jongolo. :33
Alla prossima! ⊰ |