Alive

di Emo pumpkin
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Alive
 

Se ne stava lì, seduto a gambe incrociate sul cemento grigio e freddo della stazione, guardando treni e corriere che andavano e ripartivano, quanto avrebbe voluto essere su un di quelli, diretto chissà dove, ma comunque lontano da quel posto che in molti si ostinavano a chiamare casa.
Aveva spesso lo sguardo perso, rivolto al cielo che si specchiava in quelle iridi dal colore indefinito, tra il verde bosco e il nocciola. Teneva sempre le cuffiette con la musica a palla nelle orecchie; una sigaretta imprigionata tra le labbra sottili, appena più rosee rispetto alla pelle pallida, talmente chiara da sembrare bianca, in netto contrasto con i capelli castano scuro, quasi neri, tagliati molto corti.
Le ragazze che passavano davanti a lui rimanevano colpite dalla sua bellezza, dal viso dai tratti delicati che sembrava in tutto e per tutto quello di un angelo; lui non le guardava, non badava a quelle loro occhiate, a quelle loro risatine acute, si limitava a sfiorarle con lo sguardo per poi tornare a fissare il vuoto.
Guardava il fumo uscire dalla sua stessa bocca e salire in lente spirali verso il cielo mentre teneva la sigaretta tra due dita affusolate, e con lievi colpi del pollice sul filtro faceva cadere la cenere che si formava dopo un paio di tiri.
Gli altri facevano sempre le stesse domande, e lui rispondeva, sempre con sincerità e schiettezza.
“Come mai fumi? Vuoi sentirti più grande?”
No, mi piace solo il sapore della sigaretta, del fumo che mi scalda.
“Il fumo uccide, lo sai questo?”
Sì, lo so, ma tutto ciò che mi uccide mi fa sentire vivo, mi fa capire che non sono ancora morto.
“Perché tieni sempre quelle cuffie?”
Per non sentire il rumore.
“Quale rumore? Qui c’è solo silenzio”
Per non sentire il rumore dentro di me.
“Perché non sorridi mai?”
Non sono capace di sorridere, e poi non ne vedo la ragione.
“Come stai?”
Vivo.




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