In nome della pesca (o della rabbia)

di Kastel
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Era un'emozione che non conoscevo. Era qualcosa che avevo lasciato morire dentro di me, marcita come una pesca abbandonata sull'albero da tutti. Troppo tardi per coglierla, ancora più in ritardo per gustarmela a dovere. Eppure ho allungato la mano, tirandola giù dal suo nascondiglio. L'ho osservata. Ho ignorato tutto ciò che indicasse la morte del frutto. E alla fine l'ho assaggiato.
Ed ecco perché ora sto urlando.
Urlo perché è troppo amaro per poterlo amare.
Urlo perché è troppo forte per trattenerlo.
Urlo perché, oramai, non posso più sputare ciò che ho scelto di lasciar vagare dentro il mio corpo.
Per questo urlo.
Forse, alla fine, riuscirò ad essere la persona che mio padre spera che io sia.
Nonostante l'assaggio.
Nonostante il senso di amarezza che percepisco.
Nonostante ciò.

 

Aaaah... Ancora oggi non sono abbastanza. E forse non lo sarò mai.
Allora tanto vale osservare il cielo dalla mia postazione preferita.
Tanto nessuno mi verrà a cogliere.





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