Il Riflesso dello Specchio

di Dragon410
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Ce l’aveva fatta.
Dopo diciannove omicidi avvenuti senza alcun controllo, Dominique era riuscita a trovare il mostro che li aveva compiuti.
Deglutì rumorosamente stringendo la pistola che puntava contro quella figura che, in penombra seduta a un tavolo di mogano, sorseggiava un bicchiere di vino rosso. L’odore pungente del liquido riempiva pienamente la stanza del motel; fuori la Luna Piena era l’unica cosa che illuminasse l’ambiente interno e circostante.
Con mani tremanti, Dominique caricò la sua arma mentre il cuore le saliva dritto alla gola provocandole uno stato di confusione.
Aveva consacrato la sua vita alla giustizia e doveva, a tutti i costi, assicurarle quel mostro.
La figura dietro al tavolo rettangolare appoggiò il calice e, Dominique lo giurò, sorrise beffarda: «Ti stavo giusto aspettando.»
La sua voce era roca, impossibile capire se fosse un uomo o una donna.
La ragazza vacillò indietro di qualche passo, colpita da quelle parole come fossero stati pugni allo stomaco. Sentì il rumore della sedia che si spostava sfregando contro il marmo del pavimento; la figura si alzò in piedi e un brivido angosciante immobilizzò l’agente sul posto.
«Non è stato un caso il biglietto da visita di questo motel sul luogo dell’ultimo omicidio, ma avresti dovuto capirlo; io non sbaglio mai.»
Due passi avanti; ancora poco e Dominique avrebbe potuto vedere il suo viso.
Era caduta in trappola come la più stupida delle cadette. Si era fatta fregare, aveva adescato come una bambina che sistema la camera solo perché le è stato promesso lo zucchero filato del Luna Park.
Avrebbe dovuto immaginarlo: si trovava di fronte a un pluriomicida che non aveva mai lasciato traccia di sé e poi, come un dono proveniente dal cielo, aveva perso il biglietto del suo motel.
«Ti ho vista sulla scena del quarto omicidio. Vomitavi di fianco al cadavere squartato della figlia del barone.»
Si sentì venire meno, come un pesce stato fuori dall’acqua per troppo tempo. L’aveva cercato per mesi in lungo e in largo, quartiere dopo quartiere, ma ogni volta sembrava sparire nel nulla: uccideva in pochi minuti, se non secondi, in una sera casuale e poi si mimetizzava nella comunità come se niente fosse mai successo.
«Hai qualche domanda, Dominique?» pronunciò il suo nome con durezza, spingendo su ogni singola lettera.
Come poteva sapere il suo nome? Come poteva averla trovata così facilmente?
Non era un semplice agente: lavorava per un’unità speciale e segreta che aveva sempre assicurato la protezione a ogni soldato e alla comunità, là dove la polizia non arrivava.
«Perché?» domandò con voce tremolante.
Un altro passo avanti. Ora i raggi della Luna illuminavano i suoi vestiti e Dominique poté notare con orrore, dalle sue forme, che era una donna.
Aveva passato notti intere a fantasticare sul momento in cui sarebbe riuscita a smascherare l’uomo che c’era dietro a quelle mostruosità; lo scoprire che era in realtà una donna, come lei, le fece notare nuovamente come le cose non siano mai come si credono.
«Sono stata bloccata da me stessa per troppo tempo. Sai, avevo paura di me e mi sono annullata. Ma poi, finalmente, ho avuto la forza per essere me stessa.»
Un altro passo, l’ultimo.
Dominique cadde in ginocchio, senza fiato, terrorizzata per ciò che stava vedendo.
Davanti a lei, sé stessa.
E l’unica cosa che riuscì a pensare fu a quanto fosse buffo quando la parte di te che hai sempre cercato di reprimere…ritorna.




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