Shonda &
Rhiba
1 .Introduzione
L’aria fresca di fine-estate le rilassava. Solo al pensiero
che il giorno dopo cominci di nuovo la nota a tutti i ragazzi come
una “prigione dove ci sono quelle rompi delle prof” le
faceva stare male.
“Ed è finita anche questa estate” disse Rhiba.
Tutto sommato però era contenta, non le sarebbe dispiaciuto
tornare a scuola. E non solo per la solfa del “rivedere tutti i
tuoi compagni” ma anche perché finalmente poteva
riprendere il corso di botanica che tanto amava.
“Si,lo so bene. E questo proprio non ci voleva!” disse
invece Shonda , sdraiata sull’erba vicino all’amica. Lei
al contrario di Rhiba, non sopportava la scuola, non era certo una
ribelle che sta in un’ angolo a fumare. Assolutamente no! Li
faceva i compiti, anche che la maggior parte delle volte bisognava
costringerla a non rimandare.
“Dai, in fondo sei contenta di rincominciare!” disse
Rhiba sorridendo.
“Scherzi! L’unica cosa che mi rende contenta
dell’arrivo di Settembre è che rincomincia ciclismo, mi
è mancata Tanya in fondo”sogghignò Shonda.
“Oh, posso immaginare, è talmente nevrotica da far
ridere. E dovresti vergognarti del fatto che ti diverti a
stuzzicarla!” e scoppiarono tutte e due in una rumorosa
risata.
“Beh, ora devo proprio andare, li hai fatti tutti i compiti,
Shonda? Non vorrei che domani tu fossi nei guai!”
“Oh, Rhiba, sta calma! Li ho fatti tutti!Dai, se devi
andare…. Ciao!” e si scambiarono un’ abbraccio. I
loro abbracci erano magici, era l’abbraccio che ogni amica
avrebbe desiderato. Le aveva aiutate in tante circostanze, dai
semplici saluti alle situazioni più difficili. Non si
dimenticò mai Shonda, di quel abbraccio pre-esame. Se non
fosse stato per quello sarebbe stata dura superarlo l’esame.
Shonda osservo la sua amica correre verso i genitori, e entrare
nella loro Peugeot 206. Conosceva Rhiba da 6 anni, da quando si
conobbero alle medie , erano diventate inseparabili. Aveva 1 album
fotografico con tutti i ricordi della loro amicizia, e a volte le
piaceva sfogliarlo, così, per ricordare. Anche se sapeva bene
che non ci sarebbe stato bisogno di un album per farle ricordare
tutti i bei momenti passati con lei.
“Shonda, dai, aiutaci a sgomberare, dobbiamo andare. La
mamma ha detto che se non la aiuti si arrabbia” disse Liana, al
sorellina di Shonda. Era un vero peperino, ne aveva combinate in quei
7 anni della sua esistenza. A volte si chiedeva come facesse ad avere
così tanta fantasia, sarebbe stata una brava criminale, con i
suoi ingegnosi piani avrebbe rapinato una intera catena di banche.
Meno male, che non era di sua intenzione, anche se il fatto di essere
ricchi non le dispiaceva. Ma Liana, come lei, soffriva ancora
della separazione di sua madre e suo padre. Il padre era sempre in
viaggio per lavoro, e…. l’amore che c’era fra loro
due alla fine si è spento. Ma ogni volta che faceva una breve
visita, anche solo di poche ore, lei e Liana erano al settimo cielo.
E forse questo piaceva alla mamma, o no, a volte faceva un sorriso
compassionevole a vederle così eccitate, e a volte se ne stava
nella sua stanzetta a cucire, cercando di non partecipare al loro
entusiasmo. Fra sua madre e suo padre c’è ancora adesso
un po’ di freddezza, ma si sa, che in fondo si vogliono ancora
bene, anche se tentano di non dimostrarlo.
“Arrivo, non ti scaldare!” disse Shonda un po’
infastidita dalla aggressività di Liana.
“Ma devo, non ti smuovi neanche se un trattore ti stesse per
investire!” disse per rivincita la sorellina.
“Cooooosa? Adesso vedi!” e cominciarono le loro solite
corse. Con i continui borbotti della madre che pretendeva aiuto. La
maggior parte delle volte finiva così.
“Allora, Rhiba, ti sei divertita alla grigliata?”
disse il padre stando attendo a non farsi superare dalla Porche che
gli dava il tormento.
“Si, è stato uno spasso!”
“John,caro, ti pare il momento di giocare, siamo in
autostrada. Forse quella Porche è di fretta, lasciala
superare” disse in tono di rimprovero a suo marito.
E John, rassegnato lasciò fare alla macchina avversaria,
che superandolo gli aveva mostrato il dito medio. No, decisamente non
era di fretta.
“Povero papà” penso Rhiba. A volte, gli piaceva
divertirsi a qualche garetta con gli amici, ma sua moglie, non lo
sopportava, o meglio, la madre di Rhiba. non c’è stato
mai un solido rapporto fra lei e sua madre, era come un sergente in
casa, notava ogni piccola cosa che non andava, e questo tendeva a
farle litigare continuamente. Invece suo padre era il classico
giocherellone che le perdonava tutto, anche se la considerava la sua
piccola bambina, e lei aveva ormai quasi 16 anni! Anche se,
onestamente, a volte non le dispiaceva una partitina a pallone con il
suo papone. Però, qualche volta giocava a pallone , lei
non era assolutamente una tipa sportiva come Shonda, anzi, preferiva
immergersi nella lettura di un libro che giocare a pallavolo con le
amiche. In camera sua aveva un posto dove c’erano ben 2
librerie di tutti i libri che aveva letto. Dal primo all’ultimo.
Si ricorda benissimo del primo libro che ha letto, aveva 5 anni , e
suoi genitori di ritorno dall’Italia le regalarono un
libricino, lei a quel età non sapeva ancora leggere, però
qualche lettera l’aveva imparata. Così la mamma lo
leggeva e rileggeva ogni sera come ninna-nanna. Parlava di un
coniglietto che non riusciva a prendere la sua carota, e le sue mille
avventure in cerca della carotina. Aveva segnato sull’ultima
pagina il suo nome e aveva disegnato lei abbracciata al coniglietto.
Eh, già, era come un compagno di giochi, il suo confidente.
Era cresciuta insieme a lui, solo all’idea di doversi separare
da quel libro poteva scoppiare a piangere. Erano passati 7 anni da
quando suo padre le aveva comprato quel libricino, era non aveva mai
perso un pizzico d’affetto per quel libro.
“Rhiba, ti sei riempita troppo per un gelato party?”
disse il papà.
“Cosa? No! Si, si, dai, un gelato party, con quale film?”
chiese eccitata Rhiba.
“Assolutamente no, hai gia mangiato abbastanza Rhiba”
disse sua madre.
“Guastafeste” pensò Rhiba. Perché doveva
sempre rovinare tutto?
Shonda e Liana entrarono in casa. Prima di tutto appoggiò
le borse della spesa e poi salutò Poppy, il suo cane, che
scodinzolava felice. Amava giocare con lui, l’aveva adottato
quando aveva 11 anni, era in un canile in condizioni pessime, non sa
neanche lei come abbai fatto a salvarlo. Zoppicava e ed era piuttosto
conciato.
“Ciao Poppy, vuoi il tuo osso di gomma preferito? Mamma,
dov’è l’osso di Poppy?” chiese Liana.
“Ehm… credo che sia… umpf, oh, non me lo
ricordo, guarda un po’ in giro” disse la madre. Non aveva
mai avuto un eccesso di memoria, ma neanche mancanza, quando voleva.
“Liaaaaa, io lo so dov’è” disse Shonda.
“Avanti, quali sono le condizioni?”ormai si capiscono
a vicenda. Di solito erano condizioni un po’… spinte?
“Beh, hmmmm….. ecco! Devi dire “Shonda è
una dea stupenda e non potrei vivere senza di lei” allora?”
disse Shonda.
“Sei cattiva, Shonda!” sbuffò la sorellina.
“Dai…” la incoraggiò Shonda.
“Uffa… “Shonda è … una diavola e
tutti vorrebbero vivere senza di lei” disse contenta Liana.
“Ehi!”
“Lo sai che io capisco il contrario di quello che dici,
l’hai detto tu!”
“Ci sono ri-cascata.. dai, è nello sgabuzzino, dietro
al cappotto di mamma” disse Shonda rassegnata
“Perché era dietro al mio cappotto?” disse
sospettosa la madre.
“Ehm… ecco..”
“Sorellina, sei ne guai” sussurrò Liana.
Mentre Rhiba stava controllando di aver fatto tutti i compiti
(anche se sapeva benissimo di averli fatti tutti) il cellulare
squillò. Era Shonda.
Non fece in tempo a rispondere che… “Rhiba, sono per
l’ennesima volta in punizione!”
Rhiba fece un lieve sorriso, si era appena liberata di una, e ora
eccone un’altra. “Che cosa hai combinato stavolta?”
“Ho messo l’osso di gomma bavoso di Poppy dietro il
cappotto di mia madre…”
“Ma che schifo,Shonda! E la pena?”
“Beh… per 1 settimana senza tv…”
“Hmmm … direi facile!”
“Beh… d’altronde non ho fatto poi tanto danno…”
“E io invece mi sono persa un gelato party di mio padre”
“Cosa? I mitici gelato party di tuo padre?”
“Esattamente. E indovina perché?”
“Tua madre non vuole…”
“Sei troppo intuitiva, dovresti fare l’indovina..”
“Non sono intuitiva, ti conosco troppo bene”
“Beh.. ora ti devo lasciare, questioni di bolletta”
“Oh, le conosco fin
troppo bene”.
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