Another Story

di Life is a book
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Prologo

Malefica era una fata. Aveva le pupille color giallo-verde, quasi dorate, cerchiate di nero e ciglia lunghe e sottili. Occhi che potevi rimaner a guardare per ore senza mai stancarti. I capelli erano neri e setosi, lunghi fino alle ginocchia. Ai lati del capo, crescevano due sporgenze incurvate, erano corna. Questo non rendeva Malefica meno bella, perché chiunque la guardasse rimaneva senza parole. La pelle diafana, tesa sugli zigomi alti e prominenti, le dava un aspetto quasi regale, incorniciata da delle labbra rosse e piene. Tuttavia, chi la vedesse per la prima volta si frenava, sorpreso, non per la sua bellezza, o per le sue corna, ma per le sue ali. Malefica aveva delle grandi, maestose ali che le sporgevano dalla schiena, in tutta la loro grandiosità. Quelle ali, sue più fidate amiche, la trasportavano in alto, tra le nuvole, dovunque volesse andare. Erano forti e robuste, ricoperte di una seconda pelle, più scura. Malefica era orgogliosa delle sue ali, che crescevano insieme a lei, e che lasciavano a bocca aperta chiunque.
Chiunque, però, è una grossa parola, perché le uniche creature che la ragazza conosceva erano gli abitanti della Terra Fatata. C’erano elfi, troll, fate, piccoli esserini magici. Tutti adoravano Malefica, le volevano bene, ammiravano la sua bellezza e la sua gentilezza. Era ancora una bambina, quando conobbe una creatura diversa da tutte le altre, che non apparteneva alla Terra Fatata. Un essere umano, un bambino, a dire il vero, della sua età circa. Egli vagava per la radura alla ricerca di qualcosa da mangiare, con gli abiti ridotti a brandelli e l’aria di chi non si lavava da giorni. Aveva i capelli sporchi e scompigliati, di un biondo pallido, slavato. Il suo viso trasmetteva tanta, tanta intelligenza dagli occhi vispi nocciola, sotto sopracciglia folte e sopra un naso un po’ adunco. I tratti del volto erano spigolosi, ma gli davano un’aria più seria e distinta, così che spesso lo scambiassero per un tredicenne, piuttosto dei suoi dieci anni. Il bambino non si spaventò quando vide Malefica, anzi le si avvicinò curioso e intrigato da quello strano individuo. Malefica, da parte sua, era un po’ timorosa di quel bambino sconosciuto che d’improvviso appariva alla Terra Fatata. Tuttavia, i ragazzini iniziarono a parlare e a scoprire cose sull’altro. Johan, questo era il nome del ragazzo, veniva dal regno di Re Augusto, dall’altra parte della barriera che divideva i due territori. Era figlio di una povera famiglia di contadinelli, con tre sorelle e un fratello. Disse che era lì perché era scappato da quella realtà, cercando un posto dove stare e pensando che la Terra Fatata fosse un buon posto per alloggiare temporaneamente. Malefica era divertita, e molto perplessa, del fatto che un bambino di soli dieci anni potesse credere di vivere da solo in chissà quale parte del pianeta. Pensava che lui fosse un po’ pazzo, o stupido. Diede ospitalità a Johan per la sera, poiché era già molto tardi e aveva ancora tante cose da raccontarle. La mattina seguente, entrambi si svegliarono di buon’ora e continuarono a parlare delle loro vite, tanto diverse. La stessa cosa accadde l’indomani, e il giorno dopo, e quello ancora dopo, finché passo una settimana e Malefica riuscì a convincere Johan di tornare dalla sua famiglia. –Saranno molto preoccupati per te- disse una volta –Sei loro figlio, dopotutto. Dovresti ritornare a casa tua e accontentarti di quello che hai- gli consigliò amabilmente. Quella volta Johan aveva trascurato l’argomento con un gesto della mano, ma la fata continuò a ripeterglielo di giorno in giorno, fin quando qualcosa riuscì a penetrare la mente ostile del bambino. Malefica non voleva certo liberarsi di lui, per una volta nella sua vita non si era sentita sola, ma sapeva che la sua famiglia ne aveva bisogno e che lui doveva andare. Il decimo giorno, Johan decise che era giunta l’ora di lasciare quel posto e, con rammarico, salutò affettuosamente Malefica, facendole una promessa –Ti verrò a trovare, mia cara amica. Né troppo presto, né troppo tardi, ma verrò e passeremo di nuovo dei giorni felici insieme.- e, detto questo, se ne andò. Da allora, la fata visse con quella promessa nella mente; ogni mattina, appena sveglia, correva subito al posto in cui aveva trovato Johan per la prima volta, ma lui non c’era mai. Né troppo presto, né troppo tardi, aveva detto.

Passarono anni dall’ultima volta che Malefica sperò di vedere nuovamente il suo amico. Credeva di essere sempre stata impaziente, ma oramai, dopo ben sette anni, aveva capito che la colpa non era sua, ma di Johan. Per cinque lunghi anni, ogni giorno si era recata alla Barriera, un muro di cinta, alzandosi in volo e sperando di vedere il ragazzo sorridente che da lontano la salutava. Non era mai successo e, due anni prima, aveva smesso di tornare alla Barriera e ne stava alla larga come se fosse questione di vita o di morte. Tutte le mattine, però, all’alba, il suo sguardo scorgeva quelle mura e ne era attratto, il suo istinto le diceva di controllare se, aldilà della Barriera, ci fosse qualcuno ad aspettarla, ma ogni volta resisteva, con il cuore spezzato e pieno di delusione, e voltava le spalle.





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