Note:
"Ve lo immaginate Malarkey padre?"
"Immaginate Michael, il piccolo ed Ian."
"Il primo compleanno compleanno del bambino ed Ian che lo tiene in
braccio accanto ai genitori."
"Michael che non sa come dire alla moglie che se la fa con Ian e per
avvicinarlo alla famiglia lo fa padrino del bambino."
Essere disagiate, avere amiche disagiate e leggere frasi del genere non
scaturisce nella mia mente buone cose. Infatti eccomi qui con un'altra
fanfiction. Tutto è iniziato per colpa di queste piccole
quattro frasi che hanno fatto scattare in me un desiderio di scrivere
di un Ian che va a trovare Michael, Nadine e il figlio nato, che non
sono riuscita e frenare.
Non so cosa ne sia uscito fuori, non è sicuramente il lavoro
di cui vado più fiera, ma è qualcosa.
Fatemi sapere che ne pensate!
Ovviamente dedico tutte queste 1618 parole alle pazze del gruppo IGBMM
<3
«Vieni qui piccolino!» esclamò Ian
appena entrato in casa. Non si era levato nemmeno il cappotto,
né aveva salutato nessuno. Sapeva che Michael e Nadine lo
aspettavano e aveva trovato la porta socchiusa. Era entrato e la prima
cosa che aveva visto era Daniel in braccio al suo papà.
Michael era scoppiato a ridere e si era avvicinato per affidare il
figlio di nemmeno un anno al suo migliore amico.
L’espressione di Ian era indescrivibile. Gli brillavano gli
occhi e al solo sfiorare quell’adorabile creatura un sorriso
gli sfociò in volto e un brivido gli attraversò
la schiena.
«È adorabile!» disse mentre lo cullava.
Osservava i suoi enormi occhi come quelli del padre che lo fissavano e
lo emozionavano come niente altro aveva mai fatto.
«Come il suo padrino» rispose Michael senza
abbandonare il tenero sorriso che alla vista del suo amico con in
braccio suo figlio era comparso sul suo viso.
Ian tremò un po’ al sentir sussurrare quella
parola. Era il padrino del bimbo più bello del mondo.
«Ciao Ian!» salutò contenta Nadine
appena entrò in sala.
«Ciao! Non smetterò mai di farvi i complimenti,
è stupendo» disse, guardandolo ancora con gli
occhi dell’amore. Non aveva mai saputo cosa significasse
diventare padre, ma la sensazione che si dovrebbe provare era
probabilmente simile a ciò che sentiva in quel momento.
«Gnee» urlò debolmente Daniel, mentre
con una mano cercava di sfiorare –o allontanare?- il viso di
Ian. Quest’ultimo afferrò la sua manina e il
piccolo gli strinse un dito. Ian scoppiò a ridere di
felicità e Michael e Nadine si scambiarono
un’occhiata, che il più grande tra loro,
notò. Ian, infatti, li guardò male.
«Che c’è?»
«Scusa, sei tenerissimo con Daniel in braccio ma abbiamo come
il timore che non ce lo restituirai più» rispose
Michael sorridendo ancora. La vista di un Ian così adorabile
gli scioglieva il cuore. Lo tenne in braccio un altro minuto, poi lo
restituì alla madre. Mentre lei si sedette sul divano, i due
uomini andarono in cucina a versarsi da bere.
«Com’è?» chiese Ian
all’improvviso. «Essere padre, intendo.»
Michael lo guardò con quei suoi occhi scuri e intensi che si
erano riempiti di vita e felicità alla nascita del figlio.
Ian non potette fare a meno di pensare che non c’era cosa
più bella di quelle due pozze profonde.
Il più giovane ci pensò un po’ su, poi
rispose: «Non credo sia un qualcosa che si possa spiegare a
parole. Non è solo amore, è quello, misto ad un
sacco di altre cose che nemmeno saprei definire. E la nascita di
quell’essere inizialmente così piccolo, ti cambia
la vita.»
Ian lo osservò stupito. Avere un figlio era uno dei suoi
desideri più grandi e non riusciva nemmeno ad immaginare
tutte le emozioni che avrebbe potuto provare alla sua nascita.
«Hai mai pensato ad un figlio… nostro?»
Disse l’ultima parola in sussurro, come se il solo
pronunciarla avrebbe potuto far crollare l’intero mondo. Poi
guardò Michael negli occhi e si perse in essi. Lui si, ci
aveva pensato anche più di quanto avrebbe dovuto. In certi
momenti si perdeva ad immaginare una vita affianco a Michael e ad un
figlio che sarebbe stato il loro. Poter godere della vista degli suoi
occhi ogni volta che guardava loro
figlio. Poterlo crescere con lui, poter essere una famiglia. Non
riusciva a pensare a cosa più bella.
«Ian…» mormorò
l’altro.
«Dimmi di si, Michael. Anche se sarà impossibile,
anche se ami Nadine. Dimmi che ci hai pensato mentre mi guardavi
tenerlo in braccio.»
Si erano alzati entrambi e ora si fronteggiavano. Gli occhi di Ian
erano quasi supplichevoli, in cerca di una risposta che avrebbe
rispecchiato i suoi pensieri e desideri. Che l’avrebbe fatto
sentire meno solo.
«Si.» Un flebile sussurro. Quasi inudibile. E una
mano che accarezzò lievemente la guancia destra di Ian,
mentre questo chiudeva gli occhi. Quando li riaprì, il tocco
dolce del suo amico era sparito e notò che questo si stava
avviando verso la sala.
«Michael» lo chiamò. Questo si
girò e si andarono incontro. Ian mise una mano sulla nuca
dell’altro e iniziò a grattare dolcemente. Michael
socchiuse gli occhi beandosi delle sue attenzioni. Non lo vide fare un
passo e posare le labbra sulla sua bocca. Sospirò quando i
suoi tocchi smisero di rilassarlo.
Stavolta fu Ian a lasciarlo in cucina e si avviò verso
Nadine, che aveva appena finito di allattare Daniel.
«Si è addormentato» sussurrò
lei, osservandolo con lo stesso amore con cui lo guardava Michael.
«Strano, di solito prima di farlo ci fa passare le pene
dell’inferno» disse con una risata. «Di
solito Michael prende la chitarra e gli canta qualcosa e
così lui dorme.»
«Già me li immagino» rispose Ian,
sognante. Quante volte aveva suonato e cantato anche per lui? Erano i
momenti che preferiva, quelli in cui erano da soli, chitarre alla mano
e la voce di Michael che scioglieva ogni tensione. Qualche volta ci
scappava anche un bacio o due, prima che entrambi affermassero che
dovevano smetterla, che Michael era sposato e stava per avere un
figlio. Poi però si ritrovavano sempre a rifare le stesse
azioni. Ian viveva di quei momenti, erano quelli che amava, che
sognava, che lo facevano sentire vivo. Non c’era mai stata la
malinconia del pensiero che un giorno avrebbero smesso, sapevano
sarebbe andata così. Si godevano quei piccoli istanti di
vita e quando tornavano alla realtà tutto sembrava un
po’ meno frustante.
Ora era arrivato, però, il momento. Il suo migliore amico,
di cui era, con ogni probabilità, innamorato, doveva
occuparsi della sua famiglia e Ian sarebbe stato con lui come
l’amico che era sempre stato e come il padrino del figlio di
quell’adorabile coppia.
Alzò lo sguardo quando Michael li raggiunse e i due si
guardarono qualche secondo, poi Michael guardò suo figlio.
Sorrise e si sedette vicino a sua moglie e accanto ad Ian. Prese Daniel
in braccio e lo tenne un po’ con sé, mentre Nadine
ed Ian lo guardavano con lo stesso identico sguardo.
Michael e Nadine iniziarono a raccontare ad Ian qualche episodio
divertente sul figlio e tutti e tre si persero tra risate e battute,
mentre Daniel passava dalle braccia del padre a quelle di Ian, a quelle
della madre. Negli occhi di tutti i presenti si poteva intravedere la
felicità pura, anche sul viso rilassato del piccolo. Ian si
chiese se si rendeva conto di essere circondato da persone che lo
amavano come non l’avrebbe fatto nessun altro.
Quando Daniel iniziò a muoversi ed emettere piccoli versi,
Nadine si offrì di portarlo in camera e tentare di non farlo
svegliare. Quando si chiuse la porta della loro stanza alle spalle, Ian
e Michael si alzarono.
«Ci vediamo domani sul set» disse Ian, porgendogli
una mano. Michael gli batté il cinque e poi fecero scontrare
i loro pugni, in segno di saluto, come facevano sempre. Ancora col
sorriso sulle labbra e il cuore leggero, Ian si avviò verso
la porta di casa.
«Era l’ultimo?» chiese Michael
all’improvviso, prima di lasciarlo uscire. Ian si
fermò, ma non si girò. «Il bacio. Non
me ne ruberai più tra una pausa sul set e l’altra
o mentre suoniamo? Non mi interromperai più mentre canto
solo per posare le tue labbra sulle mie?»
«Perché mi chiedi questo?»
«Perché quello aveva proprio l’aria di
un bacio d’addio.»
Ian sospirò, ma non rispose.
«Guardami negli occhi, Ian.»
Al sussurro del suo nome, così flebile e pieno
d’amore, non potette che fare ciò che gli era
stato chiesto.
«Si, era l’ultimo» riuscì a
sussurrare, prima che il miscuglio di verde e marrone dei suoi occhi
gli facessero perdere tutta la forza di volontà che aveva
accumulato per riuscire a dirgli quelle tre piccole prole.
«Perché?»
«Perché non ho mai visto un uomo tanto felice
quanto lo eri tu al fianco di Nadine con vostro figlio tra le
braccia.»
Stavolta fu Michael a sospirare. «Tu mi rendi
felice.»
«Posso renderti felice ancora, non ti sto dicendo che non
potrai più vedermi, ti dico solo che non potremo continuare
a baciarci come se tu non fossi un uomo sposato.»
«Non me lo hai mai detto, dimmelo ora.»
Ian sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo. Quante volte aveva
detto di amarlo facendo duemila giri di parole? E quante volte lo aveva
detto a quelli del cast, che lo amava? Fin troppe. Talmente tante che
entrambi avevano perso il conto. Ma non glielo aveva mai detto
direttamente guardandolo negli occhi e Michael in questo momento aveva
un fottuto bisogno di sentirselo dire. Fece un paio di passi avanti,
quelli che bastavano per fare in modo che potesse sfiorargli una
guancia. Lo guardò dritto negli occhi e morì un
po’, quando ci vide tutta l’intensità
che li caratterizzava. Morì un po’ dentro anche
Ian, quando vide il suo sguardo quasi supplichevole, bisognoso di
quelle due parole.
«Ti amo, Michael» sussurrò infine e vide
nei suoi occhi qualcosa.
Non riuscì a definire cos’era, ma era come se
tutto il casino che aveva dentro, fosse per un po’ placato e
lui si fosse rilassato. Ora i suoi occhi lo guardavano solo con
infinito amore.
«Ti amo anch’io.»
Ian sorrise, felice di sentire quelle parole che dentro di lui
scombussolarono tutto, nel modo più piacevole che potesse
esistere. Un po’ come la prima volta che si erano baciati,
che erano circondati da quell’atmosfera di leggero imbarazzo
e dall’amore che iniziava a sbocciare. Ora
l’imbarazzo era stato sostituito dalla sicurezza dei loro
sentimenti e l’amore era al culmine del suo potere.
Prese la mano di Michael nella sua e la spostò dalla sua
guancia.
L’ultima cosa che vide prima di andarsene, fu il sorriso
innamorato del suo migliore amico.
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