Ma nemmeno Ali salì sull’autobus. L’automezzo si fermò
davanti a lui e ripartì, mentre l’uomo continuava a fissare l’angolo dietro al
quale aveva visto scomparire il suo adorato figlio. Quanod Hassan si era
allontanato, seguendo malinconicamente Assef, Ali aveva avuto una sorta di
premonizione, un brivido gelido lungo la schiena che gli aveva fatto pensare
che non avrebbe mai più rivisto il suo bambino.
Improvvisamente prese una decisione: sarebbe tornato
indietro, non importava quanto tempo e quanta fatica ci sarebbero voluti.
Avrebbe fatto ritorno a casa di Baba e gli avrebbe spiegato come stavano le
cose, supplicandolo di intervenire in qualche modo, di andare a riprendere
Hassan e di non lasciarlo nelle grinfie di quel ragazzo malvagio e perverso.
Sapeva che non avrebbe mai potuto rivelare a Baba tutta la verità, Hassan
glielo aveva fatto promettere fra le lacrime durante quella notte terribile di
pochi mesi prima, ma avrebbe comunque potuto raccontare che Assef non faceva
che perseguitare suo figlio ed Amir ovunque andassero, che aveva cercato più
volte di far loro del male e che, se aveva preso Hassan in casa sua, certo era
per qualche scopo crudele.
Amir era chiuso
nella sua stanza, seduto alla scrivania e sfogliava un libro senza riuscire a
concentrarsi sulle parole. Continuava a rileggere la stessa frase senza capirne
il significato. In realtà davanti agli occhi non aveva la pagina del libro,
bensì la macchina di Baba che si allontanava sotto la pioggia, portando via per
sempre Hassan dalla sua vita.
Si ripeteva che
aveva fatto bene, che in quel modo Assef non avrebbe mai più potuto avvicinarsi
ad Hassan per fargli del male e che aveva agito nel modo più giusto. Ma una
vocina irritante gli rimbombava in testa ogni volta che tentava di trovare
qualche scusa plausibile.
“Meglio per
chi? Meglio per Baba, che da quando è tornato si è rinchiuso nello studio,
schiantato dalla perdita dell’amico più caro? Meglio per Ali, umiliato e
costretto a cercare rifugio da dei parenti che forse non lo accoglieranno con piacere?
Meglio per Hassan, mortificato e tradito da quello che credeva il suo amico?
Meglio per chi? Meglio solo per te, che hai allontanato chi poteva dire la
verità, meglio per il tuo senso di colpa. Meglio per te, meglio solo per te,
per quel piccolo egoista viziato che sei. Ti credi poi così migliore di Assef?”
gli ripeteva la vocina.
Amir si tappava
le orecchie, ma non poteva farla tacere, perché la voce non proveniva da fuori,
bensì dalla propria coscienza.
Quanto tempo
era trascorso da quando Baba era ritornato dopo aver accompagnato Ali ed Hassan
alla fermata dell’autobus? Due ore? Forse tre? Ad un tratto Amir udì bussare
alla porta.
Il suo primo
impulso fu quello di lasciar perdere, tanto ci avrebbe pensato qualcun altro ad
aprire; poi, con raggelante certezza, si rese conto che nessuno avrebbe aperto
la porta perché non c’erano più Ali o Hassan a poterlo fare. Quello fu il primo
momento in cui il ragazzino avvertì davvero il vuoto della perdita: niente
passettini affrettati, niente vocetta gioiosa ad avvertire dell’arrivo di un
visitatore. Niente, mai più.
Strofinandosi
bruscamente gli occhi per nascondere le lacrime, Amir si alzò dalla scrivania e
corse di sotto ad aprire all’importuno che continuava a bussare con insistenza.
Grande fu la sua sorpresa quando si trovò di fronte Ali, bagnato fradicio e
tremante, sfinito dalla fatica e con le sue povere cose ancora strette al
petto. Solo gli occhi sembravano mantenere una scintilla di vitalità e lo
fissavano con qualcosa di molto simile all’odio.
“Tuo padre è in
casa, Amir agha? Devo parlargli immediatamente.” disse subito, senza
fingere deferenza verso Amir. Lo riteneva il primo responsabile di ciò che era
accaduto al suo povero bambino.
Amir era
talmente sbalordito da non riuscire né a muoversi, né a parlare. Sarebbero
rimasti lì per il resto della serata se Baba, che aveva udito bussare e poi la
voce, non si fosse precipitato giù a ricevere l’amico.
“Ali!” esclamò
con gioia “Sei ritornato! Sono felicissimo che tu abbia cambiato idea, ma come
hai fatto a fare tutta quella strada a piedi? La tua gamba… sei tutto bagnato,
entra, presto, prima di ammalarti. Ma… perché Hassan non è con te?”
Baba parve
capire in quell’istante che era avvenuto qualcosa di molto grave. Il volto di
Ali si rabbuiò e l’uomo si fece condurre in salotto quasi senza accorgersene.
“Non c’è tempo,
agha sahib, sono tornato per chiedere il tuo aiuto. So di non
meritare niente dopo quanto è successo, ma ora… si tratta di Hassan e tu devi
aiutarmi.”
I due uomini
non si erano accorti che Amir li aveva seguiti ed ora li ascoltava sempre più
pallido. Cosa era successo ad Hassan? Qualunque cosa fosse accaduta sarebbe
stata colpa sua, non poteva fingere di non saperlo. Forse era finito sotto
l’autobus o magari dei soldati lo avevano aggredito? La stanza cominciò a
girargli attorno vorticosamente.
“Stavamo
aspettando l’autobus quando è arrivato Assef agha e ci ha chiesto cosa
facevamo lì. Quando è venuto a sapere che io e mio figlio eravamo diretti in
Hazarajat si è offerto di prendere Hassan in casa sua, come suo servitore
personale.”
“Mi sembra un
bel gesto da parte sua.” commentò Baba che non poteva comprendere la
reale portata della notizia “La famiglia di Assef è molto ricca e immagino che
Hassan starà meglio con loro che in Hazarajat. Ti avevo già detto che non ero
affatto d’accordo con la vostra decisione.”
Amir pensò che
sarebbe svenuto o che avrebbe vomitato sul tappeto. Chi poteva prevedere una
simile mossa da parte di Assef? Era assurdo, grottesco… era come se glielo
avesse consegnato lui personalmente. Cosa aveva fatto? E Baba sarebbe riuscito
a rimediare?
“No, agha
sahib, tu non sai la verità!” insisté Ali, raggelando il sangue di Amir che
si vide smascherato “Assef si comporta sempre gentilmente davanti a te e alle
persone di riguardo, ma è un prepotente ed un arrogante con i più piccoli e più
deboli di lui. Molte volte, incontrandomi per strada, mi ha deriso ed offeso
per via della mia gamba, mi ha tirato contro dei sassi e sono anni che
perseguita Hassan e tuo figlio Amir. Li spaventa, li minaccia ed è giunto fino
al punto di picchiare Hassan perché aveva difeso Amir.”
Baba non sembrò
particolarmente colpito da queste parole.
“Assef è un
ragazzo, Ali, non dimenticarlo. Ha solo un anno o due più di Amir e può
sbagliare e comportarsi male come tutti i ragazzi.” rispose, minimizzando
l’intera faccenda “Certo non mi fa piacere sentire che ti ha offeso o che ha
picchiato Hassan, ma non è la prima volta che tuo figlio torna a casa pesto,
graffiato e sanguinante per aver difeso Amir, visto che lui non sa farlo da
solo. Non sono cose edificanti, questo è vero, ma anch’io ai miei tempi avevo
un brutto carattere e ho fatto spesso a pugni con altri ragazzi. Assef ha
personalità, cosa che ad Amir manca totalmente. Indubbiamente certe volte avrà
esagerato, ma crescendo maturerà. Non penso affatto che abbia preso in casa
Hassan per continuare a perseguitarlo o a fargli del male, è più probabile che
abbia semplicemente voluto fare uno sgarbo ad Amir.”
Sembrò
accorgersi solo in quel momento della presenza del figlio nel salotto.
“Ah, sei qui?
Tu cosa ne pensi, Amir? Non hai mai dimostrato grande simpatia per Assef e
forse ora ne capisco la ragione, ma non vorrai davvero farmi credere che Hassan
corra dei pericoli in casa sua?”
Sotto lo
sguardo duro di Baba e quello intenso di Ali, Amir non poté fare altro che
continuare a mentire.
“No, io… non lo
credo. Però forse dovresti andare a parlarci tu, così vedresti se Hassan sta
bene oppure…”
“Hai una bella
faccia tosta a preoccuparti di Hassan dopo aver fatto tutto ciò che potevi per
mandarlo via. Io sono certo che si troverà molto meglio a casa di Assef che qui
con te in balia dei tuoi capricci. Ad ogni modo andrò a parlare con Assef per
tranquillizzare Ali, ma ad una condizione.” concluse Baba “Tu, Ali, dovrai
tornare a lavorare per me e non voglio mai più sentirti parlare dell’Hazarajat!
Se Hassan è a servire in casa di Assef non c’è più motivo che anche tu debba
andartene, in fondo il vero problema era lo strano atteggiamento di Amir nei
confronti di tuo figlio, non è forse così?”
“Farò quello
che vuoi, agha sahib, ma ti supplico, pensa tu al benessere di Hassan.”
rispose Ali, ben poco tranquillizzato.
Amir ritornò in
camera sua e si buttò sul letto sentendosi soffocare. Aveva sbagliato tutto,
aveva buttato Hassan nelle grinfie di Assef e adesso chissà cosa gli sarebbe
accaduto? Dopo quello che era successo quell’inverno potevano aspettarsi di
tutto da Assef. Perché lo aveva mandato via? Perché aveva voluto credere che
fosse la scelta migliore per tutti, quando invece lo era solo per lui e per i
suoi rimorsi?
Rivedeva
attorno a sé Hassan sorridente, Hassan premuroso che si occupava di lui, che si
batteva per lui, che gli chiedeva una nuova storia, che si allontanava
addolorato ogni volta che lo trattava con freddezza… Era il suo amico, sì, il
suo amico, non solo il suo servo… e lui lo aveva tradito in tutti i modi
peggiori che si potessero immaginare.
Nel frattempo
Assef aveva portato Hassan in casa sua e, dopo aver chiarito che il piccolo servo
sarebbe stato di sua esclusiva proprietà e che avrebbe dovuto rispondere solo a
lui, lo aveva condotto nella sua stanza. Aveva fatto sistemare il materasso e
le povere cose di Hassan nel ripostiglio attiguo alla sua camera, uno stanzino
lungo e stretto con solo una piccola finestrella in fondo. Assef vi teneva gli
abiti e adesso ci sarebbe stato anche il suo servo. Lo voleva a disposizione in
qualsiasi momento e per qualsiasi cosa gli fosse venuta in mente di fargli
fare.
“Adesso tu
appartieni solo a me e dovrai obbedirmi in tutto.” gli disse, fissandolo con
uno sguardo glaciale “Se ti comporterai bene anch’io ti tratterò bene, ma vedi
di non farmi arrabbiare, ci siamo capiti? Altrimenti sarò costretto a punirti.”
Hassan,
terrorizzato, fece segno di sì col capo. Sperava ancora che fosse tutto un
incubo e che presto si sarebbe risvegliato nella sua casupola, al fianco di suo
padre. Non poteva essere finito davvero nelle mani di Assef.
“Mangerai in
cucina con gli altri servitori, ma non dare confidenza a nessuno e appena hai
finito torna subito nella mia stanza. Anche quando io non ci sarò voglio che tu
lavori qui e solamente qui. Non provare a fare il furbo approfittando della mia
assenza, perché lo verrei a sapere e te ne farei pentire. Sono stato chiaro?”
Il bambino
annuì di nuovo.
“Molto bene.”
concluse Assef “Puoi cominciare subito il tuo lavoro. Come vedi ci sono le
scarpe da lucidare e tutta la libreria da spolverare e mettere in ordine. Se
farai bene il tuo dovere sarai ricompensato. Io sono una persona giusta, anche
se non lo credi ancora.”
Con quelle
parole il ragazzo uscì dalla stanza lasciando solo un Hassan in preda al
panico. Non riusciva a credere che Assef avesse davvero bisogno di un altro
servitore e si chiedeva quali fossero in realtà i suoi veri obiettivi.
Ma lo sapeva
Assef: era riuscito a strappare all’odiato Amir il suo servetto e ora li
avrebbe avuti entrambi in pugno. Già pregustava quanto si sarebbe divertito nei
giorni a venire, tormentando in un modo del tutto nuovo quei due piccoli screanzati!