Klondike, cargo da trasporto.
Destinazione: Pianeta
2, Luna
Anno 2087 d.t.
“Harlan! Tira giù i piedi da quella fottuta consolle!”
Nel silenzio della piccola plancia la voce di Leroy si perse
nel vuoto.
Dagli auricolari wireless del suo compagno proveniva uno
stridio di heavy metal da far accapponare la pelle.
“Preverte!!” gridò a squarciagola, desiderando strangolarlo
con le proprie mani.
L’uomo aprì appena un occhio e si girò lievemente. “Perché mi guardi così?”
L’irritazione proruppe per un istante dagli occhi del co-pilota,
fulminandolo sul posto. Con un grugnito nervoso gli diede un calcio,
costringendolo a riportare i piedi in terra.
“Ma stavo comodo!” sbottò
guardandolo male.
Il fracasso di chitarre elettriche si accentuò, mentre si
toglieva le cuffiette con un gesto veloce e si risistemava sulla postazione da
pilota.
“Quante volte ti ho detto che non devi mettere i tuoi fottuti
piedacci sul quadro comandi?! L’ultima volta hai
causato un’avaria e per poco il cargo non esplode! Quelli dell’assicurazione ci
hanno fatto un culo tanto, per colpa tua!!”
“Io non me lo ricordo” borbottò l’uomo soprappensiero, con quell’aria innocente che mandava sempre in bestia il suo
compagno, Leroy Banks.
“Certo che non lo ricordi!Me li sono dovuti sorbire io! Hai
dato forfait quel giorno, brutto bastardo!”
Leroy era fuori dalla grazia di dio. Harlan sollevò di poco
gli angoli della bocca e si strinse nelle spalle. “Prendila bassa,
amico!”
“Prendila… bassa?” domandò perplesso dalla sua espressione.
“Si...datti una rilassata! Se esplode
davvero, non avrai neanche il problema di litigare con quel coglione di Dominici”
esclamò soddisfatto, rimettendosi gli auricolari e battendo un piede al ritmo
incessante.
Con un grugnito d’isteria trattenuta, Leroy si alzò per
controllare il carico…doveva trovarsi un passatempo: quei trasporti erano di una
noia mortale e di certo il suo compagno non lo aiutava.
Gettò un’occhiataccia a Harlan comodamente sbracato sulla
poltrona nera da pilota, inguainato in una tuta bordeaux come lui.
Maledetto rompiballe!!
Si tirò su la zip con un gesto
deciso, coprendo la maglietta nera di etermex.
Tuta bordeaux e maglia nera. Il distintivo
dei piloti dei carghi, classe X, addetti ai rifornimenti del Pianeta 2.
Digitò in fretta e per l’ennesima volta, la combinazione sul
pannello rosso di plexiglas attivato a pressione. Con un fruscio metallico il
portellone si aprì facendolo rabbrividire.
Brr...ma senti tu! Pensò Leroy
strusciandosi le braccia con le mani. Fece un veloce giro per la stiva e annotò
mentalmente la situazione. Tutto a posto. Come se il cibo se ne
andasse a spasso per il deposito da solo!
La tuta isolante sembrava non funzionare, dentro quel magazzino
gelido del cavolo!
Tornò nella piccola plancia imprecando fra sé per la
lunghezza del viaggio. Una settimana per portare gli alimenti a quei rifiuti
sul Pianeta 2… era decisamente troppo! Soprattutto quando
hai un compagno come Harlan!
Gli rivolse un’altra occhiata irritata: il colpevole
perdurava nella sua espressione paradisiaca, canticchiando sotto voce.
La spia rossa! Brutto deficiente, neanche l’aveva vista!
Con uno strattone violento, strappò le cuffiette dalle
orecchie del collega e gli urlò in faccia.
“Idiota! La spia è accesa, siamo
arrivati! Ti vuoi dare una svegliata e deciderti a lavorare?!” lo sferzò nervoso, dandogli un colpo di striscio sulla testa.
“Se se..”
commentò il pilota sbuffando. Posò gli auricolari e
con un con un gesto veloce, afferrò la cuffia blu e argento di Ferix.
Grande tecnologia Bluetooth: era stata incorporata in tutti computer
esistenti al mondo. La Apple
era rifiorita da alcuni anni a quella parte e aveva invaso il mercato mondiale,
sorpassando la Microsoft che arrancava per riemergere, dopo essere distrutta
dal secondo violento terremoto.
In dotazione ai piloti dei carghi, vi erano anche dei
palmari personali. Su di essi doveva essere riportata
ogni variazione, anomalia e cambiamento nello stato di servizio del proprio
cargo.
Cosa che Harlan
dimenticava periodicamente di fare.
Sistemò attorno all’orecchio sinistro la cuffia e cantilenò
per l’ennesima volta il suo monologo stanco “ Klondike
in fare d’attracco. Codice d’identificazione 476”
Dalla cuffia provenne una voce metallica
“ben arrivati, Klondike, i ragazzi hanno parecchia fame!”
“Tzè..quei
rifiuti! Secondo me, lasciarli morire di fame sarebbe la cosa migliore!” grugnì Leroy con un moto di disprezzo verso il pianeta
mentre digitava le coordinate d’entrata.
Quella frase lo fece ribollire per l’ennesima volta! “Che testa di cazzo che sei!” borbottò Harlan guardandolo
male. Quelli stanno messi molto peggio di noi!”
“Meriterebbero la pena di morte!”
Si lanciarono un’occhiataccia reciproca, lasciando stare a vicenda, le convinzioni ‘errate‘ l’uno dell’altro.
“Attracco effettuato, rifornimenti
al deposito tre” esclamò Harlan nell’auricolare, slacciandosi la cintura e
alzandosi irritato.
Sorpassò velocemente il compagno afferrando l’ordine di
consegna e dirigendosi verso la stiva. Aprì il gigantesco portello, facendo un
rumore infernale. Dall’ altra parte, gli addetti al trasporto e le guardie
carcerarie lo aspettavano per cominciare a scaricare gli approvvigionamenti.
Un moto di simpatia provenne da Harlan, seduto su una cassa
vuota. Li guardava uno per uno, stentando a scrollare la testa.
Il pianeta 2
Bel tripudio di umanità! Pensò
disgustato.
Era iniziato tutto nel 2007: un terremoto al largo delle
coste del Mare del Nord, aveva interrotto il sonno
degli anglosassoni facendoli tremare di paura. Il giorno dopo il Regno Unito
era sparito...inghiottito dalle viscere della terra mentre un’onda gigantesca
si era levata radialmente, sommergendo metà Scandinavia e Groenlandia.
L’Islanda scomparve dalle cartine geografiche. I crateri
eruttarono e i geiger soffiarono, riducendo l’isola ad un ammasso nero. La
gente morì ustionata dal vapore levatosi dal terreno che si spaccò
inaspettatamente sotto i loro piedi.
Finì com’era cominciato. Improvvisamente. Lasciando il mondo
nel caos.
L’isteria di massa dilagò negli stati limitrofi ai disastri.
Le due più potenti nazioni si accusavano l’un
l’altra. I danni economici e monetari furono ingenti…ma niente al confronto
della catastrofe che si presentò agli occhi degli scienziati.
L’ecosistema era stato distrutto, le zone equatoriali si
erano spostare, provocando la desertificazione di aree
precedentemente classificate come paradisi terrestri. L’Africa fiorì
inaspettatamente. L’Europa morì sotto una morsa di ghiaccio proveniente dalla Siberia.
Mentre la gente periva o impazziva di terrore, un secondo
terremoto, più violento del primo, spostò di 30 km il Giappone nel mezzo dell’ Oceano Pacifico. L’Indonesia fu spazzata via da uno Tsunami che fece 4 volte il giro del mondo.
I geologi che stavano raccogliendo campioni minerali in
Antartide, si ritrovarono inspiegabilmente una mattina ad osservare con i loro
potenti binocoli, un punto lontano. In porto di Sidney...in Australia.
La terra rossa gelò nel giro di una settimana. L’intera
fauna si estinse completamente…quanto si incazzarono quelli
di Greenpeace?!
La situazione era diventata insostenibile, la gente si
ammassava come meglio poteva e continuava a morire ogni giorno per il freddo e
la scarsità di cibo.
Cercavano di spostarsi verso le zone più calde, in una
disperata corsa contro il tempo.
I governi erano impotenti allo sfacelo ecologico che si
stava presentando ogni giorno più grave.
Nel 2005 era stata inaugurata la prima stazione spaziale. Ancora
allo stato sperimentale, poco affidabile, ma i più ricchi decisero di partire lo
stesso in cerca di salvezza.
Non fu una buona soluzione.
Nel maggio del 2010, la stazione cominciò a dare segni d’avaria.
Esplose e i frammenti caddero sulla terra, distruggendosi a contatto con
l’atmosfera. Il pezzo più grosso precipitò nel bel mezzo dell’Arabia Saudita,
esplodendo del tutto.
Nel 2037 la situazione cominciò a stabilizzarsi. Se così si può dire. Gli scienziati costruirono una nuova
stazione, la Dawn, che richiese anni di lavoro e miliardi di dollari, euro, rubie, marchi.
Fu messa in orbita dalla rediviva Nasa,
andata distrutta da un frammento della stazione primitiva.
Nei viaggi spaziali non tutti sopravvissero. La popolazione
che partì, fu decimata dal lungo viaggio e dalle condizioni di volo.
I cadaveri furono semplicemente scaricati nello spazio.
Quelli che rimasero sulla terra, sopravvissero come meglio
poterono, ricostruendo, quasi dal nulla un‘economia devastata.
Ristrutturate le città, i nuovi frutti che fiorino dalle
aree precedentemente desertificate,
furono la loro salvezza.
Nel 2076 la terra era di nuovo nel caos. La criminalità
dilagava dappertutto. La gente sembrava essere tornata all’età della pietra.
I governanti, al sicuro sulla stazione spaziale,
instaurarono un regime duro sulla Terra. Vietarono tutte le armi, ma ciò non
impedì agli abitanti di costruirne di primitive e in ogni modo letali.
La Luna era stata finalmente colonizzata tre
anni prima, ma le culture idroponiche erano insufficienti a mantenere
stabilmente un seppur piccolo numero di persone.
Le prigioni traboccavano. Fare due più due
fu semplice: si decise di ‘deportare’ i detenuti
sulla Luna...anzi sul pianeta 2.
Che gran fantasia, pensa Harlan
mentre osserva i prigionieri scaricare le merci.
Ci sono anche donne, là in mezzo, nota
sorpreso. Non si fa distinzione, non esistono
settori separati per maschi e femmine.
Cristo, non vorrei essere al loro posto!
Dopo un primo controllo sulla ‘prigione’,
i governatori lasciarono che il caos prendesse
il sopravvento anche sulla Luna. Alzarono le spalle
distratti, infischiandosene se si ammazzavano a vicenda. Chiudevano gli
occhi ma bloccavano le notizie che riuscivano a trapelare sulla Terra.
La sorveglianza era estrema. Nessuna nave doveva lasciare il Pianeta 2 senza autorizzazione e solo poche riuscivano ad
ottenerla.
La Klondike era una di queste.
Harlan e Leroy trasportavano da mesi gli approvvigionamenti
a quei poveracci. Ogni volta ricevevano un codice identificativo diverso.
Deposito 3, corridoio f
Dawn. Dawn. Dawn. Dawn.
La ragazza continua a ripeterselo in mente. Non sa perché
deve andare sulla stazione. Non ne ha la più pallida idea. Non ricorda chi è.
Sa solo che si chiama Amora e che deve recarsi al più presto sulla stazione
orbitante. Deve prendere qualcosa o deve lasciare qualcosa? Non lo ricorda, ma
sa per certo che quando si troverà sul posto le verrà in mente.
Il cargo è arrivato.
Sbircia dalla porta socchiusa, trattenendo il respiro.
Le sue mani formicolano e continuano a grattare il muro del
deposito, rompendosi le unghie sporche.
Il distorsore funziona. Non sa come sia riuscita a farlo, ma
l’ha fatto.
Il pilota del cargo è ancora seduto sulla cassa. Amora lo
osserva da un mese. Ha bisogno del suo aiuto. La deve portare sulla Dawn.
Attiva il Distorsore che sibila lievemente e lo fissa alla
cintura. E’ riuscita a rubare una tuta protettiva e isolante ad una guardia.
Continua a guardare il portellone d’acciaio alzato. Quando il pilota salta giù dalla cassa, vuol dire che hanno
finito.
Amplia l’onda del distorsore. Che
vuol dire ampliare? Amora non lo sa, ma deve muoversi.
Apre la porticina di ferro e s’incammina verso la Klondike
tremando. Ha un disintegratore, un DG ZF3 con se e spera di non doverlo usare. Almeno non su quel pilota che sembra quasi provare pena per loro.
Si avvicina ad una guardia. Amora trattiene il respiro e le
passa davanti. Non l’ha vista. Allora funziona davvero!
Un filo di speranza avvolge il cuore della ragazza. Ha paura, è molto nervosa. Se la
scoprissero la disintegrerebbero sul posto.
Il pilota sta per chiudere il portello; si affretta per
raggiungerlo e il distorsore traballa per un attimo, un lieve sfarfallio che
causa agli occhi delle guardie un’allucinazione visiva.
Hanno visto una donna correre per un istante. Si voltano
intorno più volte, caricando le armi.
Harlan getta loro un’occhiata e con una smorfia perplessa
sigilla il portello.
Amora si addossa alla parete della stiva restando immobile.
Il distorsore le è quasi caduto mentre correva. Ha il cuore che sembra sul punto
di scoppiarle nel petto.
Osserva il pilota che oltrepassa il magazzino in fretta, la
fa troppo freddo anche con la tuta isolante.
Gli va dietro tremando. Ha paura che se la scopre la faccia
arrestare. Stringe il dispositivo in mano con forza. Harlan fischietta, aprendo
la porta della plancia con una veloce pressione manuale sul pannello di plexiglas
rosso. Amora impara a memoria il codice che sta digitando.
Non riesce quasi a respirare mentre si siede in fondo alla
stanza e osserva i due uomini.
“Mi fanno una pena!” commenta il pilota al suo compagno
“A me no! Se stanno la, un motivo
ce l’hanno!” sbotta l’uomo calvo e ben piazzato sulla poltrona di destra.
“Ma che ne sai! Ti arrestano anche
se rubi un pezzo di pane, di sti tempi! Ma cazzo, Banks! Un cuore non ce l’hai?”
Amora lo vede alzarsi per cercare qualcosa. Si allontana
lievemente quando lo vede venire dalla sua parte e aprire una scansia a
pressione.
Harlan alza per un attimo la testa. Ha sentito qualcosa.
Come un gemito.
“Sei stato tu?” domanda serio a
Leroy
“A fare cosa?”
“Ho sentito una specie di singhiozzo” mormora guardandosi attorno.
La ragazza si porta una mano alla bocca trattenendosi. Se si
fosse spostato di qualche centimetro l’avrebbe
scoperta sicuramente. Il distorsore ti rende invisibile, non impalpabile.
Funziona in base ad un meccanismo semplice: proietta un
fascio di onde elettromagnetiche con una frequenza
tale da interferire con la luce bianca. Ti rende invisibile all’occhio umano.
“Mah...me lo sarò sognato!” decide il pilota alzandosi e
tirando fuori dei minidischetti.
“Che ne dici di un po’ di tecno-pop?”
gli domanda allegro, risistemandosi sulla poltrona
vuota.
“Te la faccio ingoiare, se ti azzardi a ficcare quel
dischetto la dentro!”
Detto fatto, dopo un secondo un ritmo scatenato invade la
cabina di pilotaggio. Amora sorride. Era da tanto tempo che non sentiva la
musica.
chiedo supporto delle grandi autrici come Noesis, L_fy e Mucchilla!voi che siete dee della fantascienza che ne dite di sta schifezza?!