CAPITOLO 24: LA CONVOCAZIONE
Nuovo capitolo! Questo sarà diverso dai precedenti, per il
semplice fatto che non muore nessuno.
Ringrazio chi legge soltanto, ma soprattutto ringrazio:
XIllidan: Zhai non perde mai la sua femminilità, vero?
XGiodan:
Un po' troppi, he? Ma c'è un motivo ben preciso se non
si sono stancati, infatti...beh lo scoprirai tra una quindicina di
capitoli, oppure te lo spoilero!
"Gli Oni e gli altri si sono proprio dati
da fare!" -
pensò Onimusha dopo aver condannato alle pene dell'Infermo
l'ultimo uruk-hai.
Il dio si stiracchiò un attimo.
"Oggi ho ne condannati 20000, tra mostri e uomini. Direi che per il
momento possa bastare."
"Divino Onimusha." - lo chiamò un Oni inchinandosi.
"Sì?"
"Ci sono visite."
Con un nitrito, un enorme cavallo infuocato atterrò davanti
al dio.
Il volto di un ragazzino che
dimostrava dodici anni si specchiò nell'elmo dorato di
Onimusha.
"Ciao zio!" - lo
salutò da sopra il cavallo.
"Hakudoshi."
Il giovane, messaggero degli dei, aveva i capelli lunghi e bianchi,
l'espressione scaltra e gli occhi viola. Addosso portava un kimono
bianco-violaceo.
"Valinor e gli altri ti vogliono vedere. Ti conviene andare, sai che
odiano aspettare."
Onimusha annuì.
"Ho capito. Va."
Portato a termine il suo compito, il ragazzino dette un colpetto sul
collo del cavallo, che si alzò in volo e partì al
galoppo.
Il Dio delle Tenebre lo fissò mentre spariva verso l'alto.
Non
gli era mai piaciuto, quell'Hakudoshi: era identico a suo padre Naraku.
Anche la convocazione non lo aggradava di certo, dato che, con una
guerra
in corso, avrebbe avuto non poco lavoro.
Nel palazzo i tre dei stavano attendendo lo zio sui loro troni dorati;
i muri della
stanza erano azzurri, adornati di arazzi che raffiguravano gli dei in
lotta tra di loro. Spiccava la scena in cui Valinor sconfiggeva Gurlock
con i suoi fulmini.
"Onimusha è in ritardo!" - commentò.
"Rilassati, vedrai che sarà qui a momenti." - lo
rassicurò Leto prima di sorseggiare una bevanda - "Vero,
sorella?"
Elune non lo guardò.
"Sono qui."
Il dio si voltò e la bevanda gli andò di traverso
quando
vide che il dio non era venuto da solo: con lui c'era una giovane dea,
che accompagnava a braccetto.
La ragazza aveva i capelli lunghi e biondi, e gli occhi del colore del
mare. Indossava un'elegante veste arancione, ed aveva un'aria calma e
seria. Cosa strana per una dea come lei, la Dea dell'Amore.
I membri del consiglio fissarono i due qualche istante: prima
l'imponente dio, poi la giovane dea, che, al confronto di Onimusha,
sembrava poco più di una bambina.
"Perché hai portato anche tua nipote?"
"L'ho incontrata mentre venivo qui. Minako è venuta
perché voleva parlarvi."
"L'ascolteremo dopo! Quanto a te, perché ci hai disubbidito?"
"Prego?"
"Noi dei non dovevamo combattere!"
"Giusto."
"I tuoi soldati hanno annientato interi eserciti!"
"E con questo? Gli Oni sono dei?"
Nella stanza calò il silenzio.
"Lo zio è davvero astuto." - pensò la dea dai
capelli d'argento.
Leto dette un pugno al trono.
"BASTA!" - gridò il dio con i capelli scuri - "Onimusha!
Sono stufo di questa insolenza!"
La divinità prese uno spadone del colore del sole.
"Hai giurato di rispettare le nostre decisioni! E invece ti stai
facendo beffe di noi!"
L'arma fu puntata alla gola del dio.
"Devi giurare di servirci..."
Con un movimento tanto rapido che neppure i presenti riuscirono a
cogliere, il Dio delle Tenebre sguainò la spada blu,
colpendo quella del nipote, spezzandola.
"Quanta insolenza!" - disse.
Leto, umiliato e sconfitto, cadde in ginocchio.
Il più potente dei presenti lo fissò dall'alto al
basso, puntandogli il dito contro.
"A quanto pare anche gli dei supremi a volte commettono degli errori.
Minako..."
"Vai pure, zio."
Il padrone dell'oscurità se ne andò.
Passò qualche istante di silenzio. Poi la giovane dea disse:
"Perché insistete a non voler intervenire? Vi rendete conto
di quante vite si potrebbero salvare?"
"Non ti ci mettere anche tu!"
Ma la dea continuò imperterrita.
"Avevate giurato di governare per il bene dei mortali. Lo faceste
quando i nostri padri vi misero su quei troni. Ma vi state dimostrando
indegni."
"E che ti aspetti che facciamo? Vuoi che corriamo il rischio di far
scoppiare un'altra guerra? Tu non eri neanche nata, non puoi nemmeno
immaginare a quanta violenza abbiamo assistito!"
"E continuate ad assistervi. Mio padre Medivh mi ha
parlato di quella guerra, e adesso gli dei malvagi non hanno
più
le forze di combatterne un'altra. Le vostre sono solo scuse."
"Ma..."
"Come sai, i due dei malvagi più potenti sono scomparsi
durante
la guerra. Neanche Naraku può sperare di battere Onimusha, e
nemmeno i suoi fratelli. Ed
ora, con permesso..."
Minako si voltò, uscendo dal palazzo.
Una volta uscita, però, inchiodò: il suo cuore
cominciò a battere più forte e si
sentì gelare.
"Naraku!" - pensò.
I suoi due zii erano intenti a parlare.
"...quindi niente trucchi! Ti farò tenere d'occhio! Giuro,
se scopro che stai macchinando qualcosa..."
"Che diffidente! No ti fidi più neanche di tuo fratello
minore?"
"Ti ho rinnegato come fratello da molto tempo...da quando ti ho
sconfitto in duello!"
Il dio rimase impassibile, nascondendo la collera.
"Ha, c'è anche la nostra cara nipote!" - disse notando la
dea.
"Non cambiare argomento!"
Naraku non lo ascoltava più: era già di fronte a
Minako.
"Come mai da queste parti?" - le chiese alzandole il viso.
Onimusha gli mise la mano sulla spalla, facendo pressione.
"Controllati. Lo sai cos'hanno detto."
"Appunto. Quindi lasciala stare o non mi riterrò
responsabile delle mie azioni!"
Il dio si liberò con un movimento brusco.
"Di cattivo umore oggi, he?"
Naraku lanciò un ultimo sguardo alla giovane dea.
"Nostra nipote è davvero adorabile. Sarebbe un peccato se le
succedesse qualcosa."
Il fratello lo prese e lo sbatté contro il muro: gli occhi
d'argento si incrociarono con quelli infuocati.
"Tu toccala e non solo io, ma anche Medivh e Cenarius te la faremo
pagare. Nessuno è così folle di sfidarci!"
Naraku notò che l'alone che circondava Onimusha, di solito
blu,
stava diventando nero. Significava che si stava adirando.
"Non ho paura di voi."
"Non temi quindi né la morte né la sofferenza?"
"Tsk! Abbiamo parlato fin troppo."
Con uno strattone si liberò, ed entrò nel fastoso
palazzo.
"Vorranno assicurarsi che non trami nulla, ma con lui è
fiato sprecato!"
Onimusha alzò la mano verso il fratello, ma Minako lo
fermò.
"Zio...ti prego...no..."
Il dolce sguardo della nipote calmò il Dio delle Tenebre.
"Anf...a volte rischio ancora di perdere il controllo..."
Il dio accompagnò la dea nel palazzo di suo padre Medivh,
anch'esso nel Regno dei Cieli: il palazzo era magnifico, dai colori
dell'oro e dell'avorio, con un immenso giardino adornato con statue
delle divinità.
"Fratello." - lo salutò il Dio delle Virtù.
"Fratello." - rispose.
"Ciao papà!"
Minako corse in contro al padre, abbracciandolo.
Il dio accarezzò un attimo la figlia, poi si rivolse al Dio
delle Tenebre.
"Un richiamo, presumo."
"Sì. Volevano sapere perché i nostri soldati
avevano
distrutto interi eserciti. Ora però dobbiamo guidare con
astuzia
le loro mosse: dubito che gli dei malvagi resteranno con le mani in
mano. Invieranno demoni a supportare Saddler o a distruggere delle
città."
"Non temere. Faremo del nostro meglio."
"Ora devo andare."
Con un piccolo inchino in segno di rispetto si congedò.
Poco dopo Onimusha era tornato nel Regno degli Inferi, il cupo luogo
dove dimorava: freddo, buio e desolato, dove riecheggiavano
costantemente le urla dei dannati, torturati e sorvegliati dagli Oni.
"Questa guerra si fa sempre più feroce. Le mie armate sono
forti, ma non possono fare miracoli, e temo che altri dei
sguinzaglieranno le loro bestie, se non lo hanno già fatto.
Ho paura che tra poco succederà
qualcosa di molto, molto brutto."
Non so perché, ma non mi sento troppo convinto di questo
capitolo...voi che ne dite?
Beh, ci vediamo al prossimo capitolo, intitolato I GUARDIANI DELLA
FORESTA!
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