Figura 1
Le mie 101 figure di merda.
Entrai nella stanza.
Era piena di quadri con dei diplomi alla
parete.
La cosa più vistosa però stava sopra la sua scrivania: un cartello
enorme con sopra inciso "dott. G. Brown specialista in psicoanalisi"
Rabbrividì alla lettura di quelle parole.
Mi trovavo veramente da
uno psicanalista e per di più in una brutta giornata piovosa con i lampi e i
corvi e i pipistrelli e l'atmosfera giusta per un film su Frankenstein.
Il dottore si girò di scatto nella sua sedia girevole.
-"Lei dev'essere Lilly Kerson,
prego si sdrai nella poltroncina"-
Goffamente mi sdraiai nella poltrona, che devo dire era anche
comoda, e chiusi gli occhi. Per concentrarmi, ovvio.
D'un tratto, un possente braccio mi scosse le spalle violentemente.
-"Signorina, deve parlarmi non dormire"-
-"Oh, mi scusi, l'ho fatto davvero?"-
-"Ha dormito per un quarto d'ora"-
-" Oh, le chiedo ancora perdono"-
-" Non importa. Mi dica, perchè è qui?"-
Ne seguì una pausa imbarazzante nella quale cercai di riordinare i
miei pensieri per formulare una frase di senso compiuto, ma l'unica cosa che
uscì dalla mia bocca fu -"Faccio tante figure di merda"-
Il dottore spalancò gli occhi, non abituato a questo gergo
colloquiale giovanile, quindi decisi di metterlo più a suo agio formulando una
frase forse un po' più complessa.
-" All'inizio pensavamo fosse perchè ero molto goffa, ma poi
alcuni dottori dedussero che era un problema più grave e profondo di quanto
tutti pensassero. Quindi mi hanno mandato da lei"-
Il dottore annuiva e scriveva sulla sua cartellina ogni mia
singola parola e sorrideva, forse pensando che non sarei stato un caso così
grave, e che se la sarebbe cavata con alcune sedute e via.
Magari.
-" Bene, perchè non me ne racconta una?"-
-" Ne ho molte, la avverto"-
-"Parta da quella meno recente"-
"-Ok, se lo dice lei"-
***
Figura di merda n.1
-" Attendevo tutti gli anni la cena di lavoro di papà. Sa,
organizzano ogni anno una festa enorme in un castello antico e lussuoso dove
servono come minimo 46 portate di piatti vari e
di tipo medioevali. Per quella sera mi ero vestita con un vestitino nero
di lana fino a metà coscia, degli stivaletti con il tacco e i capelli lisci,
sciolti e lunghi sulle spalle. Mi ero truccata sostanzialmente poco, per non
dare molto nell'occhio a quella gente con la puzza sotto il naso. Ha presente
quelle signore con la pelliccia di volpe delle paludi fossilizzata nelle Alpi, che
si dipingono gli occhi di blu e mettono quel rossetto rosso Chanel acceso che
sembrano dei clown con la diarrea? Ecco, loro. Beh, appena giunti a
destinazione, davanti all'entrata del cancello c'erano proprio loro ad aspettarci. Erano tutte disposte in fila
lasciando al centro una specie di navata dove non persi l'occasione di
attraversarla trionfante. Mentre ci passavo attraverso le signore e i loro
mariti mi guardavano con degli occhi da omicidio e probabilmente mi avrebbero
voluto strozzare. Non riuscivo veramente a capire quale fosse il motivo finché
una signora con la minigonna e le calze a rete (da precisare con tutta la
cellulite che le usciva dai buchi delle calze come uno scolapasta) non salutò
con un inchino una persona dietro di me. Mi girai e vidi un anzianotto, quasi
pervertito, che salutava tutti. Mi guardò come per farmi cenno di salutarlo, ma
mi girai con fare presuntuoso, tanto per tirarmela un po', e proseguì la mia camminata.
«Tu sei Lilly, la figlia di Christopher, ma come sei cresciuta» mi
fermò la voce dell'anziano signore.
«Si sono io. Desidera?»
Vidi mio padre e mia madre correre verso di noi con aria
preoccupata. Appena giunsero tra noi mi afferrarono per un braccio e presero
parola.
«Lilly, lui è il padrone dell'azienda, il signor Wernest.Saluta il
signore per bene» disse mia madre dandomi una gomitata.
Penso che mia madre e mio padre avessero già preveduto ciò che
poteva succedere, e per fortuna mi fermarono appena in tempo prima che lo
chiamassi “vecchio pervertito”. Oh si dottore, lo avrei fatto, mi creda.
«Oh signorWernest, ma che piacere, che onore conoscerla, mi scusi
ma non l'avevo riconosciuta, sono mortificata» mi scusai.
In verità ho sempre odiato dare importanza a persone che non
conoscevo, ma in quel caso ne valeva il posto di lavoro di mio padre. Mi
spostai per far passare il vecchio e continuai la mia camminata.
Aspettai che tutti i vecchi fossero andati via e io rimasi per
ultima nella fila.
Appena il campo fu libero approfittai per fare la mia
sfilata sul tappeto rosso che si estendeva davanti a me.
Una gamba dopo
l'altra, mi sentivo una modella di Victoria's Secret, una specie di Barbara
Palvin.
Si, una Barbara Palvin che inciampa in un increspatura del tappeto.
Caddi con la faccia rivolta al pavimento e credo mi si fossero appiccicati ai
capelli dei cumuli di polvere perché iniziai a starnutire come un tricheco
raffreddato.
Con fare andicappato raggiunsi mia madre e mio padre, che stavano
tranquillamente prendendo un aperitivo con altre persone importanti.
Alla vista della scena dei miei con i bicchieri da cocktail
scoppiai in una risata quasi oscena che fece voltare tutte le signore,
Sopratutto quella che odiavo a morte: quella delle calze a rete e la cellulite
che le usciva come pongo.
Mi guardai intorno tanto per ambientarmi un po' nella stanza
enorme in cui mi trovavo.
Il mio sguardo di posò sul vassoio della pizza.
Ovviamente ad una cena di quel calibro la pizza era stata servita solo per gli
eventuali bambini.
E come può ben immaginare... Non persi l'invitante
occasione.
Il vassoio era centrato su un tavolino molto basso e colorato,
all'angolo della stanza, nascosto da tutto e da tutti, con delle sedioline
piccolissime intorno tutte colorate.
Cercai di sedermi nella sediolina azzurra nel modo più normale
possibile, ma finì per assomigliare ad un cammello indocinese alle prese con un
monociclo.
Per tutto il quarto d'ora che passai seduta in quella sediolina
azzurra, ogni persona che si avvicinava a me mi guardava strano. In seguito
capì il perché: come può ben vedere le mie gambe sono lunghe e finì per sedermi
a mo' di ragno, con le ginocchia che mi arrivavano alle orecchie.
-" È stata progettata per i bambini con età inferiore ai 3
anni"-
Sentì questa voce, al che alzai lo sguardo.
Dottore vorrei farle una domanda: ha mai provato la sensazione di
star facendo qualcosa di imbarazzante, inconscio e che la persona vicino a lei
è una delle più belle del pianeta?
Io mi sotterrerei. Ed era propio quello che avrei voluto fare in
quel momento.
Come le dicevo, avevo alzato lo sguardo, e mi ritrovo due occhi
verdi e un sorriso smagliante che mi fissano dall'alto.
La sua immagine era a dir poco perfetta. La mia... Ero seduta come
un ragno in una sedia progettata per i bambini di 3 anni con la bocca piena di
pizza e con del formaggio che mi colava dal mento.
-" PjdbiakcereLidclly"-
Scusi dottore, avevo la bocca piena e non sapevo cosa fare, quindi
anche il ricordo di quello che dovevo dire è un po' confuso.
Rise.
Si spostò i capelli che gli cadevano sugli occhi e mi tese la
mano.
-" Piacere Noah"-
Noah, Noah, Noah.
Quel nome mi rimbombò in testa per tre volte. Pensavo di sentire
tipo delle voci angeliche, ma era soltanto la signora con le calze a rete e la
cellulite che lo stava chiamando.
-"Scusa, è mia madre, torno subito splendore"-
In quel momento mi turbarono due cose:
1) Splendore? Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa. Ok ho finito.
2) La donna con le calze a rete e la cellulite del pongo era sua
madre? (Cioè, non mi fraintenda, penso sia ancora sua madre)
Continuai a fissarlo per un po' di tempo.
Era alto, molto alto. Aveva i capelli di un castano chiaro, quasi
miele, che gli cadevano spesso in fronte e che lo costringevano a spostarli
continuamente. Aveva il mare (con le alghe perché sono verdi) negli occhi, per
dire che erano stupendi. Portava uno smoking che devo dire, gli stava alla
perfezione.
Comunque non mi meravigliai del fatto che fosse venuto a parlare
con me. Ero l'unica sua apparente coetanea mentre attorno a noi c'erano solo
vecchiacci con la gobba. Anche se devo ammettere che ce n'era uno che sembrava
ne avesse due di gobbe. Vede?! La mia teoria sul cammello indocinese non
sbaglia mai.
Dopo aver parlato per un po' con la madre e qualche dromedario,
tornò vicino a me.
-" Ti va un drink?"-
Dottore, non potevo rifiutare nonostante la mia incapacità di
assimilare l'alcol, era un invito che non si sarebbe ripresentato mai più.
Quindi accettai.
Mi guidò verso il tavolo dei cocktail e ordinò uno di quelli
strani, con dei nomi esotici.
-" Tu che prendi?"-
Volevo fare anche io una bella figura dicendo il nome di un
cocktail molto "swag", quindi tutta sicura di me dissi...
-" Un succo d'arancia"-
Noah e il ragazzo al bancone mi guardarono storto per qualche
secondo.
-" Non si dimentichi l'ombrellino"-
Rimasero in silenzio.
-" Sa, mio fratello"-
Non ho nessun fratello a dire il vero, ma amo gli ombrellini dei
drink, ne faccio la collezione, se vuole un giorno gliela porto!
Comunque il ragazzo del bancone decise finalmente di darsi una
mossa e dopo cinque minuti di imbarazzante silenzio, arrivò un
mojito-tequila-samba-rumba-insommailnomedelcocktailchehapresoquelpezzodifigo e
un succo d'arancia che sapeva di limoni.
Parlammo del più e del
meno. E non mi trovò impreparata sull'argomento.
-" Ero una frana in matematica, ma l'unica cosa che ti so
dire è che l'unica cosa che riuscivo a fare erano i simboli"-
Presi un pezzo di carta e con il bagnato della cannuccia del succo
d'arancia (si, mi sono fatta dare pure quella) feci i simboli "+" e
"-"
-" Belli no?"-
Ecco come parlare letteralmente del più e del meno.
Si portò una mano sui capelli mentre non smetteva di ridere.
-" Stupendi. Come qualcuno qui stasera"-
Disse facendomi l'occhiolino e sorridendo avvicinandosi sempre di
più.
-" Non intenderai tua
madre spero"- risposi io innocentemente.
Sono cretina a volte, non capisco che i complimenti li fanno a me,
mi capisca.
Scoppiò a ridere per la milionesima vota in mezz'ora, tutta colpa
delle mie figure di cacca.
-" Greg fa un ottima tequila, ti va se ne ordino due?"-
Pensai seriamente poi di dover affrontare uno di quei programmi
per alcolisti anonimi dove ti siedi in cerchio con delle sedie stile
"barboni si nasce non si diventa", visto che non avevo mai provato un
alcolico in vita mia, a parte da piccola, quando bevvi la bottiglia di vino di
plastica che vendevano negli accessori per la cucina giocattolo. Mi diede alla
testa. Già.
-" Come vuoi"-
E in pochi minuti di imbarazzante
silenzio il barman ci servì due strani bicchieri.
Noah la bevve senza problemi, io
appena ne assaggiai un sorso la sputai su un tovagliolo dimenticandomi che il
tovagliolo era di carta leggera e che il liquido lo poteva attraversare
facilmente. E così tutto il cocktail si sparpagliò per terra dando luogo ad un
fenomenale e stupefacente nonché ironico "Lago di Garda 2 la vendetta,
prossimamente nelle sale cinematografiche e sui pavimenti".
Menomale Noah non se ne accorse e io
cercai di coprire tutto con il tacco e un sorriso disinvolto.
Poi però uno sciagurato e curioso
bimbo maledetto ebbe la brillante idea e la malasorte di guardare sotto il
tacco ed esclamò:
-" La tata ha fatto pipì sul
pavimento, che chifo"-
Ah dottore, lei non sa quanto avrei
voluto sciogliermi insieme alla tequila, non se lo immagina nemmeno.
E così la "tata" diventò
tutta rossa mentre metà sala guardava inorridita. Indietreggiai con passo
felpato andandomi a nascondere in bagno laddove nessun essere vivente mi
avrebbe mai trovato.
Ma sa, dottore, io non penso mai alle
conseguenze, di fatto mi ero scordata che il bagno non era la mia suite e che
qualsiasi signora sarebbe potuta entrare. O almeno pensavo soltanto le signore
potessero entrare.
Mi accasciai vicino al water cercando
un po' di consolazione da quel pezzo di marmo che non si dimostrava molto
loquace o affettuoso.
Sentì la porta bussare (cioè, hanno
bussato alla porta, non la porta che bussa alle persone non so se le è chiaro).
-" Tutto bene li dentro?"-
Era Noah. Era un sollievo sentire la
sua voce.
-" Come vuoi che vada? Sono
accasciata su un cesso, fai due conti"-
Rise.
-" Non per farti sentire ancora
più in imbarazzo, ma mi sa che non hai guardato bene la porta prima di
entrare"-
-" Che vuoi dire?"-
-" Sei nel bagno degli
uomini"-
***
La serata sembrava procedere
tranquilla e per qualche attimo mi ero illusa di poter superare indenne il
tempo che rimaneva prima di andarcene a casa a ronfare.
Ero seduta al tavolo 4 con i miei e
di tanto in tanto lanciavo qualche rapida e sfuggente occhiata a Noah, che era
seduto al tavolo del "vecchio pervertito" nonché capo dell'azienda e
ultimo ma non per importanza pure suo padre.
D'un tratto sentì una specie di
richiamo:
-"Lilly psst"
Sobbalzai come un idiota andando a
scontrarmi contro il cameriere che serviva la minestra di jota e non so quale
altro disgustoso essere. In seguito scoprì che la jota è un legume e non un
animale.
Insomma, la minestra si sparpagliò
sul parquet dell'800 insieme al cameriere che si muoveva come se avesse degli
spasmi al quanto satanici.
Mi alzai nel tentativo di soccorrere
il cameriere ma feci peggio visto che scivolai pure io in mezzo alla jota.
Allora arrivò mia madre che mi tese un braccio e mi trascinò in bagno.
-"Ora basta. Vuoi far perdere il
lavoro a tuo padre?"-
Guardai in basso sconfitta mentre mi
toglievo alcune alghe dalla spalla e dal fondoschiena.
-"Mi dispiace mamma, prometto
che starò più attenta"-
Detto fatto tornammo in sala con il
nostro miglior falso sorriso mentre alcuni inservienti ripulivano il pavimento
dalla jota.
Finita l'ultima portata io mia madre
e mio padre ci alzammo velocemente dirigendoci verso la porta per evitare che
io commettessi qualche passo falso e far perdere il lavoro di papà.
-"Andate via così presto?"-
Si avvicinò il vecchio pervertito con
Noah che sembrava più bello che mai.
-"Christopher, le voglio
presentare mio figlio Noah"-
Mio padre tese la mano al ragazzo
mentre sfoggiava uno dei suoi migliori sorrisi.
Nel frattempo, mentre mio padre
continuava a parlare con il signor Wernerst, Noah mi fece cenno di seguirlo.
Percorremmo un lungo corridoio
all'interno del castello con un lungo tappeto rosso.
In quel momento ero seriamente
preoccupata che la figura da modella di Victoria Secret di qualche ora prima
potesse riaccadere. Ma non fu così, Noah mi prese per la mano e mi guidò fino
al giardino principale del castello.
Aldilà delle mura che circondavano il
castello la vista era stupenda: c'era tutta la città sottostante illuminata dai
lampioni, dalle vetrine e dalle decorazioni natalizie.
Per una volta, dottore, rimasi senza
fiato: Noah e la vista erano le due cose più perfette che mi sarebbero mai
potute capitare nello stesso momento.
Noah soffocò una risatina.
-"Oh no, ti prego, dimmi che non
ho un filo di carta igienica che mi cade dal vestito"- esclamai
preoccupata vedendolo ridere.
-"No no, tranquilla, è solo che
è la prima volta che sono così sottopressione con una ragazza"-
Alla parola
"sottopressione" lo immaginai in una pentola a pressione che fischia
insieme alle patate, alle carote e alle zucchine con la maionese che fa mia
madre.
Scossi la testa per cancellare quello
strano pensiero.
-"Vorrei baciarti"- disse
all'improvviso Noah.
Dottore, lei non sa quanto disagio
provai in quel momento. L'imbarazzo era indescrivibile.
Noah si avvicinò lentamente mentre io
andavo in contro ad un arresto cardiaco, o al contrario, ad iperventilazione
visto che ero terrorizzata dal fatto che non avevo mai baciato nessuno, a parte
il gatto in una notte di sonnambulismo pensando fosse Zac Efron.
Le sue labbra si appoggiarono
lentamente alle mie e di colpo mi pervase un vortice di farfalle nello stomaco
(anche se penso che più che farfalle, quello che si muoveva dentro di me era la
jota).
Era una sorta di estasi, non so come
spiegargliela doc, posso chiamarla doc, vero? Ok.
Dopo svariati secondi di paradisiaca
apnea, Noah staccò dolcemente le nostre labbra... Mentre un filo di bava colava
dalla mia bocca.
Alla vista Noah si scandalizzò un po'
e poi iniziò a ridere.
Cavolo Doc, il primo bacio con la
puntuale figura di merda. Oh scusi, brutta figura, ecco.
Corsi via per l'imbarazzo
raggiungendo i miei genitori che nel frattempo avevano già preso la macchina.
E cosi finirono le mie brutte figure,
almeno per quella giornata.
***
Il dottore continuava a scrivere
sulla cartellina e per poco non credevo che forse stesse disegnando qualche
gatto obeso e pacioccoso.
Scosse la testa e chiese:
-"E dimmi, in quanto tempo si è
svolto tutto quello che mi hai appena raccontato?"-
-"All'incirca tre ore"-
Il Doc sobbalzò dalla sedia.
-"Quindi lei mi sta dicendo che
in tre ore ha combinato tutto questo?"
-"Le ho detto che ero un caso
grave"-
Il Doc fece una lunga pausa
silenziosa.
-"Vedo signorina, vedo"-
Prese dei fogli ed iniziò a frugarci
dentro.
-"Bene Lilly, ci vediamo il
prossimo mercoledì alla stessa ora"-
Mi alzai dalla poltroncina e..
-"Ah, e sono €170,00 iva
inclusa"-
-"Porca miseria"- esclamai
silenziosamente mentre sganciavo il bottino.
'Ah, chissà quante Goleador avrei
potuto prendere con €170...' pensai, ed uscì dallo studio.
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