D’inverno le viole
muoiono
Le tombe ricoperte di muschio spiccavano
nell’accumulo di neve come giardini in miniatura.
L’inverno era arrivato in una sola notte,
quell’anno, seppellendo Ombra e i suoi dintorni sotto una
coltre bianca di gelo e umidità. Gli stivali neri di Mo,
lucidati da poco, procedevano silenziosi lapide dopo lapide.
Il cimitero appena fuori le mura era da sempre destinato a
chi a Ombra aveva vissuto e lavorato, gente di umili natali la
cui esistenza era trascorsa nella quiete della propria bottega e
nell’ubbidiente servizio dei signori che si erano avvicendati
nel possesso della città. Eppure tra i sepolcri spogli e i
cespugli di bosso mai potati, una tomba apparteneva a una donna di
sangue blu. Nel corso della sua breve vita le erano stati attribuiti
diversi nomignoli, ma Mo dentro di sé si era sempre rivolto
a lei impiegando il suo nome di battesimo. Violante.
Con le dita irrigidite dal freddo scosse piano gli steli
sgualciti di caradonna che aveva colto in una boscaglia lungo il
tragitto: alcuni boccioli color indaco si staccarono dalla spiga,
adagiandosi sullo strato di neve grigia come cose dimenticate. Gli
sarebbe piaciuto portarle delle viole, ma come aveva previsto non era
riuscito a trovarne. Come la stessa Violante, sopraffatta dalla
polmonite l’inverno precedente, anche il fiore di cui portava
il nome era troppo debole per sopravvivere ai rigori di quella stagione.
Mo pensò al loro primo incontro, e subito nella
sua mente apparve l’immagine che da quel momento le aveva
sempre associato: fiera nella sua veste antracite e
nell’acconciatura severa, piccola nonostante le scarpe alte,
unico vezzo femminile che si concedeva. Quei due lati di lei - la donna
glaciale che aveva complottato con un brigante per decidere della morte
del proprio genitore e la bambina che aveva impegnato il suo anello
nuziale per pennelli da miniatura - gli avevano suscitato sentimenti
contrastanti. Pietà e ammirazione si erano alternate in un
cuore che, ora se ne rendeva conto, avrebbe soltanto voluto essere
capace di amarla.
Sognava spesso di danzare con lei, nella grande corte del
castello. La sollevava per la vita, così incredibilmente
minuta, e la guardava sorridere con quella sua espressione enigmatica,
i capelli finalmente sciolti sulle spalle esili. Ma poi la musica
cessava, e tutto ciò che gli restava tra le dita erano piume
di ghiandaia spezzate e viole appassite.
Frida's corner ~
Questa storia è
stata scritta in occasione del compleanno di Pseudopolis
Yard, forum a cui sono estremamente grata perché
è soltanto grazie alle meravigliose iniziative delle admin
che riesco a portare a termine una storia dopo MESI di scrittura
infruttuosa. *me terribilmente felice*
Di tutti gli abitanti del
Mondo d’Inchiostro, Violante è sicuramente la mia
preferita - dopo Dustfinger, s’intende. Era da moltissimo
tempo che aspettavo un’occasione per scrivere su di lei, e
appena ho visto un prompt angst come Inverno ho deciso
che era giunto il momento. ù_ù
Nonostante sia fermamente
convinta che Mo non meriti Violante (lei è troppo furba e
lui a volte un po’ tonto), insieme sono molto angst e
ispirosi (?). Ovviamente, visto che la morte di Violante non
è contemplata nel Canon (anzi, le auguro una lunga vita a
dispetto di questa storia. XD) mi sono presa la libertà di
deciderne cause e circostanze.
Spero di aver reso giustizia
al personaggio di Violante e ringrazio chi ha letto. Scrivere in questo
fandom mi dà sempre gioia e soddisfazione a prescindere, non
so perché. :3
Grazie e alla
prossima ♥ (spero presto, questa volta.)
Frida
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