Ciao!
Grazie per essere capitata/o su questa storia, spero che possa essere
di tuo gradimento! Le vicende che andrò a raccontare si
riferiscono alla saga “Castlevania” e, in
particolare, intendono essere una sorta di spin-off del capitolo
“Order Of Ecclesia”: pertanto, ho deciso di
riassumere a grandi linee la trama del gioco, affinché la
comprensione possa essere chiara anche a chi non abbia giocato al
titolo. Leitmotiv della saga “Castlevania”
è il combattere e sconfiggere il conte Vlad Tepes Dracula,
Signore di Ogni Male, che ciclicamente, attratto dal dolore e dalla
disperazione degli esseri umani, ritorna in questo mondo e tenta di
sprofondarlo nelle Tenebre. Per anni ed anni i membri della famiglia
Belmont, abili cacciatori capaci di maneggiare un’arma sacra,
hanno combattuto e scacciato il vampiro ma, all’inizio del
XIX secolo, improvvisamente l’intero clan è
scomparso nel nulla, costringendo i più importanti studiosi
ed esponenti della Chiesa dell’epoca a riunirsi in
confraternite con l’obbiettivo di neutralizzare il Conte.
Dopo anni di studi ed esperimenti fu il fondatore dell’Ordine
di Ecclesia, Barlowe, a sintetizzare l’arma definitiva contro
Dracula: i glifi, simboli artistici che rappresentano il potere
contenuto in tutte le cose e sono in grado di sprigionare
un’incredibile quantità di energia magica.
Generalmente, essi possono essere utilizzati solo dopo che sono stati
incanalati in specifiche armi o dispositivi magici, ma esistono alcuni
esseri umani che, nascendo con glifi già tracciati sul
proprio corpo, sono in grado di utilizzarli senza bisogno di tramiti.
É questo il caso di Shanoa, giovane guerriera di Ecclesia e
“arma segreta” dell’organizzazione,
addestrata sin da piccola al combattimento e all’impiego
dell’arte dei glifi. All’inizio
dell’avventura assistiamo ad un rituale durante il quale la
giovane, sotto la guida del Maestro Barlowe, ha il compito di assorbire
tre glifi, noti come Dominus, che rappresentano la sola
possibilità umana di sconfiggere Dracula. La cerimonia,
però, viene interrotta a un passo dalla fine da Albus,
giovane studioso dell’Ordine, che, una volta stordita Shanoa,
ruba i tre pezzi del glifo e si dilegua subito dopo. Quando la giovane
rinviene, scopre di non possedere più né ricordi
né emozioni e, per ordine di Barlowe, si mette sulle tracce
di Albus. Il giovane la sfida più volte e arriva persino a
restituirle due frammenti del glifo, ma tiene per sé la
terza parte che, rivelando la propria natura oscura, lo corrompe e
rende pazzo. La guerriera, quindi, non ha altra scelta se non sfidarlo
a un duello mortale, nel quale uscirà vincitrice. Poco prima
di morire, però, Albus rinsavisce e confessa a Shanoa che
Barlowe, in realtà, è un folle seguace di Dracula
che mira a far resuscitare il suo padrone proprio tramite Dominus.
Infatti è stato il glifo, non lui, a rubare alla giovane
emozioni e ricordi, e il prezzo che richiederà per poter
essere utilizzato in battaglia saranno la vita e l’anima
della guerriera. Scioccata da queste rivelazioni, Shanoa giura
vendetta: si reca ad Ecclesia, determinata ad uccidere Barlowe, ma non
riesce ad evitare che Dracula sia resuscitato. Senza ormai
più nulla da perdere, la giovane si dirige a Castlevania,
oscuro castello del Conte, e dopo molte peripezie affronta il vampiro.
Al culmine della cruenta battaglia, la giovane usa Dominus per
scagliare l’attacco decisivo: Dracula viene distrutto e
Shanoa si prepara a morire. L’anima di Albus,
però, che si era legata all’ultimo pezzo del
glifo, reclama su di sé il prezzo dell’oscuro
incantesimo, e così facendo salva la vita alla giovane. Poco
prima di sparire per sempre, Albus parla all’amica e la
esorta a sorridere e a vivere godendo appieno le emozioni e i ricordi
che, tramite il suo sacrificio, le sono stati restituiti. Il
videogioco si conclude così, ed è da qui che
inizia la nostra storia.
Shanoa era stesa a terra, supina, i lunghi capelli neri
aperti a ventaglio, le braccia e le gambe spalancate.Aveva attivato
Refectio, un glifo curativo, e ora attendeva che le sue ferite si
rimarginassero.
Ci sarebbe voluto molto tempo: lo scontro contro Dracula era stato
durissimo e serrato, e la guerriera era fin troppo dolorosamente
consapevole di quanto la battaglia e, soprattutto, l’utilizzo
di Dominus l'avessero messa a dura prova.
La ragazza si rese conto troppo tardi del suo errore: ricordare il
glifo voleva dire anche riportare alla mente i nomi e i volti di
Barlowe ed Albus, i loro tradimenti, le loro morti e il fatto che ormai
lei fosse sola al mondo.
Shanoa scosse violentemente il capo, gli occhi fastidiosamente pieni di
lacrime, ma oramai il pensiero si era consolidato nella sua testa e non
c’era modo di rimuoverlo: era davvero sola al mondo. Aveva
bruciato la casa dove era cresciuta, ucciso l’uomo che
l’aveva allevata e tradita, perduto l’unico amico
che avesse mai avuto: la sola cosa che le rimanesse era la sua
abilità nel combattere.
Per ironia della sorte, però, proprio il compimento della
sua missione aveva reso quel talento inutile: senza l’oscura
influenza di Dracula, i mostri e i demoni si sarebbero certamente molto
ridotti di numero e gli uomini stessi sarebbero stati meno inclini alle
guerre e alle devastazioni.
Non c’era alcun posto, per lei, nel mondo di pace che stava
sorgendo.
La guerriera sospirò: quanto avrebbe voluto disattivare il
glifo e lasciarsi morire lì, nella sala del trono, a pochi
metri dai resti carbonizzati del suo trionfo!
Ma la sua vita non le apparteneva: ogni battito del suo cuore, ogni
contrazioni dei polmoni in cerca d’aria, ogni singulto,
sussulto e fibra del suo essere erano stati pagati da Albus ad un
prezzo enorme.
Lo studioso si era dannato corpo, vita ed anima per permetterle di
sopravvivere e, sapendo questo, Shanoa non poteva lasciarsi andare.
Doveva rimanere in vita, e sforzarsi di darle un senso.
Pertanto, la prima cosa a cui pensare era come uscire indenne da
Castlevania: Dracula era morto, certo, ma probabilmente i suoi
servitori invadevano ancora il palazzo, e sarebbero stati
più che felici di vendicare il proprio Signore.
Probabilmente l’avrebbero attaccata in massa non appena
avesse messo piede fuori dalla Sala del Trono e, vista la loro
moltitudine, Shanoa valutò che persino attraversare la
galleria che collegava la torre all’estremità del
piano le sarebbe costato ore ed ore di combattimento serrato.
Il pensiero, però, invece di preoccuparla ebbe
l’effetto di rilassarla.
La giovane iniziò a studiare strategie, ideare piani,
ripassare le combo di glifi più efficaci per ogni tipologia
di mostro, e ad ogni minuto che passava i suoi dolori si facevano
sempre più distanti e soffocati.
Quando, finalmente, anche i ricordi sembrarono tornati ad essere
seppelliti in un profondo recesso della mente, la guerriera
balzò agilmente in piedi, armata di tutto punto e pronta a
combattere. Lasciò la sala del trono senza neppure voltarsi
indietro e sfondò la porta con una folgore incantata,
sguainando contemporaneamente il suo glifo mazza prediletto. La
galleria, però, era completamente deserta.
Shanoa vacillò un attimo, sentendosi nuovamente persa, ma
recuperò in fretta il proprio sangue freddo. Se i mostri non
erano a Castlevania, significava che erano usciti dal palazzo e che,
quindi, stavano sicuramente mettendo a ferro e fuoco la regione,
massacrando interi villaggi di innocenti.
Non lo avrebbe permesso.
Con un pugno ruppe una delle meravigliose finestre della galleria,
attivò un glifo alato e si gettò
nell’oscurità della notte transilvana, determinata
a dare la morte ad ogni singola creatura infernale che avesse
incontrato.
Molte ore dopo, era esausta.
I glifi tracciati sul suo corpo, i compagni potenti e fedeli che la
accompagnavano fin dalla nascita e che avevano determinato tutta la sua
esistenza e il suo ruolo nella missione di Ecclesia, ardevano come una
maledizione e sembravano affondarle nelle carni con crudeltà
e godimento. La gambe le tremavano violentemente, e non riusciva quasi
più a sollevare o stendere le braccia.
A malincuore, si trovò ad ammettere che forse per
quel giorno sarebbe stato meglio fermarsi.
Il pensiero ebbe appena il tempo di materializzarsi nella sua mente,
poi l’urlo femminile squarciò la notte, seguito
immediatamente da orribili schiamazzi e grugniti, e Shanoa
ingoiò caparbiamente la propria stanchezza ed ogni genere di
dolore: evocò un glifo civetta affinché
localizzasse l’origine del grido e seguì correndo
il suo volo, giungendo dopo non molto dinnanzi ad una villa diroccata.
Imprecando tra i denti ed ignorando il fatto che la vista le si stesse
sfocando sempre più, la guerriera entrò
nell’edificio e, mentre la sua sentinella alata cercava la
ragazza in pericolo, lei rimaneva indietro e scagliava su demoni,
Formori, Spettri e Forze Oscure, sfere di luce e vampe infuocate.
Raggiunse così la cantina dello stabile e trovò
la sua civetta, intenta a volteggiare attorno al corpo inerme di una
ragazza, cercando di proteggerla dal gruppo di sette demoni che
incalzavano da ogni lato.
Pregando di non essere giunta troppo tardi, la guerriera si
concentrò sui mostri, affrontandoli e sconfiggendoli uno
dopo l’altro. Quindi provò a dirigersi verso la
giovane, ma quell’ultimo sforzo le era stato fatale: prima di
poter anche solo portare a termine il passo, Shanoa rovinò a
terra, priva di sensi.
Il risveglio non fu dei migliori: nonostante la pezzuola umida e fresca
che le copriva la fronte e gli occhi, la testa le pulsava e ronzava
dolorosamente, si sentiva debolissima e molto, molto confusa.
Provò cautamente a muoversi per capire quanto poteva osare
e, così facendo, attirò su di se le attenzioni
della ragazza che aveva soccorso, che la raggiunse in pochi passi e le
posò una mano sulla spalla, fermando i suoi movimenti.
“Aspettate, vi aiuto io, voi siete molto debole. Per quasi
quattro giorni siete rimasta priva di conoscenza, tormentata dalla
febbre: prima di alzarvi dovete mangiare qualcosa e bere
molto.”
La voce era familiare alle orecchie della guerriera, ma fu solo dopo
che la pezzuola umida le venne tolta da davanti agli occhi che
riuscì a riconoscerne la proprietaria.
“Monica?” Domandò Shanoa osservando con
aria sorpresa la giovanissima sartina del villaggio Wygol.
“Cosa ci fai tu qui?”
“E' una storia lunga e noiosa, nulla che valga la pena di
raccontare.” Minimizzò la ragazza, chiudendo
l'argomento. “Voi, piuttosto, come vi sentite? Ero davvero
molto preoccupata!”
“Bene, ti ringrazio. Sei riuscita a mangiare, in questi
giorni?” Chiese Shanoa, costringendosi ad alzarsi in piedi ed
impedendosi di vacillare e di urlare, nonostante il tremendo dolore che
l'avvolgeva da capo a piedi. Si concesse solo di appoggiare una mano al
muro e poi cominciò a percorrere il perimetro della cantina
delimitato dal chiarore del focolare, aumentando costantemente la
velocità, per tentare di sgranchirsi il più
rapidamente possibile schiena, gambe e braccia.
“Io…si signorina. Avevo portato qualche provvista
per il viaggio.”
“E ne hai ancora?”
“Un poco, signorina, ma non credo che
dovreste…”
“Sto bene.” La guerriera troncò sul
nascere ogni segno di protesta e riprese il suo vagare, guardandosi
attorno. “Mangia e poi cerca di dormire un po’.
Voglio partire entro quattro ore. Ti riporto a Wygol.”
“Ma è una follia! Vi siete appena ripresa e
faticate persino a camminare! Inoltre tra quattro ore sarà
notte fonda, finiremo in un dirupo, o tra le fauci di qualche predatore
notturno!”
“Ti assicuro che sono molto più forte di quanto
non sembri a prima vista, e che sono stata addestrata a vedere al buio
come se fossi in piena luce. Non rischierai di cadere, perderti o
ferirti, e muovendoci col favore delle tenebre riusciremo a passare
inosservate a molti dei demoni e dei predatori più
pericolosi.” Tentò di rassicurarla, ma Monica non
era intenzionata a cedere.
“Sciocchezze, muovendoci al buio in queste condizioni non
faremmo altro che perderci e finire morte in un burrone o uccise da un
demone! Non sono certo sopravvissuta miracolosamente all'assalto della
mia carrozza solo per poi rischiare la mia vita in maniera
così stupida, e ritengo che anche voi dovreste trattarvi con
più riguardo!”
Sbottò la sarta, scattando in piedi e marciando verso un
malconcio calderone che aveva recuperato e messo in uso durante le
prime perlustrazioni della cantina. Di pessimo umore, vi
gettò dentro le provviste e prese a mescolare con furia: non
riusciva a credere alle proprie orecchie!
Partire nel cuore della notte, totalmente alla cieca, dopo essersi
appena risvegliate da quasi quattro giorni di febbre alta! Ad averlo
saputo prima si sarebbe risparmiata tutta la fatica fatta per accudire,
nutrire e tenere al caldo la guerriera, visto che, evidentemente, non
desiderava altro se non morire!
Profondamente irritata, aumentò il ritmo della mescolatura e
finì così col far cedere del tutto un piede del
vecchio calderone, che non aveva notato essere instabile. Fortuna volle
che riuscisse a scostarsi abbastanza velocemente da evitare di
inzupparsi del tutto gli abiti ma, per quanto riguardava la cena non
c'era ormai più nulla da fare.
“Oh, dannazione!” Esclamò, scoppiando
finalmente a piangere per la rabbia, la fame e la tensione.
Aveva severamente razionato quel cibo per giorni, riducendo al minimo
le proprie dosi per cercare di nutrire il più possibile la
guerriera svenuta, ed ora non solo quello sforzo si era rivelato del
tutto inutile, ma aveva anche sprecato il poco che restava e
chissà quando le sarebbe ricapitato di mangiare di nuovo!
Shanoa osservò a lungo la schiena tremante della ragazza,
soppesando il suo sfogo e riflettendo: forse prendersi un po'
più di tempo per riposare non era poi un'idea tanto
malvagia.
In fin dei conti, in quei giorni Monica l'aveva accudita e curata al
massimo delle sue possibilità, nonostante il freddo,
l'ambiente inospitale e la mancanza di cibo: era di certo esausta e
costringerla a marciare sarebbe stato controproducente.
Inoltre, per quanto le dolesse ammetterlo, lei stessa era esausta,
sfiancata totalmente da quei pochi metri percorsi mentre discuteva con
la sarta.
“E va bene, partiremo domani, non preoccuparti.”
Disse la guerriera, raggiungendo la compagna e posandole una mano sulla
schiena, spingendola a voltarsi. Sganciò dal proprio fianco
una piccola sacca di pelle e gliela porse, accompagnandola con quello
che sperava essere un passabile sorriso affabile. “Ho anche
io del cibo con me, moltissimo. Vuoi vedere di che cosa si
tratta?”
Monica si asciugò le lacrime, prese la bisaccia tra le mani
e la soppesò cautamente. Era abbastanza leggera, di cuoio
scuro, incredibilmente morbida e ben cucita, ma data la ridotta
profondità dubitava che potesse contenere qualcosa di
più misterioso di un po’ di pane e qualche pezzo
di formaggio.
Tuttavia, la fame e la curiosità erano troppe e
così infilò la mano nella borsa, rimanendo
letteralmente a bocca aperta per lo stupore dopo pochi istanti: non
solo riusciva agilmente a muoversi ben oltre quelle che erano le
effettive dimensioni della sacca, ma le sue dita stavano sfiorando il
più vasto e variegato assortimento di oggetti che le fosse
mai capitato di trovare.
Sconcertata, cercò conferme negli occhi della guerriera e,
visto che Shanoa annuiva sorridendo, vinse il timore ed
afferrò la prima cosa che le capitava sotto tiro quel
momento, estraendola.
“Come può essere possibile un tale prodigio? Come
può una semplice bisaccia creare il cibo?”
Domandò, rimirando incredula quella che senza ombra di
dubbio era la più bella e perfetta forma di pane che avesse
mai visto.
“Non creare, solo trasportare.” La corresse la
giovane, facendosi restituire la borsa per poi sprofondarvi senza
esitazione il braccio sin oltre l’articolazione del gomito.
“Questa è una Bisaccia Incantata, una creazione
segreta del Santo Ordine al quale appartenevo. Molto spesso dovevamo
intraprendere viaggi lunghi e faticosi, che richiedevano un grande
quantitativo di provviste e materiali, e queste borse ci erano
indispensabili. Sono leggere, resistenti e praticamente senza fondo, e
il fluire del tempo, al loro interno, è
pressoché sospeso. Ecco, serviti pure.” Concluse,
posando un ultimo recipiente sul pavimento.
Non più distratta dalla spiegazione, Monica seguì
il gesto con lo sguardo e rimase a dir poco esterrefatta. Ordinatamente
disposti tra lei e la compagna c’erano non meno di venti
diversi tipi di pane, impastati, lavorati e cotti nelle maniere
più diverse. E poi bracciate intere di frutta, la maggior
parte della quale a lei totalmente sconosciuta, zuppiere su zuppiere
colme della più incredibile vastità di carni,
pesci e contorni che si potessero immaginare, formaggi, pasticci, torte
salate e salse di ogni genere, eleganti caraffe piene di vini dalle
mille sfumature e bevande misteriose ed, infine, torte e dolci in una
quantità tale che la ragazza fu certa del fatto che non
sarebbe mai stata in grado di assaggiare tutti.
“Sia lodato il Signore nella sua misericordia! Da dove viene
tutta questa bontà divina?” Sospirò
Monica, rapita, allungando esitante la mano verso il cibo, quasi
temesse di vederlo scomparire da davanti ai suoi occhi.
Le iridi cerulee di Shanoa scintillarono debolmente di divertimento.
“L’ho rubato, dalle cucine di
Castlevania.”
Al suono del nefasto nome del palazzo, gli occhi della giovane si
spalancarono nuovamente, ma questa volta per il terrore. “Ma
è impossibile! Nessuno può entrare a Castlevania,
derubare le dispense del Conte e sperare di uscirne vivo per
raccontarlo!”
“La dispensa era l'ultima delle sue preoccupazioni, posso
assicurartelo. Ed in ogni caso non gli ho concesso di sopravvivere
tanto da accorgersi della sparizione di tutto questo.”
“Voi avete combattuto contro Dracula? Avete ucciso il
conte?”
“Si. O almeno credo: ultimamente ho scoperto di aver spesso
sbagliato su molte cose. Di certo è sconfitto e bandito dal
mondo terreno, pertanto non credo sarà un problema se
mangiamo il cibo che lui aveva sottratto a sua volta chissà
a chi.” Replicò Shanoa, cominciando a servirsi con
noncuranza.
Monica annuì e si affrettò ad imitarla,
rimandando ad un momento più adatto tutte le domande e
concentrandosi su quel sontuoso ed insperato banchetto.
Pensava che conoscere l’oscura provenienza di quel cibo le
avrebbe impedito di mangiare di gusto, ma i giorni appena trascorsi di
fame e privazione le fecero ben presto perdere ogni
perplessità. Si servì numerose porzioni di molti
piatti, facendosi aiutare e consigliare di tanto in tanto dalla
compagna, e si fermò solo quando il suo stomaco, oramai, non
avrebbe più potuto contenere neppure una briciola.
Shanoa, che si era saziata molto più in fretta di lei,
riordinò velocemente tutti gli avanzi e le
domandò cosa avesse preferito, dando suo malgrado inizio ad
una lunga dissertazione su quali fossero le pietanze più
gustose, seguita poi da un fuoco di fila di domande e strampalate
teorie circa le loro provenienze e ricette.
Per un po' la guerriera si sforzò di partecipare, ma poi la
stanchezza, lo stomaco pieno, il tepore del fuoco e l'entusiastico
fiume di parole di Monica ebbero la meglio sulla sua resistenza, e la
giovane sprofondò in un sonno profondo.
Non appena se ne avvide, la sarta tacque e, dopo aver coperto la
compagna, si stese a sua volta, pregustando finalmente una lunga notte
di sonno.
Forse, però, il suo appetito era stato sin troppo vorace
perché, nonostante gli occhi le bruciassero dal sonno, il
suo stomaco rumoreggiava e protestava mentre si impegnava a digerire
quella cena luculliana, tenendola sveglia.
Maledicendo la propria ingordigia, la sarta si alzò
cautamente e, bene attenta a non fare rumore, raggiunse l'angolino
accanto al focolare dal quale aveva vegliato Shanoa per giorni e notti.
Il diario era ovviamente lì, la copertina di pelle
intiepidita dalle fiamme e le pagine un po' spiegazzate dalla fretta
con cui la giovane lo aveva gettato a terra, non appena si era accorta
che la guerriera dava i primi segnali di ripresa. Sospirando, Monica
sedette a terra e raccolse il volume, lisciandone distrattamente le
pagine mentre si immergeva per l'ennesima volta nella lettura delle
tormentate vicende del suo autore.
|