La Musa

di Jake Blake The Heartquake
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Rimase impietrito ad osservare la figura angelica che si trovò davanti, così, all'improvviso. Erano mesi che era fermo in quel punto del suo libro, e non aveva trovato un modo per uscirne. Poi, all'improvviso, il modo per uscirne era lì, di fronte a lui. Una figura sinuosa, avvolta in un finissimo abito impregnato di misticismo e circondato da una voluttuosa nebbia leggera. I capelli, di un castano con riflessi ramati, cadevano raccolti in una pesante treccia, adagiata delicatamente sulla sua spalla sinistra. Gli occhi, di un color nocciola intenso, scrutavano lo Scrittore, il quale era allibito di fronte a tanta bellezza. 

"Beh, non mi porgi i tuoi omaggi, Scrittore? Mi hai invocata così a lungo..."

"Non è possibile, tu non esisti!"

"Eppure sono qui, davanti a te"


Il suo tono di voce era mellifluo, caldo. Le parole uscivano lente dalle sue labbra, così carnose, così rosse, così... invitanti. Lo Scrittore, impotente di fronte alla Musa, iniziò a respirare affannosamente. Attorno a Lei vedeva delinearsi una miriade di suoni incredibilmente armonici, che andavano a formare un tuttuno con il vestito di Lei e con Lei stessa. Si alzò in piedi, allungando la mano nella sua direzione, incredulo, incapace di rendersi conto dei movimenti che faceva. Lei fece lo stesso, percorrendo un passo con una leggiadria tale da ingannare l'occhio, in quanto pareva non essersi mossa. Dalla mano di lei lo Scrittore sentì i colori dell'ambiente che andavano a fondersi con la sua essenza così cristallina e pura, da risultare quasi sgradevole all'udito. Era come se la più bella delle melodie venisse suonata graffiando una pesante lavagna nera con delle unghie annerite dalle sabbie del tempo. Quando riaprì gli occhi, colto dall'estasi del momento, lo Scrittore rimase deluso, ricadendo sulla sua sedia. La Musa era sparita. Tornò a fissare il foglio, incredulo, quando si accorse che qualcosa era cambiato. Un vago mormorio alle sue spalle, un tocco, e il lento diffondersi di un caldissimo gelo. Lentamente, qualcosa si avviluppò attorno al suo busto, al suo collo, alle sue braccia. Pesantissime catene, create con il metallo più puro, lo avvilupparono in una dolcissima morsa estatica, trasmettendo ad intervalli regolari quel gelido calore che continuava a farlo rabbrividire. I suoi occhi vennero coperti da un drappo di seta finissima. Alzò lo testa, cercando di capire cosa stesse accadendo, chiedendosi per quale motivo sentiva i colori che lo circondavano avvampare tutt'intorno, ma non poteva vedere alcun suono. Improvvisamente, un calore intenso spezzò le catene, così come spezzò lui. La Musa, in piedi al suo fianco fino a quel momento, scambiò con lui un bacio passionale, di quelli che gli autori sognano di poter scrivere nella loro opera migliore. Le labbra di lei, premute delicatamente contro le sue, trasmettevano qualcosa di indescrivibile. Colto da improvvisa avidità, lo Scrittore cercò di muoversi, di afferrarla, di stringerla a sè, ma non ci riuscì. Conscia del suo volere, la Musa decise di rincarare la dose, dapprima mordendo il labbro inferiore dello Scrittore, e subito dopo andando a cercare di intrecciare la propria lingua con la sua, in quella che risultò essere un'esplosione di sapori che sconquassarono violentemente la mente di Lui. Passarono istanti che parvero eternità, e quando Lei si staccò, con un sorriso gli passò un dito sulle labbra, sorridente. Dopodichè, le catene si spezzarono e lo Scrittore ricominciò a vedere. Affannato, prese in mano il foglio, accorgendosi del capolavoro che aveva appena composto. Della Musa, però, non vi era alcuna traccia.
 




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