Symposium

di Lucy Farinelli
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SYMPOSIUM

La pioggia tamburellava insistente sulle finestre del pub, creando tanti piccoli rivoletti d’acqua che affluivano pian piano in un unico grande flusso centrale. Minuscoli piedini sembravano rincorrersi sulla superficie di vetro.

I ragazzi seduti ad un tavolo nell’angolo sorseggiavano pigramente i loro drink e le loro parole si perdevano nel morbido chiacchiericcio di sottofondo. Ad un tratto, Julien venne distratto dal luccichio di un fanale di un’auto che stava parcheggiando proprio di fronte alla loro finestra. Ruotò pigramente il bicchiere che teneva in mano e si voltò verso la sua vicina, Thérèse.

“Posso farti una domanda?”, le chiese.

“Certo.” Thérèse si scostò la frangia dagli occhi. “Spara.”

“Ti sei mai chiesta cosa sia l’amore?”, le domandò Julien a bruciapelo.

Thérèse si limitò a fissarlo, le labbra leggermente dischiuse in una deliziosa espressione di genuino stupore. Laureanda alla facoltà di Lettere della sua città, a lezione era abituata a disquisire sui temi più disparati, ma non si aspettava di certo che l’amico le rivolgesse una domanda del genere in un contesto così insolito.

“L’amore?”, ripeté meccanicamente.

“Sì, esatto.” Julien sorseggiò il suo drink. “L’amore. Come lo definiresti?”

Thérèse lanciò un’occhiata di sottecchi ai suoi amici, ma erano immersi in altre conversazioni e non stavano affatto badando a loro. A disagio, cambiò posizione sulla sedia.

“Penso che sia una domanda piuttosto complessa,” rispose lentamente.

Julien la guardò da sotto le ciglia. Le luci del locale rendevano i suoi occhi più scuri del normale. Thérèse si leccò le labbra.

“E non vuoi nemmeno provare a dare una risposta?”, la stuzzicò Julien.

Colori. Un flash improvviso di colori esplose nella mente di Thérèse mentre il ricordo di quell’unica, intensa notte trascorsa nella camera di Julien mesi addietro emergeva prepotentemente dai recessi della sua memoria. Sapeva quali tasti premere per ottenere da lei la reazione che lui voleva.

“Penso che la letteratura abbia già descritto l’amore in decine di modi diversi, di certo con parole migliore di quelle che potrei usare io,” rispose Thérèse in un soffio. “La mia personale opinione è che, parlando d’amore, si possa fare la distinzione tra quello corrisposto e quello non corrisposto.”

“Interessante.” Julien si girò di tre quarti a fronteggiarla. “Ti ascolto.”

Thérèse bevve un sorso d’acqua e continuò.

“L’amore non corrisposto è quello che non ti spezza il cuore. Te lo ferma per un attimo ed è solo quando non lo senti più che puoi percepire ogni battito mancato. Poi esso riprende a funzionare, ma ti pompa fuoco nelle vene. Ti senti bruciare addosso, dentro. Ti senti l’anima a pezzi, una mano ti artiglia lo stomaco e tutto quello che rimane di te è un dolore bruciante. Ma il tuo cuore continua a restare integro. E a battere.”

“E l’altro tipo?” Julien sfiorò il bordo del bicchiere.

“L’amore corrisposto ti fa sentire invincibile. Sei convinto che niente possa più ferirti, hai la sensazione di poter affrontare tutto. Non ti senti più solo perché sai di avere qualcuno pronto ad appoggiarti nei momenti più bui di te. E anche tu sarai in grado di sostenere le difficoltà del tuo compagno o della tua compagna, perché entrambi sapete di poter contare l’uno sull’altra. Do ut des. Ti mostro la mia anima affinché tu mi mostri la tua. E solo allora, quando sarete entrambi la metà di uno, sarete in grado di scalare qualsiasi montagna mano nella mano, arrampicarvi per le salite più impervie, fino a spingervi verso il baratro senza provare più alcun timore.”

Julien sorrise, le scostò la frangetta dagli occhi e tornò a guardare fuori dalla finestra con una mano appoggiata sotto il mento. Thérèse era senza fiato. Seguì lo sguardo di Julien e rimase affascinata dai giochi di luce che i fulmini creavano con le gocce di pioggia rimaste appese alla finestra del pub.

     





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