SYMPOSIUM
La
pioggia tamburellava insistente sulle finestre del pub, creando tanti
piccoli
rivoletti d’acqua che affluivano pian piano in un unico
grande flusso centrale.
Minuscoli piedini sembravano rincorrersi sulla superficie di vetro.
I
ragazzi seduti ad un tavolo nell’angolo sorseggiavano
pigramente i loro drink e
le loro parole si perdevano nel morbido chiacchiericcio di sottofondo.
Ad un
tratto, Julien venne distratto dal luccichio di un fanale di
un’auto che stava
parcheggiando proprio di fronte alla loro finestra. Ruotò
pigramente il
bicchiere che teneva in mano e si voltò verso la sua vicina,
Thérèse.
“Posso
farti una domanda?”, le chiese.
“Certo.”
Thérèse si scostò la frangia dagli
occhi. “Spara.”
“Ti
sei mai chiesta cosa sia l’amore?”, le
domandò Julien a bruciapelo.
Thérèse
si limitò a fissarlo, le labbra leggermente dischiuse in una
deliziosa
espressione di genuino stupore. Laureanda alla facoltà di
Lettere della sua
città, a lezione era abituata a disquisire sui temi
più disparati, ma non si
aspettava di certo che l’amico le rivolgesse una domanda del
genere in un
contesto così insolito.
“L’amore?”,
ripeté meccanicamente.
“Sì,
esatto.” Julien sorseggiò il suo drink.
“L’amore. Come lo definiresti?”
Thérèse
lanciò un’occhiata di sottecchi ai suoi amici, ma
erano immersi in altre
conversazioni e non stavano affatto badando a loro. A disagio,
cambiò posizione
sulla sedia.
“Penso
che sia una domanda piuttosto complessa,” rispose lentamente.
Julien
la guardò da sotto le ciglia. Le luci del locale rendevano i
suoi occhi più
scuri del normale. Thérèse si leccò le
labbra.
“E
non vuoi nemmeno provare a dare una risposta?”, la
stuzzicò Julien.
Colori.
Un flash improvviso di colori esplose nella mente di
Thérèse mentre il ricordo
di quell’unica, intensa notte trascorsa nella camera di
Julien mesi addietro
emergeva prepotentemente dai recessi della sua memoria. Sapeva quali
tasti
premere per ottenere da lei la reazione che lui voleva.
“Penso
che la letteratura abbia già descritto l’amore in
decine di modi diversi, di
certo con parole migliore di quelle che potrei usare io,”
rispose Thérèse in un
soffio. “La mia personale opinione è che, parlando
d’amore, si possa fare la
distinzione tra quello corrisposto e quello non corrisposto.”
“Interessante.”
Julien si girò di tre quarti a fronteggiarla. “Ti
ascolto.”
Thérèse
bevve un sorso d’acqua e continuò.
“L’amore
non corrisposto è quello che non ti spezza il cuore. Te lo
ferma per un attimo
ed è solo quando non lo senti più che puoi
percepire ogni battito mancato. Poi esso
riprende a funzionare, ma ti pompa fuoco nelle vene. Ti senti bruciare
addosso,
dentro. Ti senti l’anima a pezzi, una mano ti artiglia lo
stomaco e tutto
quello che rimane di te è un dolore bruciante. Ma il tuo
cuore continua a
restare integro. E a battere.”
“E
l’altro tipo?” Julien sfiorò il bordo
del bicchiere.
“L’amore
corrisposto ti fa sentire invincibile. Sei convinto che niente possa
più
ferirti, hai la sensazione di poter affrontare tutto. Non ti senti
più solo
perché sai di avere qualcuno pronto ad appoggiarti nei
momenti più bui di te. E
anche tu sarai in grado di sostenere le difficoltà del tuo
compagno o della tua
compagna, perché entrambi sapete di poter contare
l’uno sull’altra. Do ut
des. Ti mostro la mia anima
affinché tu mi mostri la tua. E solo allora, quando sarete
entrambi la metà di
uno, sarete in grado di scalare qualsiasi montagna mano nella mano,
arrampicarvi per le salite più impervie, fino a spingervi
verso il baratro
senza provare più alcun timore.”
Julien
sorrise, le scostò la frangetta dagli occhi e
tornò a guardare fuori dalla
finestra con una mano appoggiata sotto il mento.
Thérèse era senza fiato. Seguì
lo sguardo di Julien e rimase affascinata dai giochi di luce che i
fulmini
creavano con le gocce di pioggia rimaste appese alla finestra del pub.
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