cap1
L’isola era da tempo immemore un ammasso di soli
ricordi.
Nell’aria che si respirava si poteva percepire, ancora, il
metallico odore di
sangue. Gli stessi alberi ne erano impregnati, e i fiori sembravano
aver preso
coloriti mai visti prima.
Dove ancora tutto era solo cenere, si ricominciarono a
sentire delle voci in lontananza.
“Che i lavori abbiano inizio”
I grandi mostri metallici ricoprirono metà
dell’isola e,
insieme, ruggirono e emisero fumi densi dal colore grigio.
Ormai mancava poco tempo. Davvero poco.
Capitolo 1
“Un nuovo inizio”
Alla fine dello scorso torneo delle arti marziali nere, e
del grande torneo del Makai, tutti iniziarono a cercare un modo per
vivere in
tranquillità, lontani da qualsiasi guerra.
Yusuke e Kuwabara tentavano, disperatamente,
di trovare lavoro in un ufficio di
assicurazioni, Kurama era stato preso come sottosegretario
nell’ufficio del
padre, Hiei , dopo aver abbandonato Mokuro e il suo gruppo, vagabondava
fra le
dimensioni occupandosi degli umani dispersi o i demoni infiltrati nel
mondo
degli uomini.
La tranquillità, quasi paragonabile alla noia, presto si
sarebbe spezzata. Tutti loro da tempo ormai percepivano una sensazione
strana
proveniente da ovest. Un eco lontano che li richiamava tutti a rapporto.
Un giorno che sarebbe venuto molto presto.
Ore 16:10. Dal grande ufficio della Minamino corporation si
iniziò a sentire un lontano echeggiar di passi. Una valanga
di lavoratori si
stava precipitando all’uscita, quasi sfondando le porte.
Ma mentre quelli, uniformemente, si avviarono alle porte, il
primo ad uscire fu un ragazzo dai lunghi capelli rossi, vestito in
giacca e
cravatta, che portava in mano una valigetta ventiquattrore di pelle
nera.
Shuichi, questo è il suo nome, pareva aver fretta di tornare
a casa. L’ansia che pervadeva i suoi occhi e il sudore che
gli rigava la fronte
erano la prova della sua preoccupazione.
Girò al primo angolo e si fiondò dentro una
farmacia.
“ desidera qualcosa signore?”
…
Senza nemmeno riprendere fiato ne calma, rimise il
portafoglio di nella valigetta e riprese a correre.
Lasciava che gli alberi gli sfrecciassero accanto, non degnò
nemmeno ai semafori un minimo di attenzione.
Se qualcuno lo avesse incidentalmente tamponato
probabilmente non si
sarebbe comunque fermato. Aveva una missione da compiere. Un medicinale
da
portare alla madre.
Superato l’ennesimo semaforo rosso, ed essersi sorbito le
lamentele, incrociò il giornalaio scontrando la spalla con
un individuo.
Essendosi accorto del colpo si voltò e gridò:
“Mi scusi!”
Ma appena si accorse dell’individuo rallentò i
propri passi
fino a fermarsi completamente.
Aveva, per errore, scontrato una ragazza dai lunghi capelli,
quasi arrivavano alle ginocchia, di un color nero corvino con forti
riflessi
blu. Il corpo longilineo, armonioso anche se con poche forme, vestita
come una
normale ragazza di tokyo.
Si voltò incrociando il suo sguardo gli sorrise e mosse le
labbra per dire “non fa niente”.
Fu allora che Kurama notò gli occhi: la
profondità
dell’oceano e un senso di infinito cadere si rifletteva nelle
sue pupille. Un
segno sulla guancia, che lo confondeva dall’essere un
tatuaggio o una cicatrice
di vecchia data, lo mise in allerta.
Iniziava a percepire una sorte di brivido freddo partirgli
dalla punta dei piedi fino ai capelli.
Quasi istintivamente si accarezzò la rosa che aveva nei
capelli, provando a tornare sui propri passi.
Finché, quella sensazione di brivido, divenne vera e propria
aria fredda e, improvvisamente, tutto attorno a sé parve
congelarsi.
Il suo fiato creava minuscole nuvolette bianche e le persone
parevano immobilizzate.
E’ un campo d’energia
spirituale di elevata potenza, pensò Kurama,
voltandosi di scatto, alla
ricerca di una risposta a quel mutamento improvviso, e notò
che l’unica persona
che riusciva ancora a muoversi era la strana ragazza.
Anzi, sembrava che avesse creato lei stessa quel
cambiamento. Fu allora che Kurama sfilò la rosa e si
preparò.
Qualsiasi cosa fosse accaduta si sarebbe trovato preparato.
Fissò la ragazza, ancora di spalle che continuava a
camminare per la strada,
quando percepì una flebile energia proveniente da nord.
C’era qualcun altro che continuava a muoversi.
C’era
qualcuno che, come lui e la ragazza, notava il cambiamento e continuava
a
camminare come nulla.
E proprio da dove guardava, sbucò un demone dalle forme
serpentesche, che strisciava tra le gambe degli umani pronto ad
attaccare la
preda giusta.
Indossava solo vesti logori e le squame erano insanguinate.
Probabilmente, come pensò Kurama, il passaggio per il mondo
degli umani gli
doveva essere costato molto. Sia dal punto di vista fisico che
spirituale.
Annusava cercando disperatamente energia e sangue. Pareva
sperduto.
E’
solo un demone inferiore. Sarà meglio levarlo di mezzo, pensò
Kurama, ma appena provò a trasformare la sua rosa in frusta,
la ragazza dai
lunghi capelli anticipò ogni sua mossa.
Allungò la mano destra facendo comparire attorno ad essa
delle preoccupanti nubi nere, che si condensarono e unirono,
risucchiate come
dal palmo, per poi formare una spada dalla lunghezza spropositata, nera
ed
evanescente.
Era circondata da vapori neri che creavano a loro volta
delle bolle liquide, come fatte di petrolio.
“Ma quella è…”
Impugnata saldamente l’arma, la ragazza scattò
rapida tra le
persone, arrivando faccia a faccia col demone al quale, senza dare un
secondo
di più, staccò la testa senza un minimo di
esitazione. Non ebbe il tempo di
sibilare che il corpo si disciolse in nubi nere.
Accadde tutto in meno di un istante: non ci fu sangue, non
ci furono più tracce.
“…la mefistohara.”
La ragazza strinse l’elsa e il fumo e le bolle di petrolio
tornarono, risucchiate, nella mano.
Si voltò e fissò Kurama: il segno sulla sua
guancia pulsava
di vita e gli occhi erano divenuti neri come gli abissi più
profondi.
Gli sorrise con carineria, poi si levò dal suolo una bolla
di fumo nero che la inghiottì. Quando la nuvola scura si fu
dileguata, anche la
ragazza era sparita.
In un attimo tutti tornarono a camminare, come niente. Le
lancette dell’orologio puntavano ancora lo stesso orario.
Ma Kurama non poteva negare ciò che aveva visto con i suoi
occhi, nonostante tutti gli altri sembrassero ignari.
Non riusciva ad essere calmo e fermo come al solito: da quel
che sapeva quell’arma veniva utilizzata dagli sciamani e
raramente i demoni
erano dotati di tale potere. Un potere che tempo addietro era stato
bandito e
temuto, perché capace di portare solo morte e distruzione, e
perché utilizzato
unicamente da persone straordinariamente temibili..
Ma allora come mai non aveva percepito nemmeno un minimo di
energia? Ora che sapeva, come poteva garantire la propria salvezza?
Rimise la rosa al suo posto e raccolse la tranquillità
rimasta per tornare di fretta a casa.
Quel volto però lo ossessionava: chi era quella ragazza?
Cosa
ci faceva una creatura così potente nel mondo umano? E
soprattutto,
rappresentava un pericolo?
Intanto nell’ufficio d’assicurazioni Mishiku
Tawara, Yusuke
Urameshi e Kazuma Kuwabara erano intenti a lavarsi le mani nel bagno
degli
uomini. Entrambi fissavano la loro immagine riflessa nello specchio,
quasi non
riconoscendosi.
“Sembro un dannato pinguino con questo vestito da
capoufficio.”
Fece Yusuke, cercando di allargare il nodo della cravatta,
di un colore giallo-oro.
“Meglio pinguino che barbone ,se permetti.”
Rispose Kuwabara sistemandosi con l’acqua il ciuffo rosso
pensando a quanto la giacca gli stesse divinamente.
Guardandosi e rimettendosi a posto le ultime cose, uscirono
dal bagno pronti a rientrare nell’ufficio del capo.
Ma quel mondo così cementato, pieno di documenti
d’archiviazione e monotonia parevano esser molto lontani
dalla mente di Yusuke.
Lui non voleva essere rinchiuso, era un animale libero.
Quella restrizione e quel luogo non facevano parte di quel che era, e
tutto
sembrava aver preso un colore grigiastro come quello della costrizione.
Il pensiero di una vita spesa a quel modo era troppo triste.
Anche se non era più un detective, veniva comunque
richiamato nel mondo dei
demoni, eppure non gli bastava.
Da tempo ormai non combatteva. Da tempo i suoi poteri
demoniaci inquieti reclamavano la vita.
Quando i suoi pensieri si soffermarono sull’immagine ansiosa
di lui barbuto mentre vedeva una partita di calcio con Keiko che badava
ai nove
figli, di cui quattro gemelli, dall’angolo del corridoio
vicino alla segreteria
esplose un fascio di luce e comparve dal nulla una ragazza dai capelli
azzurri.
“Botan?!?”
Esclamò Kuwabara, incredulo, guardandosi attorno sperando
che nessuno vedesse quell’apparizione.
“salve ragazzi!” fece la ragazza, salutandoli,
avvicinandosi
a loro vestita come una segretaria d’ufficio “ era
da tempo che non ci
vedevamo”
“Già, ma non per colpa nostra, direi”
Contraddì Yusuke,
quasi sbuffando per ripicca.
In effetti di tempo ne era passato e non essendo più un
detective era raro ricevere le convocazioni da parte di Koenma.
Tutto sembrava essere diventato parte di un passato molto
remoto. Persino nello sguardo di Botan si poteva notare una certa
malinconia.
“Ma dai, non stiamo qui a discutere! Usciamo, ho una
richiesta molto speciale per voi, ragazzi” Riprese Botan, col
suo solito
sorriso smagliante.
“Di che si tratta?” domandò Kuwabara.
“Non ci crederete: abbiamo una missione
d’emergenza. Koenma
ha chiesto il vostro aiuto”
…
“ e quindi tu vuoi farmi credere che per mesi non vi siete
accorti di due forze troppo potenti qui nel regno degli
umani?” Fece allibito
Yusuke, sbottonandosi giacca e camicia allentando la cravatta.
“Esatto. Purtroppo non riusciamo ancora a capacitarci come
possa essere successo una cosa del genere. Sarebbe un punto a nostro
sfavore se
si venisse a sapere che creature del genere se ne vanno in giro senza
permesso
qui sulla Terra. Il re Enma non ne sarebbe felice e di sicuro
chiuderebbe
definitivamente i varchi dimensionali, mandando a monte il patto fatto
da te,
Mukuro e Yomi. Il nostro terrore è quello di un complotto:
magari c’è qualcuno
dall’altra parte che vuole sfondare il vostro regno”
“Ma scusa e nella possibilità che queste siano
creature
semplicemente disperse qui, voi li uccidereste lo stesso?”
Chiese Kuwabara, facendo cenno alla cameriera di portargli
un altro frappe alla fragola e banana.
“Non li avremmo uccisi comunque. Ma finchè sono
qui e non
sappiamo chi siano nessuno ci darà la sicurezza di chi ci
troviamo davanti.
Potrebbero essere assassini o peggio.”
“E noi in tutto questo che c’entriamo?”
sfidò Yusuke,
diventato quasi suscettibile.
“Ovvio no? Siete gli unici a conoscere questa
città meglio
di chiunque altro. Gli unici ad avere una forza in grado di catturarli.
Se
riuscirete nell’intento avrete un lauto compenso”.
Ci furono dei secondi di silenzio dopo quell’affermazione:
negli occhi di Kuwabara c’era un noto brillìo,
mentre Yusuke già era intento a
levarsi giacca e camicia.
“devo quindi dedurne che avete accettato?”
Yusuke sbuffò illuminando poi il volto di un sorriso quasi
beffardo: “ In fin dei conti siamo i più forti
guerrieri di tutte le
dimensioni, cara mia.”
…
Dalle parti del Hanayashiki
Amusement Park, l’ombra fuggente di Hiei sfrecciava
d’albero in albero,
sorvegliando e guardando dall’alto ogni famigliola, ogni
turista, ogni stupido
essere umano.
Nella sua testa ormai,
però,
regnava il vuoto. Aveva perso la voglia persino di sorvegliarli e/o
salvarli.
Quindi lasciava passare
l’apatia e
la noia come una cosa di tutti i giorni. Tanto stanco da anche veder
raramente
Kurama e gli altri.
Sentiva dentro di
sé la
conclusione di un esistenza vuota, ormai finita.
“Uff…”
sbuffava, rintanatosi sopra
i rami di un albero di pesco in piena fioritura. L’ombra e i
petali che
volteggiavano, l’aria fresca di una primavera alle porte.
Tutto era così
momentaneamente
meraviglioso che quasi si sentì trasportato verso una calma
interiore.
Forse quella
tranquillità non gli
dava poi così tanto fastidio, come pensava.
Finché non
sentì un qualcosa
cascare dall’altro lato dell’albero, tanto da
smuovere le fronde facendo cadere
decine e decine di petali al suolo.
Non poteva essere un uccello,
non
avrebbe fatto tutto quel casino. Così si voltò di
scatto a vedere dietro
l’altra parte del tronco.
Invece di trovarci un gatto o
un
qualche animale, lì stesa su un ramo stava una ragazza.
Quasi stranito, Hiei rimase al
riparo per non farsi notare, osservando ogni suo movimento e ogni
dettaglio
fisico.
Era buffa: i suoi capelli, di
un
color rosso vivo, erano corti ed erano sistemati col gel verso
l’alto, davanti
aveva una frangetta non uniforme di color biondo, e
dall’attaccatura dietro dei
capelli partiva una lunghissima treccia come altre due, più
corte, che portava
ai lati del volto.
Il volto non riusciva bene a
distinguerlo, ma doveva avere degli occhi color dell’oro, o
almeno così gli
sembrava. Doveva avere un fisico atletico, scattante, ma non per questo
armonioso e con molte forme, dato anche il seno abbondante.
Aveva un quaderno di piccole
dimensioni, forse un moleskine, sul quale stava scribacchiando.
No, guardando meglio stava
disegnando. Improvvisamente poggiò la matita in un incavo
del ramo e si voltò
di scatto, incrociando direttamente lo sguardo di Hiei.
Lui, spaventato, non
reagì
scappando, come al suo solito, si sentiva pietrificato.
“Avevi intenzione di
spiarmi
ancora per molto?”. La voce della ragazza era ferma,
tranquilla.
Hiei non rispose. Anzi non
sapeva
proprio come rispondere.
“oltre a essere uno
spione sei
anche muto.”
“NON SONO
MUTO!” rispose
innervosito Hiei, mostrando un leggero imbarazzo.
“allora ce
l’hai la voce quando
vuoi. Bene, almeno non dovrò intrattenermi con un mezzo
incapace.”
La ragazza si voltò
e lo fissò
negli occhi porgendogli la mano.
“Piacere di
conoscerti, compagno
d’albero”
In un primo momento Hiei aveva
quasi rifiutato quella mano, ma quella ragazza aveva un sorriso
così sincero
che gli sembrò brutto non rispondere alla cortesia.
Imbarazzato, guardando da
un’altra
parte, portò in avanti la mano destra, che la ragazza
strinse.
Nello stesso momento in cui le
mani entrarono in contatto Hiei percepì qualcosa di molto
strano: la mano
pareva essere scottante, ma non riusciva a levarla, come incollata.
Sentiva un crescente dolore di
bruciatura sia sul palmo che sul dorso e, all’apice della
sopportazione, fissò
la ragazza: nei
suoi occhi parevano
riflettersi un altro paio di occhi simil felino, e il suo intero corpo
era
pervaso di un energia spirituale potentissima e ardente di color bianco.
Era lucente e allo stesso
tempo
malevolo e spaventoso.
Quando riuscì
staccò la mano da
quella della ragazza, perdendo per un attimo l’equilibrio.
“E’
successo qualcosa?” fece lei,
sorridendogli, come se non fosse accaduto nulla.
E Hiei capì.
“Tu non sei
umana.”
La ragazza sgranò
gli occhi e il
sorriso sul suo volto si spense in un soffio.
“Che
c’è? Ti disturba il fatto che
ci sia una della tua stessa razza?”
Velocemente nella testa di
Hiei
apparve un unico pensiero: catturarla. Una così non poteva
andarsene a zonzo
per il mondo degli umani, col suo occhio vedeva che non portava il
marchio del
permesso di soggiorno. Così , senza nemmeno risponderle, si
buttò su di lei per
catturarla e lei, di rimando, balzò a un ramo più
alto, scendendo velocemente
sul ciglio della strada, correndo.
“Tsk!
Dannazione”
Balzò
giù dall’albero e prese a
inseguirla.
“Oltre che forte
questa qui è pure
veloce. Non sarà facile prenderla”
…
“Scusate il ritardo.
Abbiamo avuto
piccoli problemi con la borsa dell’acqua calda.”
Appena entrato nel bar, Kurama
si
sistemò i capelli: affascinante, bellissimo, alla moda, intelligente e misterioso.
Le donne che lo
guardavano svenivano al suo passaggio.
“KURAMAAAAAAAAAAAAAA!”
Kuwabara balzò
dalla sedia
precipitandosi al suo collo, abbracciandolo con tutta la forza dei suoi
muscoli.
“maledetto volpino
quanto tempo
che non ci vedevamo. Te e quel dannatissimo ufficio”
Arrossito da cotanta
leggerezza
nell’abbracciarlo, Kurama non riprese fiato, quasi soffocato
da tutta quella
malinconia.
Poco più in
là Yusuke aveva un
lungo sorriso su tutta la faccia, il sorriso che si ha quando si
è davvero felici
mentre Botan pareva avere gli occhi lucidi.
“Che accoglienza
ragazzi, sono
passati solo pochi mesi.”
“Beh ma anche un
corno che ne sono
passati pochi. Il telefono non basta, Kurama.”
Rispose Yusuke, avvicinandosi
per
dargli una pacca sulla spalla.
“ ma a parte i
convenevoli, cosa è
successo? Che c’è di così
urgente?”
Botan, ripresasi dal minuscolo
momento di commozione, prese dalla borsetta che portava con se una
serie di
fogli plastificati.
In essi c’erano dei
grafici, bozze
di disegni e foto sfocate in ombra.
“QUESTO è
il nostro problema.”
I tre si avvicinarono
prendendo i
fogli in mano, leggendo e scrutando i dettagli delle foto:
c’erano solo delle
ombre indefinite.
“dovreste cambiare
fotografo” fece
ironico Yusuke, ributtando i fogli sul tavolino.
In effetti su quelle tre foto
c’era solo una luna e un ombra davanti, confusa dai contorni
degli alberi,
nella seconda in un parco su una banchina erano stati fotografati
controluce
due persone di spalle e nella terza un occhio tutto mosso.
“Non è
facile fotografare dei
demoni in movimento in una città affollata come questa.
E’ difficile per noi
riuscire a identificarli, anche perché i nostri fotografi
ecco…”
Botan riprese fiato.
“…sono
tutti stati uccisi. E
questi sono gli unici reperti che abbiamo per identificarli.”
Ci fu un attimo di silenzio.
Capirono tutti che individui del genere erano di una
pericolosità inaudita,
tanto da eliminare qualsiasi prova della loro esistenza.
“non hanno documenti
qui a Tokyo,
non sono schedati nel mondo dei demoni. Nulla di nulla. Sembrano essere
inesistenti”
Proseguì Botan,
mostrando loro gli
schedari del Makai e di coloro che l’avevano abbandonato o
che erano morti.
“l’unica
cosa che sappiamo è che
sono degli assassini e ladri professionisti. Non possiamo dirvi di
certezza
quanto, ma hanno rubato la metà quasi esatta del tesoro
interno del Makai e
Ningenkai.”
“ E con furti di
così grande
valore non vi siete minimamente mossi?”
Accusò Kurama,
scosso da una
leggera inquietudine, facendo sobbalzare Botan dalla sua calma.
“Abbiamo avuto dei
problemi più
grandi che badare a qualche ladruncolo. Il fatto è che si
sono arricchiti ad
una velocità impressionante e sono sfuggiti a qualsiasi
sicurezza.”
“In poche parole noi
dobbiamo
trovare degli efferati assassini, ladri professionisti e rapidi come
ombre qui
a Tokyo? Perfetto. Tutt’a un tratto pensavo di
annoiarmi.”
Fece Yusuke, sbruffone come
suo
solito.
“Se qualcuno
disturba la
MIA città allora dovrà
pagarla”
Kuwabara si levò la
giacca
sbottonandosi la camicia. Brillava sul petto una S. (sorvolate su
questo nelle
vostre recensioni… nda – Seph)
“E NESSUNO POTRA
IMPEDIRMI DI
SALVARLA!!”
“Fammi
indovinare” fece Yusuke “
da quanto tempo aspettavi di fare una scena del genere?”
“da
sempre” sorrise
innocentemente, riabbottonandosi la camicia.
“direi di partire
alla ricerca fin
da subito. Non sono tranquillo nel pensare che due efferati killer si
aggirino
da queste parti.”
Disse Kurama, uscendo in
fretta
dal bar seguito dagli altri.
“Dividerci sarebbe
la cosa
migliore…ma….”
Kurama guardò
dall’altro ciglio
della strada: lì vedeva una piccola ombra nera correre a
velocità
impressionante.
“…quello
non è Hiei?!?”. Anche gli
altri aguzzarono la vista: sì era proprio lui, correva
dietro un’altra persona
più in là, in una rapidità che solo
loro riuscivano a vedere.
“SEGUIAMOLO!”
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Seph: da quanto volevamo mettere questa storia su internet!! Roba che
va avanti dalla terza media! Ehi, non linciateci con le recensioni...
Nike: in effetti ormai la muffa avanza rapidamente sotto le mie acselle
sudate...ma lasciando da parte il puzzo ecco qua una NUEVA AVVENTURA!!!
Alla faccia...sta venendo completamente diverso dalla prima stesura ve?
Seph: e chi se la ricorda la prima stesura.... non ha l'aria
di una cosa molto intelligente manco adesso, ma noi lo amiamo per
quello che è, è il nostro bambino! (oddio, Seph,
rinsavisci...). Comunque (rinsavita) questa storia mi mancava da
morire...
Nike: già...pure a me. Le mie mutande mi hanno ricordato che
era ora di dargli una spolverata. beh ma signori signore bimbi belli e
bimbi brutti e quelli che fanno i rutti siamo solo all'inizio!!
...ehm....seph? non credi che iniziamo a sembrare un po' pazze? secondo
me non recensirà nessuno per la demenzialità
delle autrici.
Seph: benvenuta nel mio mondo. Ora non resta che pubblicare ed
incorciare le dita. Comunque tanto per la cronaca, siamo pazze come
sembriamo, ma questo non si è mai rivelato essere un difetto
^^ Un grazie anticipato a tutti quelli che recensiranno! Un bacio da
Sephirah! (ecchissenefrega! ndVoi)
Nike: right right right! Un grazionissimo paciocchissimo e un bafone
sul pancione a tutti da Nike ( mamma mia sembro un
teletubbies...talmente mielosa da far venire le carie)
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