Delle
rose
rosse
erano appoggiate sul davanzale della finestra.
Quando la brezza estiva
attraversava quest’ultima lasciava che il dolce profumo dei
fiori
rossi,
invadesse
a pieno la stanza bianca.
Appoggiato ad una parete un
ragazzo biondo e alto, con passione ma con mano poco esperta cercava di
raffigurare su di una tela, l’amabile soggetto di fronte a
lui.
I suoi profondi occhi color
nocciola passavano più volte dal ritratto al soggetto reale
in questione con un
dolce sorriso stampato sulle labbra.
Le sue mani cercavano di
immortalare lunghi riccioli biondi che danzavano a contatto con al
brezza
leggera e fresca,
rosse
labbra carnose che si increspavano cercando
di assaporare quell’aria pura, un nasino perfetto e
all’insù, profondi occhi
color del ghiaccio, un corpo minuto ma stupendo avvolto da candide
lenzuola
bianche.
E su quel divano lungo e nero che
c’era lei.
Quella che in tanti anni era
riuscita a capirlo e a supportarlo.
Quella che, durante il periodo buio
e in cui aveva avuto il
desiderio di spaccare tutto, non l’aveva lasciato un solo
secondo.
Quella che ormai era riuscita a
rimpiazzare l’amore del fratello
ormai lontano.
Si...quel fratello
tanto amato,
tanto desiderato,
tanto
importante che era volato via
senza dirgli niente,
senza
chiedere
il permesso,
senza salutarlo...
senza
dirgli addio.
Tutte le pareti bianche di quella
casa erano tappezzate della sua immagine, dei suoi tanti sguardi ed
espressioni.
Triste,
allegro,
burbero,
divertito,
interrogativo,
malinconico.
Solo in soggiorno c’era una foto
di loro due con altri due ragazzi e sotto, un articolo di giornale
mezzo
strappato che annunciava:
- Cantante Morto Per Overdose. Il
Chitarrista Conferma: “
I Tokio Hotel Non Esistono Più.”
-
Nella loro breve vita avevano
fatto solo un errore che gravava su tutto il resto:
Diventare
famosi.
Il mondo dello spettacolo era
pieno di insidie e trappole e loro ci erano caduti dentro, a picco.
Uno più di tutti...proprio suo
fratello.
L’unico che contava
veramente.
Ma anche il più debole, quello
che era tormentato dal disgusto delle altre persone nei suoi confronti,
tormentato dalla sua indole troppo romantica e sensibile.
Assorbendo quelle sostanze si
sentiva forte, in grado di spaccare tutto, di sopportare.
La decisione di sciogliere il
gruppo era stata presa un minuto dopo la morte di suo fratello e da lui
stesso.
Quante volte scherzando fra di
loro, si erano detti: “ Se uno di noi, per
qualsiasi
motivo, dovesse
lasciare il gruppo automaticamente i Tokio Hotel non esisterebbero
più. Non
avrebbero
motivo di
esistere.”
E più che mai quindi, in quella
circostanza, si doveva mettere in atto quella teoria.
E tutto il resto del gruppo aveva
pienamente approvato la decisione perché infondo loro
sarebbero stati comunque
un gruppo, ma non uno di quelli che fa semplicemente musica ma uno di
quelli
che si capisce.
Uno composto da quattro ragazzi
che pensano, si vogliono bene e ragionano allo stesso modo fra loro
anche se,
uno non può essere al loro fianco col corpo.
Un gruppo ma un’
unica
anima.
E quel giorno non aveva versato
neanche una
lacrima per il
fratello.
Non aveva voluto versarle.
Si era
imposto di non farlo.
Ma non perché non avesse un cuore
ma perché sapeva che il fratello sarebbe stato bene anche da
morto.
“ Tomi io
non credo in
Dio ma quando morirò spero ci sia un
Paradiso
anche per
me e che mi
accolga.”
Quella frase pronunciata dal
fratello chissà quante volte, gliene dava la conferma.
Lui ora si trovava in paradiso.
Ne era convinto e...lo
proteggeva, lo sosteneva.
Durante gli anni poi, nella sua
mente era scaturita un’ipotesi.
L’ipotesi che il fratello
albergasse nel corpo di quella ragazza di fronte a lui.
Il loro carattere era identico.
Lo
stesso modo di
comportarsi, di ricevere e dare amore.
Per questo il suo cuore batteva
solo per lei e per nessun’altra.
Che fosse un segno del destino?
L’aveva incontrata proprio al
funerale del fratello.
Diceva di essere una fan ma lui
non ci credeva.
Secondo lui era un
angelo.
Il suo
angelo personale.
Da quel giorno non si erano più
separati e lui aveva perso la mania di portarsi qualsiasi ragazza che
gli
capitava sotto mano, a letto.
Non ce n’era bisogno.
Aveva lei.
“ Tomi hai finito?” chiese la
voce dolce della ragazza.
Lui ebbe un fremito.
Succedeva ogni volta che la
sentiva parlare.
Scosse la testa. “ Sono ancora a
metà.” sussurrò malinconico.
Poi, stanco di tutto, lasciò
andare pennello e colori e raggiunse la fidanzata, lasciandosi andare
sul
divano nero.
Lei gli carezzò una guancia col
dorso della mano candida. “ La settimana prossima hai
l’esame. Non puoi, nel
bel mezzo, lasciare tutto ed andarti a sedere.”
Le prese la mano e la baciò. “
Beh...dovranno adeguarsi a me oppure addio scuola d’arte. Io
sono fatto per
fare graffiti non questa robaccia qui. A volte ci penso e mi dico...
Ma chi me l’ha fatto fare? Non
stavo
meglio a casa mia coccolando il mio
unico
amore, abbandonati fra le lenzuola?!”
sussurrò.
“ No. E poi il tempo per
coccolare il tuo unico amore c’è sempre. Basta che
ci metti un po’ più
d’impegno ed il gioco è fatto.”
Lui scosse la testa. “ No, ci
vuole il cuore per queste cose ed io non ce l’ho.”
“ Tu invece ce l’hai e pure
tanto,
amore mio.”
sussurrò la ragazza.
Scuotendo di nuovo la testa, Tom
la piegò all’indietro poggiandosi sullo schienale
del divano e chiuse gli
occhi.
Iniziò a canticchiare una melodia
lenta muovendo appena le labbra.
“ Cosa canti?” le chiese lei.
“ Lo sai...l’unica canzone che
ricordo e
voglio
ricordare.” mormorò
per poi riprendere a canticchiare.
Una raffica di vento invase la
stanza scompigliando tutti i capelli della biondina.
“ Sta buono
Bill...lascialo
perdere.” sussurrò lei.
Tom aprì gli occhi volgendo lo
sguardo verso la finestra.
Sorrise tra sé e riprese a
cantare ad alta voce.
“ Ich
bin nich´ ich, wenn du nich´
bei mir bist - bin ich allein. Und das was jetzt noch von mir
übrig ist- will
ich nich´ sein. Draußen hängt der Himmel schief...“
Lui
continuava a cantare, con una sorta di speciale allegria, quella
canzone e
fuori il tempo, a mano a mano, cambiò.
La
brezza leggera che c’era stata fino a qualche minuto prima,
si trasformò in
qualcosa di più forte.
Il
vento ululava e dal cielo, diventato grigio, iniziarono a scendere
piccole
gocce d’acqua salata.
L’odore
delle rose e dell’acqua
che lentamente
le bagnava, produceva un forte profumo che penetrava nei polmoni dei
due
giovani.
“ Tom
smettila. Lo fai apposta! Vedi che soffre!”
esclamò lei.
“ Ciao
fratellino...” sussurrò lui,
sorridendo ad occhi chiusi.
Lo
sentiva.
Bill
era lì...c’era ogni volta che
intonava quella canzone e piangeva attraverso
la poggia.
Era
come se, con quella canzone, lo incolpasse per averlo lasciato solo.
E ci
stava male e piangeva.
Bill era
il tumulto.
Bill era
la tempesta.
Bill era
il vento.
Bill era
la pioggia.
Bill era
tutto.
E lui
lo sentiva e...stava bene.
Riaprendo
gli occhi si voltò verso la sua amata che lo fissava
turbata.
Avanzò,
poggiandosi sui palmi delle mani, verso di lei.
La
coprì con il suo corpo affondando il viso nei suoi capelli.
“
Quant’è scemo.
Ancora non ha capito
che lo faccio solo per averlo vicino a me.”
sussurrò.
Scostò
i capelli della ragazza e posò le labbra sul suo collo
tracciando una linea
invisibile con la lingua.
Con
una mano spostò il lenzuolo bianco dal
seno.
Scese
con le labbra su un capezzolo ma si bloccò di colpo.
Voltò
la testa verso la finestra.
“ Ok
Bill, correggo: Io sono io anche quando
tu non sei con me – non sono affatto solo. Ora
però levati dai piedi, ho da
fare.” disse divertito.
Anche
lei divertita, sorrise mentre la pioggia cessava
ed il vento spazzava via le nubi grigie sostituendosi alla solita
brezza
estiva.
Quest’ultima
scosse le rose sul davanzale della
finestra, liberandole dalle piccole gocce di pioggia intrappolate tra i
petali rossi.
“ Sono
due anni che quelle rose restano
lì
senza appassire. Dal giorno della morte di Bill...”
sussurrò Tom alla ragazza.
“ è
ovvio. Sono forti come Bill.”
I loro
sguardi si incrociarono, si fissarono, si scrutarono.
Poi il
ragazzo sorrise entusiasta della cosa.
“ Il
più forte è sempre stato lui...”
sussurrò per poi placare la sua gioia
affondando le labbra rosee in quelle rosse
della propria amata.
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