Kaori
sedeva al suo solito posto al
Cat’s Eye, livida di rabbia e con i denti digrignati, con,
tra le mani, una
tazza di caffè bollente; in realtà, non era del
tutto giusto dire così, dal
momento che quello che teneva in mano erano i resti della tazza, ed il
caffè
era finito sul bacone e sulla sua pelle chiara, cosa di cui la giovane
donna,
nell’impeto della rabbia, non si era nemmeno accorta. Miki,
che dopo le nozze
le si era avvicinata molto, avrebbe desiderato davvero chiederle cosa
stesse
accadendo, ma c’erano molti motivi che la portavano a tenere
a freno la lingua,
nonostante la curiosità fosse femmina.
Dopotutto,
era certa che il motivo
per cui Kaori avesse distrutto quella meravigliosa tazza dal valore di
centinaia di Yen si chiamasse Ryo Saeba, e temeva che, avesse mai
nominato
quell’… ehm… uomo, Kaori avrebbe tirato
fuori il suo arsenale, distruggendo il
locale per l’ennesima volta. Anche Falco sembrava pensarla
così, data la
singola goccia di sudore che gli solcava il viso, la sua espressione
celata dai
sempre presento occhiali da sole scuri.
“Bastardo…maledetto…
porco maniaco…
pervertito… giuro che se mi capita tra le mani… e
io che idiota… ma se lo
becco… e quella….” Kaori
terminò la lunga sequela di epiteti negativi sbattendo
ciò che rimaneva della tazza sul bancone, con una tale forza
che lo crepò; al
fianco di Miki, Umibozu prese un taccuino in mano, e prese a segnare
l’elenco
dei danni da far pagare al nemico/amico. Quando percepì la
moglie avvinarsi
all’amica, fu tentato di andarsi a nascondere nel bunker, ma
alla fine decise
di no; dopotutto, Ryo non c’era, e se Ryo non era attorno,
Kaori non poteva
arrabbiarsi così tanto. E poi, Miki aveva imparato a tenere
a bada gli istinti
distruttivi di Kaori-specie quando si trattava della loro
proprietà.
La
mora si sedette al fianco della
giovane donna, il mento appoggiato al palmo della mano destra mentre
aspettava
paziente ed in silenzio che Kaori
sbollisse un po’ della rabbia- sempre se fosse stato
possibile, considerato che
la colpa era dell’altra metà del duo City Hunter.
“Quel…
quel… quel maniaco troglodita
assatanato ha avuto il coraggio di chiedere a Saeko di essere pagato in
natura,
l’idiota!” sbottò, i denti sempre
più digrignati, mentre il pugno cadeva su
quello che restava del bancone e un potenziale cliente scappava
terrorizzato
appena messo il naso nel locale. “E quando gli dato una
martellata per
ricordagli che si suppone che io sia
la sua ragazza adesso, lo sai cosa ha detto? Lo sai che cosa avuto il
coraggio
di dire?”
Miki
voleva fare segno di no con la
testa, o dire qualcosa, ma con la coda dell’occhio vide il
marito fare segno di
non con la testa, terrorizzato all’idea di dover di nuovo
ricostruire quasi da
zero il locale a causa delle schermaglie amorose di Saeba e Kaori.
“Ha detto che
mi ama in senso platonico! Che io sono come una sorella! E
perciò può
rincorrere tutti i sederi che vuole!”
Umibozu
quasi si piegò in due dalle
risate. Platonico? Come una sorella? A parte che dubitava ci fosse un
qualsivoglia elemento di sesso femminile che non facesse eccitare
Saeba, lui
comunque ricordava almeno un paio di occasioni in cui il buon vecchio
Ryo aveva
sbavato come in trance dietro a Kaori, perciò, a meno che
oltre ad essere manico
e pervertito Ryo non credesse nell’incesto, dubitava che
potesse vedere Kaori
come una sorella.
“Ci
trovi qualcosa di divertente,
Umi?” Kaori gli chiese con calma, una clama distaccata che
normalmente
precedeva la tempesta. E che normalmente precedeva martellate o botte a
Ryo. E
nella mancanza di Ryo… tutto quello che le capitava a tiro.
Il Cat’s Eye
incluso.
Pover’uomo, inizia a farmi pena. Pensò
mentre goccioloni di sudore
gli solcavano il viso. “Uhm, no, assolutamente no. Anzi.
E’ terribile.
Rimangiarsi così tutto quello che ti ha detto. Davanti ad un
testimone, per di
più.”
“E
ha osato darmi della stupida
quanto gli ho chiesto se tutto quel bel discorsetto era per
l’istinto di
conservazione della specie! Ah! Quell’emerito…
quello vuole solo una
governante! Ma se pensa che da oggi in poi gli cucinerò
ancora un pasto, o gli
rammenderò i vestiti, o gli pulirò casa o
metterò a posto i conti, si sbaglia
di grosso! Si arrangi! Anzi, sai cosa ti dico? Gliela farò
pagare cara!” E
detto questo, si alzò di scatto, e uscì
sbattendosi la porta alle spalle, senza
nemmeno degnare di uno sguardo o di una parola Umibozu o Miki.
“Uhm…
Umi, secondo te, cosa è stato
esattamente?” gli chiese la moglie, mentre i suoi occhi erano
ancora fissi
sulla porta che si era chiusa alle spalle di Kaori. Si era preparata
tutto un
bel discorsetto per tirarle su il morale, ma non era riuscita a
spiccicare
nemmeno mezza parola. Come al solito
quando Kaori parte per la tangente con Ryo Saeba… pensò,
sospirando, mentre
il marito lucidava stoicamente il bancone, calcolando quanto gli
sarebbe costato
riparare le crepe che avvertiva sotto le dita.
Neanche
dieci minuti dopo, Ryo si
presentò bello come il sole, fischiettando allegramente con
le mani incociate
dietro la testa, con la solita espressione soddisfatta che si stampava
in
faccia ogni qualvolta Saeko gli prometteva di concedersi a lui in
cambio di una
lavoretto. Miki, ancora seduta sullo sgabello davanti al bancone,
iniziò a
mostrare la stessa espressione che fino a pochi minuti prima aveva
avuto Kaori,
e avvertendo scariche elettriche nell’aria, Umibozu decise di
defilarsi- non
prima di aver “casualmente” lasciato una pesante
padella di ghisa davanti alla
moglie. Moglie che, non appena vide Ryo avvicinarsi per agguantarla,
dette
suddetta padella in faccia al malcapitato, e se ne andò nel
retro senza
degnarlo di una parola o di una spiegazione.
“FE
O FAO?” Chiese Ryo, con la
padella ancora stampata in faccia, e Umibozu determinò che
quello che
intendesse fosse “Cosa ho fatto?” Il possente
mercenario sospirò, conscio che
ci fossero cose che Saeba era così determinato a non voler
vedere che gli si
dovesse fare lo spelling; ad esempio, come diavolo faceva a non capire
che la
migliore amica della sua socia/donna innamorata di lui/donna che si
supponeva
lui ricambiasse fosse arrabbiata con lui perché la sua
migliore amica era
arrabbiata? Tutta la sua presunta conoscenza del genere femminile e non
aveva
mai visto il cameratismo quando si trattava di pestare un uomo?
E dire che l’aveva pure baciata.
Attraverso un vetro, però l’aveva
baciata…
Saeba
era davvero… ostinato? Idiota? Nemmeno il nemico-amico
sapeva
esattamente come definirlo in quel momento. Sapeva che Saeba non era del tutto idiota, e che il voler tenere
a debita distanza Kaori era per tenerla più al sicuro
possibile. Però, non si
rendeva conto che a fare così avrebbe perso la donna che
amava dalla prima
volta in cui si erano incontrati a forza di spezzarle il cuore con in
suo fare
da dongiovanni e di superiorità, e che comunque Kaori era
già nel radar di
tutti quelli che lo annoveravano tra i loro nemici… beh, se
non era un
comportamento idiota quello, Umi davvero non sapeva come altro
definirlo.
“Che
c’è, brutto polipo, non dici
niente?!” Ryo esclamò, indignato e furibondo.
Umibozu, dal canto suo, del tutto tranquillo
posò una mano sulla spalla
dell’altro, e nonostante non avesse più la vista,
guardò Ryo negli occhi.
Quando però parlò, lo fece urlando.
“VI
ERAVATE BACIATI, E TU INVECE DI
ACCETTARE IL SENTIMENTO CHE VI UNISCE FAI ANCORA IL PALYBOY? ANCHE SE
LE HAI
DETTO CHE L’AMAVI NELLA RADURA E CHE NON SARESTI MORTO
PERCHE’ VOLEVI VIVERE
PER E CON LEI? CHE RAZZA D’UOMO SEI, SAEBA?”
Tecnicamente non ho mai fatto il suo nome, e
comunque, ci siamo baciati
quando pensavo di morire. E per di più attraverso un vetro,
perciò non credo
che conti… Ryo
pensò, ma fu abbastanza intelligente da tenere la
bocca cucita. Ok, lui si sentiva ancora il numero uno nel loro campo,
ma il
polipo era il numero due, e nonostante la cecità
l’ultima volta che si erano
sfidati se l’era cavato per un soffio, e solo grazie al
provvidenziale
intervento di Kaori.
“Ehy,
io non sono ancora pronto per
legarmi a una sola donna, soprattutto non a una mezza uomo come Kaori!
E poi,
perché dovrai fare questo torto alle donne del
mondo… privarle della
possibilità di condividere il letto con questo
sta….!” Non poté finire la frase
che un’altra padella, proveniente dal retro del locale, lo
colpì in piena
faccia.
Tutto
sommato, non poteva dare del tutto torto a Miki. Sotto sotto, se lo
meritava…
“Questa
volta ha passato il limite e
non voglio fargliela passare liscia! Eriko, mi serve di nuovo il tuo
aiuto!”
Kaori disse, prendendo tra le mani quelle dell’amica stilista
a mo’ di
supplica. “Devo essere di nuovo la Cenerentola di Ryo per
qualche ora!”
Nella
sua boutique, Eriko guardava
Kaori sconvolta, non sapendo che pesci pigliare. Certo, Saeba era
piuttosto
tonto quando si trattava di donne, considerato che la prima cosa che
guardava
erano i loro sederi, ma dubitava che fosse così
tonto da non aver riconosciuto Kaori la volta precedente; e
poi, c’era
sempre la questione dell’orecchino che la ragazza aveva perso
per strada, e che
la mattina dopo era riapparso nel taschino dei pantaloni….
Chi altri poteva
averlo messo lì se non Saeba stesso? E perché mai
avrebbe dovuto farlo, se non
fosse che sapeva che Kaori e la sua Cenerentola erano la stessa
persona? Ma lei
e Kaori erano amiche da oltre quindici anni, erano state sempre
presenti l’una
per l’altra, ed Eriko aveva scordato quante volte
l’amica l’avesse appoggiata
ed incoraggiata nell’inseguire i suoi sogni: trasformarla per
una sera era il
minimo che potesse fare.
Così,
mezz’ora dopo, Kaori si era
nuovamente trasformata nella nobile decaduta senza nome, nota solo come
Cenerentola, con indosso un vestito dorato con scolla
all’americana che
terminava poco sopra il ginocchio, le maniche a ¾,
accompagnato da uno
spolverino beige chiuso in vita da un nastro nero e da tacchi a spillo,
sempre
neri, vertiginosi; anche la lingerie era stata cambiata, a per
l’occasione
Kaori aveva scelto del pizzo nero, in una foggia che facesse risaltare
le sue
curve anziché celarle come l’intimo che usava di
solito- non che pensasse di
finire a letto col porco pervertito, ma non si sapeva mai, era meglio
essere
preparate per qualunque evenienza. Una delle assistenti di Eriko si
occupò di
trucco e capelli, e la trasformazione fu tale che Kaori, allo specchio,
riconobbe una versione più adulta della ragazza che anni
prima aveva passato
una romantica serata con quello che, volente o nolente, era
l’amore della sua
vita.
“Non
per romperti le uova nel
paniere, ma come pensi di procedere adesso? Fingerai di incontrarlo per
strada per
caso?”
Kaori
fece un’espressione che poco
lasciava alla fantasia, riguardo alle sue correnti emozioni per il
compagno di
lavoro. “Quel porco maniaco non si chiederà
nemmeno cosa ci faccio qui. Lo sai
cosa avuto il coraggio di dirmi l’latra volta? Che la ragazza
aveva il seno
morbido e la vita sottile! Quando a me non fa che ripetere che sembro
un uomo,
con il seno piccolo e la vita larga che mi ritrovo! Secondo te mi
avrebbe
riconosciuta? Quel porco… quel… non gli importa
chi si porta e letto… poco più che
ragazzine e donne mature… basta che siano femmine!”
Così
dicendo, Kaori scoppiò a
ridere, correggendosi: la realtà era che bastava che sembrassero donne, perché il
malcapitato porco, in un paio di
occasioni, aveva avuto rapporti molto ravvicinati con travestiti e
transgender…
per scoprire la dura realtà una volta sotto le lenzuola,
completamente nudi.
“Eh?”
fece Eriko, chiedendosi perché si ostinasse a volerli
aiutare. Erano… pazzi,
nel migliore dei casi. Ma forse proprio per quello sarebbero stati
perfetti
insieme…
Kaori
non sapeva bene che scusa
avrebbe usato con Ryo una volta che lui l’avesse trovata ad
aspettarlo, in
versione Cenerentola, sotto al loro palazzo; qualcosa si sarebbe
inventata,
pensò. O magari non ce ne
sarà bisogno,
se Ryo si comporta come suo solito e per prima cosa tenta di saltarmi
addosso.
Sospirò
a disagio, un piccolo
campanello di uomini che .a circondava e la guardava con occhi pieni di
desiderio e, in un paio di casi, di amore e fare cavalleresco. Buona
parte di
quelli uomini erano del quartiere, e eli li conosceva in un modo o
nell’altro,
era gente che incrociava ogni giorno lungo la strada, e che ogni giorno
non la
degnavano di uno sguardo. E adesso, solo perché aveva una
parrucca e dei
vestiti un po’ più belli di quelli che usava di
solito… adesso erano ai suoi
piedi, a offrire cene, regali e passione… cose che
né a lei né a “Cenerentola”
interessavano. A meno che non dovessero venire da Ryo Saeba. E a meno
che non
fossero attenzioni rivolte a Kaori Makimura.
E
poi… lo vide avvicinarsi,
leggermente curvo e sconsolato, con la tipica espressione che aveva
quando
andava in bianco, le mani nelle tasche dei jeans, e fece per fare un
salto di
gioia pregustando la vittoria, ma si fermò.
“Ehy!” canticchiò
tutt’Allegra,
alzandosi sulla punta delle sue scarpette per sovrastare quelli che le
stavano
davanti, e inizio a fargli ciao con la mano, richiamando ulteriormente
la sua
attenzione. “Ryo! Sono tornata a farti visita! Sei
contento?!”
“Uhm?”
fece lui, mentre uno stuolo
di maschi (e pure qualche fanciulla) si voltava nella sua direzione, e
riconoscendolo scappava implorando pietà. “Ma che
diavolo…” si chiese
grattandosi la testa, e poi, la vide, e la sua bocca rimase aperta,
spalancata,
mentre si nutriva della visione che si era paventata davanti ai suoi
occhi una
volta che il capannello si era dileguato. “
“Ma
che…” Kaori prese a camminare
timidamente verso di lui, e Ryo, con ogni passo che la donna compieva,
maggiore
era il magone si formava in gola all’uomo, che non sapeva
come reagire di
fronte ad una tale celestiale visione, della donna che amava, la bellissima donna che lui amava, che
aveva smesso gli abiti maschili, o comunque quelli pratici da lei
prediletti,
per farsi… farsi sexy per
sedurlo. La
sua parte razionale si chiedeva cosa pensasse di fare Kaori, vestendo
nuovamente i panni di “Cenerentola”, ma sotto la
cintola i suoi più bassi
istinti si chiedevano perché a casa si ostinasse a
nascondere quel popò di
corpo dietro austeri abiti di taglio maschile, e soprattutto, che
diavolo
aspettava lui a caricarsela sulle spalle e trascinarla in un albergo?
Ryo
scosse la testa. Di casini con
Kaori ultimamente ne aveva combinati fin troppi, e nonostante ci fosse
quella
vocina nella sua testa, che suonava come un suo vecchio compare di
bevute, che
gli ripeteva con aria sognate da quando
mi sono sposato, le cose che da scapolo ritenevo importanti sono
svanite una
dopo l’altra, lui non aveva voglia di stare a
sentire quella dannata vocina
interiore. Punto primo, non era certo di voler rinunciare alla vita da
scapolo,
e secondo…
Kaori
era Kaori, la sorella del suo
defunto migliore amico, la ragazza che gli era stata affidata quando
era poco
più che adolescente... dubitava che Maki avesse inteso portatela a letto quando gli aveva
chiesto di prendersi cura di
lei. E poi, e poi… poi, fino a che fosse solo stata sua
partner nel lavoro,
Kaori avrebbe avuto una via d’uscita, cosa che non sarebbe
potuta mai succedere
se avesse ceduto ai sentimenti che da sempre provava per lei. Poteva
amarla, e
c’era una parte di lui che credeva di aver ceduto al buon
cuore della ragazza
quando l’aveva incontrata da adolescente, quando si era dato
dieci anni di
tempo per averla sua (e no, non aveva pensato al sesso allora. Beh, non solo al sesso, almeno), ma
ciò non
toglieva che Kaori meritasse di meglio, fosse sé stessa o il
suo alter-ego.
Certo, avrebbe potuto sedurre l’etera creature che aveva
innanzi, fingendo di
non sapere chi vi si celasse dietro, ma a che pro?
Kaori
avrebbe di nuovo creduto che
lui non la volesse, e il fatto di essere la
donna che con lui avrebbe diviso il letto sarebbe stato una pugnalata
al cuore,
e lui non si sarebbe certo sentito bene solo per un po’ di
sesso, e sapere di
farla soffrire avrebbe fatto star male anche lui.
E
poi, ok, aveva una dannata paura.
Le persone cha amava sul serio finivano sempre per
lasciarlo… tutte le figure
paterne che aveva avuto nella vita, l’amico che era stato
come un fratello, le
donne che aveva amato sul serio… tutti, prima o poi, lo
lasciavano, portandosi
via un po’ del buono che restava in lui; se lui e Kaori non
avessero mai fatto
sul serio… sì, lei se ne sarebbe andata, certo,
ma avrebbe fatto meno male, vero?
E lei lo avrebbe solo lasciato… non gli sarebbe stata
portata via da una
scarica di proiettili o dalla fredda lama di un pugnale, cosa al quanto
probabile per chiunque si potesse definire la sua donna.
No.
Kaori si meritava di meglio.
Meglio di un killer con la coscienza sporca, meglio di un uomo
costantemente
indeciso e impaurito dai suoi stessi sentimenti. Meglio di dover
aspettare
tutta la vita per sapere cosa significasse davvero essere amata, anima
e corpo,
qualora lui si fosse mai deciso a prendere la situazione di petto, solo
per
rischiare di non venirlo mai a sapere. La tentazione era forte,
fortissima…ma
non poteva cedere, per il bene di entrambi. Perciò, Ryo
Saeba fece la cosa
migliore che gli riuscisse a fare quando Kaori Makimura faceva parte
della
complicata equazione che erano la sua vita ed i suoi
sentimenti…
Si
voltò
e scappò a gambe levate, senza nemmeno darle una spiegazione.
“Ma
ti rendi conto? Neanche fossi un
idiota! Davvero crede che non lo sapessi?” Ryo
sbuffò mentre si fumava una
sigaretta con Mick dall’altro lato della strada, sul tetto
del palazzo davanti
al suo. Mick non rispose (perché non voleva dire cose come non che noi ci capiamo molto quando si tratta di
sottane) e se ne
stette zitto, e con un sospiro tutt’altro che di sollievo Ryo
riprese a
parlare. “Non so che pesci pigliare con lei.”
“Ah,
che domande!” Mick riprese
dandogli una sonora pacca sulle spalle, facendogli cadere nel vuoto la
sigaretta. “Guarda me e Kazue. Le ho messo o no un anello al
dito? Questo è quello
che la bella e dolce
Kaori si aspetta da te! Soprattutto dopo la tua confessione
d’amore di un paio
di settimane fa….”
Ryo
guardò il vecchio amico di
traverso; ufficialmente, Mick faceva sul serio con Kazue, peccato
però che ogni
qual volta ne avesse l’occasione (e la sua fidanzata non
fosse nei paraggi) lui
lodava (e non solo) la donna che per prima lo aveva fatto innamorare,
Kaori.
Anche se, doveva ammetterlo, Ryo iniziava a sospettare che le
attenzioni
dell’americano alla rossa volessero principalmente scatenare
una qualsivoglia
reazione in lui; dopotutto, pochi mesi prima non aveva forse fatto lo
stesso?
“Non
so… non credo di essere molto
bravo come monogamo…” Ryo pensò ad alta
voce, grattandosi la testa. Non che lui
lo sapesse per certo, dato che non ci aveva mai provato. Ma non ne
aveva mai
neppure avuto l’opportunità, dopotutto; le sue
storie erano state tutte
avventure, singole notti di passione passate con visi molte volte
scordati non
appena aveva varcato la soglia di casa e incrociato il volto (ed il
martello)
di Kaori alle prime luci dell’alba.
L’amore… quello era tutta un’altra
storia. Il
suo unico amore adulto era stata Kaori, e con lei… beh, se
per essere fedeli
bastava amare solamente una persona, anche in silenzio, anche facendole
credere
il contrario, ma facendo il tutto per tutto per tenerla sana e salva,
allora
sì, era monogamo in quel senso. Perché negli
ultimi otto anni, il suo cuore
aveva battuto solo per lei, lo sapeva.
Come
pure Mick.
“Ah!
Sono certo che una volta che
avrete passato una focosa nottata insieme, tu non guarderai neppure le
altre
donne, proprio come faccio io adesso!” Mick gli disse,
ridendo e dandogli una
dolorosa pacca sulla spalle con tutta la forza che aveva. Ryo
sospirò tra se,
tralasciando di ripetere per l’ennesima volta il discorsetto
che si era fatto
su Mick, Kazue assente e Kaori presente. “Ehi, non guardarmi
così! Io non ci
proverei mai con Kaori! Semplicemente, le mostro il mio rispetto e la
mia
gratitudine per avermi mostrato la retta via con il suo
amore!”
Il suo amore? Il suo amore è per me,
porco! Ryo
pensò alzando
un pugno, pronto a colpire il compagno di mille scorribande. Kaori non
amava
quell’americano da strapazzo, ma il suo partner, e se Mick si
era ravveduto
(cosa di cui Ryo non era del tutto certo) non era certo
perché lei lo aveva
guarito con il suo amore. Casomai,
quel… pezzente
ossigenato aveva mollato l’osso perché
a)l’aveva fatta piangere e
b)tecnicamente, essendo la sua partner e non la sua donna, Kaori non
era
impegnata, e questo era stato un duro colpo per l’uomo,
abituato a (tentare di)
sedurre solo donne impegnate. Che poi lui magicamente si fosse
innamorato di
Kaori, quello era un altro discorso…
“Dici?
Magari le dovrei fare una
visitina notturna….” Ryo parlò tra
sé e sé, un dito sul mento come per
concentrarsi meglio. “O magari potrei sorprenderla mentre si
fa la doccia… o il
bagno…” assunse la sua migliore aria da manica,
accompagnata da bava alla bocca
stile lupo-che-si-sta-per-mangiare-i-tre-porcellini. “Magari
per l’occasione si
anche messa dell’intimo sexy e la sorprendo mentre si
spoglia…”
“Uh?”
fece Mick mentre lo sguardo di
Ryo si faceva sempre più determinato, ed i suoi occhi
iniziarono ad ardere nel
vero senso della parola, mentre batteva, deciso, il pungo sul marmo
della
balaustra del balcone.
“E’
deciso! Torno a casa e faccio
sesso con Kaori! Sì! Grazie Mick! Sono certo che domani
tutto mi sarà più
chiaro! Sì, sì, hai proprio ragione tu!”
Detto
questo, Ryo corse giù dalle scale fischiettando, lasciando
un interdetto Mick
Angel a bocca aperta. Non era esattamente quello che aveva voluto dire
al
compare di avventure e sbornie… ma ridacchiando stupito, e
un po’ sconvolte, si
disse che se quello fosse servito a Ryo per mettere la testa a posto,
ma,
soprattutto, per farlo smettere di spezzare il cuore di
Maori… beh, meglio di
niente, no?
“Kaori?”
Canticchiò appena entrato
in casa, camminando a mezzo metro da terra con aria a metà
tra il maniaco
depravato ed il sognante. “Sei in casa, tesoruccio
mio?” Nella sua stanza, ancora
vestita come il suo alter ego tranne che per la parrucca gettata sul
letto, Kaori
digrignò i denti infuriata, desiderosa di spaccargli la sua
bella faccia. Tesoruccio? Lui la
respingeva e poi
aveva il coraggio di chiamarla tesoruccio?
Bastardo.
Non si meritava nemmeno
una riposta. Ma che diceva? Non meritava minimante la sua attenzione!
Non ci
pensava nemmeno a sprecare energia per dargli una martellata addosso! E
che si
preoccupasse pure perché lei non gli rispondeva! Gli stava
solo bene a quel
doppiogiochista bugiardo e fedifrago e maniaco e pervertito e
sciupafemmine, e,
e… e quant’altro.
Peccato
che lui non avesse
intenzione di desistere, perché, con aria trasognata e
sdolcinata, la stessa
che aveva quando pregustava un incontro amoroso, entrò in
camera sua, tutto
sorridente e soddisfatto. “Oh, meno male, non ti sei ancora
cambiata! Adoro
scartare i regali di Natale!”
“Eh?”
Pensò lei, sudando fredda, rannidandosi
contro un muro mentre Ryo la guardava con quegli occhini scintillanti e
da
cucciolo che finalmente aveva trovato una casa. Poi, quando la schiena
di lei
incontrò il freddo muro, Ryo si schiarì la gola e
si mise dritto davanti a lei,
stranamente serio (e terribilmente sexy), le mani sul muro ai lati del
corpo di
Kaori per bloccarle ogni possibile via d’uscita (a meno che
non lo avesse preso
a martellate), il suo viso così vicino che la rossa poteva
sentire il caldo
respiro di lui sulla pelle, il leggero odore di sigaretta e di fumo del
suo
alito (e nemmeno una traccia di alcool che potesse farle credere che il
suo
desiderio per lei fosse causato da una sbronza colossale). Kaori
sussultò,
arrossendo con forza, quando sentì il respiro
dell’uomo sul collo mentre le
sussurrava nell’orecchio, le sue labbra così
vicina che avrebbe giurato che la
stesse baciando.
“Mi
fa piacere che però hai tolto la
parrucca… vedere questi abiti su di te
è di gran lunga più eccitante.” Kaori
arrossì ancora di più, sentendosi mancare
il respiro mentre il suo corpo viveva per il solo desiderio e
l’emozione che
quell’istante le stava causando. Sì, sapeva che
era eccitato, lo sentiva duro e
pesante che premeva contro la sua coscia, insistente, strofinandosi
contro di
lei come un gatto che volesse trovare amore, conforto e una casa.
Amore,
conforto, casa… questo era
lei per Ryo Saeba? O lui voleva togliersi una sfizio, o toglierlo a
lei,
credendo che concedendosi alla partner lei avrebbe smesso di essere
attratta da
lui una volta incontrata la dura realtà? O
magari… magari credeva che lei
potesse sopportare di essere la compagna di una notte e basta, come
tante altre
donne che tutte le settimane lo accompagnavano in questa o quella
bettola.
“Uh?
Kaori?” le chiese, staccandosi
da lei, quando la avvertì irrigidirsi, il suo corpo scosso
da lievi singhiozzi.
Gli occhi di Ryo caddero sul viso della compagna, e le sorrise, dolce e
affettuoso, mentre le sue braccia la circondavano e le sue labbra
lasciavano un
dolce ma infuocato bacio sulla fronte della donna.
“Oh,
sciocchina…” le disse, ma in
realtà si dette delle stupido a sé stesso.
L’idea di fare sesso con Kaori per capire
se la volesse o meno come la sua donna era un’idiozia
colossale; lei faceva
parte della sua vita da anni, e quella notte nella stiva della nave lui
avrebbe
dovuto capire che le cose non potevano, né dovevano, restare
più come prima.
Quando le aveva tolto l’anello di famiglia dal dito, non
aveva forse desiderato
poterglielo rimettere, possibilmente all’anulare della mano
sinistra? E allora,
perché non lo aveva fatto, perché, quando si era
reso conto che lei non
ricordava nulla, non aveva tentato di farle tornare la memoria,
perché non
aveva svegliato i suoi ricordi come il Principe Azzurro di Biancaneve,
con un
caldo bacio di vero amore?
Perché
era uno stupido che aveva
paura… e forse nemmeno per lei. Ma per sé. Di
perderla. Di rimanere solo. Ma gli
altri avevano ragione… se avesse continuato così,
l’avrebbe persa di sicuro, e
ora sapeva che di certo non avrebbe fatto meno male vederla andare via
che gli
venisse strappata dalla fredda mano del Sinistro Mietitore.
Basta, idiota. Dici di essere un uomo? Allora
comportati come tale una
volta tanto!
“Voglio
starti accanto e proteggerti…”
le disse, sostenendola con le sue forti braccia, allontanandola da
sé abbastanza
che Kaori potesse vedere i suoi occhi, e capire che diceva sul serio.
“…perché
ti amo.”
Ancora
una volta il respiro morì in
gola alla donna, che emise un suono soffocato simile a un singhiozzo,
mentre
lui le sorrideva, colmo di calore e passione, e socchiudendo gli occhi
avvicinava il suo viso sempre di più a quello della rossa;
quando il naso di Ryo
sfiorò la sua pelle, Kaori ricordò i suoi
insegnamenti, le parole che le aveva sussurrato
la sera in cui, per la prima volta, aveva vestito i panni della
principessina
per avere le sue attenzioni, e chiuse a sua volta gli occhi, nello
stesso
istante in cui le labbra di Ryo si incontravano per la prima volta con
le sue-
la prima volta senza che niente si frapponesse tra di loro, almeno.
Mentre
scoprivano questo nuovo piacere reciproco, nuove lacrime segnarono il
viso
della donna, e Ryo le cancellò con le sue calde, grandi
mani, camminando all’indietro,
guidandola verso il letto. Una parte di lui era leggermente delusa,
dato che
lei dormiva ancora in un letto singolo, e avrebbe preferito esplorare
quella
candita pelle e quel corpo scultoreo in uno spazio ben più
ampio… ma non
credeva possibile poter attendere così a lungo da
raggiungere la sua camera da
letto per poterla fare sua.
“Ryo…”
sospirò lei, una volta che il
suo corpo venne dolcemente adagiato sulle candide lenzuola rosa, ma lui
scosse
la testa e rimase in silenzio, riprendendo a baciarla e iniziando a
scostare
lembi di tessuto, sempre più audace ad ogni tocco, eppure
sempre dolce,
affettuoso... e calmo. Come un provetto seduttore. Ed un vero
innamorato.
Molte
ore dopo, il primo sole del
mattino illuminò il volto di lei, i capelli rossi colmi di
riflessi ballerini,
e mentre la guardava dormire e le lasciava un bacio sulla spalla nuda,
Ryo
chiudeva gli occhi, sentendo il sonno impossessarsi di lui come mai
prima di
allora. Perché lei era Kaori. E lui era finalmente a casa.
Una casa piena di
amore e passione e tutto quello che si sarebbero dati l’un
l’altra… nel bene e
nel male, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia,
in
ricchezza ed in povertà… e nemmeno la morte li
avrebbe separati. Poco importava
se per la legge quelle parole avrebbero avuto solo significato per
loro, dato
che lui era come un fantasma agli occhi del mondo.
Sì,
decise mentre Morfeo si
impossessava di lui, presto le avrebbe messo un anello
all’anulare sinistro.
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