Di
tutte le cose che non tollero l’incoerenza è
probabilmente al primo posto.
Seguita a ruota dai genitori apprensivi e dai clown.
A volte mi domando perché mi sto specializzando in chirurgia
pediatrica.
Mi strofino gli occhi con pollice e indice, stancamente.
Il problema è che questa città sembra incarnare
l’incoerenza. A partire dal clima.
È mai possibile che al 21 di maggio io debba girare con
l’impermeabile autunnale?
A quanto pare, sì.
Come se questo non bastasse, nonostante il brutto tempo e il
freddo fuori stagione sembrano tutti allegri.
-Non preoccuparti! Il Vecchio Haredas ha detto che è solo
una perturbazione passeggera e dovrebbe migliorare già in
mattinata!- dice un
ragazzo passandomi accanto per scendere, rassicurando la propria
fidanzata.
Deve essere la sua fidanzata perché gli sta avvinghiata al
braccio come se volesse staccarglielo. Forse ha paura che scappi.
Sospiro, reggendomi meglio alla maniglia penzolante mentre
la metro riprende la sua corsa verso Foosha, la fermata dove scendo per
andare
al lavoro.
Se scendessi alla fermata successiva le scale mobili della
metro mi porterebbero praticamente dentro all’ospedale ma non
voglio rinunciare
al mio caffè da Makino e non mi dispiace fare due passi.
Inoltre, prima scendo da qui e meglio è.
La musica in metropolitana prima delle undici del mattino
dovrebbe essere illegale.
Fulmino le casse sperando di riuscire a mandarle in tilt con
la forza del pensiero mentre una musica decisamente poco adatta sia a
un giorno
di pioggia sia all’orario prende a suonare allegra,
diffondendosi per tutto il
vagone.
[http://www.youtube.com/watch?v=VSG5WkYi4Ow]
I don’t know why
You
think that you could hold me
When
you can’t get by by yourself
And
I don’t know who
Would
ever want to tear the seam of someone’s
dream
Baby,
it’s fine, you said that we should just be
friends
While
I came up with that line and I’m sure
That
it’s for the best
If
you ever change your mind, don’t hold your
breath
Mi
guardo intorno,
sollevando un sopracciglio quando noto, con mio sommo stupore, che il
resto dei
passeggeri sorride e fatica a restare fermo coi piedi e la testa,
travolto dal
ritmo del pezzo. Mi rigiro verso il mio riflesso nel vetro delle porte
scorrevoli, mandando gli occhi al cielo.
Un
nubifragio sta per
abbattersi sulla città a metà maggio, sono le
otto meno un quarto di mattina e
questi ballano!
Mi
sono trasferito
in una città di imbecilli.
Mi
sento come il
cantante di uno di quei video musicali dove tutti intorno a lui danzano
felici
e sorridenti.
Solo
che io vorrei
ucciderli, possibilmente con un bisturi.
‘Cause you may not
believe
That
baby, I’m relieved
When
you said goodbye, my whole world shines
Hey hey hey
It’s
a beautiful day and I can’t stop myself
from smiling
If
I’m drinking, then I’m buying
Per
fortuna è la mia
fermata e scendo dalla metro, facendomi largo tra la folla con poca
grazia,
ignorando le invettive lanciate da quelli che sono in attesa di salire.
Idioti.
Opto
per le scale
normali, prima arrivo al Party’s Bar meglio è.
Appena
esco all’aria
aperta, una folata di aria decisamente troppo fredda per la stagione mi
investe, scompigliandomi i capelli già non troppo pettinati.
Scruto
il cielo,
trovandolo più grigio di quando sono uscito.
Pessimo
segno.
Mi
dirigo a passo
spedito verso il bar.
-Beh
dai ma non fa
poi così freddo!- afferma un tizio in doppiopetto mentre mi
passa accanto parlando
al cellulare.
Senza
smettere di
camminare mi giro a guardarlo incredulo.
Certo,
se fossimo a
novembre non farebbe poi così freddo!
Non
che io abbia dei
problemi con il freddo. Però ripeto… La coerenza!
Mi
avvicino alla
porta del bar e prima di aprirla ed entrare do un’occhiata
oltre il vetro. C’è
parecchia gente, dovrò attendere qualche minuto ma Makino
è veloce e a me serve
un caffè. Urgentemente.
Tiro la porta verso di me e…
And I know there’s no
denying
It’s
a beautiful day, the sun is up, the music’s
playing
And
even if it started raining
You
won’t hear this boy complaining
‘Cause
I’m glad that you’re the one that got
away
It’s
a beautiful day
Non
è possibile!
È
una persecuzione!
Resto
immobile sulla
soglia, braccio teso e porta aperta, cercando di decidere se sia
più importante
il caffè o la mia sanità mentale.
In
fondo è la prima
cosa coerente della mattina, il motivo per cui il tizio che canta
è così
felice. È stato lasciato dalla fidanzata rompipalle e
può avere tutte le donne
che gli pare. Questo lo capisco.
Due
ragazzi
approfittano della mia presunta gentilezza e mi fanno un cenno di
ringraziamento, credendo che stia tenendo la porta aperta per loro,
mentre
escono dal locale.
-Il
Vecchio Haredas
lo aveva detto che avrebbe piovuto!- dice uno dei due scrutando il
cielo e io
mi ritrovo a pensare che vorrei conoscerlo questo dannato Vecchio
Haredas,
così, giusto per chiedergli se poteva mica prevedere un
po’ di sole.
Okay,
meglio se me
ne vado.
Mollo
la porta
facendo dietro front e incamminandomi verso l’ospedale, ma
non faccio due passi
che delle gocce grosse come castagne cominciano a cadere schiantandosi
al suolo
davanti a me. Sta cominciando a piovere e io, naturalmente, non ho
l’ombrello.
Sì,
perché a quanto
pare sono l’unico in questa città che non segue
assiduamente il meteo con il
Vecchio Haredas e, nonostante abbia notato l’aria fredda, mi
sono accorto della
tempesta in avvicinamento solo una volta arrivato alla metro e non
avevo tempo
di tornare a casa.
Non
ci vuole un
genio della meteorologia per capire che si prepara a piovere a dirotto,
così
scatto felino in direzione del primo luogo chiuso che mi si para
davanti,
riuscendo comunque a bagnarmi mentre la pioggia si intensifica nel giro
di
pochi secondi.
Apro
la porta del
mio improvvisato rifugio, facendo tintinnare il campanello e vengo
investito da
una quantità indefinibile di odori.
Mi
guardo intorno e
capisco di essere finito in un chiosco di fiori. O meglio da fuori
probabilmente sembra un chiosco di fiori ma dentro sembra di stare in
una
foresta. Una foresta dove non esistono le stagioni.
Garofani,
fresie,
crochi, girasoli, gerbere, gigli, calle, tulipani, rose, crisantemi.
Spuntano
da dei
secchi appoggiati a terra, si diramano da delle specie di rastrelliere
scaffalate di metallo, penzolano da portafiori assicurati al soffitto,
intrecciandosi e allacciandosi tra loro sopra la mia testa.
Ne
riconosco solo
alcuni e sono talmente rigogliosi che fatico a individuare il fondo del
negozio.
Mi
sposto un po’
lungo uno dei due corridoi formati dalla rastrelliera al centro del
locale e
individuo un bancone pesca, con un battitore di cassa dietro a cui
è seduto
qualcuno che non riesco a vedere dalla posizione in cui mi trovo,
nonostante le
relativamente ridotte dimensioni del posto.
Vedo
solo due mani
che stringono una tazza e un movimento fugace mi suggerisce che il
proprietario
di suddette mani si è appena sporto in avanti per scorgermi
e subito si è
tirato indietro.
Mi
aspetto che si
alzi per venirmi a offrire il suo aiuto ma niente.
Penso
che sia
proprio strano come comportamento, ha sentito il campanello, mi ha
visto, per
quanto ne sa potrei avere bisogno di una pianta o di un bouquet ma non
accenna
ad alzarsi.
Scrollo
le spalle
disinteressato alla cosa e mi giro per controllare la situazione
pioggia.
Merda!
Senza
ombrello non
posso raggiungere l’ospedale a meno di non volermi far
crescere il muschio
addosso nel tragitto.
Come
lo penso gli
scrosci aumentano d’intensità rendendo
improvvisamente necessaria anche una
canoa e una pagaia.
Cazzo!
Farò tardi!
-Il
Vecchio Haredas
lo aveva detto!- una voce femminile alle mie spalle mi coglie alla
sprovvista e
mi fa voltare.
La
proprietaria delle
mani è di fronte a me, suddetti arti sui fianchi e occhi sul
vetro della porta
a studiare la situazione atmosferica.
Bionda,
capelli a
caschetto, grandi occhi cioccolato e un grembiule lilla a coprirle
parzialmente
i jeans e la maglietta a maniche corte, dalla cui tascona frontale
spuntano un
paio di cesoie e dei guanti da giardinaggio.
-Anche
lei segue il
Vecchio Haredas- affermo, monocorde.
Non
è una domanda.
-Tutti
quelli che
hanno un po’ di sale in zucca in questa città
seguono il Vecchio Haredas!-
commenta riportando l’attenzione su di me.
Mi
scruta qualche
secondo e poi sorride.
-Posso
offrirle una
tazza di caffè?!- mi domanda gentile.
Io
assottiglio lo
sguardo, preso alla sprovvista.
-Non
è di certo
entrato per i fiori!- risponde alla mia domanda inespressa, come se
fossa la
cosa più ovvia del mondo, tornando verso il bancone.
Mi
giro ancora un
attimo verso la porta e mi rassegno a dover aspettare che spiova,
così la seguo
dietro a una delle rastrelliere e la trovo a versare del
caffè da un thermos.
-Come
fa a esserne
così sicura?!-
Solleva
lo sguardo
un attimo a guardarmi e resta in silenzio, mentre finisce di versare e
richiude
il thermos.
-Istinto!-
risponde
poi, avvicinandomi la tazza, facendola strusciare sul bancone.
Io
la fisso per
qualche secondo, senza realmente vederla, perso nei miei pensieri.
-Non
è avvelenato!-
mi avvisa, facendomi concentrare su di lei.
Sorride,
gli occhi
che brillano, mentre sorseggia il suo caffè e si risiede
dietro al piano pesca.
Noto che c’è uno sgabello e così decido
di accomodarmi anche io mentre prendo
una sorsata.
Dio,
quant’è buono!
Ci voleva proprio!
-Lei
è nuovo qui in
città, vero?!- chiede aggrottando le sopracciglia.
La
guardo,
squadrandola velocemente, impassibile come solo io riesco a essere.
-Mi
sono trasferito
da tre settimane- le concedo una risposta.
-Ora
capisco…-
commenta, parlando quasi più a se stessa che a me.
È
il mio turno di
aggrottare le sopracciglia.
-Che
vuol dire?!-
chiedo, un po’ infastidito.
-Oh
beh… L’assenza
dell’ombrello, lo stupore per il clima fuori stagione,
l’aria nervosa…-
-Perché?!
Forse che
chi vive qui non è mai nervoso?-
Si
stringe nelle
spalle.
-Non
per la pioggia!
Raftel è una città così! E poi il
Vecchio Haredas dice che da oggi pomeriggio
arriva già il caldo estivo!-
Ah
beh! Se lo dice
il Vecchio Haredas!
-Io
comunque sono
Margaret!- dice dopo qualche istante tendendomi la mano.
Il
movimento
sprigiona un profumo di gelsomino intorno, profumo che emana
chiaramente da lei
e, improvvisamente sento il nervoso sciogliersi parzialmente.
Lavora
in un chiosco
di fiori, si chiama come un fiore, profuma come un fiore.
Questa
è coerenza!
-Trafalgar
Law-
rispondo laconico, ricambiando la stretta.
-E
cosa fa?- insiste
a volermi far chiacchierare.
Le
lancio
un’occhiata non proprio amichevole che lei sembra non
cogliere perché continua
a sorridermi eterea.
-Chirurgo
pediatrico- mi limito allo stretto indispensabile.
Però
la ragazza
sembra così disponibile al dialogo che decido di togliermi
una curiosità.
-Come
fa ad avere
così tanti fiori diversi?! Sono tutti veri? Alcuni sono
fuori stagione- le
faccio notare.
-Ho
il pollice
verde… Cioè, come dice mia sorella sembra
più un superpotere ma comunque…-
-Per
questo fa la
fioraia- commento, portandomi la tazza alle labbra.
Anche
questa è una
constatazione.
-In
realtà il motivo
è che sono appassionata di linguaggio dei fiori sin da
bambina…- mi spiega per
niente turbata dal mio tono schietto e poco gentile.
Io
mi limito ad
alzare un sopracciglio e Margaret dimostra di nuovo di non avere
bisogno di
molte parole per interpretarmi.
-Ogni
fiore ha un
significato, o più di uno… La scelta di un fiore
non dovrebbe essere fatta alla
leggera… Un fiore scelto con accuratezza per trasmettere un
preciso messaggio
può anche semplificare la vita…-
Molto
poetico!
Peccato
che io sia
sempre più scettico a sentirla parlare così e,
nemmeno serve dirlo, lei se ne
accorge.
-Beh…
Può aiutare a
superare la paura o l’imbarazzo, a chiedere scusa, a farsi
ascoltare da
qualcuno che non vuole darci retta… Il linguaggio dei fiori
può essere molto
utile per tirarsi fuori da situazioni complicate!-
afferma convinta.
-E
se uno non
conosce il linguaggio dei fiori?-
-E
io che ci sto a
fare qua allora?!-
-E
se la persona a
cui si regala il fiore non conosce il linguaggio dei fiori?-
-Ci
sono queste!-
dice, allungando una mano e afferrando qualcosa vicino al battitore di
cassa.
Mi
posa di fronte un
contenitore di cartone, di quelli alti dietro e bassi davanti, in cui
sono
infilate delle piccole schede illustrative, i cui bordi colorati
formano un
arcobaleno sfumato. Sulla prima c’è
l’immagine di una grossa gerbera arancione.
C’è il nome, la foto del fiore, le origini e il
significato.
Sollevo
di nuovo lo
sguardo su di lei e la trovo sorridente, ma non un sorriso trionfante,
bensì
dolce e caloroso. Mi mette un po’ a disagio, anche se,
naturalmente, non lo do
a vedere.
Mi
accorgo che lo
scrosciare della pioggia è diminuito e ne approfitto per
districarmi da questa
situazione. Senza contare che ho un lavoro a cui presentarmi, non posso
stare
qui a chiacchierate tutta la mattina.
-Sembra
che stia
spiovendo. Grazie del caffè- mi alzo appoggiando la tazza
accanto alle schede
dei fiori.
Anche
lei si alza.
-Beh
è stato un
piacere Trafalgar Law!- mi dice, tendendomi nuovamente la mano e
avvolgendomi
di nuovo nel gelsomino.
-Altrettanto-
rispondo atono, avviandomi poi verso la porta.
-Prenda
questo!- mi
ferma Margaret venendomi dietro.
Mi
volto e la trovo
a tendermi un ombrello chiuso e ancora perfettamente asciutto.
Guardo
alternativamente lei e l’ombrello, esitando.
-C’è
ancora qualche
goccia…- spiega, stringendosi nelle spalle.
-Non
riesco a
passare a riportarglielo entro stasera-
-Tanto
stasera non
mi servirà- afferma convinta.
Sospiro
prima di
accettare la gentile offerta.
-Arrivederci!-
mi
saluta di nuovo mentre mi avvio alla porta.
Io
rispondo con un
cenno prima di uscire nell’aria umida e appiccicosa.
Apro
l’ombrello e noto
che il cielo sta schiarendo, passando dal grigio scuro al bianco.
Faccio
per avviarmi
verso l’ospedale ma dopo pochi passi una voce mi obbliga ad
arrestarmi.
-Trafalgar,
aspetti!!!-
Mi
giro e vedo
Margaret corrermi incontro veloce per non bagnarsi, stringendo qualcosa
di
colorato in mano.
Mi
raggiunge sotto
il mio ombrello, che effettivamente è suo, e, prima che io
possa protestare o
dire alcunché, si mette ad armeggiare con il bavero del mio
impermeabile.
-Ehi!!!
Ma che…-
Toglie
le mani e mi
ritrovo con un fiore agganciato all’occhiello più
alto della lunga giacca.
Color corallo, cinque petali a forma di calice e un lungo pistillo.
Ma
che s’aspetta,
che io vada in giro con un fiore all’occhiello?! Ma per chi
mi ha preso?!
-Non
si preoccupi,
non dura nemmeno ventiquattro ore, sfiorirà prima di sera!-
Faccio
per
protestare ma mi blocco incredulo quando un’occhiata di sole
tiepido ci
investe. Guardo in alto, oltre il bordo teso dell’ombrello, e
vedo una fetta di
cielo azzurro in rapida espansione, nonostante qualche goccia di
pioggia ancora
cada, filtrando i raggi solari e rendendo l’atmosfera
surreale.
-Il
Vecchio Haredas
lo aveva detto…- mormora Margaret, sorridendo felice.
Non
è un modo per
dimostrare che aveva ragione, è solo un semplice dato di
fatto per lei.
Poi,
senza
aggiungere niente, si allontana tornando verso il negozio. Anche io
ricomincio
a camminare verso la mia meta ma mi fermo ancora, fatti pochi passi.
-Margaret!-
Si
arresta
voltandosi, interrogativa.
-Che
fiore è?- le
chiedo indicando il colorato calice che decora il bavero del mio
impermeabile.
-Hibiscus!
Significa: benvenuto!- mi comunica portando una mano a coppa intorno
alla
bocca, prima di salutarmi ancora una volta con un cenno della mano e
rientrare
nel chiosco.
Io
mi avvio,
finalmente diretto all’ospedale. Mi ci vogliono alcuni minuti
per accorgermi
che, camminando, mi sono messo a fischiettare quella stupida
canzoncina.
Hibiscus
o ibisco
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Bellezza delicata,
benvenuto.
Storia
e curiosità:
Originario dell’Africa e delle isole del
Pacifico, viene introdotto in Europa dal ‘700. Il fiore
dell’hibiscus sfiorisce
in meno di 24 ore. È il simbolo dello Stato delle Hawaii
dove viene offerto ai
turisti e simboleggia lo status sociale delle donne: dietro
l’orecchio sinistro
indica che la donna è single, dietro il destro indica che
è impegnata, dietro
entrambe le orecchie che ha una relazione ma è in cerca di
“altro”. Con i suoi
fiori si produce un the con proprietà afrodisiache e ha
anche proprietà medicamentose.
In Giappone è segno di benvenuto.
Angolo
dell’autrice:
Sono
tornata!!! Con
una nuova LawxMargaret!!! Ciao a tutti!!!
Okay,
ora basta…
Ciao
people! Dunque
questa long sarà a metà tra una ff normale e una
raccolta! Chi andrà avanti a
leggere capirà, non perché non lo voglia spiegare
ma perché è difficile da
spiegare! *gocciolina dell’imbarazzo*
Ora,
essendo che è
la prima volta che tratto Law in pov prima persona, apprezzerei davvero
dei
consigli per migliorare. Signorina Soke07 lei è caldamente
invitata a farmi
sapere che ne pensa.
Comunque
grazie a
tutti quelli che sono arrivati fino a qui e grazie a tutti quelli che
mi
seguiranno anche stavolta!
A
presto.
Piper.
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