La verità

di Namida no me
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"Come stai?" "Bene, grazie."

Ma quando i sorrisi che ti stampi in faccia non raggiungono i tuoi occhi, lasciandoli vuoti, spenti, smarriti.
Quando ti svegli la mattina già stanca, con la voglia di restare sotto le coperte e nessuna voglia di affrontare un nuovo giorno.
Quando ti rifugi in canzoni amiche per evadere dalla tua stessa famiglia, dalle liti, dai pianti di una madre stanca, dai soldi che mancano.
Quando sei fra la gente e riesci a stento a trattenerti dallo scappare via da tutti, dalle loro inutili chiacchiere.
Quando ti rannicchi al buio, ginocchia contro il petto, la faccia nascosta fra le braccia, e stai lì desiderando di sparire.
Quando ti stendi a letto la sera, aspettando che le lacrime inizino a scendere, aspettando di sentire le urla che soffocherai salire su per la gola, ma niente di tutto ciò accade.
Quando un respiro non ti costa più dolore, perché ormai se respiri o meno non t'importa più.
Quando accade tutto ciò ripensi a tutte le volte che hai detto di star bene, a tutte le volte che hai tirato fuori dalla collezione dei falsi sorrisi quello etichettato come 'rassicurante', a tutte le volte che hai detto di non avere alcun problema e realizzi come non hai mai fatto di essere la miglior bugiarda del mondo, perché in certi momenti quella bugia te la sei bevuta anche tu.

"Come stai?"
"Stanca, svuotata."
Questa sarebbe la risposta giusta, quella sincera, ma questo tipo di risposta richiede un coraggio che non m'appartiene e che mai m'apparterrà.





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