Chiacchiere
di Compleanno
Aprile
2003, Contea di York
La
frizzante aria di metà aprile stava iniziando a divenire
ancora più fredda e il Sole stava già cominciando a
calare, colorando le nubi di sprazzi rossastri.
Nell'
improvvisato campo da calcio di un dimenticato paesino sperduto nella
Brughiera, sei ragazzi stavano giocando, completamente immersi in
quella che doveva essere una delle ultime azioni della partita.
Troppo
presi dalla foga del gioco, non si accorsero dell'arrivo di una
ragazza dalla carnagione lattiginosa e dai lunghi capelli rossi.
Elisabeth, avendo cura di appiattirsi per bene il lungo ed ampio
abito primaverile, si sedette all' ombra di un albero aprendo il suo
libro e lanciando fugaci occhiate verso il campo da gioco: Daniel
doveva darsi una mossa se non voleva che facessero tardi al
compleanno di Ted.
Sua
madre l'aveva mandata a chiamarlo e lei non se l'era sentita di
rifiutare, anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Non
le piacevano i ragazzi Babbani con cui Dan era solito giocare a
calcio durante le vacanze: la mettevano in soggezione e sembrava che
fossero sempre sul punto di giudicarla.
Non
avevano mai espresso opinioni su di lei in presenza di Daniel, non li
avrebbe di certo perdonati e, se necessario, sarebbe sicuramente
ricorso alle mani.
Ciò
nonostante, Beth, capiva benissimo quello che pensavano di lei solo
guardandoli in faccia ed intercettando gli sguardi d'intesa che si
lanciavano: la ritenevano inadatta anche solo a camminare al fianco
di Dan.
La
cosa non la turbava più di tanto. La infastidiva, certamente,
ma ci era abituata. Del resto, anche a d Hogwarts, tutti si
chiedevano per quale motivo il divino e popolare Daniel Black,
Capitano della squadra di Quiddich di Grifondoro e oggetto delle
attenzioni di diverse ragazze, avesse per amica la schiva, timida,
taciturna ed insignificante Elisabeth Potter.
In
quel momento Beth maledisse la sua timidezza e la inadeguatezza: se
solo avesse avuto il carattere spigliato di Anne non si sarebbe fatta
molti problemi a correre lì in mezzo per trascinare via Dan.
“Maledizione,
Dan! Non è possibile! E' il terzo oggi!” gridò un
ragazzo, dal fondo del campo, sostando in piedi dietro una rete ed
agitando le braccia.
Da
quel poco che Beth aveva capito del calcio, grazie alle confuse
spiegazioni di Dan, quello doveva essere il portiere e, a quanto
pareva, il suo amico aveva appena segnato.
“Che
ci vuoi fare, Simon, la classe non è acqua!” rise Dan,
tirandogli una pacca sulla spalla.
“Direi
che per colpa tua abbiamo perso ancora!- esclamò un altro- Sei
proprio sicuro di non far parte della squadra di calcio della tua
scuola?”
“Sicurissimo,
Tim! L'ho già detto, la classe non è acqua. E poi, è
questione di punti di vista: io direi che, per colpa mia, noi
abbiamo vinto ancora!” lo prese in giro Dan, unendosi ai
festeggiamenti dei suoi due compagni di squadra.
“Comunque-
chiese dopo un po'- dov'è l'acqua? Credo che potrei morire
disidratato...”
“Lì
in fondo.” il ragazzo gli indicò un cespuglio proprio
vicino all' albero sotto al quale sedeva Beth, che, immersa nei suoi
pensieri non fece caso all'arrivo di Dan.
“Beth!”la
salutò con entusiasmo il ragazzo, staccandosi dalle labbra la
borraccia e correndole incontro.
“Daniel!”
Beth si alzò in piedi e richiuse il libro prima di
raggiungerlo per abbracciarlo, come era solita fare a mo' di saluto.
Il
ragazzo ricambiò la stretta, infischiandosene delle facce di
compatimento che gli rivolgevano i compagni.
“Allora?
Che cosa ti porta lontano dal tuo amato porticato di Orchard House?”
domandò scanzonato, asciugandosi con un braccio la fronte
madida di sudore.
“Mi
hanno mandato a chiamarti. E' il compleanno di Ted oggi, ricordi?
Siamo già in un tremendo ritardo...” gli rispose con un
sorriso che avrebbe dovuto essere di rimprovero ma che, in realtà,
comunicava tutt'altro.
“Credevi
che me ne fossi dimenticato? Era tutto calcolato alla perfezione!”
esclamò lui, con il suo tono da attore consumato.
“Andiamo
adesso, per favore, Dan. E' tardi e non mi piacciono i tuoi amici.”
lo pregò Beth, trascinandolo via per un braccio.
Dan
fece un rapido cenno agli altri e la seguì.
Attraversarono
in silenzio il villaggio, prima di sbucare sul sentiero sterrato che
li avrebbe condotti ad Orchard House.
Beth
faticava a tenere il passo di Dan che, aiutato dalle gambe lunghe,
camminava spedito.
Dan
si fermò per aspettarla, guardandola arrivare per
trotterellargli al fianco.
“E
comunque quelli non sono miei amici.” le disse, dopo un po',
rompendo il silenzio.
“Ne sono
felice. E non per quello che possono pensare di me... Non mi
piacciono, ecco tutto.”
“Lo
sai benissimo chi sono i miei amici, Beth. Smettila di preoccuparti
per me, ok? So badare benissimo a me stesso!”
“Non
ne sono poi così sicura, sai, Dan?”
“Allora
facciamo così, tu resta sempre nei paraggi a monitorarmi.
Così... giusto per essere sicura che non prenda brutte strade,
ok?” le propose Dan, fissandola con i suoi vivaci occhi scuri,
pronti sempre ad organizzare qualche guaio.
“Ok.”
annuì Beth, tornando a camminare al suo fianco, in quel posto
che più la faceva sentire compresa ed accettata, scacciando
dalla testa i pensieri che la volevano lontana da Dan in seguito al
suo diploma.
Chiacchierando
ancora raggiunsero Orchard House, in cui fervevano i preparativi per
il quinto compleanno del piccolo Teddy. Il minuscolo cottage di Remus
e Tonks non era sufficientemente grande per accogliere comodamente
tutto il parentado che sarebbe corso a festeggiare Ted e così,
Hellen, grazie alle sue enormi doti di organizzatrice, non aveva
esitato ad offrire casa sua, ovviamente dopo aver minacciato di
togliere il Quiddich a suo marito e a James, nel caso in cui si
fossero rifiutati di dare una mano.
“Cerca
di lavarti in fretta, Dan! E' tutto il pomeriggio che apro e chiudo
tavoli e gazebo! Lavati e collabora!” esordì Sirius,
maledendo un perno in cui si era appena chiuso l'indice.
“Un
motivo in più per aver passato il pomeriggio a giocare a
calcio!” gli rispose, ridendo, suo figlio.
“Datti
una mossa, tua madre non sarà per nulla felice di vederti
conciato così.” gli consigliò Sirius, invitandolo
ad entrare in casa e a cambiarsi nel più breve tempo
possibile.
“E'
così grave la situazione, papà?” chiese Beth,
avvicinandosi a James che stava facendo levitare un tavolo poco più
lontano da dove era stato fino a quel momento.
“Peggio!
Hellen ci ha fatto montare e smontare tutto almeno una decina di
volte!”le rispose.
“Devi
sapere Beth, che la mia cara e dolce mogliettina prima ci fa
preparare tutto e poi, dopo aver deciso che quella disposizione non
le piace più, ci fa spostare il risultato del lavoro di ore!”
le spiegò Sirius, facendo aprire le sedie attorno al tavolo
spostato da James.
“Vi
devo dare una mano, papà?”
“Tranquilla,
ci pensiamo noi. Tra poco dovrebbe arrivare anche tuo fratello... Va'
in casa ad aiutare la mamma.”
“Sicuro?”
“Sì,
Beth. Credo che sarai più utile nell'aiutare a ricoprire la
torta di glassa, che non qui.” le sorrise James.
Beth
fece
appena in tempo ad aprire la porta che fu immediatamente investita da
Hellen che stava trasportando fuori un' enorme ciotola colma di
punch.
“Oh,
scusa cara... E' che siamo in ritardo! Grazie per aver chiamato
Dan... ora è di sopra, si sta cambiando e mi auguro per lui
che faccia in fretta: c'è ancora così tanto da fare!
Fuori i tavoli sono a posto? Devo assolutamente posare questo!”
le disse la donna, cercando di reggere il recipiente e ,
contemporaneamente, di togliersi dagli occhi una ciocca di capelli.
“Se
vuoi lo tengo io...” si propose, gentilmente Beth.
“Lascia
stare, Elisabeth! Prova a passare in cucina da tua madre, altrimenti,
sali e bussa alla porta di Dan intimandogli di scendere. Ora vado che
qui mi cade tutto! Spero che Sirius abbia finito di far ballare le
gambe del tavolo...” Hellen, veloce come era arrivata, sparì,
lasciando sola Beth che, con una scrollata di spalle, si diresse
verso la cucina.
Lily
era china su un enorme pandispagna rettangolare e, con una tasca
triangolare in mano, stava cercando di posizionare la glassa alla
perfezione: nonostante fosse una strega aveva sempre amato cucinare
alla maniera Babbana, così come sua madre le aveva insegnato.
“Mamma,
serve aiuto?”
“Ho
quasi finito, Beth, siediti qui e fammi compagnia.”le disse
Lily, invitandola su uno degli alti sgabelli di paglia della cucina.
Beth
si sedette e prese, assorta, a fissare un punto qualsiasi oltre la
finestra.
“Tutto
bene?”le chiese sua madre, intuendo che c'era qualcosa che non
andava.
“Sì,
tutto bene, mamma.” rispose Beth, riscossasi da quel sogno ad
occhi aperti.
“La
partita come è andata? Dan ha vinto?” si informò
Lily.
“Sì,
credo che abbia segnato tre volte. Da quanto ho capito è
piuttosto bravo... come in tutto quello che fa, del resto.”
“Anche
tu sei brava in tutto quello che fai, tesoro.” Lily aveva
lasciato perdere la glassa e si era avvicinata a sua figlia.
“Ma
non sono Dan.”
“Io
oserei dire che questo è una vera e propria fortuna! Solo
perchè tu non senti il bisogno di comunicare al mondo tutto
quello che riesci a completare perfettamente, non vuol dire che vali
di meno, ti pare?”
“Dici?”
“Sì,
dico.”
“Anche
Dan me lo dice sempre...” confessò Beth
“E
allora credici!” la incoraggiò Lily.
“Che
cosa dovrebbe credere, zia? Forse che io sono il miglior giocatore di
calcio e di Quiddich mai esistito?” Dan era comparso
all'improvviso, di soppiatto, con i capelli ancora bagnati che gli
ricadevano sul viso.
“Certo
Dan, come no! Per favore, illumina anche me! Rendimi partecipe di
tutta la tua perfezione!”esclamò Beth, scendendo dallo
sgabello per correre incontro a Dan.
“Su,
siccome sono magnanimo ho deciso che potrò trasmettere anche
a te parte della mia innata perfezione!”
“Quanto
sei megalomane, Daniel! Un po' di modestia ogni tanto non ti farebbe
male!” lo rimbrottò Beth, scherzosamente, con quel suo
fare da maestrina.
“Ci
sei già tu a ricordarmi che non sono onnipotente. Non serve
che ci pensi io, ti pare?”le rispose, sornione, Dan, afferrando
una tartina.
Lily
aveva osservato in silenzio tutta la scena: non poteva fare a meno di
sorridere.
Aveva
notato il cambiamento di espressione di Elisabeth non appena era
arrivato Dan e il suo istinto materno le faceva intuire che, presto o
tardi, sarebbe intervenuto qualcosa a mutare il loro rapporto,
provocando insicurezze, allontanamenti e un po' di sofferenza per
entrambi. Si augurava solo che l'affetto che li univa fosse in grado
di superare tutto.
Era
da diverso tempo che aveva notato qualcosa di nuovo nel loro
rapporto, qualcosa di celato e nascosto, qualcosa di cui
probabilmente non conoscevano nemmeno loro l'esistenza. In ogni caso,
Lily, sapeva per esperienza che non bisogna sforzare i figli a
parlare: l'avrebbero fatto da soli, nel momento in cui lo ritenevano
opportuno.
“Lily
a che punto sei con la torta? Harry ha appena mandato un Patronus:
sarà qui tra poco, giusto il tempo di passare da Ginny. Credo
che Remus e Tonks arriveranno con un po' di ritardo... Daniel! Giù
le mani dalle tartine!”gridò Hellen, notando
immediatamente che suo figlio si era avventato sul vassoio.
Daniel
era cresciuto in altezza, ma quella era un'abitudine che non avrebbe
mai perso.
“Sono
buone, mamma. Le hai fatte tu?” domandò lui, a bocca
piena, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Sì,
le ho fatte io! E ora per piacere, vatti a cambiare!”
“Perchè?”chiese
il ragazzo, addentando, famelico, l'ennesima tartina.
“Santa
Morgana, Daniel! Quando ti deciderai a portare magliette della tua
taglia? Quando il cavallo dei tuoi jeans avrà raggiunto il suo
giusto posto? Hai diciotto anni, ormai!” Hellen, con fare
isterico, indicava l'abbigliamento del figlio,vestito nel miglior
stile da skater Babbano.
“Mamma,
tutti si vestono così! Quante volte te lo devo dire!”
protestò Dan, mentre sia Lily che Beth cercavano di trattenere
le risate.
“Tutti
chi? I Babbani? Non mai visto altri ragazzi vestiti come te!”
disse lei, riferendosi a quando aspettava il figlio sul binario 9 e
34 ed ignorando invece il look di buona parte della popolazione
maschile di Hogwarts.
“Lucas
si veste come me!”
“Bè,
questa sì che è una notizia! Se Lucas si veste così,
imitalo! Mi sembrava strano che non aveste i neuroni in comune!
Anziché prendere esempio da lui, vestiti come Thomas!”
“Mamma....
Thomas è... Thomas! Ha un modo tutto suo di vestire! D'estate
camicia alternata a polo e d'inverno maglione con sotto la camicia...
sai che noia! E comunque anch'io mi metto le camicie, ogni tanto...”
“Meglio
che lascio stare sennò mi viene l'esaurimento!”fu
l'esasperata esclamazione in cui proruppe Hellen, agitando la mano in
aria.
“Certo
che sei strana forte, mamma...” commentò Dan, ignorando
i cenni di Beth, che lo stava pregando di non cacciarsi in ulteriori
guai.
“E
per quale motivo, sentiamo...”disse Hellen, stancamente
“Bè...
insomma- cominciò il ragazzo, sempre a bocca piena-
normalmente i genitori si lamentano per la lunghezza dei capelli dei
figli maschi...tu non hai mai proferito parola, su questo. Per questo
motivo dico che sei strana: continui a dire che mi vesto come uno che
è appena scappato di casa e non critichi mai i miei capelli.
Anzi, fin da bambino io ho sempre portato i capelli un po'
lunghi...”spiegò Daniel, aggiustandosi, orgoglioso, il
ciuffo nero che gli ricadeva sugli occhi.
Lily,
conoscendo la risposta che l'amica avrebbe dato, si nascose dietro ad
una grande scodella di macedonia.
“I
capelli lunghi addolciscono gli spigolosi lineamenti di voi Black...”
provò a dire, imbarazzata, sua madre.
“Adesso
si dice così? Ero convinto che tutto questo avesse a che fare
col giovane Sirius Black, evidentemente mi sbagliavo...”Dan,
malizioso, strizzò l'occhio a sua madre, prima di
volatilizzarsi fuori dalla cucina.
Elisabeth
lo seguì immediatamente, unendosi alle sue risate, che stavano
riempendo il salotto.
“Che
avete da ridere, voi due? Non venite neanche più a
salutarmi?”Harry si era appena Materializzato ad Orchard House,
accompagnato da Ginny che reggeva un grosso pacchetto rettangolare.
“Harry!”
urlò Beth, correndogli incontro.
Contando
che lei e Dan erano a casa per le vacanze di Pasqua, non era molto
tempo che non si vedevano, però, dal momento che Harry ormai
non viveva più a casa ed era spesso impegnato col lavoro, per
Beth ogni momento che poteva trascorrere in compagnia di suo
fratello era uno stupendo dono.
“Sorella,
eccomi qui in tutto il mio splendore!” Harry ricambiò il
saluto, calorosamente.
“Allora
avete preso tutto? Non ti sarai dimenticato a casa qualcosa, vero,
Harry?” domandò subito Dan, alludendo al regalo per Ted,
che loro quattro avevano fatto insieme e che Harry si era offerto di
tenere nascosto nell'appartamento che divideva con Ron a Londra.
“Ho
controllato io che avesse preso tutto. Di me ti puoi fidare.”gli
sorrise Ginny.
“Harry!
Eccoti finalmente! Avresti potuto arrivare prima, anziché
lasciare a noi tutto il lavoro sporco!” lo accolse Sirius,
rientrando in casa.
“Zitto,
Sirius! Mio figlio è un uomo in carriera, ormai! E, se anche
non lo fosse, non posso biasimarlo per essersi inventato una scusa
qualsiasi per saltare i preparativi!” intervenne James,
prendendo le difese del suo primogenito.
“Sirius,
James,... -iniziò Hellen, scuotendo la testa- Harry, da
questo punto di vista, non vi somiglia affatto! Non sarebbe mai
arrivato a pensare una cosa del genere, fortunatamente!”nel
dirlo, la donna, non solo fece in tempo a scoccare un' occhiata
obliqua al marito e a James, rei, a suo dire, di lamentarsi troppo,
ma riuscì anche a liberare Ginny dal peso del pacco per
nasconderlo insieme a tutti gli altri regali per Ted.
“Come
va, Harry? Hai una faccia stanca...”disse Lily, carezzandogli
la guancia, gesto che provocò la leggera stizza di Harry, che
ormai si riteneva troppo grande per quelle premure materne.
“Va
tutto bene, mamma, davvero.” rispose lui, alla perforante
occhiata indagatrice.
“Come
è andata quell' ispezione al San Mungo?” domandò
James, curioso.
“Alla
fine quelle segnalazioni sulla presunta importazione di medicinali
contraffatti si sono rivelate false, per il resto, lavoro di
routine...” rispose Harry, pensando a Ron che, in quel momento,
si trovava chiuso nel loro buio ufficio a compilare il rapporto.
Brutta cosa essere gli ultimi arrivati al Dipartimento Auror, non
solo ti venivano rifilati gli incarichi più inutili, ma eri
costretto a stare in servizio anche al sabato pomeriggio.
Quel
giorno Ron si era offerto di terminare da solo il rapporto in modo
che Harry potesse partecipare alla festa di compleanno di Ted.
Mentre
erano ancora tutti intenti nel raccontarsi le ultime novità,
si sentì sbattere la porta di ingresso e, un piccolo uragano
di cinque anni, urlò per testimoniare la sua presenza.
“Ciao
a tutti!” Teddy, come lo chiamavano tutti, correndo si avvicinò
al resto della sua famiglia urtando e travolgendo tutto quello che
gli capitava intorno.
“Buon
compleanno, Teddy!” gli augurarono tutti, mentre il bimbo
passava dagli abbracci di Lily ai baci di Hellen, dal sorriso di Beth
ai pizzicotti di Ginny.
Dietro
di lui, con passo strascicato e volto stanco, c'erano i suoi genitori
e i suoi nonni, reduci da una giornata allo zoo.
“Buon
pomeriggio, Moony! Come è andata la giornata?” lo salutò
Sirius
“Devo
proprio parlarne? A volte ho la sensazione che quel piccolo
indemoniato non sia mio figlio...” rispose, accasciandosi sulla
poltrona.
“Suvvia,
Remus, cosa è successo di così eclatante? Cosa vuoi che
siano tre ore passate al delfinario e due nel rettilario, unite a
piacevoli intermezzi con rinoceronti, leoni, giraffe e simpatici orsi
bruni?”infierì James.
“Zitti,
tutti e due! E' già abbastanza tragico così!”
rispose, malamente, Remus
“Papà!
Papà! Papà! Vieni? Vieni? Zia Hellen ha detto che
adesso devo spegnere le candeline!” urlò Ted, così
forte da farsi sentire perfino dalla cucina.
“Arrivo,
Ted!” gridò in riposta suo padre, facendo per alzarsi.
“Remus,
scusa se ci intromettiamo nuovamente, ma non eri tu, anni fa, a
sostenere che fossimo noi due a lamentarci troppo per un innocuo
pomeriggio trascorso allo zoo con i nostri adorabili, tranquilli e
dolcissimi pargoli?” proseguì James, con Sirius, che, al
suo fianco, annuiva convinto.
“Vi
ho detto di tacere! E ora, se non vi dispiace, il mio unico erede sta
per spegnere le candeline, quindi, basta cincischiare e muoversi!
Muoversi, capito?”Remus, ritornato improvvisamente pimpante,
prese a spintonare i suoi amici verso il giardino, ignorando le loro
protesta.
Una
volta fuori, i tre poterono assistere ad una scenetta davvero
divertente, che fece scordare a Remus tutte le sue lamentele sul
pomeriggio.
Infatti,
mentre Tonks, con Andromeda, Lily, Hellen e Ted Tonks portava fuori i
regali ed in tavola il rinfresco, Teddy, comodamente seduto sulle
ginocchia di Harry, intratteneva i ragazzi col racconto del suo
pomeriggio.
“E
poi c'era un coccodrillo grosso così!” il bimbo mimò
la grandezza dell'animale sbracciandosi più che poteva con le
sue braccine corte.
“Era
davvero molto grande, Ted!” gli confermò Beth, seduta,
con Dan, sul prato ed osservando dal basso il bambino.
“Oh
sì! Era grandissisimissimo! E poi ha spalancato la bocca e ha
fatto vedere i suoi denti!” proseguì, eccitato.
“
E tu non avevi
paura, Teddy?” gli domandò Ginny, seduta a fianco ad
Harry.
“Il
mio Ted non ha paura di niente, non è vero, ometto?”
fece Harry, scompigliandogli i capelli, diventati blu elettrico per
l'emozione.
“Sì,
proprio come te! Io non ho paura di niente!” annuì,
convinto, il bambino, che in Harry aveva il suo eroe personale.
“Dan
mi insegni? Mi insegni? Mi insegni?” Teddy, balzando giù
dalle ginocchia di Harry capitombolò addosso a Daniel che
stava fischiando con un ciuffo d'erba.
“Va
bene, mostro, va bene. Ti insegno! Vieni qui e siediti di fianco a
me.” gli spiegò, dolcemente.
“Harry!
Vieni anche tu!” in men che non si dica, quel vulcano di Ted,
trascinò sull'erba anche il suo padrino, che, continuando a
sistemarsi gli occhiali sul naso, attendeva istruzioni da Dan per
imparare a fare una cosa che già sapeva.
“Allora,
prendi l'erba e tienila così, tra l'indice e il medio e
avvicinala alla bocca... Come me, fai piano, però, sennò
finisce che si rompe.” gli disse Dan, che con Ted mostrava l'
infinita pazienza che non sapeva di avere.
“Così?”
“Più
piano, non tirare.” aggiunse Harry
“Va
bene, ora?”
“Sì,
adesso soffiaci dentro, sempre molto piano.” continuò
Dan
Ted
soffiò, ma non successe nulla, salvo lo spezzarsi del filo
d'erba.
“Oh
no! Si è rotto!” piagnucolò il bimbo, deluso.
“Prova
ancora.” gli disse Ginny, porgendogli un altro filo d'erba.
Ted
guardò prima Harry e poi Dan, cercando conferme nei loro visi.
“Dai,
riprova!” lo incoraggiò Harry
“Così,
guarda bene. Lo tieni e poi soffi.” gli mostrò, un'altra
volta Dan
Ted
fallì nuovamente e due grossi goccioloni ormai lambivano le
sue guance.
“Vieni
qui, piccolo. Non è successo niente. Imparerai” Beth lo
prese per mano e lo fece accoccolare addosso a lei.
“E
se non imparerò mai?”
“Imparerai,
vedrai.- Beth gli accarezzò dolcemente la testa e poi gli
asciugò le guance- Dopo chiedi a Dan di riprovare, ok? Adesso
però, non sei curioso di scartare i regali?” propose,
nella speranza di distrarlo.
Teddy
sembrò pensarci un attimo e poi, come ricordando il motivo
principale per cui si trovava lì, saltò in piedi.
“Un
po' sì, per la verità.” confessò
“Allora
andiamo! Non vedi che la tua mamma ti sta già chiamando?”
disse Ginny, indicando Tonks che, si stava sbracciando.
Ted
non se lo fece ripetere due volte e, accantonata la delusione, si
mise a correre finendo in braccio a sua madre.
“Sai
che stai iniziando a pesare, terremoto?” fece Tonks,
accarezzando i suoi capelli blu e stringendo a sé il figlio.
“Allora,
Teddy, sei pronto?” gli chiese suo nonno, spostandosi per far
passare Lily che reggeva la grossa torta.
“Devo
spegnere tutte quelle candeline?” domandò, il bimbo, a
bocca aperta, meravigliato.
“Conta
un po' quante sono, Ted.” gli suggerì suo padre
Ted
le indicò una ad una.
“Uno...
due... tre... quattro... cinque! Come i miei anni!” gioì
felice, battendo le mani.
“Bravo
Ted! Ed ora spegnile!”
Inspirò
profondamente, come per immagazzinare tutta l'aria possibile nei
polmoni, e poi soffiò, mentre tutti applaudivano e gli
facevano gli auguri.
D'un
tratto Teddy, fattosi improvvisamente serio, si avvicinò a
Remus, gli tirò una manica della camicia per farlo abbassare e
gli disse:
“Hai
visto, papà? Ho insperato tutta l'aria nei plomoni e poi ho
soffiato.” spiegò, orgoglioso, per dimostrare che aveva
capito tutto della mini-lezione di anatomia che suo padre gli aveva
tenuto allo zoo, mentre parlavano degli animali.
“Si
dice inspirare e polmoni, Ted- gli spiegò, dolcemente suo
padre, fissandolo negli occhi, uguali ai suoi-Comunque, sono felice
che ti sia ricordato! Bravo!”
“Io
ti ascolto sempre, quando mi insegni qualcosa, papà. E da
grande voglio essere come te!” proclamò, impettito, il
bimbo.
Remus
gli sorrise, meravigliato, affettuoso,malinconico e fiero, prima di
indirizzarlo verso l'ampia pila di pacchi.
“Allora,
Ted, quale vuoi aprire, per primo?” chiese Tonks
“Quello!”
Ted indicò un pacco rettangolare.
“E'
quello dei nonni, tesoro.” gli disse sua madre, porgendoglielo.
Ted,
prese il pacco e poi, fece una cosa che fece ricordare a tutti Remus:
non strappò subito la carta, ma, prima, si diresse verso i
nonni, dando un bacio ad Andromeda ed arrampicandosi sulla pancia del
nonno per baciare anche lui.
“Su,
ora va' a vedere se ti piace.” gli consigliò suo nonno,
spingendolo via.
Teddy
scese dalle sue ginocchia e si catapultò da sua madre, che
reggeva la grossa scatola.
Gliela
prese dalle mani e, strappando con foga l'incarto giallo e verde, si
fermò, incantato, per qualche istante e a contemplare il suo
nuovo gioco.
“Oh!
Ma è bellissimo! Grazie!” riuscì a dire, infine.
Al
che, il bambino, fece tutto il giro del tavolo fino ad arrivare da
Harry, al quale diede la scatola.
“Harry,
poi ci giochiamo?” chiese, subito dopo, con un espressione
supplichevole.
“Va
bene, va bene. Poi ci giochiamo.-gli confermò il suo padrino-
Ora torna dalla mamma: hai ancora tanti pacchi da scartare!”
“Ehi
Ted! Non ci hai ancora detto cosa ti hanno regalato i nonni!”
esclamò Dan, chiedendosi, per quale motivo, Ted non fosse
corso da lui ma fosse andato da Harry.
Dan,
infatti, orgoglioso, si fregiava del titolo di compagno di giochi
preferito da Teddy.
Era
con lui che il bambino si rotolava nell'erba, era con lui che faceva
la lotta con i cuscini, era a lui che metteva sottosopra le corde
della chitarra, era lui che doveva sorbirsi degli interminabili
pomeriggi passati a giocare con trenini, soldatini incantati e cose
del genere.
Harry,
invece, per Teddy era una specie di Babbo Natale: quando c'era
sembrava che nient'altro fosse importante, per il bambino. Harry era
quello che organizzava gite divertenti, che lo portava in posti
entusiasmanti, facendogli fare cose che, a casa, erano proibite.
Harry
era quello a cui Ted si rivolgeva, in cerca di protezione e
comprensione, quando i suoi genitori lo sgridavano. Ted si fidava
ciecamente di lui e, nella sua testolina, era fermamente convinto non
solo che il padrino avesse sempre ragione ma anche che, se lo
rimproverava, aveva i suoi buoni motivi: aveva senz'altro fatto
qualcosa di terribile, altrimenti Harry non gli avrebbe mai detto
niente.
Insomma,
nell'ottica di Teddy, Harry e Ginny rappresentavano due sostituti di
mamma e papà, invece, Daniel ed Elisabeth erano due fratelli
maggiori con cui giocare e da cui esigere una doppia dose di coccole,
se qualcosa non andava: nessuno, infatti, ad eccezione della sua
mamma, era bravo come Beth nel far sparire le lacrime.
“Oh.
E' vero. Sono costruzioni magiche.” spiegò Ted
“Ah,
ok. Allora giocaci pure con Harry. Io non voglio saperne
nulla.”rispose Dan, alzando le braccia, mentre tutti gli altri
ridevano.
“Perchè,
dice così, zio?” domandò il bimbo, senza capire:
era la prima volta che Dan si rifiutava di giocare con lui.
Sirius
lo prese in braccio e gli disse:
“Perchè
Dan, quando aveva la tua età, più o meno, possedeva
anche lui delle costruzioni come quelle, solo che non ci sapeva
giocare....” iniziò Sirius.
“Non
è vero! Erano loro che non facevano quello che dicevo io!”lo
interruppe suo figlio
“Daniel,
sono costruzioni magiche: fanno quello che dici tu. Rispondono ai
tuoi ordini e si impilano per formare quello che tu chiedi. Sono un
po' come gli Scacchi, Ted, devi dire chiaramente quello che vuoi,
altrimenti i pezzi si arrabbiano e ti cadono in testa.”
continuò Sirius
“E
fanno male, lo so per esperienza.” confermò Dan,
grattandosi la testa, come memore di un antico bernoccolo.
“E
poi cosa facevi, Dan?”chiese, ancora, Ted.
“Allora,
prima di tutto, Dan, correva dal tuo papà.- rispose Sirius, al
posto del figlio che, avrebbe fatto di tutto per alterare la verità
e che ora se ne stava imbronciato, cercando di intervenire e spiegare
la sua versione dei fatti-Devi sapere, Ted, che il tuo papà è
stato per anni lo spacciatore ufficiale di cioccolata, a casa nostra
e a casa dello zio James. Quindi, Dan, correva da lui per essere
consolato e poi, il tuo papà, che è dotato di una
pazienza infinita, che né io né lo zio James e neanche
la zia Hellen abbiamo, forse solo zia Lily si avvicina- ammise,
lealmente, Sirius- cercava di insegnargli, anche se dubito che ce
l'abbia mai fatta...”
“Non
è vero! Qualcosa ho imparato! Vero, zio?” si difese Dan
“Sì,
Dan. Sei migliorato, dopo anni sei migliorato. Anche se Beth ti
batteva, peccato che lei fosse poco interessata alle
costruzioni.”ammise Remus
“E
ci mancherebbe altro!- intervenne James-La mia bambina è in
grado di fare qualunque cosa!”
Beth
e Lily si guardarono scuotendo la testa e sorridendo: le manie di
protagonismo di James, non se ne sarebbero mai andate.
“Oh.
Ora ho capito. Bè, ci giocherò con Harry.”
concluse, tranquillo, Ted.
“Avanti,
Ted. Ci sono ancora tanti regali da scartare!”lo esortò
Tonks
“Oh!
E' vero! Arrivo mamma!”
“Questo
è da parte nostra, Teddy: mia, di zio James, di zio Sirius e
di zia Hellen.” gli disse Lily
“Ma
io non vedo niente!” esclamò, meravigliato, il bambino,
guardandosi, intorno.
“Segui
lo zio!”gli suggerì Lily, indicandogli James.
“Vieni
Teddy!”
Ted
seguì James fino alla rimessa, tempestandolo di domande a cui
non ricevette risposta, se non dei “sì” o dei
“no”.
“Allora,
sei pronto? E' un regalo speciale specialissimo! E' qualcosa, o
meglio qualcuno, che ti accompagnerà per tanti anni.”disse
James, solennemente, mentre erano ancora fermi davanti alla porta.
“Cos'è?
Me lo dici, zio? Se è qualcuno, chi è?”
“Eh
eh! Aspetta qualche secondo! Ora girati e chiudi gli occhi.”continuò
James, con fare misterioso.
Il
bambino fece quello che gli era stato ordinato: non solo si fidava
ciecamente dello zio, ma, lui era la persona più divertente
che Teddy conoscesse e sapeva sempre organizzare cose fantastiche e
giochi divertentissimi.
Se
c'era di mezzo anche lo zio Sirius, poi, Ted era sicuro che il regalo
che lo aspettava fosse quanto di più meraviglioso potesse
esistere.
Insomma,
Ted non conosceva altri zii, ma era certo che James e Sirius fossero
tutto quello che si intende con la parola zio, se non meglio.
James
aprì piano la porta e, quel qualcuno a cui si riferiva qualche
istante prima, abbaiando, corse felice verso Ted.
Un
piccolo cucciolo di Setter Irlandese travolse Teddy che, quasi,
cadde.
Il
bambino si voltò, con la bocca spalancata per l'emozione.
“E'
questo il regalo, zio?”
“Certo,
Teddy! Cosa credevi che fosse, altrimenti?”
“Oh!
E' bellissimo! Grazie zio!” esclamò, felice,
accarezzando il cucciolo, che gli scodinzolava attorno.
“Cosa
ne dici di farlo vedere anche alla mamma e al papà?”
propose James, dopo qualche minuto, cercando di convincere Ted a
staccarsi dal cane.
“Oh
sì! E poi devo anche ringraziare lo zio e le zie!- rispose,
Ted, come ritornato improvvisamente alla realtà- Lo porto in
braccio io!”
Così,
con Ted al suo fianco che reggeva il cane, James ritornò dal
resto della famiglia che attendeva di vedere la reazione di Ted alla
vista di quel particolare regalo.
“Mamma!
Mamma guarda!”
“Ma
che bello Teddy! Hai ringraziato tutti? Hai già deciso come
chiamarlo?” fece Tonks, accarezzando il cucciolo.
“Uhm..no”Ted
scosse la testa. Non gli era ancora venuto in mente un nome.
“E'
una cosa importante un nome. Pensaci bene.” gli spiegò
suo padre, sopraggiunto in quel momento.
Teddy
si fece pensieroso per qualche istante.
Doveva
trovare un nome. E non qualcosa di banale, qualcosa che avrebbe fatto
capire a tutti che si trattava del suo cane.
Hellen
zittì Dan che stava per avere una delle sue uscite.
“Uhm...
ci sono!” esclamò, infine.
“Allora,
dicci tutto.” lo esortò Tonks
“Lo
chiamerò Pollux! Così saremo come i due gemelli di cui
mi ha raccontato la storia papà!”
“E
sia!”
“Adesso,
Ted, prima di aprire il regalo di Harry, Ginny, Dan e Beth, apri il
nostro. Il loro è troppo speciale, per essere aperto subito.”
Remus indicò al figlio una larga scatola rettangolare, addosso
alla quale, Ted si fiondò.
“Ooooh!”
sospirò, dopo aver stracciato la carta.
“Papà!
Così mi spieghi come funziona!”
“Sì!
E potrai fargli tutte le domande che vuoi, tesoro!”disse Tonks,
abbracciandolo.
“Aspetta
ad aprire la scatola, Ted. Facciamolo a casa, qui rischi di perdere
tutti i pezzi del treno sull'erba.” disse Remus, raccogliendo
quello che lui aveva già sparso ovunque.
“Dici?”
“Dico.”
“Certo
che i regali del tuo papà sono sempre educativi, eh Ted?”
fece Sirius, dopo un po'.
“Così
mi può spiegare come funziona il treno a vapore.”
proclamò il bimbo, serio ed impettito.
“Sai
già che cos'è un treno a vapore?” domandò,
stupito, Dan.
“Non
sono tutti come te, Dan...” gli rimbeccò Beth,
meritandosi un pizzicotto.
Alla
fine, Tonks aveva convinto suo figlio a ritirare nella scatola il
trenino con tutti i suoi pezzi per montarlo a casa e Remus già
si pregustava i pomeriggi passati a spiegare il funzionamento di
turbine e macchine a vapore.
“Sei
sempre il solito, Remus.” gli sussurrò Lily, in un
orecchio.
“Ai
giochi divertenti ci pensano già tuo marito e Sirius, Lily. Io
curo la parte educativa, così come ho già fatto con
Harry, Dan e Beth.” rise Remus, in risposta.
“I
risultati sono stati ottimi, direi. Siete una squadra perfetta.”
gli confermò Lily, prima di alzarsi per tagliare un'altra
fetta di torta per James.
“E
adesso, è il momento del regalo più atteso. Dan, prego,
entra!” esclamò Harry
“Pesa!
Venite qui a darmi una mano! Anziché parlare, aiutami, Harry”
si lamentò lui, facendo ridere tutti ed intervenire
prontamente Ginny e Beth che presero la seconda parte del regalo.
“Oh!
E' tutto per me?” domandò Teddy.
“E'
il tuo compleanno, tesoro! Certo che è per te!” gli
rispose sua nonna.
“Allora,
è da parte mia, di Ginny, di Dan e di Beth, però, la
prossima volta che vedi Ron non dimenticare di ringraziarlo perchè
ha collaborato anche lui alla scelta. Va bene?” precisò
Harry.
“Sì.
Ringrazierò Ron. Ora posso aprirlo?” chiese Ted, che
aveva una vaga idea di che cosa potesse essere.
“Allora,
io direi di iniziare dalla prima parte.”disse Ginny,
porgendogli un tubo di cartone.
Ted
lo aprì. Conteneva un grosso poster delle Hoyhead Arpies, la
squadra di Quiddich in cui Ginny aveva iniziato a giocare qualche
anno prima, e tutte le giocatrici gli sorridevano.
“Se
lo giri ci sono tutti loro auguri.” gli suggerì Ginny,
strizzando un occhio.
Sul
retro, infatti, ciascuna delle giocatrici aveva aggiunto la sua frase
d'auguri, proprio vicino all'autografo.
Ted
non riusciva a crederci. Era così sorpreso che l'unica cosa
che riuscì a fare fu quella di sussurrare un flebile “grazie”,
anche se in realtà avrebbe voluto correre ad abbracciare
Ginny.
“E
non è finita qui! Avanti Ted. Ora apri questo.” Dan lo
guidò verso un pacco quadrato, che sembrava muoversi, facendo
sì che il ragazzo per poco non cadesse nel tentativo di
tenerlo fermo.
“Dan,
ma perchè non sta fermo?”
“Eh...
spetta a te scoprirlo, no?”
Gli
adulti osservavano con curiosità la scena, era come se
ciascuno dei ragazzi avesse contribuito a modo suo, al regalo di Ted,
scegliendo la parte che gli si confaceva di più.
Incuriosito
ed intimidito, Teddy scartò il pacco.
“Uao!
Grazie Dan!” gridò, gettandogli le braccia al collo.
Un
set di palle da Quiddich faceva bella mostra di sé ai piedi
del bambino e i bolidi si agitavano continuamente, pregando di
uscire.
“Però
manca ancora una cosa! Senza la mazza controllare i bolidi è
impossibile!” proseguì Dan, porgendogli una mazza.
“Oh!
Così faccio come te!”
“Sì,
anche se forse ti manca ancora qualcosa, non credi?” Beth lo
invitò ad avvicinarsi, tenendo in mano un'altra scatola.
Le
sorprese non erano finite.
Sempre
più eccitato Ted scartò: aveva appena guadagnato una
divisa, delle cavigliere, dei polsini, delle ginocchiere e delle
scarpe da Quiddich.
“Insomma,
c'è tutto per giocare... o quasi. Io credo che manchi la cosa
più importante, non credi?” aggiunse Harry, ai cui piedi
giaceva un lungo pacco rettangolare.
“Oh...
grazie Harry! Sono sicuro che sarà fantastico!” esclamò
Ted, che già aveva capito cosa si nascondeva.
Strappò
con foga, la carta gettandola dietro di sé.
Aprì
la scatola, senza far caso alla scritta, che gli indicava che quella
era una delle nuove Nimbus Turbo Deluxe per bambini. L'aveva già
riconosciuta dal colore della scatola.
Prese
in mano il manico di scopa, osservandolo in religioso silenzio prima
di alzare la testa verso Harry e di dire:
“Andiamo
a fare un giro? Dai! Dai!Dai!”
Ted
fu facilmente accontentato perchè nel giro di dieci minuti
aveva già trascinato Harry e Ginny sulla collina dietro casa,
ignorando le raccomandazioni dei grandi che ricordavano in
continuazione che si sarebbe fatto buio molto presto.
“Bè,
allora io vado.” disse Dan, posando sul tavolo il piatto con la
quinta fetta di torta.
“Dove
vai?” chiese Hellen, che non sapeva nulla dei programmi del
figlio per la serata.
“Fuori.”
rispose Dan vago
“Con
chi?” proseguì sua madre, indispettita.
“Secondo
te? Con la solita gente!” sbruffò Dan
“Quando
torni?”
“Non
lo so.” rispose, sempre più scocciato.
Beth
sospirò: Dan non aveva ancora imparato la tattica Potter,
messa a punto da suo fratello e che, con Lily e James funzionava
sempre alla perfezione, ovvero il” sorridi e di' di sì.”
Sua
madre gli lanciò uno sguardo contrariato, mentre James, Sirius
e Remus ridacchiavano.
“Ricordati
di prendere il casco!” gli urlò Sirius, vedendolo
dirigersi verso la rimessa in cui teneva la moto ricevuta in dono per
i suoi diciassette anni, come gli era stato promesso anni prima.
Hellen
rivolse un'occhiata arrabbiata anche al marito.
“Ehi!
Che c'entro io?” protestò Sirius.
“Se
nostro figlio è irresponsabile ed immaturo e rischia ogni
sera di schiantarsi con la moto è solo colpa tua!”
“Non
rischia di schiantarsi con la moto! E non è irresponsabile ed
immaturo o almeno, non sempre.”
“Lo
so bene! Per fortuna nei momenti più importanti e decisivi
tutto il buon senso ereditato da me compare!”
“Bè,
se sono così irresponsabile, perchè mi hai sposato?”
“Perchè
lo sei solo in superficie, sciocco! Solo vorrei che Dan, alle volte,
si mostrasse un po' meno scontroso... che parlasse un po' di più.”
“E'
l'età. Gli passerà e poi lo sai com'è fatto, non
parla mai di sé. Se Beth, che sa sempre tutto di lui, non è
preoccupata non dobbiamo esserlo neanche noi, ti pare, Hel?”
“Sì...forse,
hai ragione. Beth, va tutto bene?” chiese Hellen
“Sì,
va tutto bene. Non ti devi preoccupare. Credo sia andato da Lucas.
Appena qualcosa andrà storto ve lo farò sapere.”
rispose Beth che spesso si chiedeva perchè Dan fosse così
restio a parlare di sé: era estroverso, brillante, era il
punto di riferimento dei suoi amici eppure, se aveva un problema, non
ne parlava. Voleva affrontare tutto da solo.
Beth
immaginava si comportasse così perchè lui era quello
forte, quello che sosteneva sempre tutti. Riteneva di non avere il
diritto di arrogare sulle spalle degli altri un suo problema.
“Che
libro stai leggendo? Te l'ha dato Remus oggi?” chiese Lily alla
figlia, dopo qualche attimo di silenzio.
“Sì.
Remus ha appena rifornito la mia biblioteca- rispose sorridendo alla
volta di Remus. Il suo padrino era il consigliere di fiducia: le
portava sempre libri nuovi ed interessanti, prestandole i propri,
fitti di appunti e commenti alla lettura.- E' Cime Tempestose.
Secondo lui può piacermi.”
“Credo
che Remus ti conosca proprio bene! Te l'avrei consigliato anch'io!”
commentò sua madre.
“E
mi raccomando, Elisabeth. Prima di leggere Delitto e Castigo
assicurati di non avere troppi pensieri ed impegni: quando lo leggi
devi concentrarti per cogliere il messaggio di Dostoevskij.”
aggiunse Remus, che in Beth aveva trovato qualcuno a cui trasmettere
la sua passione.
Dopo
aver scambiato qualche altra parola, Beth rientrò in casa:
stava salendo un po' d'aria e lei aveva bisogno di concentrazione per
leggere.
“Sono
passati tanti anni eppure lei è sempre solitaria come al
solito...” disse Tonks, dopo un po'.
“Sì.
Dan avrebbe potuto portarla con sé. Dopotutto, i suoi amici
sono amici anche di Beth.” asserì Hellen, maledendo
mentalmente quello sbadato sconclusionato di suo figlio.
“Io
non credo che le avrebbe fatto piacere. Se è una serata tra
ragazzi non è quello il suo posto. Thomas e Lucas sono anche
amici suoi, però lei rispetta il legame che li unisce a Dan.
Sa che ci sono momenti in cui devono stare da soli, solo loro e li
rispetta.” spiegò Lily, stringendo la mano di James e
rivedendo se stessa in molti comportamenti della figlia.
“A
volte ho paura che si isoli troppo, che viva in un mondo tutto suo,
popolato dai personaggi dei suoi libri. Certo, è cambiata
rispetto a quando era bambina. Ora non ha più paura della
gente e si è finalmente fatta degli amici, però temo
che troppo spesso stia lontana da loro.”sospirò James,
che avrebbe tanto voluto poter correre in aiuto della sua bambina,
così come faceva quando lei era piccola.
Lily
sembrò cogliere i suoi pensieri, dal momento che gli sussurrò:
“Non
è di noi che ha bisogno in questo momento, James.”
“Dovete
solo darle il suo tempo, senza considerare che ci sono tratti del
carattere di ciascuno di noi che non si riescono mai a cambiare.”
disse Remus.
“L'importante
è che possa contare su amici sinceri, pronti a sostenerla
quando cadrà. Persone che siano in grado di comprendere i suoi
silenzi.” aggiunse Sirius
“Io
credo che li abbia. E, in ogni caso, Dan non la lascerà sola,
quindi, forse, dobbiamo smetterla di preoccuparci.” concluse
Hellen.
“Fossi
in voi, mi preoccuperei quasi più per Dan! Tre mesi e si
diploma ed ogni settimana se ne salta fuori con una nuova idea sul
suo futuro!” esclamò Tonks, che non si capacitava di
come una persona potesse essere così indecisa.
“Io
credo che lui sappia benissimo cosa vuole fare. Teme solo di venir
giudicato.” disse Hellen
“Sì,
lo credo anch'io. Deve cercare di farlo venir fuori, urlando che è
quello che lui vuole fare e che niente e nessuno glielo impedirà.
Per il momento lasciamogli finire la scuola, poi si vedrà.”
commentò Sirius.
“Purtroppo
non sono tutti come Harry che ha deciso il suo futuro a quindici
anni! A proposito, come se la cava al Dipartimento? Ogni volta che
racconta del lavoro è entusiasta.”
“Gli
piace. E' quello che voleva fare, solo, alle volte, si lamenta un po'
troppo.” spiegò James.
“Ci
credo che si lamenta! Voglio dire, solo perchè sei l'ultimo
arrivato ti fanno fare dei turni orribili e delle operazioni inutili:
vigilanza alle partite di Quiddich, interrogatori per ladruncoli di
quint'ordine, sistemazione di scartoffie. Il massimo della vita è
un'azione di supporto all' Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti
Babbani! Ricordo quel periodo come un incubo!” fece Tonks,
facendo ridere tutti e cambiando colore di capelli tre volte.
“E
di certo non lo aiuta il fatto di avere per capo suo padre e il suo
padrino...” osservò sagacemente Remus, toccando un tasto
delicato.
James
e Sirius avevano accettato la proposta che Kingsley Shackbolt aveva
fatto loro cinque anni prima: sostenendo due esami che mancavano,
avevano preso il loro posto al Dipartimento Auror.
Lasciare
il Quiddich era stato meno difficile del previsto e, per due come
loro, tornare alle operazioni sul campo, era stato più che
entusiasmante.
Era
stato come tornare indietro nel tempo e prendere, finalmente, il
posto che gli spettava.
Kingsley
si era liberato del fastidioso Scrimgeour, nominando James Capo
Dipartimento e Sirius Vice.
“Che
vuoi dire, Remus?” chiese James, senza capire.
“Che
forse, alle volte, con lui siete troppo... come dire, delicati. Solo
perchè si tratta di Harry.” continuò Remus.
“E'
il mio figlioccio! Che dovrei fare? Mandarlo ad ammazzarsi?”
fece Sirius, irato.
Perchè
nessuno, a parte lui e James, sembrava capire?
“Remus
non intendeva questo, solo, alle volte, anch'io ho la sensazione che
Harry vorrebbe fare di più.” disse Lily, prendendo non
solo le difese di Remus ma anche quelle di suo figlio.
“Bè,
non è che compaiano Maghi Oscuri da combattere un giorno sì
ed uno no. Fortunatamente.” rispose James, scanzonato.
“Sono
però ormai due anni che lui e Ron si sono diplomati...Le volte
che li ho visti in azione mi sono piaciuti. Hanno talento, devono
solo farsi le ossa...” provò a dire Tonks
“Non
potete tenerli per sempre sotto la campana di vetro...”
aggiunse Hellen.
“Sentite,
ho giurato a me stesso, anni fa, che Harry non avrebbe mai passato la
giovinezza che ho passato io, col terrore di non sapere se tornerà
a casa, se rivedrà i suoi amici, se potrà ancora
abbracciare la donna che ama. Mio figlio non dovrà mai passare
attraverso tutto questo. Finchè il capo sono io, decido io.”
fu la perentoria conclusione di James, che rese chiara a tutti la
fine della discussione, anche perchè in lontananza si
riuscivano già a scorgere le sagome di Ted, Harry e Ginny che
planavano.
|