Il Castello nel Libro

di Marge
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UNA VITA INSIEME
[molto post]



Incredibilmente, Sophie divenne una vecchietta molto diversa da quella che era stata in quel Maggio di tanti anni prima.
Ogni sera, prima di andare a dormire, passava una mezzoretta seduta alla sua toletta – ampia la metà di quella di Howl, ovviamente – a scrutarsi il volto in cerca di qualche somiglianza, ma non c’era nulla da fare.
“Le rughe ci sono” soleva dire. “I capelli sono bianchi.”
“Ma certo” ribatteva allora Howl, sdraiato in panciolle sul letto. “Cosa ti aspettavi? Che divenissero verdi?”
“Non è questo. Guardami: ti sembro la stessa di sessant’anni fa?”
Howl odiava quel discorso, in realtà, e ovviamente tutto era riconducibile alla sua incredibile vanità. Aveva continuato a tingersi i capelli di biondo anche quando aveva perso del tutto la forma, e Sophie l’aveva tartassato come solo lei sapeva fare finché non si era arreso. Oltretutto, tingere quei due ciuffi spelacchiati che si ritrovava era davvero poco dignitoso, secondo l’opinione di lei. Da qualche tempo Howl aveva quindi optato per una pelata lucida e una lunga barba candida, alla ricerca comunque di un’immagine singolare che lo facesse distinguere dalla massa.
“Sessant’anni fa avevi i capelli ramati e non eri niente male, per essere una cappellaia.”
“Sai cosa intendo” sbuffava lei. Eppure quei complimenti la rendevano felice. “Ero una vecchietta sovrappeso e con il nasone, e avevo un grosso neo proprio qui, ricordi?” Si scrutava il volto in cerca di quelle imperfezioni, ma tutto ciò che lo specchio le restituiva era l’immagine della pelle candida e sottile, quasi trasparente, attraverso la quale era possibile vedere le vene blu.
Sophie era fiera della vecchietta che era diventata: ossuta e smilza come una ragazzina. Questo, di certo, perché nel Castello continuava a sgobbare come non mai, visto il numero dei suoi abitanti: Morgan, il primogenito, e la sua cricca di amici sempre pronti a scroccare una cena; Grace, la principessina di Howl, e i suoi corteggiatori assidui nonostante i continui rifiuti, e infine il timido Merlin, che aveva seguito le ombre del padre in quanto a carriera, assieme alla moglie e i bambini, e Calcifer che vegliava su tutti loro.
E poi, ovviamente, c’erano quelli che venivano a trovarli: Martha e Michael, Lettie e Ben e i bambini, e anche Mari e suo fratello e rispettive famiglie.
E di certo la lista non terminava qui; si finiva sempre per essere almeno in quindici a tavola.
“Sei troppo generosa” diceva Howl con una carezza sul capo candido.
“Non sono io a organizzare continuamente feste” ribatteva lei. La sua immagine allo specchio però sorrideva.
Allora si alzava e insieme si infilavano a letto, tra coperte dai ricami dorati e campanelli contro le maledizioni, come se nulla fosse cambiato da quando erano due giovani.



***
Scritta per il contest "Pochi (e sconosciuti) ma buoni" di Alister, è una cosina breve che non credevo avrei mai scritto, ma quest’immagine ce l’avevo in mente da tantissimo e questo contest è stato l’occasione giusta.




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