Mi chiedo chi abbia
detto che lo shopping è terapeutico.
Chiunque sia
stato era un vero imbecille.
Io odio fare
shopping, lo odio con tutto me stesso.
Per me non
è altro che un dovere a cui assolvere quando i
miei vestiti cominciano a sgualcirsi fino a diventare impresentabili o
si
bucano.
Quando ero
ragazzo ci pensava mia madre a tenere d’occhio lo
stato del mio guardaroba. Ora, invece, ci pensa Sanji.
Il problema
è che, a differenza di mia madre, Sanji non mi
prende qualche t-shirt quando va per negozi per sé. No, lui,
periodicamente, mi
ficca in mano un elenco coi vestiti che devo comprare e mi spedisce per
negozi;
pena se non lo faccio, niente cena.
Sospiro.
Oggi
però non è colpa sua se mi trovo in un negozio di
abbigliamento. Quello che sono venuto a comprare è
una capo di cui mi occupo da solo e a cui
sto particolarmente attento.
Stringo le
quattro paia di boxer, rigorosamente neri, mentre
mi avvicino alla cassa.
C’è
già una cliente, così mi fermo a debita distanza
aspettando il mio turno.
Lascio vagare lo
sguardo in giro per il negozio, mentre
incrocio le braccia al petto, ma il panorama non offre nulla
d’interessante
così mi ritrovo a studiare la ragazza a pochi metri da me.
Altezza nella media,
fisico slanciato, gambe lunghe e toniche infilate in un paio di
calzoncini di
jeans che definire corti è un eufemismo, carnagione chiara
accentuata dal
colore giallo acceso della sua canotta, un vistoso tatuaggio blu sul
braccio
sinistro e capelli rossi raccolti in una coda di cavallo. Non riesco a
vederla
in viso perché fissa con insistenza una porta che si trova
oltre il bancone, a
cui è addossata con entrambi gli avambracci, mentre
tamburella con una mano,
impaziente. Mi rendo conto solo ora che non c’è
nessuno in cassa e mi muovo un
po’ a disagio.
Che ci sia
qualche problema?!
Sarebbe una
bella scocciatura restare bloccato qui più del
necessario! Devo anche andare al locale per pulire per
l’evento di stasera.
Grugnisco
contrariato.
Meglio se non ci
penso!
Finalmente la
porta si apre lasciando comparire un commesso
che si avvicina, visibilmente agitato e sudando freddo.
-Dunque
signorina… - comincia pasticciando con le dita -…
purtroppo non possiamo soddisfare la sua richies…-
-Come sarebbe a
dire?!- lo interrompe la ragazza, con voce
irritata -Io esigo uno sconto!-
-Il…
Il fatto è che i saldi inizieranno tra poche settimane
e quindi ci è proprio impossibile…-
-D’accordo!
Mi accontento del sessanta per cento!- afferma,
esaminandosi le unghie della mano sinistra mentre resta appoggiata al
bancone
con il braccio destro.
Il commesso
deglutisce a vuoto, passando un dito nel
colletto della sua polo, come a volerlo allargare. Guarda verso di me,
in una
muta e disperata richiesta di soccorso.
Che diamine si
aspetta che faccia?! E poi perché è
così
spaventato?!
Sollevo un
sopracciglio con fare interrogativo e il tipo
capisce che da me può aspettarsi solo un po’ di
sana solidarietà maschile.
Rassegnato, prende un respiro profondo e torna a rivolgersi alla rossa
che
intanto si è persa ad esaminare il negozio con sguardo
noncurante.
-Signorina dico
sul serio, io non posso fare proprio niente…-
cerca di convincerla il commesso, sull’orlo della
disperazione.
-Oh andiamo!!!
È assurdo!!! Con tutto quello che sto
comprando!!!- afferma spazientita, indicando con un gesto qualcosa alla
sua
destra.
Ed è
allora che la vedo.
Appoggiata sul
bancone.
Inverosimilmente
alta.
Una montagna di
vestiti.
Sgrano gli
occhi, inorridito.
Ma che?! Questa
ha svaligiato il negozio! Non è shopping è
una rapina!
Quindi, non solo
devo aspettare che ‘sta tizia capisca che
non le faranno un accidenti di sconto. No, dopo ci vorrà
minimo mezz’ora per
farle cassa!
Dannazione!
Comincio a
scalpitare, sentendo la pazienza abbandonarmi
rapidamente.
Io non ho tutto
questo tempo da perdere! Io devo fare delle
cose nella mia vita! Cose importanti!
-…
che non possiate fare un minimo sconto alla vostra migliore
cliente!!!- mi raggiunge la voce della rossa, ancora impegnata nella
sua
arringa.
-Ma lei ha
richiesto uno sconto del novanta per cento…- le
fa notare, flebilmente.
-Ma poi sono
scesa al sessanta!!!-
Un vena prende a
pulsarmi sulla fronte mentre stringo i
boxer tra le dita.
-Facciamo
così allora…- riprende la ragazza con
l’aria di
una che gli sta facendo un favore.
-Facciamo che
paga e la fa finita oppure che fa fare a me così
riesco ad andarmene da qui!-
La ragazza
ammutolisce, il commesso si congela sul posto.
Non sono
riuscito a trattenermi.
Si girano
entrambi verso di me, lui terrorizzato, lei
furibonda.
-Come prego?!-
domanda sollevando un sopracciglio.
-Senta, non
volevo essere scortese ma è evidente che la sua
è una cosa lunga e io avrei una certa fretta,
perciò…-
-Se aveva tutta
questa fretta poteva andare a comprarsi le
mutande altrove!-
Che?!?!
Ma pretende pure
di avere ragione?!?!
-E comunque quei
boxer sono orrendi!- afferma tornando a
voltarsi verso il commesso.
Assottiglio lo
sguardo.
Ma tu pensa
questa!
Ma chi si crede
di essere?!
-Senti, io non
ho tempo da perdere chiaro?!-
-Oh ma certo! Ci
mancava quello che pensa di essere l’unico
ad avere una vita!-
-Beh mi sembra
evidente che nelle nostre vite abbiamo
priorità un po’ diverse!- dico, indicando la pila
di abiti.
-Su questo sono
assolutamente d’accordo! Per esempio io
darei sicuramente più importanza all’intimo che
compro!- mi risponde,
voltandosi del tutto verso di me e incrociando le braccia sotto al
seno.
Cosa?!?!?!
-Razza di
mocciosa viziata!- ringhio senza riuscire a
frenarmi.
-Come mi hai
chiamato?!- chiede alzando la voce di un paio
di ottave e stringendo gli occhi in un’espressione furente
-Buzzurro
maleducato!!!-
-Maleducato io?!
E tu allora che stai facendo accumulare una
coda infinita con questa storia dello sconto?! Non te lo fanno lo
sconto, vuoi
capirlo sì o no?!?!-
-Di un
po’, la mamma non ti ha insegnato a farti gli affari
tuoi?!?!-
-Ci sono io dopo
di te!!! Sono affari miei!!!- sbraito ormai
al colmo dell’esasperazione.
-Signori…
vi prego…- mormora il commesso, agitando le mani a
palmo aperto davanti al viso in un vano tentativo di calmarci.
-Potrebbe
esserci anche Il presidente Sengoku dietro di me,
non me ne fregherebbe un accidenti!!!-
-Certo che no!!!
Sei una mocciosa viziata!!!-
-Ma io
ti…-
Ormai fuma di
rabbia e la vedo stringere la mano a pugno ma,
prima che possa fare alcunché, mi giro verso il commesso e
gli allungo il mio
acquisto, depositando subito sul bancone i soldi giusti, che avevo
già pronti
in mano.
Quello mi guarda
un secondo a occhi sgranati e poi si
riscuote e batte velocemente sulla cassa, nonostante le mani malferme.
-Ehi ma che stai
facendo?!?!- mi urla addosso la rossa.
Io la ignoro,
afferro lo scontrino che il poveretto mi sta
allungando e i miei boxer, avviandomi poi di gran carriera verso
l’uscita.
Sento nella
schiena lo sguardo furibondo della ragazza, che
tenta di trapassarmi da parte a parte, ma non ci faccio caso e
raggiungo in un
attimo le porte scorrevoli che si aprono al mio passaggio. Esco in
strada,
prendendo un bel respiro.
Beh come inizio
giornata non è certo dei migliori.
§
-Ecco fatto!- dico
soddisfatto, sistemando l’ultima sedia
accanto al tavolo, al centro della stanza vuota.
La mia voce
rimbomba contro le pareti, fresche di vernice.
Finalmente siamo riusciti a finire di imbiancare, solo noi tre,
ovviamente.
Abbiamo proibito a Rufy e agli altri di venire ad aiutarci.
Sono stanco
morto ma una volta messi via pennelli e vernice
abbiamo dovuto ripulire e rendere presentabile almeno un’ala
del locale.
-Oh ma come ho
potuto dimenticarmene?!?! Mondo crudele!!!-
piagnucola Sanji, per l’ennesima volta, camminando su
è giù nello stretto
spazio tra il bancone del bar e il muro che separa la sala dalla
cucina.
-Sanji, vuoi
farla finita?!- gli dico, portando le braccia
al petto senza scompormi.
Si blocca
improvvisamente, a gambe divaricate, colto da
un’illuminazione improvvisa.
-Body-painting!!!-
ci dice, convinto, guardandoci alla
ricerca di sostegno -Potrei usare la vernice avanzata e dipingermi sul
petto
una camicia e una cravatta!-
Oh Santo Roger!
Altro che sigarette, s’è fumato il cervello
‘sto
imbecille!
Mi basta
un’occhiata a Law, seduto con il busto piegato in
avanti e gli avambracci appoggiati alle gambe leggermente divaricate,
per
capire che la pensiamo allo stesso modo. E cioè che ci siamo
messi in società
con un cretino.
-E se poi sudi e
la vernice viene via?!- gli domanda Law,
sollevando un sopracciglio.
-E dove le metti
le sigarette?!- gli do manforte io.
- E come fai coi
capezzoli?!-
-E comunque io
non ho nessuna intenzione di mangiare con te
mezzo nudo seduto di fronte!- metto in chiaro, non riuscendo a
contenere una
smorfia schifata all’idea.
-E voi
pretendete che Mr. Prince accolga tre giovani e
bellissime fanciulle vestito come uno scappato di casa?!-
Lo squadriamo da
capo a piedi, scettici.
Indossa dei
jeans neri e una maglia a maniche corte azzurra
con cappuccio e taschino per il pacchetto di sigarette. Se per lui
questo è un
look da scappato di casa allora io sono a livelli
barbone-sotto-il-ponte.
La mia maglietta
bianca senza maniche è ricoperta di schizzi
di vernice e i jeans che indosso sono strappati su un ginocchio e non
per
scelta stilistica.
Law non
è da meno, con i pantaloni rattoppati e una semplice
t-shirt gialla con le maniche nere e una stupida faccina stampata, il
simbolo
della sua vecchia band.
-Scusa e quando
inizieremo a provare cosa pensi di fare?!
Non puoi mica ballare in giacca e cravatta- gli fa notare Law,
facendomi
grugnire.
Sono passati tre
giorni da quando mi sono cacciato in questo
mastodontico casino e, da allora, non ho fatto altro che tenermi
impegnato, qui
al ristorante o in palestra, raddoppiando gli allenamenti di kendo, per
non
pensarci.
Poi ieri i due
infami qui mi hanno comunicato che avevano
organizzato una cena con Violet e le sue amiche barra colleghe per
discutere
dell’inaugurazione e, già che c’eravamo,
testare il menu.
Naturalmente ho
protestato ma, se avessi parlato con Bepo,
l’orso di peluche che giace vicino al battitore di cassa,
probabilmente avrei
ottenuto maggiore considerazione. Mi hanno deliberatamente ignorato e
lasciato
a ringhiare mentre loro andavano a fare la spesa, non prima che il
cuocastro mi
avesse velatamente minacciato di lasciarmi digiuno per un mese se fossi
mancato
al lieto evento.
E
così eccomi qua ad ascoltare le lamentele di questo
imbecille per il fatto di aver dimenticato a casa il completo che
voleva
indossare stasera.
Con il caldo che fa,
oltretutto!
Siamo a
metà Maggio, ma il clima è già estivo.
Un rumore di
gomme sul selciato ci distrae e Sanji smette di
illustrare a Law, che lo fissa impassibile e per niente interessato,
quanto sia
estremamente funzionale indossare un capo d’abbigliamento
elegante in tutte le
occasioni. Ci voltiamo tutti e tre verso la porta attraverso la quale
dei fari
in movimento indicano l’ingresso di una macchina nel
parcheggio del locale.
-Sono
arrivate!!!- esclama Sanji mentre i suoi occhi
diventano cuoriformi.
Pochi secondi
dopo la porta si apre e una testa turchina
spunta nel locale.
-È
permesso?!- chiede timidamente sporgendosi con il busto
oltre la porta socchiusa.
Faccio per
avvicinarmi e fare gli onori di casa che una mano
mi trattiene dalla spalla e mi tira indietro.
-Lascia, testa
d’alga, faccio io…- dice Sanji, passandomi
accanto ammiccante e sistemandosi i capelli.
Afferra il
pomello da dentro e sporge il braccio sinistro
verso l’interno con la mano rivolta verso l’alto,
come a voler mostrare
qualcosa.
Io e Law ci
scambiamo uno sguardo mentre lui gonfia il petto
pronto a esibirsi nella sua ridicola tirata.
Benvenuta nel regno
di
Mr Prince, dove passerai ore meravigliose e paradisiache, servita e
riverita
come solo una principessa merita, gustando i cibi più
prelibati e nutrienti per
preservare la tua folgorante bellezza, appagando tutti i tuoi sensi.
La conosciamo a
memoria, da quando ci hanno dato le chiavi
del ristorante lo avremo visto provarla almeno un migliaio di volte.
-Benvenut…-
SBAM
L’uscio
si spalanca con forza inaudita. Sanji rimane
immobile qualche secondo, la porta spiaccicata sulla faccia, per poi
scivolare
lentamente sul pavimento, tramortito dal colpo. Una ragazza mora, un
po’ più
alta della turchina e con un fisico decisamente più
prosperoso, entra a passo
di carica, calpestando il cuoco, che balbetta qualcosa di
incomprensibile
accasciato al suolo.
-Cuginetto!!!-
esclama, spalancando le braccia con fare
melodrammatico verso Trafalgar.
Lo abbraccia per
il collo, abbarbicandosi, mentre lui si
limita a posarle le mani sui fianchi in un abbraccio poco caloroso,
come è lui,
rispondendo con un pacato.
-Ciao Violet-ya-
Violet si stacca
da lui portandogli le mani sulle spalle.
-Ti trovo in
forma!- considera, scompigliandogli i capelli e
facendogli perdere il suo onnipresente ghigno, chiaro sintomo
d’imbarazzo.
-Anche tu stai
bene- considera Law, squadrandola rapidamente.
So che negli
ultimi mesi si sono visti poco, lui preso con
il locale e lei con la scuola.
Faccio per
salutarla ma
noto con la coda dell’occhio la ragazza turchina che cerca di
attirare la
nostra attenzione. Mi giro verso di lei, alzando un sopracciglio con
fare
interrogativo e lei, un po’ preoccupata, mi indica Sanji con
un cenno della
testa. Ancora a terra, supino, scosso da fremiti intermittenti,
biascica
qualcosa di incomprensibile mentre un rivolo di sangue cola dalla sua
narice.
Mi avvicino per
valutare la situazione e, quando sono a
pochi passi da loro, noto l’espressione pervertita e gli
occhi a forma di
cuore. Come sospettavo, il colpo preso non c’entra
più. Probabilmente girandosi
a pancia in su ha visto la ragazza ed è andato in coma
affettivo, come suo
solito.
-Non
preoccuparti, è normale, poi si riprende- le dico
atono.
-Oh!
Okay…- mi risponde poco convinta.
Restiamo in
silenzio qualche secondo finché lei non mi tende
la mano, un po’ impacciata.
-Beh io sono
Bibi… Piacere…-
-Uh?!- mi
riscuoto, stringendole poi la mano -Zoro- mi
presento, laconico.
La studio per un
attimo. Ha un bel viso, tratti regolari e
profondi occhi neri. Ma ciò che mi colpisce di
più, e che mi ha colpito anche
di Violet, è il look. Indossano jeans e maglietta, delle
scarpe da ginnastica,
i capelli sono raccolti alla bell’è meglio, appena
un velo di trucco e le
guance ancora arrossate. Mi colpisce perché ricordavo Violet
come la tipica
ragazza che non esce di casa con tacchi inferiori ai dieci centimetri e
senza
trucco e capelli perfetti. Mi colpisce soprattutto perché il
loro stato attuale
lo conosco bene. È evidente che hanno appena finito
un’attività fisica intensa,
ne vedo a centinaia di ragazze messe così quando escono
dalla palestra dove
pratico il kendo.
Non ho mai
pensato alla danza come a qualcosa di
impegnativo. Ho sempre creduto che fosse la tipica attività
dove ti basta avere
il giusto grado di coordinazione e flessibilità fisica per
eccellere. Ma se
loro, che sono ballerine professioniste, hanno l’aria di
essere così stanche e
spossate allora, forse, ho sbagliato qualcosa.
-Sei proprio
sicuro che stia bene?!- domanda Bibi lo sguardo
puntato su Sanji, richiamandomi dalle mie considerazioni.
Lo fisso per
qualche secondo prima di avvicinarmi e
scuoterlo con la punta del piede.
-Ehi cuoco!!!
Sveglia!!! Abbiamo ospiti!!!-
In un attimo
scatta su come una molla per poi prendere a
volteggiare intorno a Bibi, che segue il suo movimento a dir poco
sconvolta,
mentre io mi spalmo una mano sulla faccia, sospirando. Probabilmente
pensa che
il colpo in faccia abbia avuto conseguenze più gravi del
previsto.
-Anche questo
è normale!- riesco a rassicurarla tra i mellorine che il cretino continua
a
ripetere senza quasi prendere fiato.
Improvvisamente
si immobilizza, prendendo poi a guardarsi intorno.
-Ehi
ma… credevo foste in tre!- dice spostando lo sguardo da
Violet a Bibi, interrogativo.
-Sì,
adesso arriva! È un attimo al telefono!-
-Intanto
possiamo iniziare ad accomodarci- suggerisce Law,
indicando l’unico tavolo presente, apparecchiato per
l’occasione.
Sanji si
precipita ad aiutare le ragazze ad accomodarsi. Io
mi siedo di fronte a Bibi, tra Trafalgar e il posto rimasto vuoto,
ghignandole
di sghembo, in risposta al sorriso che mi rivolge quando incrocia il
mio
sguardo.
Ha
un’aria familiare e mi domando dove potrei averla
già
incontrata ma per quanto mi sprema le meningi non mi viene in mente
niente.
-Frequentavi la
Raftel?!- le domanda Law senza tanti
preamboli, dando voce a una delle ipotesi che si sono appena formate
nella mia
testa.
Arrossisce
leggermente, quasi le avesse appena rivolto una
domanda molto intima e poi, schiva, scuote la testa senza incrociare il
suo
sguardo. Non mi stupisco più di tanto, l’ho visto
fare quell’effetto a migliaia
di ragazze e Bibi, poi, mi sembra particolarmente timida e riservata.
Sto per
domandarle dove andava al liceo ma il rumore della
porta mi fa bloccare, annunciando l’ingresso della nostra
ultima ospite.
-Scusate il
ritardo!- dice una voce alle mia spalle,
raggelandomi.
Un brivido
freddo mi percorre la colonna vertebrale in tutta
la sua lunghezza . Conosco questa voce.
No, non
può essere!
-Mi spiace ma
mio padre mi ha telefonato, pessimo tempismo!-
si spiega mentre già Sanji si prepara per partire alla
carica.
Dannazione!
È proprio lei!
E poi lo sento.
Il suo sguardo
sulla schiena.
Sono consapevole
che mi ha riconosciuto, capigliature come
la mia non se ne vedono tante in giro.
-Ma…-
la sento appunto esclamare, sorpresa e incredula.
Mi giro,
maledicendo la sorte, la sfiga e la mia innata
capacità di trovarmi sempre nel posto sbagliato al momento
sbagliato.
-Buzzurro?!-
domanda, sgranando gli occhi, come se ancora
potessero esserci dei dubbi che sì, sono proprio il tizio
con cui si è scannata
stamattina.
-Ciao Mocciosa-
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