Hopeless

di DoLD_GdR
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Una sola parola continuava a vagare, come impazzita, nella sua mente confusa. "Morto." Una mano si allungó lentamente, quasi come guidata dal filo invisibile di un crudele burattinaio, verso i capelli, affondando in quella cascata color cioccolato, che scendeva a fiotti sul viso dall'incarnato pallido e dai lineamenti delicati, quasi efebici della ragazza. Un gesto che aveva visto fare innumerevoli volte, durante il corso di quegli anni. Un gesto che, da sempre, la faceva pensare a lui. I suoi capelli, perennemente scompigliati, e morbidi come la lana più soffice. I suoi occhi, grandi e azzurri, in cui si perdeva per ore, in quei pomeriggi assolati, passati insieme in un angolo solitario del castello. Le sue labbra, su cui innumerevoli volte aveva poggiato le proprie, perdondosi in quei baci dolci che solo lui era in grado di darle. Il suo profumo. Quell'odore di vento che si mescolava a quello della sua pelle. L' odore di lui. L'odore di James. La mano riemerse lentamente dai capelli, avvolgendo adesso le ginocchia magre, che aveva portato al petto in un gesto quasi infantile. Cercava protezione Astrid, quella protezione che solo lui, nonostante tutti quegli anni, era stato in grado di darle. Con un gesto affettato arrotolò la manica del maglione verde come i suoi occhi, scoprendo il braccio sinistro. La pelle color porcellana, che sembrava quasi risplendere nella stanza oscura, era marchiato. Un tatuaggio nero, colorava la pelle eterea. Il marchio. Lo guardò fisso per un attimo, cercando di soffocare la voglia di urlare, di cancellare quel segno che aveva rovinato tutto, di strapparlo dalla carne viva. Era colpa di quel marchio se James era morto. A nulla erano serviti gli anni di duro lavoro, in prima fila tra le schiere dei Mangiamorte, con l'unica intenzione di difendere colui che dal suo sesto anno scolastico, era diventando più importante di tutti. Più importante degli amici. Più importante dello studio. Più importante della carriera. Ricordava ancora il suono della sua risata, combinata a quella di lei. Gli scherzi. Le cioccorane divise a metà, come solevano fare. Un simbolo quasi. Il loro. Portò lo sguardo sul comodino, al fianco al letto su cui era raggomitolata. Un libro copriva la solitaria e vuota superficie del mobile. Anna Karenina. Quello che sempre sarebbe stato il "loro" libro. Ricordava la voce di James, quando abbracciati dentro le coperte, recitava pezzi di quel libro. Ma la sua voce dolce non avrebbe più sfiorato le orecchie di Astrid. I suoi occhi azzurri non si sarebbero mai più posati su quello di lei. Non avrebbe mai più intrecciato le dita a quelle di lui. James era morto, e una parte di lei l' aveva seguito. Il suo cuore. Portò ancora lo sguardo sull'avambraccio, sfiorandosi con la punta dell'indice il tatuaggio semi sbiadito. Sembrava quasi bruciare nella sua pelle. Nella sua anima. Era finita. Alzò lo sguardo, puntandolo verso la finestra buia, da cui riusciva a vedere le stelle. Un' altro ricordo di lui. Era finita. Astrid non aveva più motivo di andare avanti. Non voleva più andare avanti. Si morse il labbro inferiore. Era finita. Era il momento di uscire dal blu. Era il momento di entrare nel nero.
 
 
 




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