Compleanno di Meg
Un persecutore particolare
*\* Miei
cari, miei cari...
"Happy birthday to you, Happy
birthday to you, Happy birthday to Meg!!! Happy birthday to you!"
Come avrete
chiaramente capito, è il compleanno della cara Meg -
cioè... il suo compleanno è l'8/09, ma, dato che
deve partire domani, e non so se la sentirò per quella data,
ho optato per postare la fan fic oggi ^^.
E' una SangoXMiroku... E non sto a dire di più XD
Spero che vi piaccia (Meggy, se vuoi il seguito sono disponibile!).
Baci, e scusate la quantità di fic che sto posando in questo
periodo!*/*
Sango
sedeva sulla riva di un laghetto, le gambe a mollo nell'acqua fredda e
la mente altrove.
Da quando la sua
amica - la sua
migliore amica - Kagome si era fidanzata, passava tutte le sue giornate
in quel modo, tentando di trovare un qualche svago nel guardare i cigni
dalle piume candide che nuotavano tranquilli. Spesso portava del pane,
e glielo lanciava - aveva ormai stretto amicizia con quegli animali
eterei, quasi chiamandoli per nome, e dialogando con loro. Si sentiva
una dea al bagno, circondata da uccelli magnifici, bellissimi, e si
crogiolava in quella sensazione di onnipotenza che le entrava in
circolo.
Sospirò.
Dannato
Inu-Yasha!
Se Kagome non
l'avesse mai
incontrato, non si sarebbe mai innamorata di lui - per di
più,
di sicuro Inu-Yasha non poteva essere considerato un gentleman.
Trattava Kagome con un oggetto, in certi attimi. Come se non bastasse,
era di una gelosia opprimente, che stancava la stessa Kagome.
Chissà
perché,
però, la sua amica trascurava quella miriade di difetti, e
lo
amava comunque. La faceva piangere? No problem: dopo due secondi
avevano già fatto la pace.
Peccato che, nel
secondo in cui Kagome piangeva, era lei a doverla consolare.
Affondò
una mano nella
busta di carta marrone in cui aveva messo il pane, e ne trasse una
manciata, lanciandolo nel laghetto con espressione furiosa.
I cigni lanciarono
un urlo,
assalendo famelici il pasto. Quando ogni singola briciola
sparì
dal pelo dell'acqua, ingurgitata dalla loro voracità, si
voltarono verso di lei, come a chiedere del nuovo cibo.
"Certo, certo",
mormorò confusa, ripetendo il gesto con calma.
Si era abituata a
quegli animali.
Ancora una volta il
suo pensiero
volò alla sua migliore amica. L'aveva chiamata la sera
precedente, speranzosa, ma Kagome, con voce felice, l'aveva
avvisata di avere già un impegno con Inu-chan. Le venne un conato di
vomito.
Perché
mai le aveva dato la sua benedizione?
Posò la
busta al suo
fianco, e prese la borsetta gialla - in netto contrasto con il suo
pessimo umore -, dalla quale trasse il telefonino. Erano ancora le
11.00,
poteva - doveva - sprecare ancora un po'
di tempo, dato che il pranzo ci sarebbe stato solo dopo qualche ora.
Si
lasciò ricadere
all'indietro, sul prato umido, le gambe ancora immerse nel lago e lo
sguardo amaranto rivolto verso il sole, coperto da qualche timida nube.
"Disturbo?".
Con un gesto
rapido, si
alzò, sedendosi composta sull'erba, e incrociò
due occhi
topazio che la guardavano divertiti - anzi!, più che
divertiti
erano maliziosi. Arrossì
leggermente - "Non so se mi disturbi, dato che non ti conosco".
Lo sentì
ridere, roco, e sospirò: era incappata nell'ennesimo
maniaco. Ma quando avrebbero imparato che molestare una ragazza non era
eticamente corretto?
Sango
incrociò le braccia sul petto, e lo osservò
obliqua - "Mi spieghi cosa c'è di divertente?".
"Oh, tesoro, trovo divertente il fatto
che tu ti stia sforzando di resistere al mio fascino".
La mora
alzò un sopracciglio. Resistere? Al suo fascino?
Quale fascino?
Ok, era moro, con
gli occhi topazio e la faccia simpatica, ma... Si, doveva ammettere che
era fascinoso, ma di certo un simile
gasato non era il suo tipo. Indurì il suo sguardo - "Non sto
resistendo proprio a niente".
"Non mentire...".
Le si sedette
accanto, giocherellando con la busta di carta - Sango gliela
strappò di malo modo dalle dita, e riprese a lanciare il
pane
ai cigni.
"Non mento, mio caro".
"Uff... Sei un tipa
difficile, eh?".
Sango si
sentì
leggermente lusingata, senza però un motivo logico.
Posò
di nuovo la busta. "Si, sono una tipa difficile. Ok?".
"Ehi, sta calma.
Una donna così bella non dovrebbe mai irritarsi in questo
modo!".
"Non sono irritata".
"Si, invece".
"No!".
"Io dico di si".
"No, ti dico di no".
"Ti ripeto di si, e
aggiungo che mi chiamo Miroku".
"E io dico ancora
di no,
comunque sono Sango, piacere". Lo disse soprappensiero, e
arrossì quando se ne rese conto. L'aveva giocata.
Beh, almeno ora
sapeva che il suo persecutore si chiamava Miroku.
"Sango, hai
detto?", mormorò lui compiaciuto - "Un nome bello quasi
quanto la sua propietaria".
"La sua
proprietaria non ha intenzione di avere alcun rapporto con te, quindi
è meglio che tu sparisca".
Il giovane mise il
broncio,
prendendo una ciocca di capelli di Sango - la quale non si mosse per un
po'. Poi, inferocita, staccò i suoi crini dalla presa di
Miroku
e lo guardò bieca - "Senti, tu non mi piaci. Non potresti
lasciarmi in pace?".
"No", le rispose
con il sorriso sulle labbra "Sanguccia, mi piaci troppo. Non posso
lasciarti, mi spiace".
Restarono in
silenzio per un
po'. Sango riprese a lanciare il pane, mentre Miroku batteva una mano
sul prato, seguendo un ritmo che era solo nella sua mente, e muovendo
le labbra, come per fingere di stare canticchiando. La mora lo trovava
irritante, ma pensava che, ignorandolo, lui si sarebbe annoiato, e
l'avrebbe lasciata in pace.
Speranza vana.
12.36...
La mora si
tirò su,
lasciando che la cascata di capelli nocciola le cadesse sulle spalle
minute, e recuperò i suoi beni, sparsi sul prato. Miroku la
seguì.
Prese a camminare
con stizza,
sbattendo i piedi sul suolo - le sue scarpe da tennis facevano un
rumore nitido, incontrando il terreno. "Ma non ti stanchi di provarci
con una che non ti sopporta?", chiese a un tratto, mentre attendevano
che il semaforo pedonale divenisse verde, per poter attraversare
l'incrocio.
"Non mi sopporti,
Sango-chan?".
Le
sfiorò una guancia con un dito, e lei cambiò
totalmente colore, divenendo di un intenso rosso fuoco.
"Visto?", sorrise
contento "Sei arrossita! Significa che ti piaccio".
"I-Il mio
è... è
un rossore di... Sono arrabbiata, ecco", balbettò lei. Il
semaforo era finalmente verde, e corse lungo le strisce pedonali.
Miroku continuava a seguirla.
Mise le mani nella
borsa,
traendone un mazzo di chiavi, e si adagiò col fiatone
accanto al
suo portone. "Io sono arrivata a casa, puoi andare".
"No", fu la secca risposa - Miroku le tolse dolcemente le chiavi di
mano, ed aprì lui l'uscio, mentre lei lo guardava sorpresa
ed
imbarazzata - "Allora? Non vieni?".
"Eh? S-Si! Vengo".
Salirono le scale in religioso silenzio. Sango lo precedeva, imprecando
mentalmente sui cafoni pervertiti che gironzolavano per la
città, e che molestavano le povere ragazze indifese.
Sussultò, quando lui le fece scivolare una mano sul
fondoschiena, e gli sferrò un pugno, che quasi lo
mandò
K.O.
Il labbro del moro sanguinava, tagliato dalla forza della giovane, e,
poichè era caduto dalla precaria posizione sulle scale, un
occhio aveva progressivamente cambiato colore, prendendo una sgradevole
colorazione bluastra. Sango si battè una mano sulla fronte,
incredula.
Perchè?
Perchè tutti i mali a me?
Si chinò accanto a lui, appurando che la ferita era grave ed
andava disinfettata per bene - "Alzati, e vieni con me",
sbuffò,
aiutandolo a tirarsi su - l'occhio pesto limitava la visuale del
giovane.
Lo condusse nella sua cucina, recuperando dall'armedietto del bagno il
necessario per tamponare
la ferita.
"Ahi", gemette Miroku. "Sei bellissima, mia divina Sango, ma lasciati
dire che sei incapace di curare la seppur minima feri... AHI!".
"Se non vuoi che io ti spacchi qualcos'altro,". Un sorriso sadico si
dipinse sulle labbra vermiglie della donna "ti consiglierei di non
provocarmi. Come si dice...? Can che abbaia non morde".
Lo sentì borbottare sommessamente, e spinse un po'
più il
fazzoletto - pregno di disinfettante - sul taglio, così da
farlo
urlare. Il sangue rappeso fu presto pulito da una salviettina
disinfettante, e l'occhio pesto coperto da un panno inumidito. "Ora
puoi andare?", domandò, incrociando le braccia e mettendo il
broncio.
Miroku fece su leggero tentativo di commentare la sua espressione,
prima di chianare il capo - "Tornerò", sussurrò,
mentre
Sango sbatteva la porta dietro di lui.
La mora sospirò.
Beh, si, le dispiaceva.
Ma... ma era solo... Bah! Lui non poteva piacerle. Era inconcepibile.
L'aveva incontrato quella mattina, in primis.
E poi... era un depravato!
Andiamo, Sango, non fare
la mocciosa.
Corse in camera sua, e gettò il capo nel cuscino.
Ridendo.
Se fosse tornato...
... forse...
... e diceva forse...
sarebbe uscita con lui...
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