Accident.
Love u.
C’era una volta una ragazza.
Bellissima, coi capelli biondi, chiari, ma non esageratamente, di un colore un po’ difficile da descrivere, perché oltre a lei nessuno li aveva così, quello era un biondo tutto suo, reso ancor più suo dalle punte blu che lei aveva deciso di fare sin da quand’era dodicenne, ma solo quattro anni dopo, a sedici anni, sua madre le ha dato il permesso di farli, e lei non se l’è fatto ripetere una seconda volta che era già dalla sua migliore amica, che in quel campo era davvero bravissima; e i suoi occhi, azzurri, ma non semplicemente no, quelle iridi avevano l’azzurro più limpido di qualsiasi altro, e toccavano una sfumatura di grigio, ma non quello fumo, un grigio chiaro, cristallino.
Era timida, ma non con i suoi amici, con loro era estroversa e si trovava veramente a suo agio, scherzava e rideva sempre, quel sorriso le aleggiava sempre in viso ed era di una solarità ineguagliabile, anche se la sua vita non era poi così rosa e fiori, anche se i suoi avevano divorziato da quando aveva sei anni e veniva sballottata da un genitore all’altro, poi ha deciso di stare solo con sua madre, considerando il fatto che suo padre abitava dall’altra parte del mondo e nonostante fossero insieme erano comunque distanti, non hanno mai avuto un vero rapporto come quelli che dovrebbero esserci, quindi, a tredici anni, è andata dai due rispettivi avvocati e ha detto loro di voler vivere solo con la madre e che non avrebbe più cambiato casa, ha assicurato di aver preso da sola quella decisione, che poi era vero, e dopodiché ha preso tutte le sue cose ed ha salutato definitivamente il padre, tornando dall’unica persona che le ha davvero voluto bene e l’ha protetta da tutto e da tutti.
La stessa ragazza innamorata da sempre del suo migliore amico.
C’era una volta un ragazzo.
Bellissimo, davvero; coi capelli tirati all’in sù, così tremendamente scombinati, ma allo stesso tempo assolutamente ordinati, e... perfetti, di un nero quasi sul castano scuro, ma con quei riflessi biondi al sole, non troppo chiari, un colore di capelli strano, be’ più che strano, speciale; per non parlare degli occhi, azzurri, azzurri come il cielo, a volte come il mare, ma sempre così maledettamente accesi, da far perdere uno, due, tre, dieci, cento, mille e tanti altri battiti.
Il suo sorriso era da mozzare il fiato, davvero, era in grado di farti smettere di respirare, ma lui non lo sapeva questo, non sapeva l’effetto che faceva la sua risata, o quell’incurvazione delle labbra, o anche solo il suo sguardo sulla persona stessa, soprattutto se la persona in questione è una in particolare. Lui viveva per rendere felice qualcuno, non riusciva proprio a vedere la gente triste, soprattutto lei. Di una dolcezza immensa, tenerezza estrema, ma per un attimo vorrei soffermarmi sui suoi abbracci, quelli che dava a lei che era più importante, quelli si che erano veri abbracci, da stringerti forte, quasi fino a farti soffocare o rompere qualche costola, ma così incantevole da farti stare bene, come mai prima d’ora.
Stare con lui era fin troppo piacevole. Ma a lui piaceva passare il suo tempo solamente con lei.
C’era una volta una ragazza che una sera è uscita con degli amici e delle amiche.
Solo dopo avrebbe capito di aver sbagliato ad averlo fatto, perché al ritorno il ragazzo che guidava non era tanto lucido, peccato che era l’unico a saper guidare. Aveva paura, troppa, perché quella notte aveva deciso di giocare a loro svantaggio ed aveva iniziato a piovere. Non era vicina a casa sua, ma nemmeno tanto lontana, a piedi ci sarebbe arrivata intorno ai venti minuti circa, si sarebbe bagnata si, ma non le importava; così lo aveva fatto fermare accanto al marciapiede, voleva scendere, ma non aveva fatto in tempo, un’altra macchina gli si era già parata davanti.
C’era una volta un ragazzo, era appena stato chiamato dalla madre della sua migliore amica, strano, pensò prima di premere la cornetta verde, un momento dopo correva verso l’ospedale.
Quella notte il cuore gli si è spezzato, il mondo gli è crollato addosso e le mani si erano arrossate e sanguinavano perfino per tutti i pugni dati al muro della sua camera.
Da quell’istante non aveva più riso o sorriso, aveva solo quello sguardo perso, perso nel vuoto, lo stesso vuoto che sentiva dentro, era caduto in un abisso e l’unica via d’uscita era il risveglio della sua migliore amica, e lui andava tutti i giorni a trovarla, le poggiava una mano sulla sua, e sentiva come se lei gliela stringesse quella mano, aveva iniziato a leggerle il suo libro preferito, ‘‘I passi dell’amore’’, passate tre settimane, lo aveva finito, ma prese ‘‘Ho cercato il tuo nome’’ e le leggeva quello, poi dopo due settimane ne aveva dovuto scegliere un terzo, ‘‘Ho sognato di te’’; e non c’era dì, pomeriggio, sera o notte, in cui il suo pensiero cambiasse e non fosse più quello della ragazza, in cui il suo unico desiderio era sempre uno, che lei si svegliasse finalmente dal coma in cui si trovava da più di un mese. E non vedeva l’ora di dirle che l’amava, l’amava più di qualsiasi cosa, l’amava e voleva tenerla affianco per sempre.
Lo stesso ragazzo dopo altre tre settimane era ancora lì, e stava leggendo l’ultima pagina di quel libro, aveva le lacrime che minacciavano di rigargli il viso in qualunque momento, e lui cercava di tenerle a frano, ma senza la sua piccola al suo fianco non era poi così forte. E aveva letto l’ultima riga, e allora si, che era scoppiato, era scoppiato in quel pianto come non aveva mai fatto, si stava liberando in un certo senso, ma solo delle lacrime che prima o poi sarebbe tornate, ma dentro era comunque pieno, straripante, di dolore e disperazione, ed aveva alzato il capo, chiudendo con forza gli occhi, mentre giocherellava con la mano con quella della ragazza, poi non ce l’aveva fatta più ed aveva aperto la bocca ed iniziato a parlare, fermando il gioco tra le loro mani.
‘‘Eyleen, perché? Perché non c’ero io al tuo posto, porca miseria?! Io, Nicholas, dovevo stare in quella macchina, non tu, piccola. Eyl, sono distrutto, mi sento come se stessi ballando da solo, e sto pregando affinché tu torni qui, accanto a me. Mi sento in ginocchio, debole, sul punto di finire in un baratro, ma forse ci sono già dentro fino al collo. Ho bisogno di te, più dell’aria che respiro. Voglio stare con te, voglio sentire il tuo amore, voglio starmene disteso accanto a te e non posso nasconderlo, anche se ci provo. Il cuore batte più forte mentre il tempo mi sfugge. Sai che sarò la tua vita, la tua voce, la tua ragione per essere. I miei pensieri sono offuscati come il cielo stasera. E non voglio più giocare se questo implica non stare più con te. Non ho mai avuto le parole giusto da dire, ma ora ti sto chiedendo di rimanere, perché io non posso amarti più di così.’’
Fu un attimo e sentì la sua mano unirsi a quella di un’altra, la sua, ma questa volta non era una sua sensazione, non lo stava immaginando.
Love u.
“...”
“...”
“Ti amo.”
“Anch’io.”
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