“L’uomo
è una prosecuzione del bambino.”
La notte terrorizza,
irrigidisce le membra.
La notte forse fa
sempre caldo dal momento che, se ci si sveglia nel cuore di essa, ci si
sveglia tutti sudati.
Da qualche parte un
bambino piange.
Dove
sei?
Ma il bambino
è troppo spaventato, prosegue coi suoi singhiozzi laceranti.
“Mamma,
mamma!”
Dov’è
la tua mamma?
Dal nulla si
materializza una percossa, “Smettila!”, una serie
di schiaffi in pieno viso, “Sei disgustoso!”. Il
bambino respira a fatica, la voce deve essergli morta in gola; il
pensiero, invece, quello non muore mai.
“Vorrei
qualcuno che accetti il mio amore, desidero poter amare”
preghiera interiore, proferita da un uomo e accompagnata da
un’eco infantile, la straziante richiesta di ciò
che è gratuito e che agli altri non costa nulla, nemmeno il
fiato necessario a formulare la domanda: posso amare?
“Soichi”
un delicato bacio sulla fronte, nell’oscurità
più totale, le palpebre che repentine scattano verso
l’alto “tutto bene? Hai gli occhi inondati di
pianto.”
Arima piange insieme
al bambino che è stato, lo scricciolo tremante e malnutrito
che di tanto in tanto torna a fargli visita. Il corpo di Yukino emana
un tale tepore...
adesso è illuminato, nella stanza.
“Ti amo,
Soichiro” lei lo preme con più decisione contro di
sé, canticchia una nenia rassicurante, gli circonvalla la
schiena con le proprie braccia.
“Anch’io,
Yukino” l’uomo abbozza un sorriso, con qualche
residuo di lacrime giù per le guance, il bambino oltrepassa
l’uscio di un appartamento che odora di prigione e corre
all’aria aperta, tuttora malconcio ma senza più
pianto. Afferra la manica del pigiama del suo doppio, almeno quattro
volte più grande, a furia di stringere quasi la strappa...
si immobilizzano entrambi davanti a una tata dai delicati capelli corti
e castani, l’aspetto dolce, un vestito bianco a svolazzarle
intorno alle gambe; ha le braccia protese.
“Hai visto,
Soichiro? Possiamo amare.”
E il bambino scoppia a
piangere, ma stavolta di felicità.
Prompt da rispettare: Bacio al buio/Desiderio esaudito.
Le situazioni dell'autrice: Prima delle vibranti proteste
alla "Di
già? Ma guarda che non dovevi, non ti scomodare..."
- la protesta è sottesa alla formula di cortesia XD
-, chiarisco che ho pubblicato il secondo capitolo della raccolta in
tempi tanto brevi perché il progetto è quello di
terminarla poco prima del mese che spetta di diritto alla giudicia per
la valutazione delle storie, aggiornando una volta alla settimana.
Progetto che dovrebbe conciliarsi molto bene con i miei impegni di
studio - "ahi, in versi,
ahi!" *lacrima in maniera disperata*
Eee... mi rendo conto che la premessa non ha utilità, a
parte il placare le mie paranoie, perciò passiamo alla
storia: 315 parole, breve momento di vita coniugale ambientato in
un'indefinita posteriorità rispetto alla conclusione delle
superiori. Certe ferite lasciano delle cicatrici che talvolta
riprendono a bruciare, per fortuna c'è chi ci soffia
sopra... ringrazia Arima, ringrazio io. Come si può fare una
cosa simile a un bambino?
Il solo pensiero mi annienta.
Il titolo è una citazione da Pennac, credo (non ricordo bene
ma lo stile è il suo), ed è
proprio perché ritengo che sia così: in ogni uomo
è sempre presente il bambino e questa presenza non si
può trascurare, non se si vuole correre incontro alla
propria felicità.
Grazie di nuovo a tutti, di cuore.
Mata ne! |