Altro
giro, altro contest!
Piccola
storia senza troppe pretese su Percy e il suo rapporto con Molly, ci
sono dei
flashback, come mio solito le parti in corsivo, e non ho potuto non
inserire
Audry. Chissà magari prima o poi me ne uscirò con
un'altra storia su di loro (
ho scoperto che Percy Weasley mi intriga un sacco ).
Come
mio solito è consigliata la lettura accompagnata dalla
canzone in allegato (
Disarm, The Civil Wars) e ovviamente nessuno dei personaggi mi
appartiene!
Buona
lettura!
Ciara
Disarm you with a smile
And cut you like you want me to
Cut that little child
Inside of me and such a part of you
Ooh, the years burn
«
Primo Livello, Ufficio del Ministro della Magia e del Personale di
Supporto da
lui delegato » gracchiò la voce
dell’ascensore del Ministero della Magia, Percy
uscì con sicurezza dall’abitacolo e
svoltò subito a destra.
Il
rumore soffocato che i mocassini provocavano a contatto con il
pavimento
riecheggiava per tutto il corridoio.
Alcuni
impiegati lo salutarono con rispetto per poi affrettarsi ai propri
incarichi.
Si
rigirò con impazienza la cartellina che gli aveva consegnato
il Capo del Dipartimento
degli Auror pochi minuti prima dicendogli che si era verificato un
piccolo
errore.
Piccolo.
Il
Dipartimento sulla Regolamentazione della Legge Magica aveva inviato il
rapporto sbagliato riguardante il comportamento di alcuni Auror durante
uno
degli ultimi attacchi ai Mangiamorte.
Semplicemente
avevano falsificato degli atti. Cosa che a quanto pareva, sotto la
precedente
amministrazione di Scimgeour, non era poi tanto rara ( tutto per non
far
preoccupare il fin troppo apprensivo Caramell ).
C’erano
degli aspetti del nuovo Ministro che apprezzava profondamente: la sua
sedizione
al lavoro, la serietà con cui se ne occupava e, soprattutto,
il fatto che non
si scomponesse di fronte a nulla.
Qualità
che un
Auror di vecchia data dove possedere.
Però
il Ministro aveva anche una strana tendenza a sminuire quegli errori
che lui
avrebbe punito severamente, perché quel piccolo
errore avrebbe rallentato una quantità indefinita di
partiche molto importanti. In
tempo di guerra non
potevano permettersi che gli uffici più importanti non
comunicassero in maniera
corretta. Ne andava della credibilità del Ministero.
Ovviamente
l’ingrato compito di rimettere tutto a posto spettava a lui.
Si
lisciò una piega della camicia per poi svoltare nuovamente a
destra, finalmente
era arrivato all’ufficio che gli interessava.
Sulla
targhetta dorata che troneggiava sulla porta era inciso in bella
calligrafia Percy Weasley.
Molly
chiuse il
libro delle favole di Beda il Bardo e lo poggiò sul suo
comodino.
«
Mamma, da
grande voglio essere saggio come il terzo fratello » disse un
Percy bambino
sbadigliando.
La
donna gli
rimboccò le coperte e gli disse: « Tu sei bravo e
intelligente. Potrai essere
tutto ciò che vorrai, tesoro ».
Il
bambino le
sorrise.
«
Voglio
lavorare al Ministero come papà. E avere il mio nome sulla
porta. Proprio come
papà! »
Sua
madre gli
lasciò un baciò sulla fronte.
«
Tutto quello che
vorrai, tesoro ».
Nonostante
la sua mania per l’ordine, negli ultimi mesi nel suo ufficio
regnava il caos
più totale: la scrivania era perennemente ingombra di
pratiche e fascicoli,
lettere, senza contare il via vai di gufi.
Un
disastro.
Come
il mio
appartamento d’altronde.
In
quel momento Hermes lo aspettava con un pacco e una lettera legati alla
zampe;
dalle dimensioni e dal modo accurato con cui la carta era stata
ripiegata, gli
bastò una sola occhiata per capire chi fosse il mittente.
Percy
inspirò profondamente prima di abbandonare la cartella che
teneva tra le mani
in una delle poltroncine che facevano bella vista di fronte alla sua
scrivania,
quindi liberò il gufo dalla posta.
L’animale
volò dall’altra parte della stanza, dove
c’erano un piccolo trespolo dell’acqua
e dei Biscotti Gufici, gentile concessione degli addetti alla posta.
Hermes
non faceva mai i capricci, non beccava nessuno e non pretendeva mai un
premio,
probabilmente perché era ben educato, ma ogni volta che
tornava da lì era
più mansueto del solito. E non
era un caso. Questo Percy lo sapeva perfettamente.
«
Questa sarà
sempre casa tua, tesoro » sua madre gliel’aveva
detto mentre lo salutava sul
portico della Tana, la neve che cadeva copiosa e il Ministro ad
aspettarlo al
cancello.
Il
pacco conteneva Zuccotti di Zucca e Piume di Zucchero, ovviamente
niente di
classico: gli Zuccotti erano glassati al caramello e le Piume erano
quelle
azzurre all’anice.
I
suoi
preferiti.
C’era
un che di profondamente sadico in quel pacco e nella lettera ad esso
allegata,
qualcosa che gli faceva pulsare terribilmente la piccola vena appena
sotto il
sopracciglio, qualcosa che gli faceva superare il limite della semplice
irritazione.
Sua
madre lo
liberò dall’abbraccio soffocante in cui
l’aveva imprigionato. La vide
asciugarsi velocemente una lacrima mentre passava ancora una volta le
dita
sulla sua spilla da Caposcuola.
«
Sono così
orgogliosa di te! »
Lui
le aveva
sorriso.
«
Cosa desideri,
Percy caro? Tutto quello che vuoi » gliel’aveva
chiesto mentre gli accarezzava
una guancia. Non aveva mai amato le effusioni della madre, ma non
gliele negava
perché sapeva quanto le facesse piacere che almeno uno dei
suoi figli non si
vergognasse delle coccole della mamma.
Sapeva
anche che
la situazione economica dei suoi genitori non gli avrebbe mai permesso
di
chiedere grandi cose, se ne era fatto una ragione tanto tempo prima.
«
Zuccotti di
Zucca e Piume di Zucchero, mamma ».
I
suoi preferiti.
Di
tanto in
tanto Molly glieli spediva anche ad Hogwarts.
Osservò
la madre
mordersi le labbra mentre cercava di reprimere le lacrime.
«
Tutto quello
che vuoi, tesoro »
Percy
si tolse gli occhiali per potersi massaggiare le tempie, costringendosi
a
prendere respiri lenti e profondi; sotto l’irritazione si
nascondeva tanta
frustrazione, dolore e una dose non indifferente di odio verso se
stesso e
verso la sua famiglia.
Chiuse
gli occhi e cercò di imitare i movimenti che aveva usato
Audry qualche giorno
prima, inutilmente, visto che ora cominciava ad avere un accenno di
emicrania.
«
Se continui così, rischi di farti esplodere il cervello!
» la voce allegra di
Audry bloccò all’istante i suoi movimenti. Il
ragazzo si voltò per potere
rivolgere la dovuta attenzione alla ragazza.
Ovviamente
senza occhiali riusciva a mettere a fuoco ben poco, distinse solo la
sua figura
fasciata da quello che sembrava un vestito nero. Quando fu abbastanza
vicina
notò anche che aveva il rossetto.
Rosso.
«
Lascia, faccio io » disse lei mentre sostituiva la pressione
delle dita di
Percy, troppo rudi, con quella più leggera delle sue; la
differenza gli fu subito
evidente tanto che dovette mordersi una guancia per reprimere un
sospiro di
piacere.
«
Meglio? » chiese piano lei.
Annuì
con un cenno del capo continuando a godersi quelle attenzioni.
«
Alla fine mi hai dato ascolto e ti sei tagliato i capelli »
notò lei,
continuando a massaggiargli le tempie. Percy nonostante lo sforzo di
formare un
pensiero coerente e una frase di senso compiuto non riuscì a
fare altro che
annuire nuovamente.
«
Quando me l’hai detto, assomigliavi tanto a mia madre
» le confessò lui.
Il
caldo nella
sua piccola camera alla Tana era insopportabile, ma quello era
l’unico posto
dove i suoi fratelli non l’avrebbero mai disturbato. Era
quasi un tempio sacro
e non permetteva a nessuno di entrarci senza il suo permesso.
«
Tesoro, ti ho
portato della limonata ».
Quando
studiava
d’estate sua madre gli portava sempre della limonata: entrava
in camera senza
far rumore, lasciava la caraffa e un bicchiere sulla scrivania di
fronte a lui
e gli baciava la fronte, senza mancare mai di fare commenti sui suoi
capelli.
Percy afferrò i
polsi della ragazza e
gentilmente le allontanò le mani dal suo viso. «
Grazie ».
Si
appoggiò al bordo della scrivania mentre le faceva segno di
accomodarsi su una
delle poltrone.
«
Da come me ne hai parlato l’altra volta, devi volerle molto
bene »
«
Già…»
Disarm you with a smile
And leave you like they left me here
To wither in denial
The bitterness of one who's left alone
Ooh, the years burn
Ooh, the years burn, burn, burn
Percy
le porse la scatola e la vide mordere uno Zuccotto di Zucca.
Quelle
labbra
erano un crimine contro l’umanità.
Audry
era tutto ciò che non cercava in una ragazza.
Era
carina, okay.
Molto
carina.
Concentrata
sul
suo lavoro.
Era
una caratteristica che aveva sempre apprezzato, la dedizione al lavoro.
Era
segno di disciplina e rigore.
Controllo.
Sì,
avere le cose sotto controllo gli era sempre piaciuto.
Invece
lei era distratta, sempre allegra, rumorosa. Aveva la risata
più contagiosa che
avesse mai sentito.
Ed
era incredibile che lui provasse tutto quell’interesse nei
suoi confronti.
«
Questi me li ha mandati lei » cominciò a
spiegarle. « Una coercizione camuffata
da regalo ».
La
ragazza lo osservò corrugando la fonte, i boccoli scuri le
ricadevano scomposti
intorno al viso.
«
Domani mio fratello si sposa ».
Il
ragazzo strinse forte il bordo della scrivania fino a farsi venire le
nocche
bianche.
«
Il mio fratellone si sposa e io sarò l’unico a non
esserci » questo lo disse ad
occhi chiusi.
Tutto
perché lui era troppo
ambizioso,
orgoglioso e cocciuto.
Nell’ultimo
anno era diventato tutto ciò che i suoi genitori gli avevano
insegnato ad odiare,
frequentava persone che parlavano alle spalle della sua famiglia e non
faceva
nulla per impedirlo.
Tutto
per una scrivania e una targhetta.
«
Avete discusso? » gli domandò lei, le dita che
sfioravano le sue per fargli
allentare la presa sul legno della scrivania.
«
Audry, sei intelligente. Lavori nel Dipartimento accanto a quello di
mio padre,
ti sarai già fatta un’ idea; e poi la gente
mormora » rispose secco lui.
«
Beh, io voglio saperlo da te ».
E
lei sorrideva, sorrideva sempre. Anche quando lui era acido, o
sgarbato. Sorrideva
e non chiedeva altro che una storia.
La
osservò mentre si portava una Piuma di Zucchero alla bocca.
Quelle labbra erano un crimine contro
l’umanità.
Percy
si ritrovò a pensare che l’indomani Fred e George
avrebbero fatto strage di
ragazze al matrimonio. Non si sarebbe aspettato niente di meno.
« Li ho insultati nel
peggior modo possibile ».
L’Ordine della Fenice ed Harry Potter.
Non si parlava d’altro.
La Guerra alle porte, la lealtà
verso la propria famiglia, i propri
principi.
E
a lui mai un
pensiero, mai una pacca sulla spalla per tutto il lavoro che aveva
fatto, la carriera
che aveva intrapreso.
Anzi,
suo padre
non faceva altro che ripetergli che il Ministro lo stava usando per
arrivare ad
Harry.
«
Solo perché in
questa famiglia nessuno ha un minimo di ambizione nella vita, non
significa che
io sia come voi » era furioso, rosso in viso e a pochi
centimetri dalla faccia
di suo padre.
«
Fuori da casa
mia! »
Gli
stessi
occhiali cerchiati di corno in bilico sul naso.
Non
aveva mai
visto sua padre così arrabbiato.
«
Vorrei solo
che una volta tanto foste felici per me » la voce quasi una
supplica.
Quando
aveva
finito di raccogliere i suoi averi in un vecchio borsone era uscito in
cortile
senza rivolgere la parola a nessuno.
Sua
madre l’aveva
seguito, aveva sentito i suoi passi e i suoi singhiozzi.
La
donna aveva
tentato di abbracciarlo ma lui l’aveva fermata.
«
No, stavolta
no ».
Molly
aveva
cercato di ricomporsi: si era asciugata le guance e gli aveva sorriso.
«
Tutto quello
che vuoi, tesoro »
Audry
continuava ad accarezzargli il dorso della mano.
«
Dovresti andare in ogni caso. A tua madre farebbe piacere »
tentò lei.
Percy
si limitò ad alzare un sopracciglio scettico.
«
Non dopo quello che le ho detto. Tutto quello che ho fatto ».
La
ragazza si alzò dalla sua poltroncina e si poggiò
alla scrivania accanto a lui.
«
Sai, uno scrittore Babbano ha scritto che “Il cuore di una
madre è un abisso in
fondo al quale si trova sempre il perdono”. E io credo che
abbia ragione »
mentre lo guardava negli occhi gli strinse la mano.
Percy
si limitò ad annuire, lo sguardo fisso sulle sue labbra
rosse.
«
Almeno promettimi che ci penserai » gli disse lei prima di
baciarlo.
Sapeva
di anice.
Era
sicuro che gli avesse lasciato delle tracce di rossetto sulla bocca.
Quelle
labbra erano
un crimine contro l’umanità.
I used to
be a little boy
So old in my shoes
And what I choose is my voice
What's a boy supposed to do?
The killer in me is the killer in you
My love
I send this smile over to you
Disarm, The Civil Wars
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