Ci siamo lasciati con una promessa. Un giorno avrei messo nero su bianco una storia, dedicata completamente a te.
Non importa come fosse: strappalacrime o un noir o un triller.
Il patto era questo. Scrivere e dimostrarti che ce l'avrei fatta.
Oggi è l'ultimo di Agosto, fuori piove e tu gia sei andata via.
Mi manchi già. Mi illudo che le lettere potranno mantener vivo questo sincero e profondo sentimento.
Forse è per questo che ho deciso di iniziare da oggi a scrivere.
Forse sarà un racconto strappalacrime, forse sarà divertente.
Non sono convinto della piega che prenderà. L'unica certezza è che ci rispecchierà.
Parlerà di due ragazzi.
E la scriverò su questo diario, foderato con pelle morbida, che tu stessa mi hai regalato prima di andartene.
Sarà la tua storia Kate, promesso.
Estate del 96, sembrava che il caldo faticasse ad arrivare.
Durante il giorno un timido sole riscaldava la città mentre le sere si trasformavano in vere e proprie tempeste invernali.
Ogni singolo americano si sentiva in bilico tra il partire o no.
Per quanto l'inverno regalasse le cioccolate calde, le feste natalizie e la neve, l'estate creava quella sorta di pausa, di stan-by, dal quale ipotizzare di iniziare qualcosa di nuovo. Motivarsi negli studi, iniziare la dieta, cercare un nuovo lavoro, fare nuove conosce.
Il bel tempo arrivò al termine di luglio. Bramato da molti rese felice quei vacanzieri rinchiusi ancora negli uffici, motivandoli a preparare le valigie e a partire.
Io ero appena tornato da Chicago; insieme al mio super visore del Post,Steve Prink, avevamo seguito un caso di omicidio davvero intrigante. Ne ero rimasto cosi affascinato che durante il ritorno, in treno, avevo iniziato ad abbozzare un'ipotetica trama di un romanzo thriller.
Amavo il genere e sognavo che un giorno potessi sfruttare le capacita acquisite come giornalista di cronaca nera per pubblicare un romanzo tutto mio, magari diventare anche famoso.
Al rientro, il mio editore aveva apprezzato molto il lavoro svolto. Tanto che come premio concesse sia a me che al mio collega 3 settimane di ferie.
Potevo ritenermi soddisfatto. Potevo concedermi qualche giorno di mare.
Inizialmente pensai di organizzare qualche viaggetto con il mio amico Conrad , anch'egli giovane giornalista della sezione economia&politica. Poi mi ricordai che sarebbe partito di li a breve con quella che definiva la donna della sua vita.
Quindi mi decisi che sarei tornato da mia madre e mia sorella e mi sarei organizzato con loro. Magari saremmo potuti partire per Santa Monica come da tempo mi chiedevano di fare.
Tornai al loft ma non vi trovai nessuno.
Mi guardai intorno e trovai un bigliettino attaccato al frigo.
“Se torni prima… siamo negli Hampton… Raggiungici li”.
Come biasimarle l'estate era arrivata e a New York non si respirava. L'idea non mi entusiasmava ma alternative non ne avevo.
Decisi che sarei ripartito l’indomani. Preparai i bagagli, mi feci una doccia e mi addormentai come un sasso dopo due minuti
Il viaggio fu rilassante e anche proficuo. Ascoltando i miei adorati Queen potei pensare alla trama del romanzo,nello specifico alle caratteristiche dei personaggi. Lui sarebbe stato un poliziotto magari affiancato da una giornalista rompiscatole. Doveva essere una storia originare.
Arrivai verso l'ora di pranzo. Il sole era alto e caldo. Non ero esageratamente accaldato merito della mia amata spider rosso amaranto decapottabile.
Adoravo quell'auto, era l'esempio concreto e pratico, dei miei salari al giornale. Tre paghe e qualche extra conservate per poterla acquistare.
Parcheggiai l'auto nel vialetto riservato ai residenti e scesi.